eugenio
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domenica 26 gennaio 2020
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due sorelle, rio anni’50 in un tropical melò
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L’intento era assai difficile: rendere una storia-familiare che col pretesto dell’amicizia tra due sorelle, è specchio di analisi di una realtà, Il Brasile, nel suo microcosmo dagli anni ’50 ai giorni nostri.
Karim Aïnouz, visuale artista brasiliano, si pone ad altezza d’uomo, anzi di ragazza, ricostruendo con sagacia e supportato da una valida sceneggiatura, un mondo che non c’è più. Un mondo dove vigeva la logica patriarcale, dove lo studio era visto come inutile perdita di tempo, dove la donna viveva in condizioni spesso esecrabilmente chiuse e asservite a una visione machista. L’uomo era il pater familias, fulcro attorno al quale la consorte e i figli (meglio se maschi), spesso dediti ai lavori domestici, ruotavano.
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L’intento era assai difficile: rendere una storia-familiare che col pretesto dell’amicizia tra due sorelle, è specchio di analisi di una realtà, Il Brasile, nel suo microcosmo dagli anni ’50 ai giorni nostri.
Karim Aïnouz, visuale artista brasiliano, si pone ad altezza d’uomo, anzi di ragazza, ricostruendo con sagacia e supportato da una valida sceneggiatura, un mondo che non c’è più. Un mondo dove vigeva la logica patriarcale, dove lo studio era visto come inutile perdita di tempo, dove la donna viveva in condizioni spesso esecrabilmente chiuse e asservite a una visione machista. L’uomo era il pater familias, fulcro attorno al quale la consorte e i figli (meglio se maschi), spesso dediti ai lavori domestici, ruotavano.
In un rione popolare della Rio degli anni Cinquanta, vive una famiglia come tante. Manoel Gusmão è il patriarca, viene dal Portogallo e si è stabilito nell’oramai ex colonia Brasile alla ricerca di un Eldorado che possa permettere a lui e alle sue figlie un futuro migliore. Fa il fornaio, è legato a un pragmatismo quasi atavico ed esercita un pugno di ferro con la moglie passiva condiscendente e le due figlie, le due sorelle, amiche geniali retrò: Euridice (Carol Duarte) e Guida (Julia Stockler). La prima ha le idee chiare: ama il pianoforte, vuole studiare al conservatorio di Vienna e diventare una pianista affermata, mentre l’altra è curiosa di ogni esperienza, e vuole assaporare quello che la vita adulta le promette, dagli uomini al sesso alle serate in compagnia.
Entrambe hanno dei sogni, come è giusto, come tante ragazze della loro età: Guida, malata di vita, per usare un ossimoro, seguirà il primo marinaio che le farà conoscere l’amore, rimanendo incinta, sedotta e abbandonata nella lontana Grecia, salvo tornare presto delusa a Rio, dove verrà rinnegata e dimenticata dal padre. La seconda Euridice, dimenticherà ogni velleità artistica, finendo sposa con un matrimonio d’interesse, ad un uomo che le garantirà un discreto benessere a prezzo di una libertà negata. Le due sorelle nella stessa città finiranno solo per sfiorarsi ma non si incontreranno mai, complice un terribile segreto che il padre non svelerà mai a Guida su Euridice, creduta morta dalla sorella ma in cuor suo, reputata viva, in una corrispondenza epistolare univoca e senza risposta.
La vita invisibile di Euridice Gusmao è un film potente, intimo, dotato di una forza cinematografica capace di convincere i più riottosi. Sì perchè il regista scava dentro le polverose sterrate per raccontare quel microcosmo che in Italia definiremmo “pratoliniano”, avulso dal mondo e imperniato a una logica di possesso, entro cui vivono due “piccoli angeli”, dalla vivida e fervida capacità negata.
