La contaminazione moderna del passato è un tema che il cinema tratta da sempre con una certa diffidenza. Il motivo, se ci pensiamo bene, è molto semplice : cercare di mescolare passato e presente comporta dei rischi notevoli riguardo la credibilità di una pellicola e la sua coerenza con se stessa, prima ancora che con la storia.
Dalla visione dell’ultimo trash-film di Sofia Coppola risulta chiara la pericolosità di una scelta stilistica e semantica come questa, che oltre a non elevare “Marie Antoinette” oltre la schiera dei mediocri prodotti ad alto budget ne determina anche una sostanziale ambiguità di fondo.
Alle volte sembra che la regista desideri rileggere in chiave moderna una vicenda di più di due secoli fa, trasformando una reale di Francia in una teen ager di oggi, che ridacchia dietro ai ragazzi, balla scatenata a ritmo di rock, spende tutte le sue energie nella ricerca della scarpa giusta o dell’acconciatura più eccentrica, si risveglia con una bottiglia in mano dopo una notte di bagordi ed esibisce delle invidiabili occhiaie da dopo sbronza. Pare tutto sommato un’attualizzazione di comodo, dal momento che per rendere più verosimili le frivolezze di un’adolescente del 1700 vengono usati gli stereotipi classici della gioventù moderna, con risultati troppo semplicistici per apparire reali e apprezzabili. Ne risulta, conseguentemente, una figura decisamente poco credibile, assolutamente incapace di comunicare altro che la sua superficialità e ben lontana dall’assumere i connotati di un personaggio ricco di sfumature celate dietro una maschera fragile e instabile.
Altre volte pare che la Coppola voglia porre l’accento sull’ingenuità e la genuinità di una ragazzina come tante, che abbraccia i nobili d’ancient regime invece che esibirsi nel canonico inchino e che ai fasti della corte di Francia preferisce un orticello nel quale passeggiare insieme agli amici e alla figlia, raccogliendo uova fresche e accarezzando le caprette, in un tripudio di spirito bucolico fastidioso e grottesco. Soprattutto non si riesce a capire dove finisca la Marie Antoinette frivola e superficiale e dove cominci invece la donna semplice e di saldi principi morali che cerca di mantenere intatta la sua integrità e soprattutto di dare un erede al trono di Francia, il cui concepimento, o tentativo di concepimento, è il vero leit motiv del film, dal momento che ne occupa circa la prima ora e mezza su due.
Ma nell’ultima mezz’ora l’onnipresente velo trash-patinato si solleva imprudentemente, e la pellicola mostra tutta la sostanziale vacuità di fondo, quando ormai finito il tempo del lusso e degli eccessi più sfrenati, di fronte alla rivoluzione francese tutto semplicemente si spegne, quasi come se la folla in tumulto fosse l’elemento guastatore di una fiaba dorata, l’impietoso e arcigno gigante che caccia via i bambini dal giardino incantato. Privo ormai di vestiti sgargianti, scarpe all’ultimo grido, parrucchieri audaci e sbronze in compagnia, il film si riduce ad un veloce riassunto degli ultimi giorni di vita di Marie Antoinette e della sua regal famiglia, col chiaro intento di far convergere le simpatie del pubblico su un personaggio che ne è assolutamente immeritevole.
“Marie Antoinette” non è un inedito ritratto psicologico della più famosa sovrana della storia recente, ma un bell’esercizio di stile confezionato con meritevole cura formale e una larga dose di superficialità.
[+] lascia un commento a corrado »
[ - ] lascia un commento a corrado »
|