m.cristina lucchetta
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giovedì 1 giugno 2006
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volver, ovvero la bellezza del ritorno.
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Un film di prodigi. Un film dove la grazia danza insieme alla morte per riconciliare i vivi. Un film dove la paura non riesce a sostenere lo sguardo di una realtà fatta di sudore, di canto e di ritorni. Un film dove “i fantasmi non piangono” e neppure i vivi, perché le lacrime più vere sono quelle nascoste nelle pieghe di una vita che deve (e vuole) trovare il modo di andare avanti ogni giorno. Volver è tutto questo. Eppure la materia trattata è incandescente. Ma Almodovar, abbandonando gli eccessi e le stravaganze, riesce a fare di questo magma incandescente, un sogno. E’ un film di resurrezioni e di resurrezione. Una resurrezione mostrata in punta di piedi ma di una forza travolgente e disarmante di cui sono incapaci le tante resurrezioni che un certo cinema, soprattutto negli ultimi tempi, ci ha mostrato.
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Un film di prodigi. Un film dove la grazia danza insieme alla morte per riconciliare i vivi. Un film dove la paura non riesce a sostenere lo sguardo di una realtà fatta di sudore, di canto e di ritorni. Un film dove “i fantasmi non piangono” e neppure i vivi, perché le lacrime più vere sono quelle nascoste nelle pieghe di una vita che deve (e vuole) trovare il modo di andare avanti ogni giorno. Volver è tutto questo. Eppure la materia trattata è incandescente. Ma Almodovar, abbandonando gli eccessi e le stravaganze, riesce a fare di questo magma incandescente, un sogno. E’ un film di resurrezioni e di resurrezione. Una resurrezione mostrata in punta di piedi ma di una forza travolgente e disarmante di cui sono incapaci le tante resurrezioni che un certo cinema, soprattutto negli ultimi tempi, ci ha mostrato. E’ un film dove il perdono e la speranza pronunciano sempre l’ultima parola ( divenendo parola ultima) sulla concretezza quotidiana delle vite narrate che forse, non alzano mai gli occhi al cielo, ma chiamano sempre la terra ( la realtà) col proprio nome. Le grandi domande dell’esistenza non sono mai apertamente poste, ma incarnate, vissute nella semplicità delle cose di tutti i giorni, e trovano risposte, probabilmente inaspettate, nell’abbraccio sincero che si dilata ad accogliere gli altri, l’ “altro”; anche quando si tratta dell’ “ospite inatteso”. In questo sta la forza straordinariamente rappacificante del film che mostra incesti, omicidi, tombe, legami spezzati, amori traditi, malattie incurabili, mentre in realtà non è di morte che parla ma di ritorno.
Non a caso “Volver” significa “Tornare”. E per tornare bisogna essere persone vive. I morti non solo non piangono, neppure ritornano. Il ritorno si coniuga con la vita, e là dove la vita ha fatto esperienze di morte si coniuga col “ritornare” alla vita. Tornare è riannodare legami, è riandare là dove si era partiti. E il punto di partenza è sempre una madre che ci ha tenuto in grembo, un padre anche se non ci ha saputo amare,una sorella, una figlia, una casa, una strada, un’ amica, un amore, un senso…Tornare è essere restituiti all’accoglienza del nostro inizio, è risorgere da quelle tombe che aprono il film e che non spaventano, non generano orrore, perché abbracciate da persone “vive” e da una pietas senza misura. Una pietà vera che riesce a vincere la paura perchè abita e riconcilia, senza sosta, la vita e la morte quotidiana dei protagonisti che si spendono e si offrono, ma senza mai tradire la realtà con rimozioni, censure, acrobatici meccanismi di difesa. Riuscendo così ad essere se stessi, fino in fondo. E’ bellissima ed emblematica la scena in cui, con l’aiuto dell’amica, Raimunda trasporta il cadavere del marito sulle rive di quel fiume che aveva amato più di ogni altro luogo, non per occultarlo, nasconderlo, ma per offrirgli una sepoltura