stefano
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domenica 15 gennaio 2006
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invito a cena con delitto: il capolavoro di altman
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Ambientazione: Inghilterra, 1932. Scenario: una splendida villa di campagna. Protagonisti: oltre una ventina di personaggi tra nobili, ricchi borghesi, parenti e amici di famiglia, invitati dal padrone di casa, Sir William McCordle (un impagabile Michael Gambon), a trascorrere un week-end nella sua magnifica tenuta, assistiti da una schiera di valletti, servitori e domestici. Trama: un misterioso omicidio nel cuore della notte, del quale tutti potrebbero essere colpevoli. A prima vista, sembrerebbe l’intreccio perfetto per uno dei più ingeniosi romanzi di Agatha Christie. Invece si tratta di uno dei migliori film del geniale regista Robert Altman, un veterano del cinema americano che, dopo “Nashville” e “America oggi”, torna a raccontarci una storia corale con l’attenzione per l’analisi psicologica e la tagliente ironia del quale solo un maestro come lui è capace.
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Ambientazione: Inghilterra, 1932. Scenario: una splendida villa di campagna. Protagonisti: oltre una ventina di personaggi tra nobili, ricchi borghesi, parenti e amici di famiglia, invitati dal padrone di casa, Sir William McCordle (un impagabile Michael Gambon), a trascorrere un week-end nella sua magnifica tenuta, assistiti da una schiera di valletti, servitori e domestici. Trama: un misterioso omicidio nel cuore della notte, del quale tutti potrebbero essere colpevoli. A prima vista, sembrerebbe l’intreccio perfetto per uno dei più ingeniosi romanzi di Agatha Christie. Invece si tratta di uno dei migliori film del geniale regista Robert Altman, un veterano del cinema americano che, dopo “Nashville” e “America oggi”, torna a raccontarci una storia corale con l’attenzione per l’analisi psicologica e la tagliente ironia del quale solo un maestro come lui è capace. E così anche lo spettatore viene trasportato tra i corridoi e i lussuosi salotti di Gosford Park, in una claustrofobica atmosfera di eleganza barocca che, sotto una superficie di impeccabile rigore formale, nasconde tensioni e rivalità, silenziosi drammi e inconfessabili segreti, che aspettano solo di venire alla luce. Eccoci dunque ad assistere alle schermaglie verbali e ai piccoli intrighi tra i vari ospiti, dall’affascinante e lasciva padrona di casa (la stupenda Kristin Scott Thomas) a un celebre attore a un’anziana e pettegola nobildonna terribilmente snob (la sempre deliziosa Maggie Smith). La telecamera segue impietosa i movimenti dei personaggi dai piani alti, sede della classe sociale di “quelli che contano”, ai piani bassi, dove si muove un esercito di solerti domestici (memorabile la cameriera perfetta interpretata dalla bravissima Helen Mirren) in apparenza invidiosi, ma animati in realtà dagli stessi spietati meccanismi di potere dei loro padroni. E nel frattempo, un regista americano osserva con occhio cinico e disincantato i presenti, fingendo di ammirarli mentre si prepara a scavargli la fossa (un’autocitazione dello stesso Altman?). Forte di un cast straordinario e di una superba sceneggiatura di Julian Fellowes premiata con l’Oscar, Altman disegna un lucido ritratto delle classi sociali inglesi, con le loro inviolabili regole e gerarchie, ma sempre con un sottile umorismo che mantiene il film sul ritmo della commedia. Un imperdibile capolavoro di uno dei più grandi registi di tutti i tempi.
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(di alessandra78)
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marco
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mercoledì 24 luglio 2002
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coraggioso e inimitabile
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Coraggio, acume, grande capacità narrativa! Straordinario tuffo negli anni '30 che dimostra la grande maestria del regista. Accattivante giallo ma anche grande affresco su gerarchie-classi contrapposte. Altmann è lucido e pungente nel rivelare i profondi legami sotterranei tra aristocrazia e servitù, grazie alle chiacchiere di sottofondo. Ecco come si fa un capolavoro: incorniciandolo in maniera egregia nel suo filone, in questo caso 'giallo', ma rivelando profonde connessioni subliminari, realtà nascoste, sentimenti dietro l'apparenza del decoro superficiale. Odi, gelosie, amori devastanti e fatali affetti parentali, sottomissione e compromessi forzati nel confrionto tra ceti. Il tutto raccontato dalle voci profonde e superficiali di corridoio che si rivelano, in ultima istanza, strumento per scoprire il coperto e far emergere il sommerso (anche il/gli assassino/i).
