In passato soltanto Federico Fellini con “8 1/2” e Bob Fosse con “All that jazz” avevano raggiunto i vertici della Settima Arte quando si erano cimentati con la sfida più grande: fare i conti con se stessi raccontandosi. Molti ci provano, pochi ne escono trionfatori, basti pensare a Woody Allen, malamente scivolato su “Stardust Memories”, o a Pedro Almodovar, Steven Spielberg e Paolo Sorrentino, che con “Dolor y gloria”, “The Fabelmans” ed “E’ stata la mano di Dio” hanno prodotto ottime opere, ma certamente non capaci di segnare un’epoca. Adesso, però, in un ipotetico podio, insieme a Fellini e Fosse c’è anche Nanni Moretti, visto che il suo “Sol dell’avvenire” si guadagna di diritto un posto tra i capolavori assoluti non soltanto del cinema italiano, ma di quello mondiale. In poco più di novanta minuti si alternano tra loro, mescolandosi, riflessioni sulla storia d’Italia ed europea (l’invasione sovietica per reprimere la primavera di Budapest nel ‘56 e la reazione dei dirigenti e militanti del PCI) e annotazioni intimissime (la richiesta di aiuto a mezza voce indirizzata alla madre morta da tredici anni), citazioni cinefile (“Lola” di Demy, “Il Decalogo” di KieslowskI, “La dolce vita” di Fellini, “San Michele aveva un gallo” dei Taviani, “Apocalypse Now” di Coppola) e struggenti dialoghi d’amore (stupendo quello dei due giovani all’uscita dall’auto), sottofondo di canzoni immortali (“La canzone dell’amore perduto” di De Andrè e “Voglio vederti danzare” di Battiato) e cori di canzoni epocali (grandioso il crescendo di “Sono solo parole” di Noemi cantata da tutto il cast) e poi … Cassavetes, Scorsese, Zeller … E che qualità di riflessioni! La violenza nel cinema spesso rappresentata come spettacolo invece che come dolore, il parlare di tutto fuorché di se stessi all’interno delle coppie, l’assurdità dei film realizzati con gli algoritmi alla moda di Netflix, il Partito Comunista Italiano come vera comunità di uomini e donne legati da sentimenti ed aspirazioni, l’amore come forza propulsiva capace di superare ogni barriera, il tutto condito da giri in monopattino per Roma, “idiosincrasie tipicamente morettiane” (questa volta tocca alle sabot “perché se non devo vedere le dita dei piedi, allora non voglio vedere il calcagno!”), voli di trapezisti al circo, gelato alla cannella e serate sul divano con una copertina colorata addosso. “Il sol dell’avvenire” è talmente complesso nella sua apparente semplicità da richiamare anche “Effetto notte” di Truffaut: anche lì si rappresenta “un film nel film”, ma la capacità morettiana di attraversare con naturalezza tutti i contesti sorpassa, anche per profondità, quella del grande Maestro francese. Certo, ci sarebbe da scrivere qualcosa anche riguardo ad un parallelo con lo stupefacente “La rosa purpurea del Cairo” (il migliore di Woody Allen) ma forse è meglio citare Moretti quando è tentato di iniziare a parlare degli zoccoli olandesi: “è una storia troppo lunga”. Nanni Moretti supera se stesso e, se “Bianca” rimaneva fino ad ieri il suo capolavoro, adesso con l’esplosione di sentimenti, riflessioni e creatività de “Il sol dell’avvenire” riesce a spingere più in là l’orizzonte della sua Arte, semplicemente allargando lo sguardo fino al punto di “giocare” persino con la forza più inesorabile: il tempo. È vero che la Storia non si fa con i “se”, ma il Cinema può consentire di battere il tempo tornando indietro, ricostruendo ciò che poteva essere e non è stato e mostrando che, anche se non si è imboccata una strada nei bivi dell’esistenza, nulla toglie che in futuro, una volta acquisita consapevolezza degli errori commessi, la si possa comunque facendo giri immensi raggiungere e percorrere. Il corteo finale non è, allora, una celebrazione nostalgica, ma una gioiosa speranza nell’avvenire.
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maddalena
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martedì 25 aprile 2023
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l''amore è la speranza di poter ricominciare. a.s.
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Impressioni senza ancora riflessioni....visto il film da due ore.... Parla una persona che non ha mai amato il musical, e qui ha trovato naturale tutto. Soprattutto la canzone di Battiato, "Voglio vederti danzare" e loro che cominciano a ballare. Per me la scena centrale del film. Quella in cui tutto vie superato e accettato. Quella che si carica sulle spalle il significato, e, con buona pace di Netflix, esplode di senso. O la bellezza incredibilmente reduplicata del dialogo dei due giovani, le cui ultime due battute restano non ripetute, perché lì è la sottolineatura del punto di rottura, il rinnovamento del senso. Ho amato l''amore per la libertà, da tutto, dal bisogno di dipendenza da un partito, per fede, o di dipendenza da un altro essere umano, per bisogno (la storia pricipale, la storia dei giovani, la storia della sarta e di ''Silvio''.
