signorbagheri
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martedì 5 aprile 2022
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noioso oltremodo
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Pieno di buone intenzioni questo film di Chandor sceneggiato e diretto dallo stesso ma con esiti disastrosi sulla tenuta drammatica della messa in scena tra i ricchi dirigenti di una società di investimento del crac finanziario del 2007 a seguito della crisi dei subprime che non riesce a coinvolgere empaticamente e non lo potrebbe mai visto che tutti i personaggi sono ricchi sfondati e non c’è alcuna tensione perché la pensano e si comportano allo stesso modo quindi la noia sopravviene inevitabile e nonostante il cast stellare con Spacey Irons Tucci e Demi Moore ci si pente di aver investito nella visione due ore circa del proprio tempo
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fabri
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lunedì 25 gennaio 2021
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film bellissimo
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Sinceramente non sono d'accordo con chi ha espresso voti bassi, ho trovato il film estremamente interessante e molto ben fatto, con attori in gran forma.
Attualissimo anche oggi, spiega senza retorica l'origine del crollo americano - e quindi del nostro.
Molto consigliato
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lizzy
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domenica 27 settembre 2020
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efficace "documentario"
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Un vero e proprio documentario su "quel che fu" nella vicenda dei titoli subprime in America.
Tutto girato in poco più di 24 ore (se includiamo la scena finale) il film è veramente azzeccato per come espone problema e personaggi al grande pubblico.
Qua non c'è nulla da capire se non che sono i soldi che fan girare il mondo e che fra gli uomini non tutti sono senza cuore e dignità.
Ma anche costoro, alla fine, devono inchinarsi al Dio Denaro.
E questo è quanto.
Bellissima prova di Spacey, Irons e tutti gli altri (sempre affascinante la Moore anche se in un ruolo assolutamente non da mangiatrice di uomini questa volta).
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Un vero e proprio documentario su "quel che fu" nella vicenda dei titoli subprime in America.
Tutto girato in poco più di 24 ore (se includiamo la scena finale) il film è veramente azzeccato per come espone problema e personaggi al grande pubblico.
Qua non c'è nulla da capire se non che sono i soldi che fan girare il mondo e che fra gli uomini non tutti sono senza cuore e dignità.
Ma anche costoro, alla fine, devono inchinarsi al Dio Denaro.
E questo è quanto.
Bellissima prova di Spacey, Irons e tutti gli altri (sempre affascinante la Moore anche se in un ruolo assolutamente non da mangiatrice di uomini questa volta).
Da far visionare obbligatoriamentr a scuola ai ragazzi a cominciare dalle superiori direi...
E ditelo al "Morandini" che "Margin Call" è riferito alle chiamate per rientrare nel margine di un investimento in perdita e non "sta tutto in una bolla" come chiosa il tipo...
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no_data
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giovedì 19 maggio 2016
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diavoli
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Iron ad un certo punto spiega la ciclicità delle crisi (economiche) per ammorbidire Spacey e indurlo a restare nella società. Qui emerge un punto quanto mai cinico, ma non per questo irreale. C'è una analogia tra medico e dirigente di società per consulenza. Entrambi accomunati dal poter incidere profondamente sulla vita delle persone, ma quando falliscono è perchè la natura deve fare il suo corso. Inuitile aver rimpianti o provar pena perchè non pui impedirlo e perchè ricapiterà.
E' chiaro che le motivazioni sono profondamente diverse, ma il risultato e l'approccio sono gli stessi.
L'altro spunto di riflessione emerge quando Bettany dalla sua extra lussuosa Aston Martin spiega in parole povere chi davvero alimenta questo meccanismo: ognuno di noi.
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Iron ad un certo punto spiega la ciclicità delle crisi (economiche) per ammorbidire Spacey e indurlo a restare nella società. Qui emerge un punto quanto mai cinico, ma non per questo irreale. C'è una analogia tra medico e dirigente di società per consulenza. Entrambi accomunati dal poter incidere profondamente sulla vita delle persone, ma quando falliscono è perchè la natura deve fare il suo corso. Inuitile aver rimpianti o provar pena perchè non pui impedirlo e perchè ricapiterà.
E' chiaro che le motivazioni sono profondamente diverse, ma il risultato e l'approccio sono gli stessi.
L'altro spunto di riflessione emerge quando Bettany dalla sua extra lussuosa Aston Martin spiega in parole povere chi davvero alimenta questo meccanismo: ognuno di noi. Un giorno sei la patria delle opportunità, quello dopo la fonte di tutti i mali.
