Il mio miglior nemico

Paolo D'Agostini

Verdone è puntuale, con qualche anno in più e qualche capello in meno, un po' più malincomico ma anche più sereno, e più saggio. E il pubblico gli resterà fedele ripetendo quel miracolo di sintonia tra giovanissimi e adulti che si rinnova da un quarto di secolo. La sua politica dei piccoli passi e degli spostamenti progressivi e graduali dal comico alla commedia (brillante, malinconica, sentimentale, drammatica) stavolta ha compiuto un salto sostanzioso. Confermandosi regista e partner pronto a valorizzare sempre gli altri, a questo giro, per Il mio miglior nemico, Carlo ha affidato metà della scena al nuovo arrivato Silvio Muccino: l'incontro è stato favorito dal nuovo produttore di Verdone, De Laurentiis, che già aveva sperimentato il contatto in Manuale d'amore di Giovanni Veronesi, a sua volta venuto dopo l'esperienza coral-giovanilistica di Che ne sarà di noi, trampolino di lancio del piccolo Muccino verso l'emancipazione ma ancora sotto l'ombra del modello fraterno.
Il 24enne fratellino di Gabriele si affianca a Carlo in doppia veste. Come attore coprotagonista ma anche, e prima, come partner ideativo. Come coautore che ha messo dentro alla storia e al proprio personaggio un po' di sé, si è portato in dote come spunto, nuova linfa giovanile. Insomma uno scambio onesto, trasparente. Silvio ha anche messo in campo una più decisa inclinazione verso il romantico e il drammatico, il melodrammatico.
La collaborazione ha creato uno schema generazionale e una dinamica inevitabili: non un padre e un figlio biologici (come inizialmente era nei progetti di Carlo), ma un 50enne e un 20enne del tutto estranei e inizialmente si disprezzano. Ma quando i rispettivi rovesci sociali e fallimenti esistenziali avranno riportano ambedue a quota zero inizierà un cammino verso la conoscenza, l'amicizia, la solidarietà. E verso una nuova famiglia d'elezione, che l'uno troverà nell'altro.
Una favola amara che trova riscontro, lo si dice a conferma delle antenne che Carlo ha sempre dimostrato di avere verso l'aria circostante, nello schema di "Notte prima degli esami" e nel sentimento di "miglior inimicizia" tra il prof Faletti, che gli alunni vedono ingrigito e incazzato ma è stato ventenne anche lui e lo è stato nientemeno che a Woodstock, e il ragazzo che alla vigilia della maturità lo copre d'insulti. Una seconda sintonia riguarda la figura della ragazza, la figlia del prof in un caso e di Carlo nell'altro, con due dinamiche convenzionali molto simili. C'è nell'aria voglia di commedia sentimentale e un po' buonista, in realtà lontana dal sempre invocato modello "all'italiana" che era graffiante, beffardo, cattivo.
Da La Repubblica, 10 marzo 2006


di Paolo D'Agostini, 10 marzo 2006