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Ultimo aggiornamento venerdì 28 agosto 2020
Il film di Roy Andersson ha vinto il Leone d'Oro alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2014. Il film è stato premiato al Festival di Venezia, ha ottenuto 4 candidature e vinto un premio ai European Film Awards, In Italia al Box Office Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza ha incassato 314 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Due venditori di denti da vampiro e maschere di carnevale ci guidano attraverso trentanove quadretti di vita, morte, miseria e sciocchezze del quotidiano, tra riflessione filosofica e scherzo beffardo.
Una carriera rarefatta quella di Roy Andersson, cominciata nei primi Settanta sulla scia dell'infatuazione per la nouvelle vague cecoslovacca e proseguita nei decenni per lo più al servizio di spot pubblicitari, prima di arrivare alla Living Trilogy di terzo millennio: una trilogia di lungometraggi che in A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence trova il suo apice e compimento. L'ironia corrosiva del regista, figlia in egual misura dei Monty Python, di Kaurismaki e di un gusto per il nonsense tipicamente scandinavo, si mescola a una ricerca visiva sempre più stimolante. L'utilizzo del digitale, infatti, consente di introdurre ancor più elementi surreali nei tableaux vivants tipici del regista: l'armata di Carlo XII che si ferma a un bar per una birra, un esercito coloniale che si serve di schiavi neri per alimentare un curioso marchingegno, una scimmietta usata come cavia per scopi ignoti (ma con ogni probabilità privi di senso). Una distorsione della realtà che porta l'immaginario artistico di riferimento più dalle parti di Otto Dix che da quelle di Bruegel il Vecchio, che è ancora una volta ispirazione originaria (dal suo I cacciatori nella neve, infatti, deriva l'immagine dei piccioni che osservano l'inutile affanno del genere umano, placidamente poggiati su un ramo). In 39 piani sequenza in cui si ride amaro, Andersson riesce a convogliare altrettante riflessioni semiserie sulla mortificazione dell'esistenza quotidiana, sul cumulo di assurdità a cui l'essere umano si sottopone per convenzione o presunto interesse, senza più essere in grado di porsi il quesito fondamentale sulle ragioni del proprio intento originario. Trait d'union ideale il duo di venditori di scherzi di carnevale, coppia slapstick tra Don Chisciotte e Sancho Panza e Laurel e Hardy, incarnazione del disperato bisogno di divertimento odierno e dell'assoluta incapacità di godere dello stesso. Ma soprattutto icone tragicomiche della condizione ineluttabile di venditori porta a porta (oltre che di se stessi) a cui la società del marketing imperante sembra aver condannato l'umanità intera. Un maestro dell'assurdo che aspetta beckettianamente la sua meritata consacrazione.
Film decisamente di taglio nordico, essenziale... direi inesorabile sia sotto l'aspetto contenutistico che di tecnica cinematografica. L'impostazione è quella della transposizione del teatro sul grande schermo. Ci scorrono, a modi palcoscenico, circa 40 quadri a ripresa fissa ..che da spettatori increduli leggiamo come surreali, assurdi e financo atroci per il nostro abituale sentire [...] Vai alla recensione »
Spettatori all’interno di un cinema: perplessi. La citazione del film di Alexander Kluge è con molta probabilità più pertinente riguardo all’ermetico procedere di entrambe le pellicole –premiate a Venezia a distanza di quarantasei anni – che nei confronti del pubblico presente. Il quale, numeroso in maniera sorprendente, è sembrato tutt’altro [...] Vai alla recensione »
Per primo occorre riconoscere al regista lo sforzo di uscire dal consueto sviluppo filmico. E' un opera dell' assurdo, e come tale non gli si chiede la plausibilità di molte scene. E' un continuo invito a ripensare al vuoto che si cela dietro tante vite, nelle quali i giorni scorrono ignoti e ignari. Vite nelle quali il mercoledì è uguale al giovedì ma potrebbe [...] Vai alla recensione »
Non si può negare al cinema di Roy Andersson un suo particolare e personalissimo stile: il film viene costruito per giustapposizione di quadri fissi, dentro i quali colore e scenografia sono studiatissimi mentre i personaggi sono rigidi manichini che si muovono come zombie e ripetono, con una stupidità che indossano come una maschera, frasi assurde o grottescamente irrilevanti. Vai alla recensione »
L’inizio inquadra e spiega il titolo, dando una prima chiave di lettura: in un museo zoologico un visitatore si sofferma a guardare un piccione impagliato che, appollaiato su un ramo in visuale comprendente uno scheletro di dinosauro ed un dipinto con aquile, sembra assorto e pensoso. Tradotto in termini concettuali l’immagine ci presenta qualcuno (forse il regista stesso) mentre medita [...] Vai alla recensione »
Prima di giudicare un’opera è buona cosa capire come “funziona”. Poiché la pellicola si caratterizza per frammentarietà (39 micro-episodi) il primo problema sta nell’individuare ciò che la tiene insieme. Per alcuni è la storia di due compagni di sventura, tristi venditori di scherzi di carnevale. Ma loro entrano in scena a film già avviato. Di conseguenza non sono il vero collante, che va individuato [...] Vai alla recensione »
Ho appena visto "un piccione" e penso che avro bisogno di molto tempo per rimettermi da questa esperienza. Il film ha delle pretese artistiche e, sembra filosofiche, che lasciano molto spazio ai gusti personali, e potrebbe percio non essere oggetto di giudizio. Il problema é che il film, in modo inaspettato, segreta scene di violenza insostenibili e neanche descrivibili che sembrano fini a se stesse [...] Vai alla recensione »
mia moglie voleva andare a vedere Se Dio vuole ma ogni tanto accetta anche le mie proposte. nella recensione avevo letto che era anche un film umoristico anche se rifletteva sull'Essere. all'infuori di qualche scena ossessiva che faceva ridere più per la scelta maniacale del regista che non per quanto espresso, il resto l'ho trovato deprimente e sado/masochista.
