zarar
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domenica 13 novembre 2016
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un percorso originale verso il giudizio storico
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Bisogna sintonizzarsi su di un tipo di cinema molto particolare, all’incrocio tra il surreale, l’impegnato, la commedia e il dramma. L’approccio è sorridente, di grande levità, ma nulla toglie alle cose serie che il film riesce a dire. C’è qualcosa di chapliniano in questo stile che abbiamo già sperimentato con “La mafia uccide solo d’estate” e che anche qui si esercita su di un problema tutt’altro che lieve, quello, spesso rimosso, del contributo della mafia italo-americana e locale allo sbarco alleato in Sicilia. Su questo sfondo il regista disegna la storia perfettamente assurda di Arturo Giammaresi, un lavapiatti italo-americano di New York. Vorrebbe sposare Flora, ma la bella ragazza è stata promessa dallo zio ad un altro.
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Bisogna sintonizzarsi su di un tipo di cinema molto particolare, all’incrocio tra il surreale, l’impegnato, la commedia e il dramma. L’approccio è sorridente, di grande levità, ma nulla toglie alle cose serie che il film riesce a dire. C’è qualcosa di chapliniano in questo stile che abbiamo già sperimentato con “La mafia uccide solo d’estate” e che anche qui si esercita su di un problema tutt’altro che lieve, quello, spesso rimosso, del contributo della mafia italo-americana e locale allo sbarco alleato in Sicilia. Su questo sfondo il regista disegna la storia perfettamente assurda di Arturo Giammaresi, un lavapiatti italo-americano di New York. Vorrebbe sposare Flora, ma la bella ragazza è stata promessa dallo zio ad un altro. L’ambiente è mafioso, l’altro non teme rivali. Non ci sono speranze per Arturo, se non quella di arruolarsi per poter andare in Sicilia a chiedere la mano della ragazza al padre di lei. Il padre infatti potrebbe opporsi alle nozze combinate. Capitato miracolosamente nel paese giusto e passato indenne tra mille insidie (dall’America è stato inviato un ordine mafioso di sbarazzarsi di lui) il nostro ingenuo e sprovveduto eroe coronerà – manco a dirlo - il suo sogno. Ma il suo sarà anche un imprevedibile itinerario di formazione. Vedrà mafiosi che consegnano letteralmente il paese ai militari americani senza che venga sparato un colpo, delinquenti mafiosi liberati dalle carceri, i peggiori elementi mafiosi che diventano la nuova classe dirigente sotto la protezione degli occupanti ‘liberatori’. Si tratta di accordi presi a ben altri livelli e il povero private Giammmaresi capisce e non capisce, ma l’impatto su di lui è comunque grande. Chi capisce tutto molto rapidamente è il co-protagonista, un tenente italo-americano anche lui partito per amore, amor di patria e di democrazia nel suo caso, e che soffre maledettamente per la scoperta sempre più scioccante di questo indegno compromesso. Ingenuo anche lui a suo modo, affida ad Arturo una lettera da consegnare a Roosevelt [un report del genere esiste sul serio], che lui immagina all’oscuro di tutto. In questo mondo capovolto, il tenente morirà per sbaglio, mentre Arturo che doveva morire tornerà e porterà la lettera a Washington, proprio alla casa Bianca. La fine del film lo lascia su di una panchina ad attendere non si sa per quanto una risposta che non arriverà mai. Con un rovesciamento molto ben giocato dal regista, la storia assurda dei due protagonisti, che non sanno come va il mondo, è quella che sentiamo umana e vera; le vicende ‘serie’ destinate ad essere confezionate con tutti i crismi nei libri di storia sono quelle di cui vediamo i lati inaccettabili, disumani e assurdi. Assolutamente in carattere l’atmosfera da vecchia cartolina anni ’40, con la sua patina un po’ livida, i colori sbiancati con incursioni di pastelli acidi e accesi, che mantiene costantemente lo spettatore in bilico tra i due livelli della finzione e della storia. Convenientemente stralunati i principali protagonisti. Un cenno particolare meritano il cieco-radar e il suo compagno, una coppia che non si dimentica. Tre stelle e mezzo.