In un mondo sconosciuto, fuori da quella metaforica porta alla città “che conduce all’oceano”, c’è tutto ciò che serve: i negozi, i ristoranti, il mondo degli affari e la scuola. Nelle scelte che le due protagoniste compiono, volutamente o forzatamente, nella fuga dalla realtà opprimente e oppressa, nella violenza e bellezza, rinascita e caduta di un’America anni ’50 che risorge dalle ceneri del dopoguerra lungo l’egida del consumismo nascente, si nasconde il destino di una nazione fatta di castelli arroccati da conquistare, case addossate le une con le altre dagli interni soffocanti e marci.
Come il libro, non banale e ricco di riflessioni, anche il film apre questo paesaggio sterilmente umano, con una scenografia ben ricostruita e vicina possibile al reale di una Rio di fine anni cinquanta, permeata da un’atmosfera realistica da romanzo verista con sfondo tropical melò su cui si staglia, protagonista assoluta, la voglia di riscatto delle due protagoniste, si legge tutta la speranza di un Brasile verace che dai condizionamenti culturali e dalla povertà assurge a fenice con la forza della cultura, repressa, odiata ma viva.
Retaggio della ballata popolare antica, passione per la vita che le due protagoniste trasmettono, pur tra miserie, tragedie personali e difficoltà, amicizie ambigue, vita tra le periferie, contrasto tra due realtà a poca distanza le une dalle altre, ecco tutto questo è La vita invisibile di Euridice Gusmao.
In questo senso il film pur con un’inevitabile lungaggine di troppo (siamo oltre le due ore e dieci) e della retorica spicciola in qualche scena, ha il pregio di render vivo quel periodo, privilegiando le ragioni del sentimento e soprattutto quelle del sogno delle due piccole-grandi protagoniste. Vincitore del premio Un certain Regard al Festival di Cannes 2019.
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giovanni_b_southern
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mercoledì 27 novembre 2019
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film bellissimo. da vedere
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Non faccio spoiler. Dico solo una cosa : film bellissimo, da vedere. C'è tutto: sesso, amore, affetto, dramma, bellezza, angoscia. Un film, un melodramma vecchio stampo, come deve essere. Consigliatissimo.
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guia
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giovedì 17 ottobre 2019
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una soap opera in forma di film
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Molto deludente questo film che si dilunga su aspetti facili e intuitivi e tace quel che più è spinoso e complesso, come la società brasiliana, la miseria, la violenza. Opera edulcorata sull'affetto tra due sorelle che non prende in conto il reale sforzo che due persone che si amano davvero avrebbero fatto per ritrovarsi. Improbabile e inconsistente.
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sabato 12 ottobre 2019
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w euridice gusmao
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Condivido completamente le tue osservazioni. Se possibile vorrei sapere qual'è il pezzo per pianoforte che Euridice suona spesso, in particolare all'esame presso il conservatorio di Rio. Puoi rispondere alla mia email? Grazie clivio mastrantuono
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zarar
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venerdì 11 ottobre 2019
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suggestivo
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Film inquieto, di atmosfera, suggestivo per colori vintage, interni claustrofobici, primi piani intensi, premiato a Cannes per la regia di Karim Aïnouz. Due brave protagoniste, C. Duarte e J. Stockler. Il film punta su due temi forti: la condizione della donna nella Rio de Janeiro degli anni ’40 ’50 e il rapporto intenso e solidale tra due sorelle, Eurídice e Guida, di origini modeste e ambizioni non modeste. Agli antipodi per carattere, l’una ‘cattiva ragazza’ l’altra ‘ragazza per bene’, sono accomunate da un forte desiderio di libertà e dal desiderio di realizzarsi: Guida vuole essere bella e desiderata, cerca l’amore romantico e passionale e non esita a scappare di casa per seguire quello che scambia per l’uomo della sua vita; Eurídice vorrebbe dedicarsi alla musica non come ornamento per signorine da marito, ma professionalmente; sogna di perfezionarsi al Conservatorio di Vienna.
