Mi trovo sempre molto in disaccordo con le recensioni di Marianna Cappi che questa volta non è in grado di scrivere nemmeno correttamente il nome del regista. Ma questo penso sia un problema mio.
Parliamo del film. Ho letto molte recensioni che tacciano il film di blockbusterismo, passatemi il termine, e non posso che essere più in disaccordo.
Partiamo da un punto fermo: la regia di Iñarritu e la fotografia di Lubienski sono ineccepibili e portano il film a livelli altissimi. E qui penso possiamo essere tutti d'accordo, perfino la Cappi.
La sceneggiatura allora è il punto debole? Potremmo dire di sì. Sicuramente non è la parte più innovativa, ma ciò non priva il film della sua liricità, di una profondità - forse non riesce ad arrivare a tutti - che sublima l'intreccio narrativo, che preso da solo è un inutile distillato.
"Tous les hommes son sauvages", tutti gli uomini sono selvaggi, che sembra quasi parodiare in qualche modo il sillogismo socratico "Tutti gli uomini sono mortali[...]", è uno dei messaggi chiave del film.
È il rumore di fondo della pellicola, è la legge naturale dei mercanti di pelli e degli Arakari della Louisiana del Nord. È la perdita dell'umanità che condanna Fitzgerald e Toussaint, uomini avidi e senza scrupoli.
Per Fitzgerald, Dio è uno scottaiaolo, un "figlio di puttana" a cui sparare per aver salva la pelle. Ogni principio, ogni moralità è sacrificabile sull'altare della cupidigia, della più bieca sopravvivenza, di un pezzo di terra texana al sicuro dagli indiani che ti fanno lo scalpo e da ogni rimorso di coscienza.
È questo il contrasto fondamentale su cui ruota tutto il film. È la lotta fra l'uomo e l'orso. Glass e Bridger si salvano perché riescono a preservare quell'umanità, quei principi, quei sentimenti che che la gelida Louisiana del Nord cerca in tutti in modi di sopprimere. È il vento che scuote i rami, ma non riesce a muovere il tronco. Quel vento che non può nulla contro radici profonde.
Le radici profonde dell'altruismo del protagonista che salva Powaka dalle lussuriose grinfie dei francesi, la coscienza del giovane volontario che evita la "sepoltura prematura" del compagno consentono ai due di respirare oltre l'ultimo fotogramma del film.
Nel panteismo molto malickiano di Iñarritu, la natura è una forza soggiogatrice, alla quale si sopravvive "facendo i morti con l'orso", nascondendosi nei suoi numerosi ventri, dove la vendetta è nelle mani di Dio e giace nei ruscelli gelati della Louisiana del Nord.
[+] lascia un commento a il monco »
[ - ] lascia un commento a il monco »
|