Il racconto dei racconti

Dopo tanti giovani cineasti dediti alla circumnavigazione del proprio ombelico, finalmente un regista italiano capace di fare del cinema. Cinema vero, non documentario televisivo o teatro filmato. Cinema che, prima ancora che narrazione, è gioia per gli occhi e meraviglioso spettacolo. Se volessimo riassumere quest'opera in un solo aggettivo, verrebbe da definirla un film curato. Dunque l'esatto contrario di tanto «nuovo» cinema italiano a dir poco abborracciato. Curato oltre la perfezione il casting, curata all'estremo la scenografia, curata ed entusiasmante la fotografia, curata in ogni virgola la sceneggiatura, curati i costumi, il trucco, la recitazione, gli effetti speciali. Tutto ciò per regalarci un film sorprendente, che ci trasporta nel mondo magico di Giambattista Basile: scrittore colpevolmente misconosciuto ma che ha raccontato al mondo storie immortali come Cenerentola e il Gatto con gli Stivali. Di tutto il film, quel che resta indelebile negli occhi dello spettatore, persino al di là del potente protagonismo delle straordinarie location è l'ammaliante forza espressiva della sposa bambina Babe Cave: una giovane attrice della quale sentiremo a lungo parlare. Così come ancora vedremo e sentiremo di Garrone, un regista che nel dipingere i propri personaggi mostra di aver bene assimilato la lezione felliniana, portandola alla perfezione. Unico disappunto la spocchiosa sufficienza con la quale il film è stato accolto dalla critica, che non ha saputo vedere in questo capolavoro la netta svolta del nuovo cinema italiano: dallo sterile intimismo autoreferenziale alla narrazione spettacolare che commuove ed incanta.