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maumauroma
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domenica 13 novembre 2016
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in guerra per amore
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La grande prova fornita dai numerosi attori caratteristi siciliani di cui la maggior parte di noi ignorava i nomi e i loro curricula, la denuncia sugli intrecci tra mafia e politica fatti risalire all'occupazione dell'esercito americano in Sicilia durante la seconda guerra mondiale, quando i generali statunitensi al fine di evitare sommosse e ribellioni da parte delle popolazioni locali, decisero di aumentare il potere dei capomafia conferendo loro incarichi politici, nonché una accurata ricostruzione d'epoca e ambientale, sono a mio avviso le uniche note positive che si riscontrano nell'ultima opera di Pier Francesco Diliberto e che gli valgono una striminzita sufficienza. Per il resto la tormentata storia d'amore tra Arturo e Flora risulta frutto di una sceneggiatura improbabile e caotica.
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La grande prova fornita dai numerosi attori caratteristi siciliani di cui la maggior parte di noi ignorava i nomi e i loro curricula, la denuncia sugli intrecci tra mafia e politica fatti risalire all'occupazione dell'esercito americano in Sicilia durante la seconda guerra mondiale, quando i generali statunitensi al fine di evitare sommosse e ribellioni da parte delle popolazioni locali, decisero di aumentare il potere dei capomafia conferendo loro incarichi politici, nonché una accurata ricostruzione d'epoca e ambientale, sono a mio avviso le uniche note positive che si riscontrano nell'ultima opera di Pier Francesco Diliberto e che gli valgono una striminzita sufficienza. Per il resto la tormentata storia d'amore tra Arturo e Flora risulta frutto di una sceneggiatura improbabile e caotica. Inoltre una assillante e fastidiosissima colonna sonora di rara banalita' avviluppa tutta la vicenda dall'inizio alla fine, finendo per soffocare anche i rari momenti di efficacia descrittiva. Pif e'sicuramente un personaggio amabile e simpatico, ma gli consiglierei per il futuro di limitarsi a dirigere i suoi film, sia perché dimostra buone doti di regia, sia perché le sue capacita' interpretative e soprattutto la sua voce, se possono risultare simpatiche in brevi scene o interviste televisive, alla lunga risultano stucchevoli e fuori luogo rischiando di rendere macchiettistici anche i momenti drammatici delle sue opere, che sono piu' numerosi di quello che sembra
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jackiechan90
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giovedì 10 novembre 2016
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la mafia uccide d'estate atto ii
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Film che è da considerarsi abbinabile (come cifra stilistica e tematica) all'opera prima di Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif) "La mafia uccide solo d'estate". Ma non ne è affatto un prequel (come da altre parti è stato scritto) bensì una riproposizione dello stesso tema del film precedente visto da una prospettiva diversa che lo rende molto più complesso e carico di significati del primo. Innanzitutto abbiamo l'elemento cinematografico (perché anche la ricostruzione storica non è accurata ma risente di un certo gusto citazionista che lo falsifica inevitabilmente) con i continui rimandi ad altre pellicole che abbandona la patina da mockumentary che aveva il precedente film. Qui c'è più attenzione alla fiction con un uso di effetti speciali che emoziona maggiormente e dimostra un'intenzione di sperimentare non da poco.
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Film che è da considerarsi abbinabile (come cifra stilistica e tematica) all'opera prima di Pierfrancesco Diliberto (in arte Pif) "La mafia uccide solo d'estate". Ma non ne è affatto un prequel (come da altre parti è stato scritto) bensì una riproposizione dello stesso tema del film precedente visto da una prospettiva diversa che lo rende molto più complesso e carico di significati del primo. Innanzitutto abbiamo l'elemento cinematografico (perché anche la ricostruzione storica non è accurata ma risente di un certo gusto citazionista che lo falsifica inevitabilmente) con i continui rimandi ad altre pellicole che abbandona la patina da mockumentary che aveva il precedente film. Qui c'è più attenzione alla fiction con un uso di effetti speciali che emoziona maggiormente e dimostra un'intenzione di sperimentare non da poco.
La storia poi fa da contraltare a quella precedente (anche dovuto al periodo storico scelto) raccontando l'ascesa della Mafia in Sicilia in un paese ancora (fino a un certo punto) immacolato. Da ciò deriva anche l'anticlimax finale che rende il finale più amaro che comico chiudendo il cerchio con la pellicola precedente (sempre che Pif non voglia fare una trilogia che però al momento pare superflua dato l'accostamento perfetto tra i due film).
La capacità di Diliberto di sfruttare cliché e tic del suo personaggio lo rendono una perfetta maschera comica che è poi quell'Arturo Giammarresi che (al pari di un Charlot o di un Fantozzi) è molto duttile e si presta continuamente a gag mimico-fisiche come anche di dialoghi degni di un Groucho Marx (fantastico quello su cosa pensa la gente). Qui vediamo la maschera-personaggio Pif che si ritrova nel contesto della Seconda Guerra Mondiale, in un momento decisivo per il suo paese e per il suo stesso futuro. Il contesto aiuta a rendere le situazioni ancora più divertenti rendendo il tutto ancora più straniante poiché lo spettatore già conosce il carattere del personaggio, assolutamente inadatto a questa situazione.