La finanza è una materia complessa, ma le persone che vi lavorano non sono extraterrestri e Chandor è forte nel descriverne la varietà di personalità che ne fanno parte con i rispettivi punti di vista.
Un film piacevole e scorrevole su un tema delicato e tecnico.
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ultimoboyscout
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martedì 2 giugno 2015
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la crisi vista dall'interno.
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USA, annus horribilis 2008. Un dirigente di una grossa società finanziaria è appena stato licenziato. L'uomo è colui che ha scoperto che la società è sull'orlo del baratro, che alcune operazioni concluse di recente hanno indebolito, portando l'istituto al fallimento. Prima di andarsene, il manager affida i dati rivelatori ad un giovane analista, un broker che compresa la situazione innesca una spirale vorticosa per evitare una catastrofe economica di proporzioni immani. Ma, a questo punto, le scelte da compiere, non potranno più essere limpide e corrette. J.C. Chandor racconta una notte insonne, un crescendo folle tutto in una notte, svela il cinismo della finanza che viene a galla nell'arco di pochissime ore.
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USA, annus horribilis 2008. Un dirigente di una grossa società finanziaria è appena stato licenziato. L'uomo è colui che ha scoperto che la società è sull'orlo del baratro, che alcune operazioni concluse di recente hanno indebolito, portando l'istituto al fallimento. Prima di andarsene, il manager affida i dati rivelatori ad un giovane analista, un broker che compresa la situazione innesca una spirale vorticosa per evitare una catastrofe economica di proporzioni immani. Ma, a questo punto, le scelte da compiere, non potranno più essere limpide e corrette. J.C. Chandor racconta una notte insonne, un crescendo folle tutto in una notte, svela il cinismo della finanza che viene a galla nell'arco di pochissime ore. Le ore dei grandi crack che hanno segnato in maniera determinante la recentissima crisi economica. Chandor dirige e scrive la sceneggiatura (con tanto di nomination all'Oscar) da insider, ovvero basandosi sull'esperienza del padre e di un conoscente, dipingendo un quadro impietoso, dal ritmo frenetico, una vera bomba a orologeria che trasforma una storia drammatica in un thriller cupissimo. Il regista ottimizza tutto alla grande: cast stellare, meno di tre settimane di riprese, un set reale nei pressi del Madison Square Garden a New York e appena tre milioni di dollari di budget. "Margin call" (in gergo ultima possibilità, ultima chiamata) è un racconto serratissimo, un qualcosa in stile "Wall Street" in chiave attuale, ispirato da fatti veri che getta una luce ancor più sinistra sul mondo della finanza e di riflesso, su tutti noi. Film piccolo ma importante, incalzante e spietato, che racconta il perchè (piuttosto credibile) di questi ultimi anni duri, una storia, o magari qualcosa di più, di denuncia senza gridare e senza puzza sotto il naso, istruttiva, narrata come una tragedia di stampo shakespeariano. Spacey e Irons mostri di bravura, assieme a J.C. sono i principali artefici della riuscita di questo gioiellino.
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gyanfrypass
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sabato 6 dicembre 2014
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pefetto
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Se ci fosse, o forse c'e' un oscar per un film da premiare per il rapporto costo/risultato questo sarebbe senz'altro al primo posto.
SCORREVOLE, ESSENZIALE, PENETRANTE, INQUADRATURE E DIALOGHI BREVI . Chi direbbe cche il regista e' alle prime armi!
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santiago81
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venerdì 26 settembre 2014
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dimenticate wall street
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Se cercate il dramma shakespeariano e le scene madri che hanno fatto grande il film di Oliver Stone, passate oltre.
Qui non c'è un Gordon Gekko mefistofelico e affascinante, non c'è traccia di glamour, non ci sono "cattivi" compiaciuti né eroi redenti o integerrimi.
Margin Call è qualcosa di completamente diverso.
I protagonisti sono personaggi verosimili, non stereotipi, uomini "medi" che non sono convinti di poter governare il sistema ma, piuttosto, sono consapevoli di farne parte.
E non c'è redenzione: se cercate il finale consolatorio che faccia giustizia, questo non è il film per voi.
Chandor (figlio di un broker, come Stone) condensa in 24 ore gli eventi che hanno portato alla Grande Crisi che tutt'ora stiamo vivendo.