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Coraggio, acume, grande capacità narrativa! Straordinario tuffo negli anni '30 che dimostra la grande maestria del regista. Accattivante giallo ma anche grande affresco su gerarchie-classi contrapposte. Altmann è lucido e pungente nel rivelare i profondi legami sotterranei tra aristocrazia e servitù, grazie alle chiacchiere di sottofondo. Ecco come si fa un capolavoro: incorniciandolo in maniera egregia nel suo filone, in questo caso 'giallo', ma rivelando profonde connessioni subliminari, realtà nascoste, sentimenti dietro l'apparenza del decoro superficiale. Odi, gelosie, amori devastanti e fatali affetti parentali, sottomissione e compromessi forzati nel confrionto tra ceti. Il tutto raccontato dalle voci profonde e superficiali di corridoio che si rivelano, in ultima istanza, strumento per scoprire il coperto e far emergere il sommerso (anche il/gli assassino/i). Indimenticabile, coraggioso azzardo del grande Robert Altmann.
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michele martelossi
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mercoledì 26 settembre 2007
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brillante mosaico vittoriano con delitto
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L'incantevole Gosford Park va guardato e riguardato per rileggerne le trame e i dialoghi veloci dei protagonisti che vi si mescolano in modalità "overlapping", particolarmente cara al regista. Anni ’30, una suggestiva villa padronale nella verdissima campagna inglese e un occhiolino alla letteratura romanzesca della Christie: questo è lo sfondo del classico delitto in biblioteca che domina il centro. Niente di nuovo, dunque, ma tutto ugualmente originale. Le vicende scorrono parallele tra piani superiori ove interagiscono gli invitati in occasione di una battuta di caccia organizzata da Sir William McCordle e inferiori ove, invece, la servitù si affanna a soddisfare le comande consumandosi, nel frattempo, nei grandi e piccoli dolori quotidiani.
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L'incantevole Gosford Park va guardato e riguardato per rileggerne le trame e i dialoghi veloci dei protagonisti che vi si mescolano in modalità "overlapping", particolarmente cara al regista. Anni ’30, una suggestiva villa padronale nella verdissima campagna inglese e un occhiolino alla letteratura romanzesca della Christie: questo è lo sfondo del classico delitto in biblioteca che domina il centro. Niente di nuovo, dunque, ma tutto ugualmente originale. Le vicende scorrono parallele tra piani superiori ove interagiscono gli invitati in occasione di una battuta di caccia organizzata da Sir William McCordle e inferiori ove, invece, la servitù si affanna a soddisfare le comande consumandosi, nel frattempo, nei grandi e piccoli dolori quotidiani. Poi capita qualcosa di estremamente grave la cui forza centrifuga non può che portare le due rette parallele alla convergenza: l'omicidio. William McCordle è la vittima predestinata! Ma sono i piccoli intrecci a scavargli la fossa, non tanto il delitto in sé. Altman preferisce lasciare le indagini in balìa di un ispettore pasticcione per concentrarsi sui singoli personaggi: un’irresistibile snob (la formidabile Smith) che gode di un vitalizio a rischio, la moglie di William (la Thomas) annoiata dalla vita e pronta a farsi il primo pseudo valletto che le capiti a tiro (il biondissimo Phillippe), il comandante fallito, il pretendente all'eredità della giovane figlia, la cognata in calore per lo stesso uomo, l'entourage hollywoodiano capeggiato niente meno che da un Ivor Novello rivisitato, il cui delizioso repertorio accompagna l'omicidio contrastandone la carica emotiva con le note di un pianoforte. Un Altman in gran spolvero anche se, a tratti, indugiante e maniacale: sempre sarcastico e pungente anche in questo spaccato sociale patriarcale che rasenta le sembianze di un quadro impressionista ove, per quanto si osservino a colpo d'occhio le varie figure e la loro interazione, si fatica a far tornare i conti. Ivi, egli pennella un vis a vis clamoroso tra i chiassosi e impertinenti ospiti americani e i padroni di casa, rigidamente e maledettamente inglesi fino al midollo. La vicenda dal sapore vagamente alberghiero si chiude com'era cominciata: addii forse perenni e partenze che segnano il ritorno alle proprie vite di sempre, ben poco incrinate da ciò che è successo. Persino la morte viene snobbata con umorismo tipicamente british. Un film che amerò sempre.
