Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza |
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Un film di Roy Andersson.
Con Holger Andersson, Nisse Vestblom, Lotti Törnros, Charlotta Larsson.
continua»
Titolo originale En Duva Satt På En Gren Och Funderade På Tillvaron.
Commedia drammatica,
Ratings: Kids+16,
durata 100 min.
- Svezia 2014.
- Lucky Red
uscita giovedì 19 febbraio 2015.
MYMONETRO
Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Tra l'espressionismo e l'assurdo
di francesca meneghettiFeedback: 8216 | altri commenti e recensioni di francesca meneghetti |
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sabato 21 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Prima di giudicare un’opera è buona cosa capire come “funziona”. Poiché la pellicola si caratterizza per frammentarietà (39 micro-episodi) il primo problema sta nell’individuare ciò che la tiene insieme. Per alcuni è la storia di due compagni di sventura, tristi venditori di scherzi di carnevale. Ma loro entrano in scena a film già avviato. Di conseguenza non sono il vero collante, che va individuato in una particolare cifra stilistica: obiettivo fisso, a riprendere una scena d’interno di estremo squallore (pareti spoglie e nude, finestre affacciate su paesaggi urbani altrettanto grigi); personaggi caratterizzati fisicamente per bruttezza (obesità, calvizie e canizie mascherate da tinture, vecchiaia, invalidità) e psicologicamente per inespressività e tristezza (ma anche depressione, inedia, indifferenza); ritmi lenti, battute scarne e sistematicamente replicate, almeno tre volte, ossessivamente. Al’inizio suonano ironiche, poi grottesche, infine angoscianti. E’ un film sull'esistenza tra il realistico e l’espressionismo (nella versione nordica e cupa, alla Munch)? In realtà il film non sembra essere una ricognizione distaccata del vivere, vista a volo d’uccello (a proposito il titolo rinvia al quadro di Bruegel The Hunters in the Snow: v.) Anzitutto i momenti lieti dell’esistenza sono, se non inesistenti, ridotti al minimo (due bambine che giocano con bolle di sapone, due ragazzi che amoreggiano distesi su una spiaggia, nell’unica scena veramente colorata del film). Ma questo potrebbe aver senso se si vuole mettere da parte ogni positività, ogni affettività, ogni amore. Ciò che contraddice però il messaggio nichilistico, ma dotato di senso, è da un lato l’organizzazione testuale (che non c’è, o sembra essere costruita appositamente per distruggere ogni ordine e ogni simmetria), dall’altro l’irrompere incongruo, nelle riprese improntate a quotidianità, di spezzoni di storie provenienti dal passato. Il che non accade in base a regole precise (ad es. di contiguità spaziale). A meno che non serva a introdurre, nella panoramica sulla vita umana, il tema della guerra e della violenza (rafforzato da altre due scene terribili: la tortura di una scimmia e l’incubo della macchina targata Boliden, ditta svedese reale, che trasforma atroci sofferenze umane in musica, si fa strada l’ipotesi di un cinema dell’assurdo. A questo punto, chi legge queste righe, in buona compagnia dello spettatore, non si raccapezza più. Che Andersson abbia voluto prendersi gioco del pubblico e della critica lavorando proprio attorno la destrutturazione di ogni senso? E forse questa può restare l’unica chiave di lettura comprensibile: che il regista abbia voluto dimostrate tutta l’entropia, l’insensatezza, la totale perdita di bellezza e di umanità del nostro mondo. Se questo l’intendimento, poteva però essere più chiaro, visto che un messaggio è tale se raggiunge il destinatario. Pare che Andersson abbia dichiarato che per questo film si è ispirato a “Ladri di biciclette”. Ho trovato piuttosto echi di Peter Bruegel il Vecchio, citato con la processione dei ciechi, ma mi ispira di più l’immagine apocalittica e grottesca del “Trionfo della morte”. Insomma non è un film né di piacevole intrattenimento o visione, visto che è dominato dall’estetica del brutto (salva l’efficacia di molte inquadrature), né di facile comprensione. Forse il suo destino sarà di essere considerato un capolavoro. Peccato che non sappia comunicare a tutti.
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