"Habemus Papam" - che ho avuto la fortuna di vedere gratuitamente - racconta la storia di un cardinale, Melville, inaspettatamente eletto pontefice e del tutto impreparato al ruolo.
Moretti racconta questo inframezzandolo con psicanalisi, teatro, desideri perduti e mai realizzati, non approfondendo, però, nessuno dei filoni.
Il film scorre tanto piacevole e divertente quanto vuoto e superficiale: non si capisce dove vada a finire la trama dello psicanalista/Moretti e come si incastri col susseguirsi degli eventi, né tantomento cosa c'entri il tanto citato teatro di Cechov con la storia in questione.
Il conclave viene illustrato con perizia e ironia, ma il regista affronta il tema con uno spirito così naif da risultare sconclusionatamente infantile, mostrando i cardinali - uomini esperti di fede e potere - come ingenui, candidi ragazzini alle prese con tornei di pallavolo e canzoni sudamericane (anche se fossero allegorie e metafore, cosa vorrebbero significare?).
Per non parlare del protagonista: non si approfondiscono mai le ragioni profonde del senso di inadeguatezza di Melville, che compra ciambelle (con quali soldi?), parla di teatro, della sorella attrice, va da una psicoterapeuta - Margherita Buy, che ovviamente si carica in macchina il primo vecchietto sconosciuto che incontra - , ma non si spiega mai il suo rapporto con la fede, che è il nodo centrale della questione.
Moretti, che era presente alla proiezione per eventuali domande del pubblico e della stampa, così ha risposto a chi gli ha chiesto "ma rifiutando il pontificato, Melville non rifiuta il volere del Dio in cui crede?": "No, Melville rifiuta solamente la decisione dei cardinali del conclave e io vedo questo gesto come una dimostrazione di umiltà".
Personalmente trovo priva di senso quest'affermazione: in un'ottica credente un pontefice non può rifiutare il ruolo che gli viene assegnato poiché non può pensare che gli sia stato affidato da un gruppo di cardinali, ma DEVE credere che sia stato Dio stesso ad insignirlo di tale carica mediante il conclave. Rifiutare il volere di Dio diventa dunque un gesto di superbia, e non di umiltà, come sostiene il regista che, dunque, dimentica di approfondire l'unico tema importante, se si vuole realizzare un film su un papa che rifiuta la carica di pontefice: la fede di Melville.
Detto questo torno a dire che "Habemus Papam" è una commedia piacevole da vedere per le battute e le gag ben scritte - a volte rovinate dal Moretti attore, privo di un vero talento di interprete e sempre uguale a se stesso - ma si dimostra un film decisamente esile e superficiale per l'importante tema che "affronta".
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werner
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domenica 8 maggio 2011
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...?
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e chi se ne frega se lo hai visto gratis?
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giacomo t.
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lunedì 9 maggio 2011
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condivido pienamente questa recensione, ma ...
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Ma sull'elezione del Papa la questione è diversa: un Pontefice designato può rifiutare; infatti il decano - credo proprio lui secondo 'regolamento' - chiede alla persona designata se accetta. La volontà di Dio deve unirsi alla volontà dell'uomo, oltre che a quella di chi gli è intorno. Tutto qui. Per il resto, il film è proprio astenico: idee molto interessanti, ma troppo poco accennate. Dov'è la vis artistica????
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vincenzo carboni
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sabato 25 giugno 2011
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moretti e il deficit di accudimento
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Evidentemente Paride ha voluto sottolineare il fatto che ha visto un film che non vale il prezzo di un biglietto pieno. Ti invidio perchè ho pagato otto euro per un film noioso, superficiale. Sono d'accordo con te che il problema è la fede di Melville, e proprio non capisco dove il regista vada a parare, disegnando Melville come una specie di alienato, e i cardinali come bambini di un nido di infanzia. Alla fine il deficit di accudimento mi sembra l'unica ricetta chiara e -appunto- superficiale, anche se nella velleità satirica doveva essere una specie di tormentone parodistico di certa psicanalisi. Insomma, il solito Moretti, a parer mio, ancora affetto -lui sì- da deficit di accudimento tanto da produrre il classico topolino da un tema-montagna tanto interessante.
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Evidentemente Paride ha voluto sottolineare il fatto che ha visto un film che non vale il prezzo di un biglietto pieno. Ti invidio perchè ho pagato otto euro per un film noioso, superficiale. Sono d'accordo con te che il problema è la fede di Melville, e proprio non capisco dove il regista vada a parare, disegnando Melville come una specie di alienato, e i cardinali come bambini di un nido di infanzia. Alla fine il deficit di accudimento mi sembra l'unica ricetta chiara e -appunto- superficiale, anche se nella velleità satirica doveva essere una specie di tormentone parodistico di certa psicanalisi. Insomma, il solito Moretti, a parer mio, ancora affetto -lui sì- da deficit di accudimento tanto da produrre il classico topolino da un tema-montagna tanto interessante.
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