Un tentativo ambizioso, ma non riuscito di trasporre nel cinema la rappresentazione dei vizi umani rintracciabile in modo eccelso nei quadri di Pieter Brughel e vari altri pittori fiamminghi del 1400-1500. Se non risultasse abbastanza chiaro, la parabola dei ciechi (vangelo secondo Matteo XV, 14 : se un cieco guida un altro cieco, entrambi cadranno nella fossa) ripresa da Brughel [...] Vai alla recensione »
39 quadri di difficile connessione l’uno con l’altro. Richiedono appunto una lettura ed una analisi non tradizionale. Unico dato di congiunzione, ma del tutto relativo, 2 soggetti stralunati che cercano di vendere a soggetti quasi altrettanto stralunati, oggetti idonei a dare felicità: 2 denti di vampiro, un sacchetto per l’allegria, la maschera di [...] Vai alla recensione »
Un piccione appollaiato su un altissimo ramo cede a Roy Andersson la sua visuale, quell’eccezionale posizione che permette all’artista di elevarsi quanto basta per descrivere, con le proprie capacità espressive, la commedia umana. Ci troviamo in una Goteborg grigia e malinconica i cui ambienti, ricostruiti attraverso una precisa scelta scenografica, ospitano momenti della [...] Vai alla recensione »
Cento minuti così dura il film ogni minuto un quadro surreale è come entrare in una galleria d'arte,con una accuratezza maniacale scenica con una fotografia superlativa ,colori uniformi pastello,scelta perfetta nella profondità di campo spesso in movimento,che rendono le varie scene un susseguirsi di forme ripetitive come una giostra che gira "la partenza della guerra e il ritorno"in questo film si [...] Vai alla recensione »
QUANDO un piccione seduto su di un ramo riflette sull'esistenza non sua “,naturalmente” ma di tutta l'umanità che osserva sotto i propri occhi ,viene da chiedersi se la stessa umanità stia riflettendo abbastanza sul mondo intero piccioni compresi. Il regista Andersson , è altresì evidente che “,naturalmente” si è posto il [...] Vai alla recensione »
Al piccione che riflette sull’esistenza o “sull’essere un essere umano” non poteva non darsi il Leone d’Oro alla 71ma mostra di Venezia (2014). Il 74enne regista Roy Andersson ne deve aver visto di uomini e macchiette, deve aver riflettuto abbastanza sui ns. comportamenti di società evoluta, di gente “perbene”, sul potere e sugli interessi che [...] Vai alla recensione »
Non mi piace scrivere recensioni negative, come minimo è ammettere di aver buttato i soldi del biglietto, ma devo essere onesta. Se è un film che deve farti riflettere sulla morte c’è riuscito: ho considerato il suicidio già dalla seconda scena e augurato atroci indigestioni a chiunque abbia avuto a che fare con la pellicola, come alternativa a 25 anni senza condizionale di visione ininterrotta di [...] Vai alla recensione »
Il piccione è il simbolo della natura ed è l'unico che riesce a sopravvivere alla città moderna. Ripete il suo verso, e assiste, dall'alto di un ramo, allo scorrere quotidiano della vita che gli appare come un film, a cui poco si interessa. Esemplari della sua specie appaiono all’inizio, impagliati, all’occhio di anziani visitatori di un museo, in una [...] Vai alla recensione »
Film in cui si narra di due agenti di commercio di un campionario di oggetti formato da trucchi ed altri aggeggi ideati appositamente per celebrare varie festività e ricorrenze, i quali girano per la città proponendo la propria merce e venendo così a contatto con una molteplicità di individui e realtà.
