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L'attesa era tanta, forse troppa. Un cast stellare, il primo film dopo l'Oscar, il secondo tentativo lontano dalla lingua "di casa". I temi sembravano tuttavia
vicini, accoglienti, favorevoli all'autore. Purtroppo però, "The Youth" non convince. Certo, la regia è sempre quella, certo Bigazzi si conferma un Maestro
della fotografia, certo la colonna sonora funziona, e ancora certo Michael Cane e Harvey Keitel sono una coppia di "vecchietti" convincenti, ma manca
qualcosa. La pellicola sembra orfana di ritmo, e, al contrario de "La grande bellezza", non può permettersi di fluttuare nel vacuo, nel senza tempo.
I dialoghi sono spesso retorici, chiusi quasi sempre da un'aforisma o una frase ad effetto, le diverse storie (la figlia, l'attore, gli sceneggiatori) sono appena accennate,
mai approfondite, mai convincenti. Ma c'è una cosa che è più grave di tutte le altre ed è proprio ciò che aveva reso "La grande bellezza" quello che era
e che quindi condanna "The Youth" ad essere quello che è: un film che non emoziona, non smuove, non fulmina. Purtroppo e ripeto, purtroppo, "La Giovinezza"
lascia nel palato il sapore dei film dimenticabili. Sorrentino in un'intervista disse, citando Flaubert a lui caro: "quando faccio i miei film voglio che la gente
torni a casa e si chieda "ma come ha fatto?" ". Temo che in questo caso, la gente, tornando a casa, parlerà della collega di lavoro antipatica
o del muro da dover ripitturare, perché il film, aihmè, lo avrà già dimenticato.
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