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Se cercate il dramma shakespeariano e le scene madri che hanno fatto grande il film di Oliver Stone, passate oltre.
Qui non c'è un Gordon Gekko mefistofelico e affascinante, non c'è traccia di glamour, non ci sono "cattivi" compiaciuti né eroi redenti o integerrimi.
Margin Call è qualcosa di completamente diverso.
I protagonisti sono personaggi verosimili, non stereotipi, uomini "medi" che non sono convinti di poter governare il sistema ma, piuttosto, sono consapevoli di farne parte.
E non c'è redenzione: se cercate il finale consolatorio che faccia giustizia, questo non è il film per voi.
Chandor (figlio di un broker, come Stone) condensa in 24 ore gli eventi che hanno portato alla Grande Crisi che tutt'ora stiamo vivendo.
E lo fa con lucidità, con un rigore registico ammirevole per un esordiente, senza mai perdere il controllo di un cast all-star che ha intelligentemente evitato di gigioneggiare o di sgomitare per mettersi in mostra.
Il risultato è una narrazione talmente verosimile da sfiorare il docu-drama; la discesa agli inferi di un intero sistema è raccontata senza cercare l'enfasi ad ogni costo, perché certi processi non sono stati decisi da singoli "signori del Male" ma piuttosto sono il risultato di un meccanismo che, finché ha funzionato, stava bene a tutti. Tutti - chi più, chi meno - sono stati complici. E anche questo viene raccontato.
Tutti gli attori hanno lavorato abilmente di sottrazione per "sparire" dentro i propri personaggi e risultare credibili; ne consegue un microcosmo tratteggiato in modo efficacissimo con pochi, significativi dettagli, ognuno dei quali capace di sottendere un'intera storia pregressa.
Kevin Spacey è il classico esponente della upper middle class americana, dirigente di medio livello ma di lungo corso, compresso fra ciò che sente come giusto e ciò che sa essere inevitabile. Jeremy Sisto è il giovane analista a cui il capo (Tucci), dopo essere stato licenziato, affida una propria ricerca sui modelli di investimento della Società (che ricorda Lehman Brothers): sarà lui a scoprire che il castello di carte inizia a scricchiolare. Simon Baker (The Mentalist) è il giovane manager che, grazie alla propria spregiudicatezza, è riuscito a scalare il mondo della finanza più di altri più anziani o meno decisi colleghi. Demi Moore si cala bene nei panni della dirigente con sufficiente pelo sullo stomaco da basare le proprie decisioni sul profitto ma non abbastanza accortezza da scansarne le conseguenze. Jeremy Irons è l'unico a cui il regista concede un po' di compiacimento ma perfino il suo John Tuld, presidente della Società costretto a convocare un CdA in piena notte, non è un Dio onnipotente, alla Gekko, ma piuttosto, lui stesso, una parte del meccanismo. Di quelle, però, che, conoscendone i presupposti, il funzionamento e i prevedibili esiti, è in grado di scaricare su altri le conseguenze delle proprie azioni.
Nessuno si esalta nel fare del male al prossimo, lo fa per salvare sè stesso, lo fa perché può.
Ottima la fotografia. Alcuni termini usati nel film possono risultare oscuri ma la loro non-comprensione dovrebbe spingerci ad interrogarci sulla nostra consapevolezza di come girano i soldi piuttosto che a lamentarci per il fatto che, in un film, non ci viene fatta una lezione di alta finanza. Se non si ha una pur vaga idea di cosa sia il leverage, per esempio, non sorprendiamoci se non riusciamo a capire i fenomeni finanziari più elementari.
In ogni caso, non sono un'impedimento insormontabile nel seguire la trama.
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paolomiki
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venerdì 12 settembre 2014
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tristissimo
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Non capisco nulla di matematica,calcoli vari,finanza investimenti ecc.Ma dopo aver visto questo film viene voglia di studiare un pochino,magari il minimo indispensabile per non farsi fregare risparmi quando vai in banca. Un film dove primeggia la tristezza di un gruppo di uomini a capo di una società in rovina. Sono costretti a vendere tutto in un giorno rinunciare praticamente al futuro e rovinare tanta gente che ha creduto in loro. Didattico!
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gambardella
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martedì 29 luglio 2014
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il vortice.
