Il codice Da Vinci |
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Un film di Ron Howard.
Con Tom Hanks, Audrey Tautou, Jean Reno, Alfred Molina.
continua»
Titolo originale The Da Vinci Code.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 148 min.
- USA 2006.
uscita venerdì 19 maggio 2006.
MYMONETRO
Il codice Da Vinci ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Gratta e DaVinci nelle casse della produzione
di AldoFeedback: |
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lunedì 29 maggio 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
A Ron Howard piace il cinema nel senso piu' americano del termine. Anche A Beautiful Mind, come il Codice, e' pieno di spettacolarizzazioni, come la schizofrenia da circo, quella per cui vedi numeri, segnali dappertutto e li sai anche decodificare. Nel film, la malattia diventa quasi 'figa' e seducente, immemore delle vere sofferenze psichiche di uno che la vive. Le informazioni sembrano essere state prese qua' e la' dai libri di medicina e da qualche intervista a qualche psichiatra ortodosso. Intere tematiche (tipo le dichiarate fantasie omosessuali del vero scienziato cui il film si ispira non vengono neanche lontanamente indagate: meglio, a Hollywood, insistere con l'immagine di uno che, schizofrenico o no, la donna almeno ce l'ha e lei lo ama tanto con o senza malattia mentale!) Certo, il lavoro di ricerca c'e' stato: in questo gli americani non si battono. Sono amanti dell'efficienza e quasi paranoici nel trincerarsi dietro presunti 'fatti', forse per evitare i numerosissimi ricorsi legali di chi sporge denuncia (in America tutti denunciano tutti per qualunque cosa - e' un affare miliardario sponsorizzato dalla lobby degli avvocati). Anche il Codice soffre di quella stessa debolezza. Ok, dobbiamo partire dal presupposto che e' tratto da un libro fantasioso ma che si vuole legittimare, accrescendo la propria autorevolezza come vantaggio collaterale, gettando nella mischia alcuni fatti storici comprovati. Pero' la voglia di silver screen e' troppo imperativa. Il film prende subito i connotati del giallo, del thriller, poi del film d'azione, poi del documentario eccetera, a seconda della parte di pubblico che si vuole (o deve?) accontentare. E' una ricetta fatta con tanti ingredienti il cui fine e' piacere a ogni tipo di palato. Condisci il tutto con grandi campagne controverse e hai un bel ciambellone vincente. Il vero problema e' che Leonardo, l'Opus Dei, la Chiesa Cattolica sono fenomeni cosi' europei nella loro natura, che non possono essere perfettamente comprensibili all'americano. Gli americani hanno una visione vacanziera e periferale della storia e della cultura europee. Lo scimmiottaggio dei vari Gladiatori lo dimostrano appieno. Per carita', niente di male in questo. Gli USA sono lontani, geograficamente e ideologicamente, per cui non c'e' niente di scandaloso se le nostre cose non vengono spiegate bene. Anche noi copiavamo i loro western e loro facevano le loro versioni di Ercole e Ulisse. Nessuno dei due capiva niente dell'altro e non era importante. I nostri registi dicevano agli italiani questa e' l'America e i loro dicevano agli americani questa e' l'Italia, o la Grecia o l'antica Roma. Solo per questo bisogna togliere un bel 50% di: animosita' verso il film (che sciocchi, questi fondamentalisti cattolici!), autorevolezza storica e vera volonta' di messaggio. In America i grandi registi Hollywoodiani cavalcano l'onda della popolarita', punto e basta. A nessuno interessa dire una storia e schierarsi ideologicamente. Cio' che decide tutto e' quanti soldi questa pellicola deve portare alla produzione. Guai se i 125 milioni di dollari spesi non si trasformano in 900 milioni. Il film non ha avuto senso di esistere. Ogni altra considerazione sul film, sulla recitazione e sceneggiatura e' irrilevante. Questo non e' un film fatto per colpire il cuore delle persone, ma i loro portafogli. Signori, c'e' una bella differenza!!
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