Caleidoscopico vibrare di immagini e di colori che ricordano per magmaticità e inquietudine le tele di Bacon, ecco cos’è Inland Empire, un’esperienza di smarrimento.
La trama appare esile e tutto sommato secondaria rispetto alla vertigine dei percorsi nei meandri della mente della protagonista, l’attrice Nikki Grace impersonata dall’amata Laura Dern. In questo labirinto psichico la realtà si infrange, si arresta e si disperde più e più volte. Lo spettatore, rapito e a volte come stordito dalla forza dei contenuti, alcuni quasi incomprensibili, altri di immediata lettura, solo al termine della pellicola riuscirà a comprendere una parte dei tanti reconditi rimandi. Opera altamente simbolica, alchemica e misterica è questo capolavoro di Lynch per la presenza di una certa numerologia, di rimandi cifrati, di stanze che si aprono e che si chiudono così come si aprono e si chiudono i legami fra esse. Molti frammenti compongono la narrazione che solo a fatica e con dolore trovano una loro parziale e incompleta ricomposizione. L’allucinosi della protagonista, così come rappresentata da Lynch, è come se fosse contenuta nella realtà o che la realtà contenga la sua allucinosi: tutto è vicino e distante, sfocato e nitido, alla stessa Nikki come allo spettatore. Quasi non esistono scarti tra questi due piani, seppure di fatto ve ne siano. E’ un piano temporale ontico quello in cui Lynch fa scorrere le sue visioni, perennemente presente seppure dislocato nel passato e nel futuro della vita della protagonista. E’ un imperio del Tempo psichico eraclideo quello di cui si dispiega questo film, troppo sofisticato per ricorrere agli abusati flashblack o flashforward. Tutto è e nello stesso tempo non è, comprese apparizioni/sparizioni, voci, suoni e colori.
Oltre alla raffinata architettura filmica con Inland Empire ci troviamo ci fronte ad una ricchezza davvero unica per profondità e varietà di temi: dall’eterno feminino (dalla sessualità alla maternità), al tema del segreto, all’incomunicabilità/spaesamento (in alcuni passaggi alcuni personaggi parlano in polacco, una lingua incomprensibile dalla protagonista), nonché alla meta riflessione sul cinema, sul rapporto tra realtà e finzione. Della storia vera e propria si può dire poco: siamo a Hollywood e la protagonista è un’attrice (che morirà sul Sunset Boulevard, in cui si consumerà la scena più commuovente) che sta girando un film, “On High in blue tomorrows”. Al di là di quanto detto non si può andare con il linguaggio perché il senso di vertigine delle visioni non lo permettono. Ad avallare quanto detto fin qui sono le parole dello stesso Lynch quando ha detto che: “ogni volta che inizio un film è come se entrassi in un universo ignoto. E vorrei che anche il pubblico provasse la stessa cosa. Non deve avere paura di fare uso dell’intuito e di vivere un’esperienza sconosciuta. Ognuno di noi ha il dono del linguaggio, ma il cinema va al di là delle parole. Lasciarsi andare al cinema è come lasciarsi andare alla musica”.
E’ da questa consapevolezza che lo spettatore deve partire prima e dopo aver fatto esperienza di un’opera come questa, oscura sotto molti aspetti, ma altresì capace di inusitate rivelazioni.
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luciano
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martedì 7 agosto 2007
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deliri e desideri.
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Il bello della tua recensione è l'essere invasi dal delirio del film senza ancora averne visto una sequenza.Risuona nel commento la fascinazione per un mondo sensoriale che non si deve più curare del verosimile per accedere direttamente all'emozione del vissuto.Labirintica deve essere l'opera di Lynch e tu non puoi nascondere il tuo desiderio di smarrirti.Anche il tempo, dalle tue parole, promette di abbandonare il suo usuale incedere in avanti che tanto ci spaventa ma poi ci rassicura, perchè ci solleva dalla pesantezza dell'eterno ritorno.Non so se in me prevale il desiderio di vedere il film o di continuare a leggere il tuo entusiasmo...
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tarenghi
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mercoledì 8 agosto 2007
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che curiosità..........
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.....mi hai suscitato!La tua recensione stimola la curiosità ed invoglia a vedere questo film, cosa che farò quanto prima.Visto gli effetti sullo scrivente, nel caso diventassi scrittore, regista ecc., ti chiederò di recensirmi "l'opera", sarà sicuramente un affare!Giuseppe
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