Shame |
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Un film di Steve McQueen (II).
Con Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Hannah Ware.
continua»
Drammatico,
durata 99 min.
- Gran Bretagna 2011.
- Bim Distribuzione
uscita venerdì 13 gennaio 2012.
- VM 14 -
MYMONETRO
Shame
valutazione media:
3,46
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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McQueen troppo presuntuosodi Marco MichielisFeedback: 2925 | altri commenti e recensioni di Marco Michielis |
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venerdì 3 febbraio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Condannare una dipendenza dal sesso che si sviluppa ai giorni nostri non si rivela compito facile per McQueen: Shame non decolla in alcun momento e non riesce a coinvolgere lo spettatore. Quei rari attimi, quelle poche scene che davvero potrebbero toccare le corde del nostro burbero cuore sono trattate sommariamente dal regista inglese; la canzone di Sissy, per quanto bella e delicata, viene rappresentata mediante un piano sequenza lunghissimo ed estenuante, con un'inquadratura in primo piano della bravissima e oramai non più una sorpresa Carey Mulligan: alla fine della canzone, gli occhi ti cominciano a girare e ad incrociarsi, così come capita durante la discussione dei due fratelli davanti alla televisione, propostaci nel medesimo modo e altrettanto stancante. Sembra che McQueen abbia deciso di affidarsi, in quei dati frangenti, unicamente alla bravura degli interpreti, che è indubbia, ma che non basta a compensare un'evidente mancanza di invenzione stilistica e di una sceneggiatura efficace. Già, a proposito della sceneggiatura: scarna e a tratti inconsistente è la pecca più evidente della pellicola, non supportando minimamente lo svolgersi della vicenda e soprattutto facendo mancare dialoghi e battute nei momenti in cui, per la comprensione del messaggio del film (che, alla fine, infatti rimarrà pressochè oscuro e ambiguo), si sarebbero rivelati più necessari. Ad esempio, cosa pensa Brandon mentre passeggia per le strade di New York da solo o in compagnia? McQueen si rivela eccessivamente ambizioso, ritenendo di riuscire a confezionare un'opera definita e solida con il solo uso della sua abilità registica, dei suo attori e della musica; quest'ultima, in particolare, prova invano a conferire un certo grado di drammaticità alla trama, che però non ci permette di provare nei confronti di Brandon alcuna empatia, che è sempre vitale in ogni film che si rispetti. La (presunta) superbia del regista inglese raggiunge picchi clamorosi quando addirittura non ci viene rivelata, neanche in minima parte, la storia passata della famiglia dei due protagonisti, impedendoci di godere di una visione chiara e d'insieme della pellicola e, al tempo stesso, fornendoci una così ampia gamma di interpretazioni possibili che paradossalmente risulta impresa disperata darne una qualsiasi, a proposito di questo lavoro.
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