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Impressioni senza ancora riflessioni....visto il film da due ore.... Parla una persona che non ha mai amato il musical, e qui ha trovato naturale tutto. Soprattutto la canzone di Battiato, "Voglio vederti danzare" e loro che cominciano a ballare. Per me la scena centrale del film. Quella in cui tutto vie superato e accettato. Quella che si carica sulle spalle il significato, e, con buona pace di Netflix, esplode di senso. O la bellezza incredibilmente reduplicata del dialogo dei due giovani, le cui ultime due battute restano non ripetute, perché lì è la sottolineatura del punto di rottura, il rinnovamento del senso. Ho amato l''amore per la libertà, da tutto, dal bisogno di dipendenza da un partito, per fede, o di dipendenza da un altro essere umano, per bisogno (la storia pricipale, la storia dei giovani, la storia della sarta e di ''Silvio''. Anche l''amore di libertà dalla violenza, cioè di libertà da qualcosa che tutti i giorni leggiamo, vediamo, e non ci accorgiamo purtroppo di amare.Ho amato i "tics" qua e là sapientemente lasciati cadere...i sabots (ho sposato un valdostano e possiedo ancora i miei sabots...), la crema per il viso, le battute fondamentali nascoste in un dialogo apparentemente non essenziale..("Questo non è un film sulla politica, è un film d''amore"...Barbora Bobulova). Perfino il poncho fatto di quadretti lavorati ad uncinetto. (P.S.: non è una copertina!)Ho amato la misura calma e sottovoce della recitazione. Ho amato la misura calma e sottovoce della recitazione. Conosco altri film di Moretti. Ma questo come equilibrio tra parole e silenzi, cose dette solo con l''espressione del viso e tranquilli stupori, mi ricorda soprattutto Habemus Papam. Anche in quello, una riflessione profonda sulle nostre fragilità e le nostre vie difficili e confuse....ma lì il discorso rimaneva in sospeso. Come una tenda sbattuta dal vento su una finestra rimasta vuota. Qui vira sulla speranza.
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fabry
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domenica 30 aprile 2023
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complimenti
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Bravo hai scritto tutto quello che avevo pensato di questo bellissimo film, veramente complimenti
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tommasoelia
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domenica 7 maggio 2023
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autocelebrazione moretti: me faccio un film pemmè
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moretti se la suona, se la canta e se la balla da solo, gira un film nel suo specchio, tra il finto e l''anacronistico e il decongelato rivoluzionario; a cavallo tra una nostalgica ballad e un ridicolo karaoke, il film è una macedonia realizzata anche con il minestrone rimasto del giorno prima; il terzo tempo di moretti è autocelebrativo, è per se stesso e non per il pubblico del cinema, ma per il suo pubblico, quello che direbbe bene dei suoi film a prescindere, per paura di ferire il regista. fuori da qualsiasi realtà, auto-tollerandosi, piomba su un altro set laddove regista - troupe e moglie lo sopporterebbero per otto ore, quando nella realtà uno così, chiunque esso sia, non può essere sopportato per più di 8 minuti.
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moretti se la suona, se la canta e se la balla da solo, gira un film nel suo specchio, tra il finto e l''anacronistico e il decongelato rivoluzionario; a cavallo tra una nostalgica ballad e un ridicolo karaoke, il film è una macedonia realizzata anche con il minestrone rimasto del giorno prima; il terzo tempo di moretti è autocelebrativo, è per se stesso e non per il pubblico del cinema, ma per il suo pubblico, quello che direbbe bene dei suoi film a prescindere, per paura di ferire il regista. fuori da qualsiasi realtà, auto-tollerandosi, piomba su un altro set laddove regista - troupe e moglie lo sopporterebbero per otto ore, quando nella realtà uno così, chiunque esso sia, non può essere sopportato per più di 8 minuti. semplicemente perchè quel contesto, dove sciorina insegnamenti e verbo, è irreale. salvo solo battiato e noemi, per il resto se fatto un film per se stesso, per il suo personale terzo tempo. un bambinone cresciuto, ancora capriccioso, che può farsi un film per lui e la sua inossidabile vanità. tommaso
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gianfranco
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sabato 27 maggio 2023
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ok thomas
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Ok Thomas, ho visto il film un po'' perplesso dopo aver letto il commento del Guardian e... Hai ragione tu. Ma quanti anni hai? Come hai fatto a raccogliere fino in fondo la speranza lanciata da Moretti ai suoi coetanei... Forse pochi altri possono davvero intercettarlo attraversando quelle bandiere rosse alla fine, senza malinconie e vergogne, ma, finalmente, con nuove speranze. Davvero il suo film migliore. E Bianca viene subito dopo. Se il cinema serve ancora a qualcosa...
Gianfranco
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spione
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lunedì 12 giugno 2023
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non mi toccare "stardust memories"...
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... che è un gran film per chi l''ha saputo comprendere e apprezzare. Fìdati!
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