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Film inquieto, di atmosfera, suggestivo per colori vintage, interni claustrofobici, primi piani intensi, premiato a Cannes per la regia di Karim Aïnouz. Due brave protagoniste, C. Duarte e J. Stockler. Il film punta su due temi forti: la condizione della donna nella Rio de Janeiro degli anni ’40 ’50 e il rapporto intenso e solidale tra due sorelle, Eurídice e Guida, di origini modeste e ambizioni non modeste. Agli antipodi per carattere, l’una ‘cattiva ragazza’ l’altra ‘ragazza per bene’, sono accomunate da un forte desiderio di libertà e dal desiderio di realizzarsi: Guida vuole essere bella e desiderata, cerca l’amore romantico e passionale e non esita a scappare di casa per seguire quello che scambia per l’uomo della sua vita; Eurídice vorrebbe dedicarsi alla musica non come ornamento per signorine da marito, ma professionalmente; sogna di perfezionarsi al Conservatorio di Vienna. L’autorità maschile, sia paterna, sia maritale, che determina inesorabile le loro vite, si incarica puntualmente di cancellare i loro sogni, di respingerle nell’irrilevanza a cui le condanna il loro genere: nel destino di una donna c’è solo un buon matrimonio, dei figli, meglio se maschi, tutte le competenze di una buona donna di casa devota al marito. Guida finirà sulla strada, abbandonata incinta dal suo amore e respinta dalla famiglia, aiutata soltanto da una vecchia dolcissima prostituta; Eurídice farà il matrimonio che ci si aspetta da lei, ma non riuscirà mai a farsi riconoscere come quella geniale pianista che è. A rendere più drammatica la loro condizione è la separazione a cui le condanna il loro ambiente: nel film le due sorelle non si incontreranno mai più dopo fuga di Guida; le lettere di Guida saranno requisite dal padre; Eurídice, dopo lunghe ricerche, crederà per un errore la sorella morta e precipiterà in una disperazione che la porterà a non suonare mai più. Tutto rientrerà nell’ordine: le donne torneranno ad essere invisibili. Una frettolosa invenzione per chiudere in positivo, con il ritrovamento delle lettere di Guida da parte di un’anziana Eurídice e l’incontro con una nipote di Guida che è identica alla nonna, poco aggiungono al resto. Il film ha il suo meglio nella maestria con cui si gioca con il colore e con la ricostruzione d’atmosfera: su sfondi appannati e un po’ lividi le nostre protagoniste letteralmente svaniscono come le loro vite perdute, mentre brillano luminose nei momenti in cui riescono ad essere realmente quel che vorrebbero (Guida finalmente al sicuro dalla miseria, Eurídice che suona magistralmente il suo Chopin al Conservatorio). Dove il film ha dei limiti è nella sceneggiatura (M. Hauser), che ha salti e inverosimiglianze, e nell’enfasi sentimentale, nella drammatizzazione eccessiva che lo attraversa, a partire dalla insistita scena iniziale. Non paga la libertà che regista e sceneggiatore si prendono rispetto al libro di Martha Batalha, più coerente e convincente, nel quale il dramma, più sottile e meno concentrato e violento, è tutto negli ostinati tentativi di una donna speciale per uscire dall’invisibilità, provando una strada dopo l’altra: una lotta tenace e silenziosa, sempre perduta, mai abbandonata, condita di leggerezza, di humor e di antica saggezza. E più convincente è la conclusione della scrittrice, che ci lascia con un’Eurídice finalmente arrabbiata piuttosto che depressa, che tenta ancora; scrive e scrive qualcosa che qualcuno forse prima o poi leggerà: la scrittura come eredità e testimonianza.
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rat man
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domenica 6 ottobre 2019
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melodramma incoerente e contraddittorio
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Ciò che infastidisce - e non poco - di questo film è che la trama, con tutti i suoi espedienti narrativi, sembra finalizzata unicamente a raggiungere i massimi livelli di melodrammaticità, a costo di diventare contraddittoria sacrificando a ciò ogni plausibilità del racconto.
Si cerca di tratteggiare un legame profondissimo di amore e complicità tra due sorelle inseparabili, che però viene palesemente contraddetto dal comportamento imposto dall’autrice alle due protagoniste, col fine di ottenere il tragico epilogo.