degna e una lapide scolpita non “sul” marmo ma “nel” legno “vivo” di un albero, per non dimenticare. Ritorna solo chi non ha bisogno di dimenticare, il viandante e il mendicante,chi conserva la memoria di un inizio. Perché non è il ricordo che ha bisogno di accoglienza e di perdono ma la memoria e la ferita dell’assenza, il dolore bruciante di chi vuol ritrovare l’amore tradito, la bellezza smarrita dell’origine. Non è un melò Volver, ma un film solare dove tutto è sempre possibile, dove nessuno è solo, dove niente è irrimediabilmente perduto. Un film corale fatto di relazioni. Un film che esibisce un garbo e una naturalezza che sa di miracolo, che fonde sapori e odori antichi, che fa danzare il colore e il calore insieme al vento della Mancha,. Il racconto è scandito da un equilibrio stilistico e da una perfetta armonia narrativa. Le inquadrature, straordinarie per naturalezza, contribuiscono a rendere credibile ciò che è paradossale ma possibile, e traducono in folgorante semplicità, una complessità sconcertante a pensarsi. E’ questo realismo magico dimentico del desiderio di immortalità dell’uomo moderno, quest’alchimia da favola, il segreto di un film che riconcilia fine e inizio, passato e presente, dolore e gioia, impossibilita e possibilità, assenza e astanza, con una leggerezza che desta stupore e trova corrispondenza e senso, in una realtà altra di cui forse solo l’arte sembra conservare memoria. Un film carnale e pertanto dal sapore sacro. Un film fecondo, perché, tanto per citare De Andre, “ dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”. Un film incredibilmente lieve e incredibilmente bello. Vero. Perfetto come un capolavoro.
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nicola pice.
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lunedì 6 novembre 2006
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"....todo sobre la vida...."
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Quando, vent'anni fa, Pedro Almodóvar apparve sulla scena internazionale, l'effetto fu dirompente ed apparve subito chiaro ai più che questo buffo e sfrontato regista era dotato di un talento visionario e di un ritmo narrativo quali raramente s'erano ammirati.Le opere che ci ha regalato in questi anni ci hanno di volta in volta irritato, divertito, commosso, incupito.Rutilante, introspettivo, sentimentale, provocatore, barocco al limite del trash, con i suoi film Almodòvar ha definito un ambito non solo cinematografico, ma sopra ogni cosa estetico-emozionale.Negli anni in cui il cinema occidentale si spegneva lentamente per mancanza d'idee-ripiegandosi sulle grandezze di un passato sempre più lontano o persenguendo un sensazionalismo hi-tech sterilmente fine a sè stesso-il cinema almodovariano ha rappresentato una boccata di sana e geniale alterità.
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Quando, vent'anni fa, Pedro Almodóvar apparve sulla scena internazionale, l'effetto fu dirompente ed apparve subito chiaro ai più che questo buffo e sfrontato regista era dotato di un talento visionario e di un ritmo narrativo quali raramente s'erano ammirati.Le opere che ci ha regalato in questi anni ci hanno di volta in volta irritato, divertito, commosso, incupito.Rutilante, introspettivo, sentimentale, provocatore, barocco al limite del trash, con i suoi film Almodòvar ha definito un ambito non solo cinematografico, ma sopra ogni cosa estetico-emozionale.Negli anni in cui il cinema occidentale si spegneva lentamente per mancanza d'idee-ripiegandosi sulle grandezze di un passato sempre più lontano o persenguendo un sensazionalismo hi-tech sterilmente fine a sè stesso-il cinema almodovariano ha rappresentato una boccata di sana e geniale alterità.La rilettura post-moderna che Almodòvar ha fatto del melò hollywoodiano o della commedia all'italiana degli anni '60 non hanno probabilmente uguali nella storia del cinema.Tu puoi riconoscere nei suoi film elementi di Wilder,De Sica,Fellini, ma