Il Signor Diavolo |
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Un film di Pupi Avati.
Con Filippo Franchini, Lino Capolicchio, Cesare Cremonini (II), Gabriel Lo Giudice.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 86 min.
- Italia 2019.
- 01 Distribution
uscita giovedì 22 agosto 2019.
MYMONETRO
Il Signor Diavolo
valutazione media:
3,55
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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tra favola horror e sceneggiato tvdi carloalbertoFeedback: 51015 | altri commenti e recensioni di carloalberto |
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sabato 24 agosto 2019 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Se non fosse che Avati è un maestro riconosciuto del cinema italiano e Capolicchio, Haber e Cavina tre dei migliori attori che abbiamo avuto negli ultimi quarant’anni, senza, peraltro, che fossero valorizzati pienamente, come avrebbero e come avremmo, soprattutto noi fruitori della settima arte, meritato, il film dovrebbe essere archiviato come un tv movie o uno dei tanti sceneggiati prodotti dalla rai per riempire le spoglie stanze dell’immaginario collettivo del pubblico televisivo di mezza età della prima serata. La prova del cast è ineccepibile, a cominciare dal protagonista, funzionario ministeriale di second’ordine intorno al quale si svolge tutta la vicenda, interpretato dal giovane Gabriele lo Giudice. Il tema è ampiamente sfruttato e rinvia alla pervasiva mimetizzazione del male tra le pieghe di una apparente normalità, una delle magnifiche ossessioni di Polanski, che, però, ne ha tratto capolavori. L’ambientazione retrò nell’Italia degli anni ’50 è visivamente riuscita, ma i personaggi appaiono come fossero stati calati dall’alto, con una macchina teatrale, in un apparato scenico già predisposto, comunicando per luoghi comuni il modus stereotipato e non il pathos vivendi degli italiani dell’epoca ed in particolare, delle suore nei conventi, dei contadini nelle fattorie e dei preti nelle sagrestie. Senza pathos non c’è dramma e non c’è empatia ed immedesimazione nella storia, che somiglia piuttosto ad una favola, piena di diavoli e mostri coi dentoni e gli artigli, narrata dal nonno ad una ormai arguta e smaliziata nipotina postmoderna che la interpreta subito in chiave sociologica. Resta un racconto sapientemente narrato per immagini, che scorrono, piacevolmente distanti, perché purtroppo non siamo né il nonno né tantomeno la nipotina, dipanando l’intreccio del plot e lasciandoci indifferenti, anche rispetto ad un finale tronco che non meraviglia e non lascia spazio all’immaginazione. Se gli attori sono bravi, la trama è articolata e complessa, tratta come è da un romanzo dello stesso Avati, la scenografia è riuscita, cosa è mancato a questo film perché risultasse qualcosa di diverso da quello che appare e cioè uno sceneggiato della rai, dove ci saremmo a questo punto aspettati, per coerenza, al posto del volenteroso e capace Lo Giudice, il ben più collaudato Beppe Fiorello per operazioni pseudointellettuali e politicamente corrette di questo tipo?
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