Miracolo a Le Havre |
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Un film di Aki Kaurismäki.
Con André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Blondin Miguel, Elina Salo.
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Titolo originale Le Havre.
Commedia,
durata 93 min.
- Finlandia, Francia, Germania 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 25 novembre 2011.
MYMONETRO
Miracolo a Le Havre
valutazione media:
4,09
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Se io fossi Dio...di francesca meneghettiFeedback: 7486 | altri commenti e recensioni di francesca meneghetti |
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martedì 13 dicembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Ancora un film sull’immigrazione, in una località di mare. Dopo aver visto film come "Io sono Li" e “Terraferma” sembra difficile trovare un approccio originale ad un problema ineludibile del mondo occidentale attuale. Eppure il regista Kaurismäkisembra aver trovato una strada, che potremmo definire di realismo magico. Non si tratta infatti di un film realistico, come si potrebbe supporre a partire dalle scene iniziali, teso a descrivere i drammi quotidiani di due comunità: una francese, che vive ai margini di una grande città, Le Havre, l’altra costituita da africani, immigrati clandestinamente. Se così fosse, il commissario di polizia avrebbe arrestato il ragazzino africano, il fruttivendolo sarebbe stato un delatore, la moglie di Marcel Marx, lustrascarpe ed ex intellettuale, sarebbe morta ed altre sciagure si sarebbero abbattute sul protagonista. Ma Kaurismäki non intende aderire alla realtà: rappresenta le cose non come sono, ma come dovrebbero essere. Dirige i personaggi e le situazioni non per tendere ad un consolatorio “happy and”, ma per mostrare come si dovrebbero comportare gli uomini e Iddio (sì,anche lui) o il destino se la vita su questa terra si svolgesse secondo natura e ragione. Ciò appare magico e miracoloso allo spettatore perché egli è immerso in quella realtà distorta e malata che il regista disapprova chiaramente. Questa chiave di lettura giustifica evidenti anacronismi, a partire dall’ambientazione anni ’50 nella foggia delle case, dell’abbigliamento, delle pettinature (femminili) che rimane confinata a quel microcosmo emarginato dalla città moderna, dove si vive fuori del tempo (non compare nemmeno la TV), dove dominano silenzi sconosciuti nelle metropoli e colori azzurri o freddi, ma dove si coltiva ancora l’umanità: un mondo dove, a dispetto dell’affermazione di Arletty (qui da noi non accadono miracoli), la stessa donna può ritornare a casa e alla salute con un abito giallo estivo, mentre fuori fiorisce un ciliegio e un ragazzino è in viaggio, in procinto di riabbracciare la madre.
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