poi comprendi che questi sono solo vezzi cinefili, citazioni che l'appassionato ha reso ai maestri che lo hanno preceduto, perchè quello che hai davanti agli occhi è qualcosa di totalmente nuovo..almodovariano, cioè.Dopo la cupezza dostoevskijana de La mala educación Almodòvar si è riappropriato con Volvèr,della cifra stilistica che più è nelle sue corde:la commedia.Il tessuto dal quale si dipana la complessa matassa narrativa è "strambo" solo apparentemente per la presenza di elementi presi in prestito dal soprannaturale-apparizioni di defunti-o dal noir-c'è un delitto di mezzo-in realtà funzionale al racconto e alla definizione di un momento della vita di ciascuno-l'infanzia-che è da sempre avvolto nella dimensione simbolico-onirica dei ricordi lontani e con il quale dobbiamo prima o poi fare i conti.Nell'infanzia si costruisce gran parte di quello che saremo nell'età adulta e dall'infanzia ci porteremo dietro per tutta la vita quel carico di amori, rancori, sogni e paure (qui predomina il senso della morte ed il suo tentativo di rimozione) che abbiamo sperimentato.In questa continua alternanza fra momenti ilari e sequenze altamente drammatiche, con una naturalezza che sembra mutuare lo scorrere di quella grande commedia che è la vita umana-il film si snoda e forse nel memorabile finale tra sogno e realtà si ricompone tutto il senso dell'opera che è,poi,il fine ultimo degli esseri umani:la necessità di amare ed essere amati.Almodòvar sembra dirci,infatti,che la capacità di emozionarci-nonostante tutto-e l'empatia che si instaura fra gli esseri umani- quando la sofferenza attraversa le loro esistenze-hanno,forse,la capacità di attenuare la pena del vivere, la paura dell'ignoto e sembrano comunicarci una sensazione di "speranzosa attesa" che si trasforma lentamente nella fiducia che l'unica strada sia quella della solidarietà, dei piccoli grandi affetti.Per Volvèr si sono sprecati fiumi d'inchiostro, si è parlato diffusamente dei suoi simbolismi, si è magnificata l'interpretazione magistrale delle attrici che vi recitano, si è posto l'accento sull'elegia almodovariana del mondo femminile, si è evidenziata l'acutezza con la quale si rappresenta la Spagna più arcaica e pittoresca, si sono fatte tante considerazioni forse anche più inutili e retoriche di quelle che ho fatto io..perchè un film come questo merita poche parole, forse una sola "capolavoro".
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chiara
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venerdì 26 maggio 2006
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venere non è mai stata così bella e disordinata
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Ogni scena è un piccolo capolavoro. Fin dall'inizio, con l'immagine delle tombe e il contrasto tra l'immobilità sotterranea e il lavorio tutto femminile al di sopra. Queste donne non stanno mai ferme, sempre alle prese con questioni pratiche e questioni sentimentali che lasciano il segno. E i segni passano di generazione in generazione e il vento levantino che porta il germe della follia periodicamente ripassa a scuotere le menti e le gonne.
La realtà è surreale e il surreale non è mai stato così reale.
Il lessico,gli occhi, la gestualità, il corpo di Raimunda (il personaggio interpretato da Penelope Cruz)sono così vivi e vitali che incantano gli occhi dello spettatore che ipnotizzato la seguono muoversi sullo schermo.
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Ogni scena è un piccolo capolavoro. Fin dall'inizio, con l'immagine delle tombe e il contrasto tra l'immobilità sotterranea e il lavorio tutto femminile al di sopra. Queste donne non stanno mai ferme, sempre alle prese con questioni pratiche e questioni sentimentali che lasciano il segno. E i segni passano di generazione in generazione e il vento levantino che porta il germe della follia periodicamente ripassa a scuotere le menti e le gonne.
La realtà è surreale e il surreale non è mai stato così reale.