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antonio canzoniere
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martedì 25 settembre 2012
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il grande addio
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Novembre 1932, tenuta di Gosford Park. Sir William McCordle e lady Silvia invitano uno stuolo di amici per caccia, con rispettiva servitù. Tra loro figurano un produttore americano, un veterano e altri nobili britannici. La vita in quell’oasi dorata, scandita a ritmo di pettegolezzi, finzioni salottiere, cene eleganti e segreti, avrà la sua catarsi con un omicidio...Poeta di vicende umane grottesche e grandiose, illusorie e semplici, Altman alza il tiro ogni film che passa: la trama è un McGuffin raffinato all’Agata Christie, il cui vero obbiettivo è sventrare il gioco ipocrita di soppressione tra classi. Il montaggio si dilunga alternando le vicende dei servi nei piani underground e dei padroni, i veri vermi della storia, nei lussuosi piani superiori.
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Novembre 1932, tenuta di Gosford Park. Sir William McCordle e lady Silvia invitano uno stuolo di amici per caccia, con rispettiva servitù. Tra loro figurano un produttore americano, un veterano e altri nobili britannici. La vita in quell’oasi dorata, scandita a ritmo di pettegolezzi, finzioni salottiere, cene eleganti e segreti, avrà la sua catarsi con un omicidio...Poeta di vicende umane grottesche e grandiose, illusorie e semplici, Altman alza il tiro ogni film che passa: la trama è un McGuffin raffinato all’Agata Christie, il cui vero obbiettivo è sventrare il gioco ipocrita di soppressione tra classi. Il montaggio si dilunga alternando le vicende dei servi nei piani underground e dei padroni, i veri vermi della storia, nei lussuosi piani superiori. E’ un film dove la coralità si riflette anche nella sua lavorazione: l’utilizzo combinato della regia altmaniana, la sceneggiatura di Julian Fellowes (premiata con l’Oscar), il montaggio, le luci soffuse di Andrew Dunn e l’interpretazione eccellente di tutti gli attori (tra cui spiccano la Scott-Thomas, la Smith, Mirren, McDonald, Owen e Gambon) rende una raffinata commedia nera in un intrigante ritratto sociologico politicamente scorretto.
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theophilus
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lunedì 6 gennaio 2014
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un magico tuffo all'indietro
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GOSFORD PARK
Magico Altman: con questo suo nuovo film corale, che ci ha richiamato alla mente il caos pilotato del suo precedente Dottor T. e le donne – a suo tempo presentato alla 57a mostra internazionale del cinema di Venezia -, il regista statunitense ci offre la fotografia di un mondo che mostra di tenere saldamente in mano. Anzi i mondi sono due, paralleli: uno che si muove ai piani alti, l’altro al piano terra, la nobiltà anglosassone e la sua servitù, ritratti all’interno di una villa nella solitudine della campagna inglese. E’ un fine settimana del mese di novembre del 1932 e la motivazione dell’invito esteso da sir William Mc Cordle ad amici e parenti è quella di una battuta di caccia.
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GOSFORD PARK
Magico Altman: con questo suo nuovo film corale, che ci ha richiamato alla mente il caos pilotato del suo precedente Dottor T. e le donne – a suo tempo presentato alla 57a mostra internazionale del cinema di Venezia -, il regista statunitense ci offre la fotografia di un mondo che mostra di tenere saldamente in mano. Anzi i mondi sono due, paralleli: uno che si muove ai piani alti, l’altro al piano terra, la nobiltà anglosassone e la sua servitù, ritratti all’interno di una villa nella solitudine della campagna inglese. E’ un fine settimana del mese di novembre del 1932 e la motivazione dell’invito esteso da sir William Mc Cordle ad amici e parenti è quella di una battuta di caccia.
Gli elementi che tengono uniti questi due pianeti sono il pettegolezzo, il bisogno di sapere che cosa l’uno pensi e dica dell’altro, come vivano i nobili da un lato e i valletti e i servitori dall’altro, al di là dei momenti in cui incrociano le loro strade – anche con amori trasversali - nell’arco della giornata: un fruscio di seta, un brulichio di frasi sommesse, un bisbigliare attonito storie di soprusi che vengono alla luce nel buio delle cucine e che Altman ci propone, come facendo rimbalzare gli echi di questi due consorzi contrapposti, passando continuamente da un piano all’altro, nei segreti delle camere da letto o delle lavanderie, nel buio dei corridoi, dietro le quinte dei salotti a rubare un po’ di quel cosmo dorato.