Con la sua consueta ironia Pif riesce a mettere insieme un mosaico storico di gag e riflessioni importanti con una nota di mistery che cattura ed emoziona lo spettatore creando un modo nuovo di fare fiction anche se difficilmente riproducibile per ulteriori sequel, sempre a patto che la maschera di Arturo Giommaresi non riesca a sorprenderci ancora.
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eddie02
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domenica 13 novembre 2016
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deludentissimo
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Dopo l'esordio folgorante mi aspettavo da Pif francamente molto di più. Temo sia stato un fuoco di paglia. Ci troviamo di fronte ad un film scritto maluccio e recitato peggio. I personaggi sono o inconsistenti o pure macchiette. Il film arranca fin dall'inizio con un montaggio sempre fuori tempo. Le storie si intrecciano senza un preciso senso. Sembra che le scene siano infilate un po' a casaccio più perché ritenute divertenti in sé che non perché abbiano un senso nella narrazione. Pif sembra continuamente voler imboccare lo spettatore apparendo quasi sempre ridondante (insopportabile la scena in cui i due poveri siciliani vengono condannati per aver rubato degli stivali a un soldato morto mentre i delinquenti vengono graziati) e finisce per rendere scontata e lenta quasi ogni sequenza.
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Dopo l'esordio folgorante mi aspettavo da Pif francamente molto di più. Temo sia stato un fuoco di paglia. Ci troviamo di fronte ad un film scritto maluccio e recitato peggio. I personaggi sono o inconsistenti o pure macchiette. Il film arranca fin dall'inizio con un montaggio sempre fuori tempo. Le storie si intrecciano senza un preciso senso. Sembra che le scene siano infilate un po' a casaccio più perché ritenute divertenti in sé che non perché abbiano un senso nella narrazione. Pif sembra continuamente voler imboccare lo spettatore apparendo quasi sempre ridondante (insopportabile la scena in cui i due poveri siciliani vengono condannati per aver rubato degli stivali a un soldato morto mentre i delinquenti vengono graziati) e finisce per rendere scontata e lenta quasi ogni sequenza. La storia è poverissima: un palermitano che vive in America, tonto e incapace, innamorato di una bellissima ragazza (il personaggio di Miriam Leoni è tutto qui) promessa in sposa al figlio di un mafioso, si arruola nell'esercito e parte per la Sicilia per chiedere la mano della sua bella al di lei padre. Da questa premessa un susseguirsi di insensatezze poco divertenti che portano al finale lunghissimo, pretenzioso e sottolineato dall'insistente musica di Santi Pulvirenti. Insomma un pasticcio senza né capo né coda. La confezione al contrario è di buona fattura, ma nel cinema non basta la confezione, ci vuole qualcosa anche dentro. Peccato
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rct_freexis
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mercoledì 16 novembre 2016
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non è un buon film...ma neanche così brutto.
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Credo che la forza di questo film sia nascosta nella storia di come gli americani sbarcarono agevolmente in Sicilia,e di come favorirono la nuova ascesa della mafia.
Il resto delle storie (tra cui quella tra i due amanti,che dovrebbe essere la principale) sembrano accozzagliate quasi senza senso e rimangono un pò sospese. Pif lo ritengo un bravo regista,ma la sua recitazione un pò piatta unita a faccette che sperano di far ridere non gli danno gloria. Miriam Leone non so neanche perchè era lì.
E' stato molto bello però vedere l'impegno della produzione nel creare l'ambiente di quei tempi,i mezzi militari,costumi...erano perfetti.
Un'idea molto bella ma non utilizzata al meglio,peccato.
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giuliog02
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venerdì 17 febbraio 2017
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ridendo castigat mores
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Una gradevole commedia, ben recitata da bravi attori, nella quale si trattano indirettamente temi seri di grande rilevanza storico-politica ( mafia e imperialismo statunitense ). Dal punto di vista storico, della scenografia e dell' ambientazione é un coacervo di sviste, di errori, di imprecisioni, di superficialità. Piacevole quella dell'elicottero, all'epoca non esistente presso gli Alleati, che per lo meno serve a trasportare l'asino....... . Un film con cui si passa un'ora e mezza e che consente di uscire col sorriso sulle labbra dalla sala, purché non si sia troppo attenti alla realtà.