Il lessico,gli occhi, la gestualità, il corpo di Raimunda (il personaggio interpretato da Penelope Cruz)sono così vivi e vitali che incantano gli occhi dello spettatore che ipnotizzato la seguono muoversi sullo schermo. In questo mondo tutto femminile fatto di liti, risate, insulti,confidenze,pianti,omicidi,ricette,sangue,alcolici, ricordi,abusi e canzoni, lo spettatore vorrebbe esserci, potersi sedere su una poltrona accanto al letto dove chiaccherano madre, figlie e nipote e gustarne il sapore.
Forse per un attimo anche l'uomo più insulso può vedere quanto contine il cuore di una donna e quanto di tutto ciò gli sfugge ogni giorno.
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[+] brava!!
(di federica)
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chiara
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lunedì 29 maggio 2006
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almodovar ( tutto sulle mie donne)
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“Volver”, “Tornare”, motivo portante di un film che vede il cineasta ispanico ritornare (per l’appunto) alle origini, alla Mancha, alle sue donne ( una per tutte Carmen Maura). Ma Volver è anche il titolo di una canzone di Carlos Gardel e Alfredo Le Pera, qui interpretata con lacrime e viscere da una strepitosa Estrella Morente che si fa voce e canto per Penelope Cruz, mai così bella. Sembra che Almodovar soltanto abbia il privilegio di svelare la bellezza di questa attrice, di esternarne il talento, feroce, pieno e istintivo: una via di mezzo tra Anna Magnani (“Bellissima”) e Sofia Loren. E’ una storia di donne, sopravvissute al vento e al fuoco. Protagonista il passato, l’umana tragedia che si tramanda di generazione in generazione, celata dal sorriso, in una scollatura abbondante, nascosta tra i fornelli, tra sapori forti e speziati, nel sollievo di un abbraccio.
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“Volver”, “Tornare”, motivo portante di un film che vede il cineasta ispanico ritornare (per l’appunto) alle origini, alla Mancha, alle sue donne ( una per tutte Carmen Maura). Ma Volver è anche il titolo di una canzone di Carlos Gardel e Alfredo Le Pera, qui interpretata con lacrime e viscere da una strepitosa Estrella Morente che si fa voce e canto per Penelope Cruz, mai così bella. Sembra che Almodovar soltanto abbia il privilegio di svelare la bellezza di questa attrice, di esternarne il talento, feroce, pieno e istintivo: una via di mezzo tra Anna Magnani (“Bellissima”) e Sofia Loren. E’ una storia di donne, sopravvissute al vento e al fuoco. Protagonista il passato, l’umana tragedia che si tramanda di generazione in generazione, celata dal sorriso, in una scollatura abbondante, nascosta tra i fornelli, tra sapori forti e speziati, nel sollievo di un abbraccio. E’ un racconto costruito da grandi interpreti: litigano, piangono, si accapigliano, ma alla fine si ritrovano sempre, una accanto all’altra. Il ritorno di Irene, madre di Sole e Raimunda è un tornare per riconciliarsi, per chiedere perdono. E sembra di rispolverare Pirandello e le pagine de “Il fu mattia Pascal” nella storia di una donna che tutti credono morta, un fantasma, capace di ripresentarsi per aiutare, consolare, lenire la tragedia di un passato che incombe. Una fra tutte resta impressa l’immagine di Carmen Maura, rannicchiata nella macchina della figlia Sole: lacrime e singhiozzi ascoltando Raimunda cantare come ai tempi dell’infanzia, quando madre e figlia erano ancora unite e gli spettri, i demoni, quelli veri, incesto e omicidio, erano ancora una manifestazione inimmaginabile e remota. Almodovar ci guida per mano, fin dalle prime immagini. Il vento pazzo della Mancha che sragiona e spazza via ogni cosa rende quasi impossibile alle donne di paese la consueta visita alle tombe di famiglia. Il regista ha tempo per ritagliare un altro ritratto di donna: Augustina, amica di infanzia delle due sorelle. Presaga di una morte imminente ha già acquistato la propria tomba e ogni giorno si reca al camposanto per curarla, come fosse un giardino: lì trova serenità, lì riesce a non pensare. E per qualche istante cancella l’ossessione per una madre scomparsa improvvisamente, anni prima, il giorno stesso in cui i genitori di Raimunda e Sole morirono in un incendio. Le atmosfere di paese, la campagna e i mulini a vento riportano in vita i personaggi de “Il fiore del mio segreto”. Le vicine di casa, le donne che si ritrovano sulla soglia per cucire o recitare il rosario. “Questo film è un omaggio a mia madre” dice Almodovar. E’ un omaggio alle donne, del cui animo Almodovar si fa cantore, da sempre. «Le donne per me sono l'origine della vita e anche di tutta la fiction possibile, perchè ho vissuto la mia infanzia circondato da donne che raccontavano storie e cantavano e questo è l'universo che ho voluto omaggiare in Volver».