Più che indurre lo spettatore a riflettere sull'esistenza lo porta a domandarsi perchè un film del genere. Noioso a cominciare dalla musichetta ripetuta in modo ipnotico (forse con l'intenzione di far addormentare chi lo sta guardando), per passare alle inquadrature fisse su ambienti e soggetti anonimi e privi di colore, nonchè di espressione.
Nel 2014 le giurie di Cannes e Venezia avevano a disposizione almeno due titoli "forti" da premiare coi rispettivi, massimi riconoscimenti: "Mommy"e "Birdman", che chi scrive non ha ancora recensito. Titoli forti, anche se non capolavori, perché entrambi soffrono di quella magniloquenza che nel caso di Inarritu è anche ripetitiva.
Che forse i piccioni seduti su un ramo non siamo noi spettatori? Noi a mirare questi quadretti slegati di “protagonisti” più macchiette o statue di cera grottesche e impacciate, mai un primo piano, come se non fossero dotati di una propria espressività e di un anima ma solo funzionali a racconti e situazioni grottesche e surreali da avanspettacol [...] Vai alla recensione »
bah...forse lo potevo prevedere, Venezia ogni anno si sforza di mantenere una certa distanza col pubblico, e mentre a Cannes, Berlino e al Sundance vincono bei film ai quali tutti possono accedere e trarne beneficio, a Venezia no. Si premia sempre lo sfizio stilistico, l'eccessivo sofisticatismo, l'arte di nicchia quasi lo scopo appunto sia quello di creare due mondi diversi di fruitori di cinema. Vai alla recensione »
E’ l’uomo che osserva il piccione imbalsamato nel museo o è il piccione che osserva l’uomo? Si possono portare i propri beni nell’aldilà? Che fare di un sandwich e una birra già pagati, se chi li ha ordinati è morto? I tre quadri del prologo a camera fissa sono tre riflessioni sulla morte. Ed anche sulla vita.
Film dal messaggio chiaro: l'uomo e le sue contraddizioni ed inutilità. Resoconto di una società fatta di finti rapporti, da discorsi inutili, in una vita ripetitiva e noiosa. Critica assoluta per chi come un re si assurge ad essere superiore e nel momento della sconfitta dovrà accorgersi della sua NON superiorità. Il mutare dei giorni diversi solo nel nome, la mancanza [...] Vai alla recensione »
Prima di giudicare un’opera è buona cosa capire come “funziona”. Poiché la pellicola si caratterizza per frammentarietà (39 micro-episodi) il primo problema sta nell’individuare ciò che la tiene insieme. Per alcuni è la storia di due compagni di sventura, tristi venditori di scherzi di carnevale. Ma loro entrano in scena a film già avviato. Di conseguenza non sono il vero collante, che va individuato [...] Vai alla recensione »
Una serie interminabile di brevi scenette, quasi mai comiche -al più patetiche- riprese con macchina fissa in ambienti scarni, abiati da personaggi amimici, collegate fra loro da un "fil-rouge" improbabile: una coppia di sfigatissimi e falliti rappresentanti di prodotti per il carnevale che con tono funebre si ostinano a proporre "per far divertire" ma che non [...] Vai alla recensione »
Il film di Andersson, ultimo della sua Trilogia sull’ “essere un essere umano”, si segnala innanzitutto per la sua atipicità: non racconto filmico, ma operazione fortemente intellettualistica di impossibilità di tale racconto, come fu, ad es., – nel territorio del romanzo - la famosa Trilogia di S.
bel film amaro, poten te e visimamente bellissimo divertente e ironia raffinata uno dei film piu belli dell'anno
Mi sono lasciato ingannare dalla premiazione al Leon d'Oro e dai titoli promozionali su alcuni quotidiani nazionali. Ho resistito circa 25 minuti , mi è venuto in mente Fantozzi quando costretto a guardare per l'ennesima volta il film "La corazzata Kotiomkin" ha urlato la celebre esclamazione ; la sala in cui mi trovavo si era ormai trasformata in una bolla surreale .