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giovedì 29 dicembre 2016
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pletorico
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Non ha la leggerezza dell'opera prima, disseminata qua e là della poesia minimalista stemperata nella nostalgia dell'infanzia (anche se volendo essere pignoli ci sarebbe da dire che in fin dei conti abbiamo tutti una infanzia da rimpiangere, uffa!). No, questa seconda prova cinematografica si propone come un assemblaggio randomizzato di personaggi, che più che tali sono macchiette, scopiazzate qua e là tra la commedia dell'arte e altre opere cinematografiche di ben altro spessore, frullate assieme con l'unico legante del pistolotto finale contro la Democrazia Cristiana e la collusione dei cattolici con la mafia. La storia di Lucky Luciano è vera e non nuova per chi ha un minimo di attenzione verso la storia recente del nostro paese.
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Non ha la leggerezza dell'opera prima, disseminata qua e là della poesia minimalista stemperata nella nostalgia dell'infanzia (anche se volendo essere pignoli ci sarebbe da dire che in fin dei conti abbiamo tutti una infanzia da rimpiangere, uffa!). No, questa seconda prova cinematografica si propone come un assemblaggio randomizzato di personaggi, che più che tali sono macchiette, scopiazzate qua e là tra la commedia dell'arte e altre opere cinematografiche di ben altro spessore, frullate assieme con l'unico legante del pistolotto finale contro la Democrazia Cristiana e la collusione dei cattolici con la mafia. La storia di Lucky Luciano è vera e non nuova per chi ha un minimo di attenzione verso la storia recente del nostro paese. Ma la narrazione a tesi, condotta in modo casuale e un po' buttata via, diventa greve e pedante nella epifania finale del soggetto a tema. Diliberto è un regista fragile e a volte un po' irritante nella pretenziosità di voler coprire a tutti costi la debolezza della struttura narrativa con citazioni e allusioni formali che alla fine risultano solo pedanti.
Pessima la scelta del casting, con Miriam Leone che si aggira spaesata per il film alla ricerca disperata di un ruolo che non troverà mai, e l'interpretazione di Maurizio Marchetti, troppo debordante anche per un caratterista.
Il film piacerà ai seguaci del pensiero dominante. Si profila all'orizzonte un nuovo Benigni a titillare il conformismo degli intellettuali da salotto.
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riccardo tavani
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mercoledì 1 febbraio 2017
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dalla commedia a un'amara pagina di storia
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Dopo il suo primo successo, La mafia uccide solo d’estate, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, torna sul tema. Ci torna sempre attraverso il genere della commedia tra i pori della quale – piano piano – sale e traspare una pagina di storia nazionale. È la ricetta dell’antico farmacista: lo zucchero prima dell’amaro. Dal dolce dell’immaginaria vicenda di un amore combattuto, all’amaro della pagina di guerra e di storia italiana drammaticamente vera. Il tutto testimoniato dalla faccia da bravo ragazzo, imbranato, maldestro, ma comunque sempre onesto, nelle intenzioni e negli atti, della figura d’attore di Pif, qui nelle vesti di Arturo Giammarresi, siciliano trapiantato in America che si arruola per amore della bella Flora.
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Dopo il suo primo successo, La mafia uccide solo d’estate, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, torna sul tema. Ci torna sempre attraverso il genere della commedia tra i pori della quale – piano piano – sale e traspare una pagina di storia nazionale. È la ricetta dell’antico farmacista: lo zucchero prima dell’amaro. Dal dolce dell’immaginaria vicenda di un amore combattuto, all’amaro della pagina di guerra e di storia italiana drammaticamente vera. Il tutto testimoniato dalla faccia da bravo ragazzo, imbranato, maldestro, ma comunque sempre onesto, nelle intenzioni e negli atti, della figura d’attore di Pif, qui nelle vesti di Arturo Giammarresi, siciliano trapiantato in America che si arruola per amore della bella Flora. La particolare aura attraverso cui il pubblico percepisce l’attore protagonista è essenziale in questo tipo di traslazione dalla cifra comica a quella drammatica. Lo abbiamo visto ne La vita è bella, di e con Roberto Benigni, o in Forrest Gump, con Tom Hanks. Quest’ultimo film, come è noto, è quello cui si è dichiaratamente ispirato Pif nella sua prima prova. Perché nel detto “Scherza con i fanti ma lascia in pace i santi” il passaggio dai primi ai secondi può essere garantito solo da un volto, da una figura che ispiri sensibile fiducia pubblica. E qui dalla figura comica del fante Arturo Giammarresi si passa a quella santa, eroica del tenente Philip Catelli, interpretato da Andrea Di Stefano. È questo il personaggio chiave, angelo protettore di Arturo, che svela e fa trasparire, sotto i toni comici, la prima tentacolare rete mafiosa che si ramifica con l’espandersi dell’avanzata delle truppe da sbarco Usa in Sicilia. Per conferire una maggiore autenticità al risvolto storico drammatico del suo racconto, Pif dedica una particolare cura a ogni suo aspetto cinematografico, dalla fotografia, alle luci, alle scenografie, ai costumi. Come a quello documentale, mostrando pagine di archivio storico che attestano la sua denuncia. Resta un solo rammarico: che nessun autore-attore abbia pensato a realizzare un racconto come questo in anni precedenti, nei quali avrebbe certamente avuto un maggiore impatto sia cinematografico che sociale.