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andrea76
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mercoledì 10 maggio 2006
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grande ritorno tutto al femminile
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Torno ('vuelvo' si potrebbe dire per parafrasare il titolo) giusto da poco dalla Spagna e in particolare da Barcellona dove ho avuto la fortuna di poter vedere l'ultimo film di Almodovar. Se 'la mala educacion' era una pellicola tutta al maschile questo è invece un film tutto al femminile, uno di quei film in cui l'amicizia e la solidarietà tra donne riescono, unite, ad affrontare gli ostacoli degli uomini e le sventure della vita. E' il film in cui Almodovar ritrova la sua Carmen Maura, anche se bisogna dire che qui tutte le attrici sono veramente magiche e la Cruz in particolare si mostra di una bravura, ma anche di una bellezza spettacolari. Con un sedere posticcio e un abbigliamento un pò retrò (che è un omaggio alle nostre bellezze del cinema italiano neorealiste degli anni '50, e tale omaggio viene reso esplicito in una scena in cui si vede Anna Magnani in 'Bellissima' Luchino Visconti)domina il film con telento ed eleganza insieme comunque a tutte le altre bravissime attrici.
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Torno ('vuelvo' si potrebbe dire per parafrasare il titolo) giusto da poco dalla Spagna e in particolare da Barcellona dove ho avuto la fortuna di poter vedere l'ultimo film di Almodovar. Se 'la mala educacion' era una pellicola tutta al maschile questo è invece un film tutto al femminile, uno di quei film in cui l'amicizia e la solidarietà tra donne riescono, unite, ad affrontare gli ostacoli degli uomini e le sventure della vita. E' il film in cui Almodovar ritrova la sua Carmen Maura, anche se bisogna dire che qui tutte le attrici sono veramente magiche e la Cruz in particolare si mostra di una bravura, ma anche di una bellezza spettacolari. Con un sedere posticcio e un abbigliamento un pò retrò (che è un omaggio alle nostre bellezze del cinema italiano neorealiste degli anni '50, e tale omaggio viene reso esplicito in una scena in cui si vede Anna Magnani in 'Bellissima' Luchino Visconti)domina il film con telento ed eleganza insieme comunque a tutte le altre bravissime attrici.
Il film è pieno di scene costruite molto bene ed è ricco di pathos (per alcune cose ricorda alcuni melodrammi delgli anni '40, come 'il romanzo di Mildred', anchhe se tutto in perfetto stile Almodovar) e non vedo l'ora che esca anche qui da noi.
Chissà cosa non sarebbero capaci di fare le eroine donne protagoniste dei film di Almodovar per amore? Niente è la risposta, sono assolutamente in balia del desiderio e delle passioni
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salvatore scalera
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lunedì 5 giugno 2006
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almodovar ancora tra i grandi
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La filmografia di questo straordinario regista si arricchisce di una nuova perla. Il cinema di Almodovar è unico soprattutto perchè il suo sguardo è tenero e beffardo, ingenuo e cinico. E' ovviamente sempre possibile come in tutti i casi della vita non condividere le scelte estetiche e filosofiche dei lavori di Almodovar; in alcuni casi era possibile anche uscire dalla sala arrabiati, offesi con lui, per quel paio di ceffoni che il regista spagnolo ti tirava durante la visione del film. Ma sono quasi certo che proprio nessuno possa aver abbandonato la sala dopo la proiezione di uno qualsiasi dei film di Almodovar, indifferente, annoiato, uguale a se stesso prima della visione del film. Questo credo proprio non possa mai essere accaduto per nessun lavoro del regista spagnolo e questo film, credo, non fa eccezione.