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il, film lo giudico in maniera opposta alla tua, che cosa intendi per vortice che manca ,la poca concessione allo spettacolo ? perchè la gente comune non interagisce? la gente comune interagisce eccome è solo l'anello finale della catena . il film mostra molto bene il succo del capitalismo , tieni presente poi che tutti i personaggi del film sono anche loro solo esecutori , i tecnici che ad alto livello applicano le direttive dei veri padroni , l'ultima guerra mondiale , e tutte quelle che sono venute dopo sono mosse dei signori del capitalismo, la loro strategia è evidente distribuiscono dolci di varie dimensioni a tutti i livelli fette di una torta colossale che anche tu assaggi e gusti ,tutti sono costretti a nutrirsene ! puro e semplice sc
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il, film lo giudico in maniera opposta alla tua, che cosa intendi per vortice che manca ,la poca concessione allo spettacolo ? perchè la gente comune non interagisce? la gente comune interagisce eccome è solo l'anello finale della catena . il film mostra molto bene il succo del capitalismo , tieni presente poi che tutti i personaggi del film sono anche loro solo esecutori , i tecnici che ad alto livello applicano le direttive dei veri padroni , l'ultima guerra mondiale , e tutte quelle che sono venute dopo sono mosse dei signori del capitalismo, la loro strategia è evidente distribuiscono dolci di varie dimensioni a tutti i livelli fette di una torta colossale che anche tu assaggi e gusti ,tutti sono costretti a nutrirsene ! puro e semplice schiavismo che solo veri eroi possono distruggere, non con le parole, ma coi fatti! per quanto riguarda il film è coraggioso ben fatto e fà riflettere ovviamente non può spiegare per filo e per segno la realtà del capitalismo perchè altrimenti non sarebbe nemmeno uscito nelle sale, lo sò alla fine nessuno si salva e tutti mangiano la loro fetta di torta , e come al solito salta fuori che non è possibile fare altrimenti, ma il film è nettamente sopra la media holliwoodiana , ma ripeto la realtà e il vero fanno poca strada ,un regista che avesse sviscerato l'argomento come si conviene sarebbe stato troncato a mezzo!
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angelo umana
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martedì 3 giugno 2014
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cosa è accaduto, dopo che è accaduto
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Nei corridoi a moquette dei grattacieli di Wall Street un pugno di persone ha l’incedere solenne e pensoso di chi tiene in mano le sorti della ricchezza finanziaria dell’uomo della strada. Bei vestiti, giacche e cravatte o maniche di camicia perché stanno “seriamente lavorando”, stipendi dai 250.000 di dollari annui per gli analisti o broker giovani, ai 2,5 milioni per i loro piccoli responsabili, luogotenenti dei boss veri e propri, i cui stipendi veleggiano attorno a varie decine di milioni, oltre a stock-options e premi da performance. Non succede solo a Wall Street ma anche nelle più normali banche nostrane, nelle Poste Italiane, nelle reti di promotori: bisogna vendere i prodotti della propria società e reinvestire subito il denaro, così va il mondo, così va la finanza.
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Nei corridoi a moquette dei grattacieli di Wall Street un pugno di persone ha l’incedere solenne e pensoso di chi tiene in mano le sorti della ricchezza finanziaria dell’uomo della strada. Bei vestiti, giacche e cravatte o maniche di camicia perché stanno “seriamente lavorando”, stipendi dai 250.000 di dollari annui per gli analisti o broker giovani, ai 2,5 milioni per i loro piccoli responsabili, luogotenenti dei boss veri e propri, i cui stipendi veleggiano attorno a varie decine di milioni, oltre a stock-options e premi da performance. Non succede solo a Wall Street ma anche nelle più normali banche nostrane, nelle Poste Italiane, nelle reti di promotori: bisogna vendere i prodotti della propria società e reinvestire subito il denaro, così va il mondo, così va la finanza. L’America ci ha educato a quei prodotti e poi, se hanno nomi inglesi, sono sintomo di modernità e d efficienza, si comprano più volentieri. Importa poco che cosa effettivamente contengano quei prodotti, moltissimi delle reti di vendita non lo sanno, per tutti è importante la loro performance nel rifilare ogni genere di strumento finanziario, da semplici obbligazioni e azioni a “sofisticati” Mortgage Backed Securities o Asset Backed Securities, titoli garantiti da mutui o da attivi, niente di più “tranquillo”: la mole di questi derivati era nel 2008 pari a 12 volte il pil mondiale, più o meno come dire che la produzione di un terreno agricolo è di 100 cavoli e che ci sono opzioni su quei 100 cavoli per 1200, una ricchezza inesistente, non proprio garantita da corrispondenti attività.