Un po' scettico sono andato a vederlo invitato da amici. Per la prima volta in vita mia mi sono alzato dopo mezz'ora e me ne sono andato. Un bluff, un non film senza nessun senso. Non aggiungo altro. Evitatelo
Premessa fondamentale: non vorrei convincere nessuno a vedere questo film (perché non è un film facile e di primo approccio per tutti). Svolgimento: vincitore del Leone d’Oro a Venezia , è un quadro stupendo di trasposizione di cultura iconografica ( Hopper su tutti ) in sede filmica. Pittorico fin dall’inizio e di una qualità struggente, si mette in sintonia con la cultura contemporanea piu’ elegante. [...] Vai alla recensione »
La cifra del film e' il grottesco, ma rispetto alla genialità' irriverente dei Monty Pithom o di Cipri' e Maresco - per fare dei paralleli - si tratta di un grottesco soporifero, di un'ironia algida, probabilmente molto scandinava. Pare infatti che alla berlina il film metta soprattutto il cliché' (ma che a questo punto si deve ritenere una realtà', se il [...] Vai alla recensione »
Grottesco, surreale, spiazzante, sorprendente, gli aggettivi si sono sprecati per questo film, ma io direi soltanto, deprimente.
E' un film delizioso. Però mi rimane difficile dire perchè. Bisogna prendere il pacchetto così com'è. C'è un umorismo appena accennato di gran classe, una narrazione molto slegata ma sempre elegante che comunque incuriorisce su toni di colore pacificanti alla Hopper. E' come un quadro. Occorre sforzarsi per carpire l'idea che lo sottende. Non c'è l'immediatezza ma sicuramente un giorno o [...] Vai alla recensione »
La cifra del film e' il grottesco, ma rispetto alla genialità' irriverente dei Monty Pithom o di Cipri' e Maresco - per fare dei paralleli - si tratta di un grottesco soporifero, di un'ironia algida, probabilmente molto scandinava. Pare infatti che alla berlina il film metta soprattutto il cliché' (ma che a questo punto si deve ritenere una realtà', se il [...] Vai alla recensione »
Un film esilarante come una mensola dell'Ikea questo a cominciare dal titolo. Sto piccione di sicuro si suiciderà dopo aver meditato sull'esistenza, probabilmente in un tinello di quelli visti, spazianti dal beige chiaro al beige scuro passando per tutte le 50 sfumature di grigio. Ancora una volta una mattonata senza senso riceve premi e quattro stelle sulle più disparate recensioni [...] Vai alla recensione »
Dopo aver assistito alla proiezione di un capolavoro della cinematografia sovietica, il ragionier Fantozzi esprime il proprio dissenso con poche ma vibranti parole. Viene bruscamente tacciato di solenne ignoranza e coperto di pesanti insulti da parte di chi, invece, del film ne aveva colto il vero senso. Non volendo incorrere nella stessa sorte, è opportuno meditare attentamente prima di giudicare [...] Vai alla recensione »
Vale la fotografia, meno la regia e la sceneggiatura. Idee ripetitive, considerazioni magre, banali. Attori come burattini di una recita noiosa.
Inguardabile; pesante; bruttissimo..a tratti la metafora è incomprensibile.Costruito tanto da anticipare le battute. Insomma un flop da Venezia.
Questo film non è solo brutto o "decisamente mediocre" come recita la votazione del sito: è una presa in giro della giuria di Venezia. Probabilmente i giurati erano in vena di scherzi di pessimo gusto e hanno dato il premio a questa roba. Sicuramente la cosa peggiore che c'era in concorso. Peccato che non gli possa chiedere la restituzione dei soldi del biglietto e che non si possa radiarli a vita [...] Vai alla recensione »
Molto tempo fa, tanto da perdersi nei ricordi, quando ero molto giovane, vidi “Il Fantasma della Libertà” di Luis Bunuel, e a teatro l'immortale “Aspettando Godot” di Beckett, visioni diverse sull'esistenza ma pur sempre figlie di quell'impronta geniale che sa entrare con garbo ed ironia nel fenomeno della vita. Questo film di Andersson mi ha profondamente deluso poiché ripetitivo e ad un certo punto [...] Vai alla recensione »
Una triste comicità, vista dall'occhio di cineprese ad inquadratura fissa; colori pastello giallo/beige sempre abbinati ai volti cadaverici dei protagonisti. Film con un solo effetto speciale, ma neanche tanto; molto lontano dall'essere in perfetto stile hollywoodiano da 100milioni di dollari e colmo di star, è stato sapientemente realizzato senza troppi sprechi di denaro.