Così finto, ma anche così autentico questo universo in cui tutti origliano, tutti sembrano spiare o avere dei segreti da nascondere, in cui le classi sono rigorosamente separate, in cui i servi perdono la loro identità e assumono il nome dei loro padroni per evitare confusione, in cui le cameriere stanno sotto la pioggia scrosciante per consentire alle loro signorie di bere il tè o le dame si giocano i mariti a carte. Tutto senza che, apparentemente, vi sia un moto di ribellione, tutt’al più qualche critica velata: a rompere questo falso equilibrio è un valletto, di cui tutti diffidano. E’ in realtà un attore in incognito in mezzo agli altri ospiti di Gosford Park: d’accordo col produttore americano presente insieme a lui nella villa, si mescola tra la servitù per carpirne i modi e i segreti che trasporrà poi in un film: l’istantanea di un gruppo di nobili circondato dai loro valletti e servitori colti in un fine settimana in una villa inglese, con delitto…
Quel mondo è dunque già storicizzato e oggetto di studi da parte della cultura/non cultura del Nuovo Mondo che avanza. Al cinismo dell’aristocrazia inglese si contrappone quello, artificioso e incurante, del denaro. Il film verrà girato a Hollywood e non in Inghilterra e il produttore, tutto preso dalla sua chiamata in California inerente la preparazione della pellicola, protesta quando gli viene bruscamente tolto l’apparecchio telefonico: è stato realmente commesso un omicidio; la fiction non solo imita la vita, ma sembra determinarla a priori.
Prontamente chiamato, l’ispettore di polizia, macchietta presuntuosa e inconsapevole, per quanto simpatica nella sua innocenza, non saprà, ovviamente, dipanare la matassa della Storia, che si è ripresa la sua rivincita.
Inutile citare qualche interprete in particolare. Tutto il cast, stellare, è semplicemente impeccabile: non si poteva fare di meno per un affresco perfetto.
Chi ha detto che non è l’Altman più grande?
Enzo Vignoli
2 aprile 2002
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noia1
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martedì 15 aprile 2014
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l'inghilterra dell'epoca in 26 personaggi,immenso
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Un gruppo di nobili viene invitato nella villa di un ricco proprietario terriero. Il tempo si scandisce tra colte discussioni, battute di caccia, tè e anestetiche partite a carte ma il tutto viene sconvolto dalla morte del padrone di casa. L'omicidio avrà i suoi effetti su tutti i presenti, i quali saranno più o meno importanti o influenti, e tutti si riveleranno possibili assassini.
Un immenso affresco dell'Inghilterra di inizio novecento, non è stato tralasciato nulla perché qualsiasi dettaglio è stato messo sotto la lente d'ingrandimento dell'attento Altman. Gli usi, i costumi, i rapporti e la leggera acidità che aleggia dietro qualsiasi amicizia.
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Un gruppo di nobili viene invitato nella villa di un ricco proprietario terriero. Il tempo si scandisce tra colte discussioni, battute di caccia, tè e anestetiche partite a carte ma il tutto viene sconvolto dalla morte del padrone di casa. L'omicidio avrà i suoi effetti su tutti i presenti, i quali saranno più o meno importanti o influenti, e tutti si riveleranno possibili assassini.
Un immenso affresco dell'Inghilterra di inizio novecento, non è stato tralasciato nulla perché qualsiasi dettaglio è stato messo sotto la lente d'ingrandimento dell'attento Altman. Gli usi, i costumi, i rapporti e la leggera acidità che aleggia dietro qualsiasi amicizia. Tutto è stato messo al vetriolo senza pietà e senza nessuna preoccupazione nei confronti dei poveri protagonisti vittime del sistema sociale nel quale sono stati costretti a vivere. Il tutto è poi reso più interessante dall'omicidio, ognuno reagisce a suo modo ma forse nessuno è veramente dispiaciuto della morte dell'uomo, anzi, forse per qualcuno è fonte di beneficio e sollievo più che di dispiacere. Insomma, un dramma storico in costume che si nasconde dietro una parvenza di commedia nera, la sceneggiatura trasmette leggerezza e forse un po' d'ironia ma la pellicola si rivela in realtà complessa e ci si chiede come si sia stati capaci di intrecciare così bene le vicende di più di venti personaggi facendo quadrare ogni dettaglio.
