Il primo imbarazzante ciak, l'attrazione per l'horror, i progetti futuri. Il regista racconta e si racconta in una video intervista esclusiva che precede l'uscita del nuovo film, dal 22 agosto al cinema.
Per chi ha ricevuto fin dalla tenera infanzia un'educazione cattolica, il Diavolo è sempre stato più che un fantasma. È stato qualcosa di tangibile, di minaccioso. E il Diavolo, come appariva negli anni Cinquanta agli abitanti del Polesine, è il protagonista silenzioso del nuovo film di Pupi Avati, un'opera sulla sacralità del Male che documenta un passaggio della Storia dell'essere umano.
Per Avati, l'attrazione per la paura nasce con un quadro, il Ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan van Eyck, che vide per la prima volta nello studio buio del nonno. Fu l'incontro con quei personaggi surreali, marziani, a sedurlo e a portarlo, anni dopo, a dirigere due film come La casa dalle finestre che ridono (1976) e Zeder (1983).
Ora, dopo oltre cinquant'anni di carriera, Avati torna con Il signor Diavolo su quel terreno che non ha mai smesso di affascinarlo. Ma il regista è convinto: dopo questo film ne verranno sicuramente degli altri. Uno, due, tre sequel, fino a formare una saga, ambientata in quelle stesse zone, con il Male come assoluto protagonista.
Il signor Diavolo sarà al cinema da giovedì 22 agosto, distribuito da 01 Distribution.