Film tenuto a galla esclusivamente dal tocco registico e dall'originalità della sua realizzazione, 100 minuti di sfida alla noia che regna sovrana tra i grigi delle scene, l'incomunicabilità, la mancanza di una trama e del tanto sbandierato umorismo che, salvo un paio di circostanze, latita del tutto. E credo che anche la vita di tutti i giorni sia un pochino più briosa del quadro dipinto da andersson... [...] Vai alla recensione »
Be a Venezia hanno dato il Leone d'Oro a tanti, e va bene anche a questo film teatro sulla stile di per noiosità di un lavoro di Jonesco. Va bene, le tinte pastello scialbe, le facce che sono delle maschere, le situazioni surreali, tutto va bene, ma invece di 100' di proiezione, non si potevano fare 60? La critica alla società è una cosa facilissima da fare, ma bisogna vedere con quale mezzo la si [...] Vai alla recensione »
Inizialmente scettico. Dopo un po' ricreduto.
che dire.... non di certo un film ma un'opera d'arte vera e propria.. Andrebbe visto in un altro contesto tipo la triennale ma comunque merita un 9.0 La sintesi della vita, un'analisi spietata, vera e crudele di ciò che siamo o meglio di ciò che non mostriamo: il nostro lato buio. Splendida la regia (luce naturale) e azzeccato anche il giusto mix di ironia e spietatezza [...] Vai alla recensione »
scene appena legate fra loro , tristezza nei volti degli attori, brutti come non mai, per di più colorito bianco come il gesso tanto da farli apparire finti. Tutto molto lento in ambienti spogli, bianco grigi come i visi dei personaggi, senza un fiore, nè un libro, nè un quadro. una vita nel vuoto. Il dialogo quasi inesitente e quando c'è molto ovvio nella sua ricercata banalità.
Condivido il parere di Peer Gynt. Film intellettuale ed autocompiaciuto, anche troppo, erroneamente paragonato a quelli di Kaurismaki che pur nel loro surrealismo e semicatatonia avevano comunque un senso compiuto e di grande fascino. In sala non ha riso nessuno e gli spettatori, quelli che sono rimasti fino alla fine, hanno abbandonato la sala in silenzio assai perplessi, pur meditando sul ramo.
noi non possiamo capire, siamo troppo dentro ai fatti, solo un piccione, un pesce o un extraterrestre può capire bene il senso di quello che facciamo, il senso della nostra esistenza.
noi siamo troppo parte delle nostre azioni per capirne il senso, solo un piccione o un pesce o un extraterrestre può capire a fondo il senso della nostra esistenza.
film dal linguaggio poco parlato che comunque arriva allo spettatore, crudo sul finale, piatto nelle immagini che danno il senso della solitudine umana.
Cinquanta sfumature di Roy Andersson. Se il titolo non fosse già occupato sarebbe perfetto per questo film svedese, leone d'oro a Venezia, che esplora tutte le possibili combinazioni fra tragico e comico sorprendendoci fino alla fine. Né commedia nè tragedia dunque, ma nemmeno semplice black comedy o commedia dell'assurdo. Andersson, 71 anni e 7 film, coltiva la bizzarria fin dal titolo, Un piccione [...] Vai alla recensione »
Spiazzante fin dal titolo ("Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza"), che prende spunto da una sconcertante poesia declamata da una bambina a una recita scolastica e soprattutto da un quadro di Brügel, il terzo film dello svedese Roy Andersson di una trilogia dai ritmi molto "primo Malick" (2000-2007-2014) che comprende anche i notevoli "Canzoni del secondo piano" e "You, the living", [...] Vai alla recensione »
Arriva nelle nostre sale in sordina, a ridosso della Notte più importante del cinema mondiale, quella degli Oscar, in programma il 22 febbraio. Arriva senza clamore, nonostante il metallo nobilissimo conquistato in Laguna, e senza troppe aspettative, almeno di incasso: del resto, i risultati degli ultimi Leoni d'Oro al botteghino - il discorso vale purtroppo per Palme e Orsi - sono riassumibili con [...] Vai alla recensione »
Fu lo scultore Giacometti a dire visitando il Louvre: «Quel che mi colpisce non sono le opere, ma la gente che le guarda: io guardo le persone che stanno a guardare». È un po' l'idea perseguita dallo svedese Roy Andersson - originale regista più legato al modello di certe correnti figurative iperrealiste che al cinema - nel Piccione seduto..., ultimo capitolo di una trilogia intesa a riflettere sul [...] Vai alla recensione »
Il film che vince un Festival nove volte su dieci è una bufala. Come questa surreale commedia svedese, umoristica nelle intenzioni dell'autore, che ha arraffato l'ultimo Leone d'oro veneziano. Un helzapoppin in 39 atti, ma potevano essere 390 tanto dormivano tutti. Anche i giurati. Ma Possibile che nessuno li prenda mai a hastonate? Da Il Giornale, 19 febbraio 2015