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ska82
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giovedì 10 novembre 2016
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pif si ripete, film da vedere!
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Il secondo film è sempre difficile specie quando il primo è stato un successo.
Pif si ripete, realizzando una commedia molto carina da vedere, dove ancora una volta vengono raccontati temi molto importanti in maniera molto soft, intervallati da una storia d'amore.
Non tutti penso sappiano di come la mafia sia rinata con lo sbarco degli alleati in sicilia, molti dei nuovi mafiosi furono collaboratori degli americani che cercavano delle strategie vincenti per invadere l'Italia, uno su tutti, Lucky Luciano, che venne liberato dal carcere in America e portato in Italia, oppure, Vito Genovesi che da interprete di fiducia del colonnello Poletti ben presto diventerà “capo dei capi” di Cosa Nostra.
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Il secondo film è sempre difficile specie quando il primo è stato un successo.
Pif si ripete, realizzando una commedia molto carina da vedere, dove ancora una volta vengono raccontati temi molto importanti in maniera molto soft, intervallati da una storia d'amore.
Non tutti penso sappiano di come la mafia sia rinata con lo sbarco degli alleati in sicilia, molti dei nuovi mafiosi furono collaboratori degli americani che cercavano delle strategie vincenti per invadere l'Italia, uno su tutti, Lucky Luciano, che venne liberato dal carcere in America e portato in Italia, oppure, Vito Genovesi che da interprete di fiducia del colonnello Poletti ben presto diventerà “capo dei capi” di Cosa Nostra.
Ragazzi questa è storia, ben vengano film come questi.
Complimenti a PIF.
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akamota
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mercoledì 2 novembre 2016
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quadri educativi macchiestici
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Confezionare un prodotto altamente digeribile per trasmettere messaggi scomodi è sicuramente difficile
Il cinema di denuncia è nel corso dei decenni passato da Petri de Le mani sulla città a epigoni vetero sessantottini che non si reggono neppure nel più ideologico dei cineforum.
Eppure ne La mafia uccide solo d'estate aveva trovato un equilibrio che qui non c'è.
Talvolta gira immotivatamente a vuoto, talvolta si allunga in brodo senza un perché, solo gli ultimi minuti e l'alto sentire della lotta alla mafia giustificano, ex post, l'operazione.
La spiritosaggine, l'essere didascalici alla fine permettono (forse) di penetrare l'apatia, l'abulia e dare una scossa alla situazione consuetudinaria di mafia stratificata e vincente, abito mentale oltre che problema criminale.
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Confezionare un prodotto altamente digeribile per trasmettere messaggi scomodi è sicuramente difficile
Il cinema di denuncia è nel corso dei decenni passato da Petri de Le mani sulla città a epigoni vetero sessantottini che non si reggono neppure nel più ideologico dei cineforum.
Eppure ne La mafia uccide solo d'estate aveva trovato un equilibrio che qui non c'è.
Talvolta gira immotivatamente a vuoto, talvolta si allunga in brodo senza un perché, solo gli ultimi minuti e l'alto sentire della lotta alla mafia giustificano, ex post, l'operazione.
La spiritosaggine, l'essere didascalici alla fine permettono (forse) di penetrare l'apatia, l'abulia e dare una scossa alla situazione consuetudinaria di mafia stratificata e vincente, abito mentale oltre che problema criminale.
Non faccio il regista, però alcune parti l'avrei tagliate o l'avrei rese più fluide...quale, ad esempio, la ragione di sottolineare e ripetere che il protagonista non parla bene l'americano ? Eppure dopo svolge opera di traduttore...eppure vive in america (si immagina da anni).
Concordo con MyMovies caratteristi grandissimi. Saro e Mimmo a livello di Franco e Ciccio, strepitosi.
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