Ecco le due incongruenze fondamentali [SPOILER]: 1) se Guida ci tiene veramente tanto alla sorella, perché non manda qualcuno nel vicinato a chiederne notizie, anziché farsi per anni delle seghe mentali basate sul nulla? 2) Se Euridice ha pensato ininterrottamente alla sorella e l’ha fatta cercare per tanto tempo senza arrendersi sperando di sapere qualcosa di lei, è mai possibile che, una volta avuto notizia della sua morte (e sapendo oltretutto che potrebbe aver avuto un figlio), non si preoccupi minimamente di informarsi su come e dove vivesse, per sapere cosa avesse fatto in tutti quegli anni?
Ovviamente se lo avessero fatto ci sarebbe stato un happy ending che non era nelle intenzioni degli autori, e pur di evitarlo si è preferito costruire una trama del tutto incoerente e irrazionale.
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Ciò che infastidisce - e non poco - di questo film è che la trama, con tutti i suoi espedienti narrativi, sembra finalizzata unicamente a raggiungere i massimi livelli di melodrammaticità, a costo di diventare contraddittoria sacrificando a ciò ogni plausibilità del racconto.
Si cerca di tratteggiare un legame profondissimo di amore e complicità tra due sorelle inseparabili, che però viene palesemente contraddetto dal comportamento imposto dall’autrice alle due protagoniste, col fine di ottenere il tragico epilogo.
Ecco le due incongruenze fondamentali [SPOILER]: 1) se Guida ci tiene veramente tanto alla sorella, perché non manda qualcuno nel vicinato a chiederne notizie, anziché farsi per anni delle seghe mentali basate sul nulla? 2) Se Euridice ha pensato ininterrottamente alla sorella e l’ha fatta cercare per tanto tempo senza arrendersi sperando di sapere qualcosa di lei, è mai possibile che, una volta avuto notizia della sua morte (e sapendo oltretutto che potrebbe aver avuto un figlio), non si preoccupi minimamente di informarsi su come e dove vivesse, per sapere cosa avesse fatto in tutti quegli anni?
Ovviamente se lo avessero fatto ci sarebbe stato un happy ending che non era nelle intenzioni degli autori, e pur di evitarlo si è preferito costruire una trama del tutto incoerente e irrazionale.
A parte questo, il film è ben girato, le attrici sono grandiose, e la regia restituisce efficacemente l’atmosfera oppressiva di quel contesto sociale e temporale.
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(di giannaccio)
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angelo umana
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sabato 28 settembre 2019
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un 'cosa dirà la gente' rivolto alla donna
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Film premiato con merito come migliore a Cannes 2019 per Un Certain Regard, che butta un “certo sguardo” delicato, pacato, dolce, poetico e senza troppa dramma sul ruolo della donna in una società patriarcale. Brasile primi anni 50: due sorelle giovanissime, Guida e Euridice, che si vogliono profondamente bene, complici tra esse come tante che opera(va)no qualche sotterfugio all'insaputa dei genitori per fuggire, divertirsi, vivere appieno la giovinezza. La più disallineata dalla disciplina che un papà rigido vorrebbe imporre, Guida, per una promessa da marinaio (greco) fugge ma torna a casa sola e incinta, ripudiata dal padre onde proteggere la nostra famiglia , vivrà da sola e di espedienti, preda di uomini (che si ripaga(va)no in un certo modo) e ambienti poveri, ma con qualche fortuna per l'aiuto incontrato presso un'anziana amica.
