Miracolo a Le Havre |
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Un film di Aki Kaurismäki.
Con André Wilms, Kati Outinen, Jean-Pierre Darroussin, Blondin Miguel, Elina Salo.
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Titolo originale Le Havre.
Commedia,
durata 93 min.
- Finlandia, Francia, Germania 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 25 novembre 2011.
MYMONETRO
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Il minimo fa rima con il massimo! - Recensione
di Antonio MontefalconeFeedback: 23817 | altri commenti e recensioni di Antonio Montefalcone |
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lunedì 28 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L’ultimo film di Kaurismäki è il seguito tecnico di “Vita da bohème” e lo ricorda molto: per l’ambientazione francese, reale e surreale al tempo stesso; per il quadro di miserie e squallori; per il tono agrodolce; lo stile poetico e nostalgico; per i personaggi credibili, emarginati e bisognosi d’aiuto. Ma se ne differenzia per ciò che maggiormente esprime: un intenso umanitarismo. Non a caso è un caloroso omaggio al cinema che fu di De Sica e Renè Clair, rimandando affettuosamente a ciò che più sembravano i loro film: messaggi di vera bontà. E non per niente c’è anche un cammeo di J.P. Léaud (era il bambino solo, inquieto e incompreso di Truffaut) emblematico rimando al desiderio di fuga da un mondo che reprime, verso la realizzazione dei propri desideri, passioni, affetti. L’opera è un capolavoro perché riesce a trasmettere autenticità e emoziona per la sua freschezza. Affascina nella sua grazia. E’ interessante per la tematica attuale. E’ sorprendente per come tratta di clandestinità e miseria, con rispetto e pudore, fantasia e intelligente ironia. A Le Havre, una cittadina francese meta di profughi africani, un lustrascarpe si ritrova a fronteggiare la durezza della sua condizione esistenziale tra povertà e difficoltà quotidiane, una moglie molto malata e persino un bambino clandestino che fugge una legge repressiva. E’ un’opera toccante, di ottima qualità visiva e con attori eccellenti. Una storia universale pregna di malinconico ottimismo, che sa ben dosare, in un magico equilibrio, un divertimento esilarante e una tragicità riflessiva. Sapientemente lontano da retoriche, enfasi o stereotipi, la magistrale regia di Kaurismäki punta dritto all’essenziale, usando uno stile minimalista che riesce ad esprimere il cuore autentico delle cose e delle cose davvero importanti. Lo fa con un tocco sobrio e sensibile, selezionando situazioni e significati, scene e dialoghi eloquenti e mai inutili. Nessuno come lui sa descrivere così bene mondi e personaggi alle prese con la mancanza di materialità necessarie a sopravvivere, ma ricchi di quei valori, principi etici e ideali che li eleva sopra il rango più onorevole dell’essere uomini. Tutto esalta questo aspetto: dall’eleganza formale, alla nobiltà degli assunti. Non si può non restare coinvolti da un’estetica pura e curata: inquadrature chiare e immediate, pochissimi movimenti della macchina da presa, colori tenui e antirealistici, atmosfere soft e struggenti, suoni blues, scenografie anni ’50, ritmo scandito. Azzeccata è poi la scelta di non cancellare, nonostante il registro fiabesco, le disperazioni e le sofferenze, la vita agra del porto e le angosce, e poi malattia e morte, emarginazione e miseria. Per questo è solo in apparenza un apologo sull’utopia della solidarietà e fratellanza globale. E’ in realtà un invito a riflettere su come meglio comportarci moralmente gli uni con gli altri. E questo sia dal punto di vista di giochi e strategie politiche degli Stati, spesso disumani e folli; sia da quello del singolo individuo, spesso irrispettoso e intollerante. Non basta soltanto desiderare un mondo migliore, bisogna agire! E non servono nemmeno i miracoli divini, tanto avvengono di rado. Gli uomini devono impegnarsi a dare un futuro ad altri uomini! Basta poco, in fondo, per ritrovare compassione e regalare generosità a un mondo che l’ ha dimenticata. Basta solo credere nel potere della tolleranza e della solidarietà. E questa fede potrà compierà il miracolo. Non soltanto al cinema...
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