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jacopo b98
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martedì 30 luglio 2013
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una commedia umana controllata dal genio altman
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1932. In una villa di campagna nobili e ricchi inglesi, oltre ad alcuni americani impiegati nel cinema, si ritrovano per una battuta di caccia, ma il padrone di casa (Gambon) viene ucciso. Chi è stato? Terz’ultimo film di Altman è un vero capolavoro. Quando si racconta la trama, lo si può erroneamente prendere per un giallo, ma questo genere (qui molto alla Agatha Christie) non è che un mezzo. Per cosa? Per dire qualcosa sulla società dell’epoca. È un film classista, sui rapporti di classe, che ricorda i grandi ritratti di Ivory come Casa Howard e Quel che resta del giorno. Ma questo piccolo grande capolavoro è diverso: la storia non c’è, è un ritratto di una nobiltà vergognosamente arretrata, chiusa nelle sue classi di censo (come dimostra la poca accettazione dei tre americani).
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1932. In una villa di campagna nobili e ricchi inglesi, oltre ad alcuni americani impiegati nel cinema, si ritrovano per una battuta di caccia, ma il padrone di casa (Gambon) viene ucciso. Chi è stato? Terz’ultimo film di Altman è un vero capolavoro. Quando si racconta la trama, lo si può erroneamente prendere per un giallo, ma questo genere (qui molto alla Agatha Christie) non è che un mezzo. Per cosa? Per dire qualcosa sulla società dell’epoca. È un film classista, sui rapporti di classe, che ricorda i grandi ritratti di Ivory come Casa Howard e Quel che resta del giorno. Ma questo piccolo grande capolavoro è diverso: la storia non c’è, è un ritratto di una nobiltà vergognosamente arretrata, chiusa nelle sue classi di censo (come dimostra la poca accettazione dei tre americani). Non c’è un vero protagonista e alla fine il colpevole del delitto non è esplicitato: se il personaggio di Owen ha ucciso un morto ed è quindi comunque un colpevole il vero assassino è lasciato all’immaginazione: è stato il capo maggiordomo, o la figlia (Scott Thomas), o forse la vecchia amante (Mirren), o la attuale amante (Watson), oppure un suo imparentato bisognoso di denaro (Hollander) o, perché no, gli americani, sempre dappertutto e al corrente di tutto. Film di sospetti è una commedia. Una grandiosa commedia umana. Attori eccellenti. Sette nomination agli Oscar e statuetta per la sceneggiatura originale (di Julian Fellowes da un soggetto di Bob Balaban e del regista [anche produttori]), miglior regia ai Golden Globe e film britannico e costumi ai BAFTA. Da non perdere.
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paolp78
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venerdì 9 luglio 2021
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la specialità di altman
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Ancora una volta Robert Altman dirige una pellicola che presenta un ensemble cast, operazione già in passato più volte realizzata con successo dal grande maestro americano (si ricordano tra le altre opere “America oggi” e “I protagonisti”), anzi può dirsi che è proprio in questo tipo di pellicole che Altman è riuscito a toccare le vette più alte della sua cinematografia, facendo di questa tipologia di opera la sua specialità.
Altman si dimostra abilissimo a fare scorrere in modo fluido e piacevole la sceneggiatura; ogni scena racconta qualcosa dei tanti personaggi, le cui storie si intrecciano tra loro, creando uno straordinario quadro d’insieme.
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Ancora una volta Robert Altman dirige una pellicola che presenta un ensemble cast, operazione già in passato più volte realizzata con successo dal grande maestro americano (si ricordano tra le altre opere “America oggi” e “I protagonisti”), anzi può dirsi che è proprio in questo tipo di pellicole che Altman è riuscito a toccare le vette più alte della sua cinematografia, facendo di questa tipologia di opera la sua specialità.
Altman si dimostra abilissimo a fare scorrere in modo fluido e piacevole la sceneggiatura; ogni scena racconta qualcosa dei tanti personaggi, le cui storie si intrecciano tra loro, creando uno straordinario quadro d’insieme. L’alto numero dei personaggi coinvolti nella sceneggiatura rischia di far perdere il filo e confondersi, ma se si adopera la dovuta attenzione la pellicola ripaga ampiamente lo sforzo. In ogni caso, al fine di comprendere tutta la complicata trama nei suoi più gustosi particolari, è consigliato effettuare una seconda visione a breve distanza dalla prima.
