Il racconto dei racconti - Tale of Tales |
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Un film di Matteo Garrone.
Con Salma Hayek, John C. Reilly, Christian Lees, Jonah Lees, Alba Rohrwacher, Massimo Ceccherini.
continua»
Fantasy,
Ratings: Kids+13,
durata 125 min.
- Italia, Francia, Gran Bretagna 2015.
- 01 Distribution
uscita giovedì 14 maggio 2015.
MYMONETRO
Il racconto dei racconti - Tale of Tales
valutazione media:
3,50
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Garrone sacrifica inconsapevolmente se stessodi no_dataFeedback: 606 | altri commenti e recensioni di no_data |
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giovedì 14 maggio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Non avete ancora visto niente”. Avrà chiosato così, alla fine della sua precedente pellicola (Reality), passata sul red carpet più importante nel lontanissimo 2012 (eh sì! A fine visione quel film sembra lontanissimo). Garrone, cavallo vincente del cinema italiano, (gran)premiato con bis a Cannes, e di diritto coccolato dal Festivàl, come è solito fare con tutti i suoi pupilli. Convertendo la cronologia in misure astronomiche, Gomorra è ad anni luce di distanza, e L’imbalsamatore (la sua opera più autentica e pura) è già su un’altra galassia. Il Racconto dei Racconti sembra rivelare una nuova pelle, come se il regista si fosse scorticata a forza, proprio citando o incarnando una delle sue protagoniste. Ma è una giovinezza anelata con affanno, nutrita a forza come una pulce, snaturata come un figlio tenuto in grembo una notte sola, alla ricerca di una rinascita sotto spoglie mentite per rilanciarsi agli occhi delle grandi produzioni d’oltre oceano (e sicuramente ci riuscirà!). La materia di partenza non era facile, ammettiamolo. Sebbene il milieu basiliano, il seicentesco Lo cunto de li cunti, si prestasse, per stessa ammissione del regista, a fornire soggetti innumerabili da trasporre al cinema senza fatica (si pensa felicemente di farne una serie per la tv, chissà quando), è il gradino del “genere” quello su cui inciampa il regista. Sperimenta un terreno nuovo Garrone, un’area mai sondata in Italia, se non con anima dichiaratamente svenduta ai “producers che se ne intendono”. Abbandona la macchina a spalla, nomen omen del suo cinema, accantona il volgare, i non attori, la non-sceneggiatura scritta durante. Affina la superfice dal sapore documentaristico, affinché esalti le fatiche dell’artigianato “trucco e parrucco”, le tinte talvolta orrifiche delle “favole per adulti”, il fantasy in fondo (pur ambendo alla credibilità del reale). Sacrifica se stesso inconsapevolmente, credendo di riuscire a ritrovarsi tra le location, tra i grandi mezzi high-budget, tra i costumi, tra gli effetti speciali, l’inglese e le simbologie in ogni dove. A proteggersi l’anima, nonostante tutto. Eppure ciò che di lui ci è familiare rimane opaco, fioco, intrappolato in un mondo improprio. Del suo, oramai vecchio, cinema rimane il percorso più che il risultato finale: il lavoro in sottrazione sul romanzo di base. Replicando quanto fu fatto sull’opera di Saviano, quando si estrapolarono nomi e fatti dall’affollatissimo inferno Gomorra, qui si scelgono tre storia tra cinquanta possibili, episodi staccati alternati solo al montaggio, unite esclusivamente dal filo tematico della prospettiva femminile. Si vuole essere positivi, fiduciosi in quel cinema visto e piaciuto, e considerare il presente solo una strada sperimentale, un sentiero imboccato per cercare una autorialità che non si ritiene ancora trovata (fattore positivo per l’arte, perché quando c’è riesce ad allontanare noia e ripetizione, sempre dietro l’angolo), declinando se stesso in toni mai visti, rilanciandosi con coraggio in un cinema nuovo, come altri prima di lui (vedi Bertolucci e Salvatores). Fiduciosi, ci consoliamo e rabbrividiamo nostalgici dinanzi a quell’unico momento in cui l’anima garroniana riaffiora e si impone: una principessa, data in sposa a un orco dal padre, scappa in lacrime su per la torre di Castel del Monte. Un istante intensissimo. Purtroppo un istante. ***1/2
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