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La filmografia di questo straordinario regista si arricchisce di una nuova perla. Il cinema di Almodovar è unico soprattutto perchè il suo sguardo è tenero e beffardo, ingenuo e cinico. E' ovviamente sempre possibile come in tutti i casi della vita non condividere le scelte estetiche e filosofiche dei lavori di Almodovar; in alcuni casi era possibile anche uscire dalla sala arrabiati, offesi con lui, per quel paio di ceffoni che il regista spagnolo ti tirava durante la visione del film. Ma sono quasi certo che proprio nessuno possa aver abbandonato la sala dopo la proiezione di uno qualsiasi dei film di Almodovar, indifferente, annoiato, uguale a se stesso prima della visione del film. Questo credo proprio non possa mai essere accaduto per nessun lavoro del regista spagnolo e questo film, credo, non fa eccezione.
Per chiarezza vorrei dire che non sono un seguace di Almodovar. Spesso le sue esternazioni pubbliche mi sembrano delle emerite sciocchezze (per miei limiti, ovviamente); nonostante questo, i suoi film mi piacciono, e tanto; non nel senso che comunemente attribuisco a questa espressione perchè dei suoi film ricordo molto più il sapore amaro di quei ceffoni che vi dicevo, che suonano come sveglie dall'assopimento borghese (passatemi il temine un pò passatista), piuttosto che l'impeccabile forma estetica. In questo senso però questo film fa accezione nella galleria del cinema di Almodovar, nel senso che il film è soprattutto bello, piccolo e perfetto.
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[+] che bravo!!!
(di salvatore scalera2)
[ - ] che bravo!!!
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gianpaolo
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lunedì 12 maggio 2008
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c'è molto, c'è tanto
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C'è un forte vento che spazza e sporca le lapidi di un cimitero e ci sono donne forti e ostinate che non si arrendono alla sua prepotenza. Ma lo fanno con una dolcezza e una poesia tale che neppure il peggiore degli orrori riuscirà a schiantarle a terra.
C'è sempre una bella differenza tra un bel film americano e un bel film europeo: possono anche considerarsi entrambi opere riuscite ma non saranno mai allo stesso livello. Perchè c'è tutta una cultura che ci separa dal mondo a stelle e strisce, una sensibilità ereditata che talvolta ci trasciniamo come una zavorra ma molto più spesso ci fa sentire forti di una visione della vita che dall'altra parte dell'oceano neppure riescono ad intuire.
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C'è un forte vento che spazza e sporca le lapidi di un cimitero e ci sono donne forti e ostinate che non si arrendono alla sua prepotenza. Ma lo fanno con una dolcezza e una poesia tale che neppure il peggiore degli orrori riuscirà a schiantarle a terra.
C'è sempre una bella differenza tra un bel film americano e un bel film europeo: possono anche considerarsi entrambi opere riuscite ma non saranno mai allo stesso livello. Perchè c'è tutta una cultura che ci separa dal mondo a stelle e strisce, una sensibilità ereditata che talvolta ci trasciniamo come una zavorra ma molto più spesso ci fa sentire forti di una visione della vita che dall'altra parte dell'oceano neppure riescono ad intuire. E questo fa sempre la differenza.
Un film di Almodovar non è mai il frutto di una ricetta a base di pochi ingredienti, ma nel piatto che ci offre troviamo sempre una varietà di sapori ed aromi di cui anche il palato più esigente può goderne fino a saziarsene. In Volver c'è molto, c'è tanto, c'è da sfamare gli occhi, le orecchie e l'anima e, non so come, si arriva perfino a sentirne gli odori. Ma è il cuore il più contento alla fine, e non è poco.