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Film premiato con merito come migliore a Cannes 2019 per Un Certain Regard, che butta un “certo sguardo” delicato, pacato, dolce, poetico e senza troppa dramma sul ruolo della donna in una società patriarcale. Brasile primi anni 50: due sorelle giovanissime, Guida e Euridice, che si vogliono profondamente bene, complici tra esse come tante che opera(va)no qualche sotterfugio all'insaputa dei genitori per fuggire, divertirsi, vivere appieno la giovinezza. La più disallineata dalla disciplina che un papà rigido vorrebbe imporre, Guida, per una promessa da marinaio (greco) fugge ma torna a casa sola e incinta, ripudiata dal padre onde proteggere la nostra famiglia , vivrà da sola e di espedienti, preda di uomini (che si ripaga(va)no in un certo modo) e ambienti poveri, ma con qualche fortuna per l'aiuto incontrato presso un'anziana amica. Euridice subisce a sua volta una mancata promessa della sorella che, parola sua, le aveva assicurato di portarla a Vienna per un'audizione come pianista, quando suono sparisco ha detto Euridice, si inebria in un mondo suo.
E' un film d'amore A vida invisìvel, l'amore tra le due che vivranno molto vicine ma senza trovarsi mai, Guida le scriverà lettere che a Euridice verranno occultate, scriverti per non dimenticarti le ha scritto (ed è cosa molto vera), il testo delle lettere ci viene raccontato dalla sua voce ma esse verranno trovate solo alla fine, quando la vita di Guida è passata. Un personalissimo parere spinge a pensare che gli amori che più ci mancano sono quelli non vissuti, non sperimentati accanto alla persona desiderata, forse immaginati. E' un film di musica, si coglie nei corpi delle persone che in Brasile improvvisano balli dappertutto, è un film anche di buona fotografia e paesaggi. Ottimo lavoro del regista Karim Ainouz, classe 1966, e sensibili interpretazioni di Carol Duarte (Euridice Gusmao) e Julia Stockler (Guida). 139 minuti ben spesi.
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(di angelo umana)
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thomas
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venerdì 27 settembre 2019
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struggente
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Il film sulle occasioni perse: sul tempo che è passato e non torna più indietro, sui sogni carichi di aspettative andati infranti, sulle parole d'affetto rimaste inespresse, sull'amore profondo affossato dalle convenzioni. Ma chi l'ha detto che la bellezza la si trova soltanto nei momenti di gioia condivisa? La vita di Euridice e Guida è bella perché la ricerca di chi si ama dà senso alla propria esistenza e non si perde mai una persona che vive nella nostra memoria
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vanessa zarastro
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lunedì 23 settembre 2019
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brasile anni cinquanta
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Quanto sono stati duri e bigotti anni Cinquanta in Brasile, specialmente per le donne! Il regista Karim Aïnouz li narra traendo liberamente il film dal romanzo Eurídice Gusmão che sognava la rivoluzione di Martha Batalha (Feltrinelli, 2016), e cioè la storia didue sorelle legatissime e complici, giovani e piene di vita, che per una serie di circostanze vengono divise nella vita.
Karim Aïnouz con questo film induce a riflettere sui valori della famiglia e su quei legami che contano davvero e che possono arrivare anche a sostituirla in parte. Vuole inoltre sottolineare il ruolo della donna in una società patriarcale. L’invisibilità del titolo è proprio il destino della donna: «Mia madre è l’ombra di mio padre» dice a un certo punto Guida che si ribella alle convenzioni.
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Quanto sono stati duri e bigotti anni Cinquanta in Brasile, specialmente per le donne! Il regista Karim Aïnouz li narra traendo liberamente il film dal romanzo Eurídice Gusmão che sognava la rivoluzione di Martha Batalha (Feltrinelli, 2016), e cioè la storia didue sorelle legatissime e complici, giovani e piene di vita, che per una serie di circostanze vengono divise nella vita.
Karim Aïnouz con questo film induce a riflettere sui valori della famiglia e su quei legami che contano davvero e che possono arrivare anche a sostituirla in parte. Vuole inoltre sottolineare il ruolo della donna in una società patriarcale. L’invisibilità del titolo è proprio il destino della donna: «Mia madre è l’ombra di mio padre» dice a un certo punto Guida che si ribella alle convenzioni.