La pellicola è ambientata nell’Inghilterra degli anni trenta, i personaggi sono equamente divisi tra ricchi snob appartenenti alla classe più agiata, con anche qualche titolato, ed i relativi domestici. Altman è bravissimo nel restituire le giuste atmosfere, che esaltano questo tipo di pellicola.
Molto apprezzabile anche lo stile narrativo elegante e raffinato, adattissimo all’oggetto della rappresentazione.
Quando si è all’incirca a metà della scneggiatura viene introdotto uno sviluppo da film giallo che ben funziona e restituisce nuova linfa alla trama, tuttavia l’opera nel suo complesso non perde la caratteristica di commedia sofisticata, con tinte drammatiche. Inoltre deve dirsi che seppure questo risvolto eccezionale permetta al film di non perdere presa sullo spettatore nel finale, è comunque la prima parte della pellicola quella più godibile, grazie alla descrizione strepitosa dei personaggi, soprattutto nella loro introduzione.
Il cast è davvero sterminato, su tutti si impongono Kristin Scott Thomas e Michael Gambon bravissimi nei ruoli fondamentali dei padroni di casa; una sensazionale Maggie Smith in un ruolo di alleggerimento; Kelly Macdonald a cui è affidata una parte chiave nell’impianto narrativo; Emily Watson bravissima come al solito; Clive Owen ed Helen Mirren protagonisti della parte della storia che presenta le tinte più drammatiche. Impeccabili le performance di tutto il resto del cast tra cui devo citare per finire Charles Dance, Alan Bates, Richard E. Grant e Derek Jacobi, tutti interpreti che amo particolarmente e che qui, sebbene relegati in parti di secondo piano, riescono a colpire lo spettatore ed aggiungere qualcosa alla pellicola, già di per se straordinaria.
Benché la durata sia ragguardevole, il film non stanca affatto riuscendo a scorrere piacevolmente per tutta la durata.
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eugen
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sabato 11 febbraio 2023
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grande "stampa"degli anni trenta del 1900
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Robert Altman, con questo"GOsford Park"(da un soiggetto dello stesso regista, scritto con Bob Balaban, screenplay di Julian Fellowes, 2001), suo terzultimo film, mostra un ritratto feroce della borghesia e della nobilta'britanniche negli anni 1930, alla vigilia della presa di potere da parte del nazismo e dunque successivamente dello scoppio della seconda guerra mondiale: una rete"dubbia"di rapporti intricati e intriganti tra GB e States, tra classi sociali diverse, ma sempre sulla base fondamentlae della lotta di classe, magari non esplicitata come tale ma sempre latenete e sottesa a tutti. Un weekend di caccia e di "riposo"in un'amena localita' di campgna, proprieta'di una ricca famiglia locale.
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Robert Altman, con questo"GOsford Park"(da un soiggetto dello stesso regista, scritto con Bob Balaban, screenplay di Julian Fellowes, 2001), suo terzultimo film, mostra un ritratto feroce della borghesia e della nobilta'britanniche negli anni 1930, alla vigilia della presa di potere da parte del nazismo e dunque successivamente dello scoppio della seconda guerra mondiale: una rete"dubbia"di rapporti intricati e intriganti tra GB e States, tra classi sociali diverse, ma sempre sulla base fondamentlae della lotta di classe, magari non esplicitata come tale ma sempre latenete e sottesa a tutti. Un weekend di caccia e di "riposo"in un'amena localita' di campgna, proprieta'di una ricca famiglia locale. Un primo segnale di lotta sotterranea e non solo si ha ocn un colpo di pistola(o fucile)sfiora l'orecchio di sir William, il proprietatio del luogo e l'organizzatore del"raduno". SUccessivamente, dopo una cena"rivelatrice"di molti lati oscuri di vari avvenimenti, per cuii si scopreono gli altarini di sir William e d alrri"maggiorenti", lo stesso"capo"viene trovato morto in sala, pugnaltato a qua<nto sembra da "mano minsteriosa". Se chi guarda il fim scopre il colpevole, non cos' avviene con lindagine che si svolge in seguito all'omidicio, dove l'ispttpre sembra faccia di tutto per non individuare le responsabilita' del crimine. Decisamente lo sguardo altmaniano, servito perfettamente da interpreti di rango come Michael Gambon, Maggie Smith, Krisiin Scott Thomas e altri/e, e'cinicamente(in apparenza)attento a cogliere in fallo chi e'responsabile di una situazione di sfruttamento delle classi popolari(si pensi all'"interrogatorio"relativo alla nascita dei domestici, per scoprire chi di loro sia stato"a sertvizio"; in realta', ben piu'"sottilmente"per scoprire chi sia nato orfano/a, terribile e "premointore"di quanto avviene in seguito), e'una cartina di tornasole del reale, soprattutto(ma non solol diremmo)se consideriamo la situazione storica di quegli anni. Decisamente anche il regista USA, reso dallo stesso Bob Balaban, e'in qualche modo un tramite tra la classica potenza colonaile britannica e l'ex.colonia, espressione e rappresentante della"tecnica al potere", esprime da un lato le relazioni conflittuali ma economicamente convergenti, pur se sempre"tese"tra i due Stati, sia l'antica amicizia.rivalita'. Eugen
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mariabetta
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sabato 20 marzo 2010
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la cartolina dell'inghilterra di altman
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La lingua inglese, priva del pronome di cortesia, sottende una struttura sociale in cui il “Lei”, l’ “Usted”, il “Vous” ed il “Sie” sarebbero meramente pleonastici.