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leonardo g.
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domenica 20 agosto 2006
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il vento della mancha e...il ritorno
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Almodovar è un artista e bisogna cercare di capirlo, seguirlo, talvolta addirittura perdonarlo.
Comprendere la sua "misandria", il suo strano sentimento verso i maschi ed immergersi in quello che davvero vale: l'animo umano solidale e passionale (femminile, ovviamente).
Inutile raccontare la storia.
Un ritorno in famiglia, che ha i volti: saggio e ridanciano di Irene, volitivo e passionale di Raimunda, adolescenziale e smaliziato di Paula, triste e soggiogato dalla malattia di Augustina, dolce e svagato di Sole.
Non c'è nessun uomo.
Appare solo nei ricordi come elemento di scompiglio, di caos e di violenza, in cui le donne con animo combattivo si sottraggono e solidarizzano seguendo "leggi non scritte".
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Almodovar è un artista e bisogna cercare di capirlo, seguirlo, talvolta addirittura perdonarlo.
Comprendere la sua "misandria", il suo strano sentimento verso i maschi ed immergersi in quello che davvero vale: l'animo umano solidale e passionale (femminile, ovviamente).
Inutile raccontare la storia.
Un ritorno in famiglia, che ha i volti: saggio e ridanciano di Irene, volitivo e passionale di Raimunda, adolescenziale e smaliziato di Paula, triste e soggiogato dalla malattia di Augustina, dolce e svagato di Sole.
Non c'è nessun uomo.
Appare solo nei ricordi come elemento di scompiglio, di caos e di violenza, in cui le donne con animo combattivo si sottraggono e solidarizzano seguendo "leggi non scritte".
Ma la tavola si chiude.
Irene, risorta dal suo passato fatto di gelosia e capelli verdi, curerà Augustina, non solo perchè le ha ucciso la madre, ma perchè nel destino è scritto così.
Raimunda si riconcilierà con Irene, dopo aver saputo dello stupro subito dalla figlia. Sole veglierà su tutte loro con il suo sorriso nostalgico, di chi, all'apparenza poco intraprendente, sente e sa più di chiunque altro.
Che dire?
Il film non è realistico.
La visione sprezzante degli uomini è oltremodo manicheista.
Una donna non può oggettivamente simulare d'essere morta per così tanti anni.
Le obiezioni potrebbere continuare all'infinito.
Ma questo non è un cinema-verité. E'una fiaba.
Una meravigliosa favola che ci permette di sognare e di chiudere il mondo del non-ritorno, della razionalità senza un filo di vento fuori dalla porta della nostra mente (almeno per un paio d'ore).
Chi non vorrebbe sentire un sospiro, che rende ebbri?
Chi non vorrebbe "ritornare" anche per un solo minuto? Aprire la porta che divide i vivi e i morti per un ultimo abbraccio. Un semplice saluto. Una frase sussurrata appena all'orecchio?
Lo so. Non è verosimile, ma spesso per sopravvivere la realtà non basta. E l'arte esiste appositamente per questo
leonardo g.
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[+] genio incompreso!
(di vesuvilandia)
[ - ] genio incompreso!
[+] grazie
(di leonardo g.)
[ - ] grazie
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(di vesuvilandia)
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(di william)
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camilla
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venerdì 5 gennaio 2007
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il “volver” di almodovar
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Amare il cinema di Almodovar significa innanzitutto amare il suo mondo. Al di la delle intrigate storie narrate è l’universo quasi sempre tutto al femminile il vero protagonista dell’estro artistico del regista.
Volver si annucia subito popolato da improbabili madri, donne al bivio, prostitute, tutte contraddistinte da infinite debolezze e ardori impulsivi, ma parallelamente dotate di profonda umanità e infinita grazia, istintivamente preposte al bene.
