Il sol dell'avvenire

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Un film di Nanni Moretti. Con Nanni Moretti, Margherita Buy, Silvio Orlando, Barbora Bobulova.
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Drammatico, durata 95 min. - Italia 2023. - 01 Distribution uscita giovedì 20 aprile 2023. MYMONETRO Il sol dell'avvenire * * * 1/2 - valutazione media: 3,78 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Moretti, uno dell'élite della meglio gioventù. Valutazione 2 stelle su cinque

di mauro.t


Feedback: 4151 | altri commenti e recensioni di mauro.t
lunedì 15 maggio 2023

Moretti/Giovanni si dibatte tra problemi professionali, personali, esistenziali. Il protagonista sta faticosamente girando un film sulla repressione della rivolta ungherese del 1956. L’attrice principale gli crea difficoltà con incursioni e suggerimenti sentimentali in un film che lui vorrebbe essenzialmente politico. Il produttore viene arrestato e Giovanni si deve scontrare con la realtà delle piattaforme streaming. La moglie è alla ricerca del modo di lasciarlo e sta producendo un film che lui non apprezza. La figlia si mette con un uomo molto più anziano. Moretti manifesta il suo disagio per un mondo profondamente cambiato negli ultimi decenni, dove il declino culturale è evidente, e non gli si può certo dare torto.
Però non ci sono prospettive e neppure molta analisi. Il regista si rifugia nella nostalgia e nel rimpianto di una rivoluzione mancata (o tradita). “Il sol dell’avvenire” non è l’inizio e la fine di nulla, è la manifestazione compiaciuta dell’orgoglio di avere fatto parte della meglio gioventù. In “Caro diario” era uno splendido 40enne che da giovane gridava cose giuste. In questo film sembra che dica: sono uno splendido 70enne, perché faccio sempre parte di quella generazione, che avrà anche sbagliato, ma nonostante tutto aveva ragione.
Risulta a dir poco ingenua la riscrittura della storia del circolo del PCI, che condanna l’intervento dell’Armata Rossa in Ungheria, come se potessimo dire: “Ah, se tutti avessero fatto così, sarebbe stato diverso!”, come se ignorasse che qualche dirigente e qualche intellettuale all’epoca avevano lasciato il partito, come se la fuoriuscita dei pochi con i fatti di Praga del ‘68 non avessero costituito solo una nicchia (sia pur importante!) di menti critiche, come se Berlinguer non avesse preso le distanze dal PCUS successivamente. Moretti è alla ricerca di un momento-simbolo in cui la purezza poteva essere conservata con una scelta diversa, ma è di una dabbenaggine antistorica. Tarantino ha gioco più facile nel riscrivere la vicenda della strage di casa Polansky, perché sceglie la cronaca; Moretti presuntuosamente riscrive la Storia e non ce la può fare ad essere convincente.
Renzo Piano, Corrado Augias e Martin Scorzese rappresentano intellettuali cui affidarsi per una visione critica della società, ma è una scelta comoda e intellettualistica. Il servirsi di “grandi vecchi” è un utile escamotage che si usa quando si è in difficoltà nel cercare le contraddizioni da esporre. Moretti ci fa un discorso sull’etica e sull’estetica della produzione artistica che è sacrosanto, e cita riferimenti alti dell’arte cinematografica, ma al di fuori del cinema scade in una paternale moralistica solo apparentemente autoironica con le sue manie intransigenti. E’ proprio la scelta delle intolleranze che rende snob il suo punto di vista. Forse i sabot rappresentano qualcosa, ma diventano un significante con poco significato.
Sembra poi che Moretti parli del rapporto tra il personale e il politico quando l’attrice dice: “chi se ne frega della politica: questo è un film d’amore”, quando Giovanni dice alla moglie: “parliamo di tutto tranne che di noi”, quando introduce gli spezzoni dei due giovani che parlano di sentimenti. Ma il dibattito pubblico/privato di quell’era in cui tutto era politico, è vecchissimo. Oggi sarebbe attuale puntare lo sguardo su quei programmi che “vampirizzano” il dolore sbattendo il privato in TV.
Dicono molto di più le felici scelte musicali rispetto alle immagini e alla sceneggiatura.
Inoltre mi rimane incomprensibile perché Moretti insista nel fare l’attore. Non mi dite che la sua recitazione è volutamente provocatoria. A volte lo è, ma lo abbiamo già visto molte volte in parti diverse. Lui sostanzialmente non è capace, non ha studiato.
Per favore non facciamo paragoni con “8 e 1/2”: c’è un abisso e non solo dal punto di vista artistico. Fellini metteva in scena con onestà (e maestrìa) il suo disagio di regista in crisi; Moretti pontifica.
Il gioioso corteo finale con tutti i suoi colleghi/amici e con l’immagine di Trotskij celebra il narcisismo di uno che si identifica con la parte migliore di quella generazione. Moretti ammette la sconfitta, ma mi rimanda l’immagine stridente di una élite autocompiaciuta.
Ne prendo atto e non mi rimane nulla.

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raffaella mercoledì 10 aprile 2024
recensione imbarazzante
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Recensione dettata da pregiudizi e preconcetti ideologici. Ma lei, che problemi ha con registi, attori e autori che non siano di destra?

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