Questi sono gli eserciti che difendono il denaro dei risparmiatori, parlano di controllo del rischio, di attenzione al cliente, di stress-test o prove teoriche per immaginare il risultato che può avere una certa volatilità, parlano di “bene comune” ove viene impiegato il loro talento, ma in realtà il loro compito è badare al bene loro e della società che li paga. “Essere i primi, i più in gamba”, “loro i soldi non li perdono, se ne fregano se li perdono gli altri”. Gli altri sono la gente che “va in giro senza avere la minima idea di cosa gli sta per succedere”: del resto la finanza ha permesso a persone normali di vivere come dei re, i mutui e i prestiti facili hanno permesso di soddisfare “Tutti i nostri desideri”, altro film. Chi ha colpa? “C’è sempre la stessa percentuale di perdenti e la stessa di gente che guadagna, da anni si manda sul lastrico qualcuno”, onestamente. Fu così nell’87, nei primi anni 90, nel 2000 E continua del tutto così, i trilioni di derivati sono ancora tutti lì.
Nel 2008 viene fuori “la più grande montagna di escrementi del capitalismo”, siamo nel periodo del fallimento della Lehman Brothers, ma lo scarso valore di quei mutui che garantivano le obbligazioni erano già visibili agli inizi del 2007. “Margin Call” è un film didascalico, descrive un piccolo microcosmo per dire cosa succede quando una delle tante società finanziarie si accorge di avere quella montagna di escrementi in casa e li vende, senza ricomprare alcunché, in una mezza giornata: “la mia perdita è il tuo guadagno”, è la parola d’ordine dei venditori al telefono coi loro abituali compratori di fiducia, così si rovinano amicizie o rapporti di lavoro. L’importante è disfarsi di quei prodotti e più se ne vendono maggiore è l’incentivo di performance che riceve l’impiegato: così ha promesso il grande capo John Tuld-Jeremy Irons (a lui la stoffa dell’attore più grande, nel film) per bocca del suo luogotenente Sam-Kevin Spacey. In effetti però il primo si è definito un “golden retriever” (cane da riporto), uno che “non è stato il cervello a portarmi fin qui” e l’altro confessa che in quei grafici non ci ha mai capito nulla, pure se è lì da 34 anni. L’ipotesi ormai certezza che le perdite sul valore di quei derivati è maggiore del valore della società stessa ha origine da Eric, un operatore che viene licenziato dopo 19 anni per le spending-review dell’epoca, e prima di andarsene passa una chiavetta ad un ragazzo più giovane che capisce il disastro che incombe. A Eric hanno però offerto una piccola buonuscita e l’assistenza di cui possa aver bisogno per ricollocarsi, gli viene messa sul tavolo una rivista, “Looking ahead”, con barche a vela in copertina … Eppure lui è ingegnere, aveva costruito un piccolo ponte che, erano conti suoi, aveva fatto risparmiare 1531 anni di tempo non passato in auto dai cittadini di uno stato americano, o 30 miglia al giorno. L’economia reale in effetti è un’altra cosa, zappar la terra ha effetti più tangibili. Il film si conclude con Sam che scava la fossa alla sua cagna, Belle, morta di cancro, per la quale prima del tracollo finanziario era disperato davvero, più che per i risparmiatori, e spendeva 1000$ al giorno di cure.
N.B. Il film, del 2011, è stato proiettato gratuitamente in un cinema di Trento, nell’ambito del Festival dell’Economia 2014. Lo presentava un cinefilo ex commissario Consob, che spiegava agli spettatori il significato di ciò che era accaduto in quel 2008. La Consob, quel carrozzone alla cui guida spesso sono stati messi personaggi graditi alla politica (si ricorda ad esempio un certo Pazzi presidente, voluto da Andreotti), l’organismo “di controllo delle società e la borsa” affetto da “lentezza delle procedure e inefficienza endemica” (parole di Marco Travaglio nel libro “Viva il Re!”). L’accostamento sorge spontaneo: tutti a spiegarci quel che è successo dopo che è successo, mai prima (Parmalat, Montepaschi e banche varie). Qualche altra montagna di escrementi verrà giù prima o poi, è nell’ordine delle cose, e dopo un altro film si farà e un altro ex commissario di controllo della Borsa ci spiegherà l’evento “imprevedibile”.
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