L’Inghilterra, patria della prima rivoluzione industriale, non ha patito, nelle viscere della sua storia, una rivoluzione sociale.
Non ha avuto un “79 ma nemmeno un “48.
L’essere “nazione” è, per il popolo britannico, qualcosa che è lontano dal sapore di una conquista quanto lo è la dentizione o la forza di gravità. La sorprendente caratteristica della cultura inglese è sempre sembrata, agli europei continentali, quella sorta d’irrefrenabile bizzarria che si coniuga, e senza strappi apparenti, con il più rigido culto della tradizione.
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La lingua inglese, priva del pronome di cortesia, sottende una struttura sociale in cui il “Lei”, l’ “Usted”, il “Vous” ed il “Sie” sarebbero meramente pleonastici.
L’Inghilterra, patria della prima rivoluzione industriale, non ha patito, nelle viscere della sua storia, una rivoluzione sociale.
Non ha avuto un “79 ma nemmeno un “48.
L’essere “nazione” è, per il popolo britannico, qualcosa che è lontano dal sapore di una conquista quanto lo è la dentizione o la forza di gravità. La sorprendente caratteristica della cultura inglese è sempre sembrata, agli europei continentali, quella sorta d’irrefrenabile bizzarria che si coniuga, e senza strappi apparenti, con il più rigido culto della tradizione.
Che con esso si coniuga e che ne trae linfa.
L’ America, “figlia” degenere e vittoriosa, non smetterà mai di guardare a questa ambivalenza con disgusto misto a senso di inferiorità.
Robert Altman, americano doc, classe 1925, alla tenera età di 80 anni decide di misurarsi con l’avventurosa sfida e di mettere in scena un dramma (giallo? no! dramma!) very english!
Un materiale alla Yvory nelle mani di uno spericolato sperimentatore che, invece di scrutare i suoi personaggi, li scova, li sorprende.
Ecco come nasce Godsford Park.
Più che di “trama” sarebbe logico parlare di eventi situazionali.: il rito della caccia, la convivialità inamidata, l’omicidio in biblioteca.
Più che di personaggi, di “tipi”: nobili squattrinati ed eccentrici, maggiordomi impeccabili, fantesche impiccione, stupidi parvenu, ridicoli stranieri da “tappezzeria”, poliziotti in overdose di autostima.
Più che di elementi, d’ ingredienti:.magione nobiliare, pioggia insistente, il sessismo fisiologico, l’acida dialettica servo-padrone…
Che cos’è la cartolina dell’Inghilterra, se non il mix di tutto questo?
Altman ci mette le mani con gusto, con quell’entusiasmo yankee, che spinge e spezza ogni tentativo di narrazione compassata.
Verrebbe da dire che è la sintesi irrisolta tra questo tentativo ed il risultato ad abbioccare un film riuscito solo in parte.
Ma la critica feroce, graffiante, verso la protervia di un passato che si ostina a non morire, verso un micromondo necrotico in cui è l’ostilità di tutti contro tutti a farla da padrona, esce eccome e riscatta in buona misura un’opera di per sé tutt’altro che immemorabile.
Un film “opaco” di Altman è pur sempre degno di essere guardato con una certa considerazione.
Come merita.
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