Nell’universo coeso di madri-figlie-madri di Almodovar regna un clima di solidarietà innata, e gli uomini, portatori sani di disgregazione, non possono che rimanere appiattiti sullo sfondo, sfocati, beceri, colpevoli di atti ripugnanti, emarginati dalla loro stessa impotenza sentimentale, eppure amati con sincera passione.
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Amare il cinema di Almodovar significa innanzitutto amare il suo mondo. Al di la delle intrigate storie narrate è l’universo quasi sempre tutto al femminile il vero protagonista dell’estro artistico del regista.
Volver si annucia subito popolato da improbabili madri, donne al bivio, prostitute, tutte contraddistinte da infinite debolezze e ardori impulsivi, ma parallelamente dotate di profonda umanità e infinita grazia, istintivamente preposte al bene.
Nell’universo coeso di madri-figlie-madri di Almodovar regna un clima di solidarietà innata, e gli uomini, portatori sani di disgregazione, non possono che rimanere appiattiti sullo sfondo, sfocati, beceri, colpevoli di atti ripugnanti, emarginati dalla loro stessa impotenza sentimentale, eppure amati con sincera passione.
Sovrastano la storia i consueti canoni espositivi del regista, espressi attraverso la colorazione a tinte forti della grigia quotidianità delle protagoniste, illuminata dunque forzosamente dalle diverse tonalità del rosso acceso delle tappezzerie, delle borse, dei vestiti, del fuoco purificatore di ogni tragedia, e del sangue così prepotentemente presente nella pellicola.
Sullo sfondo variopinto dell’umana diversità è rappresentata la storia, esile, stringata, fin troppo lineare per lo stile di Almodovar, ma dai toni forti e tipicamente drammatici delle pellicole del cineasta spagnolo, di una violenza sessuale consumata tra le mura domestiche, e che, come una vendetta spietata, si ripete ai danni della giovane figlia della sensuale musa ispiratrice Penelope Cruz.
Il finale, liberatorio, rinvigorisce i rapporti tra le donne della famiglia, ognuna a suo modo segnata dal dolore, ma nel contempo irrimediabilmente forte e tenace, e, sorvolando con leggerezza innaturale anche sul più atroce dei delitti, (l’omicidio del presunto padre stupratore) fa del perdono l’unica via di fuga consentita.
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harry
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mercoledì 6 settembre 2006
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viva le donne
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E'un grande omaggio al mondo femminile. Almodovar,da grande maestro dell'animo femminile e' riuscito,come sempre, ha dare un ritratto surrealistico di cosa significa essere donna in una societa' troppo spesso maschilista. Ha messo ha nudo la fragilita', la femminilita', la forza, il coraggio,l'amore che si cela nell'animo di ogni donna. Vedendo il film e' come ascoltare una poesia,come guardare un bel quadro,come leggere un bel libro. Ti avvolge una magica atmosfera che non ti lascia neanche alla fine del film. La Cruz e' stata veramente brava nell'interpretare il ruolo della donna intraprendente,forte, che non si lascia abbattere dalle avversita' della vita, in contrapposizione alla sorella piu' fragile, piu' vulnerabile, piu' bisognosa d'amore.
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E'un grande omaggio al mondo femminile. Almodovar,da grande maestro dell'animo femminile e' riuscito,come sempre, ha dare un ritratto surrealistico di cosa significa essere donna in una societa' troppo spesso maschilista. Ha messo ha nudo la fragilita', la femminilita', la forza, il coraggio,l'amore che si cela nell'animo di ogni donna. Vedendo il film e' come ascoltare una poesia,come guardare un bel quadro,come leggere un bel libro. Ti avvolge una magica atmosfera che non ti lascia neanche alla fine del film. La Cruz e' stata veramente brava nell'interpretare il ruolo della donna intraprendente,forte, che non si lascia abbattere dalle avversita' della vita, in contrapposizione alla sorella piu' fragile, piu' vulnerabile, piu' bisognosa d'amore. Il tutto permeato dalla superstizione, testimonianza delle origini del regista,alimentate da un forte e profondo rapporto con il mito e le credenze popolari.
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