Lo chiamavano Jeeg Robot |
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Un film di Gabriele Mainetti.
Con Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli, Stefano Ambrogi.
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Azione,
Ratings: Kids+13,
durata 112 min.
- Italia 2015.
- Lucky Red
uscita giovedì 25 febbraio 2016.
MYMONETRO
Lo chiamavano Jeeg Robot ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Pop quiz: conosci Enzo Ceccotti?
di esco_nonescoFeedback: 661 | altri commenti e recensioni di esco_nonesco |
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domenica 7 aprile 2024 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Pop quiz: elenca i primi 5 supereroi che ti vengono in mente. Capitan America, Hulk, Thor, Flash e Enzo Ceccotti. Come sarebbe a dire, non conosco Ceccotti? Probabilmente lo ricorderai come Jeeg Robot. Neanche? L’Hiroshi di Trastevere? Niente. Allora devi vedere questo film. Enzo, quarantenne romano proveniente dai bassifondi, entra quasi per caso nell’Olimpo dei supereroi, così come questo film è entrato di diritto nella cerchia ristretta dei film italiani contemporanei memorabili. La pellicola di Gabriele Mainetti è stata fedele all’iter ascensionale del proprio protagonista. In seguito ad una prima stesura, Mainetti è stato respinto dalle maggiori case produttrici italiane. L’idea di un supereroistico made in Italy sembrava utopistica, folle, rischiosa. Andarsi a confrontare con un genere tutt’altro che nostrano, “sfidando” il colosso americano e mantenendo un’identità nazionale, suonava fallimentare. Perché riadattare una dinamica vista e rivista? Come farlo, evitando di (s)cadere nei cliché e negli stereotipi? Scrivendo una sceneggiatura brillante, impeccabile, asciutta ma ricca di sottotesti, sfumature, parole scelte col calibro. Girando il film in un perfetto equilibrio fra “Pulp Fiction” e un videogioco giapponese, giocando sui colpi di scena e su un ritmo così incalzante da far volare 120 minuti. Scegliendo un cast di livello e dando modo di portare in scena la propria italianità. Ecco che quello che poteva in prima battuta sembrare un enorme ostacolo, diventa un incommensurabile valore aggiunto. Un film personale, nel quale è impossibile non perdersi, fra un sorriso e una lacrima. Privo di pietismi o di frasi fatte, suscita emozioni ambivalenti, grazie alla fusione fra testo e musica. Una menzione speciale va infatti alla colonna sonora, anch’essa orgogliosamente italiana, che fin da “Un’emozione da poco” dichiara apertamente il proprio ruolo catartico. Il Deejay? Lo Zingaro di Marinelli, che a più riprese ci obbliga ad ascoltare quella che è a tutti gli effetti la colonna sonora della sua vita. Ed ecco che si aggiunge un prezioso espediente narrativo: la colonna sonora non è esterna alla vicenda ma è presente non soltanto al pubblico ma anche ai personaggi. Parlando del cast: Santamaria e Marinelli, sono due facce della stessa medaglia, così diversi eppure potenzialmente così simili. La dicotomia bene-male pugnala lo spettatore a tradimento, presentandosi inizialmente offuscata, sfumata, flebile, e mostrandosi poi decisa e netta verso la conclusione. Enzo, un “eroe” solitario, abitudinario, che ha chiuso il mondo fuori dal proprio cuore, e che soltanto aprendo uno spiraglio e lasciandosi toccare nel profondo riesce davvero a costruirsi e a diventare quello che, fin dai primi minuti di pellicola, ci è stato mostrato in potenza. Fabio, lo Zingaro, vittima dell’italianità media, delle aspirazioni artistiche di una folla di volti grigi, del bisogno spasmodico di essere ricordato, ammirato, temuto. Sofferente, invidioso, imprevedibile e rabbioso, niente ha da invidiare ai celeberrimi cattivi della Marvel. Ha molto da insegnare invece Luca Marinelli, che con la propria interpretazione di lucida follia si è guadagnato una meritata consacrazione internazionale. Ultima, ma non per importanza, Ilenia Pastorelli, Alessia, la coscienza, la voce femminile necessaria in questo film. Questo film è limitato da qualsiasi tentativo di definizione. Molto più di un film d’azione, di un thriller, di un film drammatico o fantascientifico.
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