Nate da una famiglia piccolo borghese di genitori portoghesi espatriati in Brasile, Euridice (interpretata dalla bravissima Carol Duarte) ama suonare il pianoforte e ha come unico sogno quello di andare a studiare al Conservatorio di Vienna. Invece la sorella (interpretata dall’altrettanto brava Julia Stockler) maggiore di due anni, più esuberante, ama flirtare con i ragazzi e si invaghisce di un marinaio greco con il quale scapperà nel Vecchio Continente, che sembra avere ancora un grande fascino per entrambe. Imparerà a sue spese il senso del detto “promesse di marinaio”; infatti, rimarrà sola e incinta. Ritorna quindi a casa dai genitori e dalla sorella, a Rio de Janeiro, ma sarà invececacciata di casa dal padre (Antonio Fonseca) che considera un onta troppo grande avere una figlia che è una ragazza madre.
Le due sorelle sono due modi opposti di essere donne: mentre Euridice è l’archetipo di una donna introversa che segue il dover-essere imposto dalla famiglia, timorata della figura paterna, e “invisibile” nel modo di vestire e di comportarsi nella vita, Guida invece è ribelle, appariscente e in continuo contrasto con l’autorità, sarà ingannata per amore, ma che alla fine è proprio nella maternità non voluta che troverà il senso della vita.
Il regista segue così le vite parallele delle due donne che, separate, sembrano essere entrambe destinate all’infelicità. Ne mostra tutte le difficoltà, quelle economiche di Guida che deve tirar su un bambino da sola, e quelle fisiche di Euridice che non vuole avere figli e mal sopporta le eccessive effusioni del marito Antenor (interpretato da Gregório Duvivier).
Le due sorelle continueranno a cercarsi sempre: per tutti gli anni ‘50 e ‘60 Guida continua a scrivere lettere alla sorella pensandola a Vienna a condurre una vita da concertista, mentre Euridice ingaggia un detective, non particolarmente bravo oserei dire, per rintracciare la sorella ovunque essa sia.
La pellicola è girata in 16 millimetri, con una notevole ricerca cromatica e con l’effetto stop focus delle immagini vecchie, curate dalla sapiente mano di Hélène Louvart. Euridice vive prevalentemente in interni claustrofobici dove la cinepresa è fissa e con poca profondità di campo, mentre quelli in cui si muove Guida sono più spaziosi, ma minacciosi. La Rio de Janeiro degli anni ’50 è dipinta come una città inospitale fatta di vicoli e prostituzione. A parte l’incipit iniziale pienamente naturale con mare, verde e roccia, solo alcuni panorami qua e la mostrano l’inconfondibile skyline del golfo di Rio.
La grande attenzione alle ambientazioni è dovuta anche al fatto che il regista è laureato in architettura, ed è un visual artist. Ha realizzato varie installazioni oltre che documentari, fiction televisive e diversi altri lungometraggi selezionati a Cannes, Berlino e per due volte a Venezia. Così afferma: «Ero intenzionato a raccontare una storia di solidarietà”, una storia che sottolineasse il fatto che siamo molto più forti insieme di quanto lo siamo da soli, indipendentemente da quanto potremmo essere diversi. Con “La vita invisibile di Eurídice Gusmão”, ho immaginato un film con colori molto saturi, con l’obiettivo molto vicino ai personaggi, che palpitasse con loro. Ho immaginato un film pieno di sensualità, di musica, di dramma, lacrime, sudore e mascara, ma anche un film gravido di crudeltà, violenza e sesso; un film che non ha paura di essere sentimentale, più grande della vita stessa - un film che battesse con i cuori delle mie due amate protagoniste: Guida ed Eurídice».
“La vita invisibile di Euridice Gusmão” è statopremiato come miglior film al 72mo festival di Cannes nella categoria Un certain regard ed è candidato a rappresentare il Brasile ai prossimi Oscar.
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domenica 22 settembre 2019
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recensione approssimata
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Bello il film ma la recensione sembra scritta da chi si è documentato ma non ha visto il film o non lo ha seguito con attenzione.
[+] visto, eccome
(di angelo umana)
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