Berlinguer - La grande ambizione

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Un film di Andrea Segre. Con Elio Germano, Stefano Abbati, Francesco Acquaroli, Fabio Bussotti.
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Biografico, Ratings: Kids+13, durata 122 min. - Italia 2024. - Lucky Red uscita giovedì 31 ottobre 2024. MYMONETRO Berlinguer - La grande ambizione * * * 1/2 - valutazione media: 3,60 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Il compromesso storico secondo Segre Valutazione 2 stelle su cinque

di mauro.t


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venerdì 15 novembre 2024

Un omaggio al segretario forse più amato della storia del PCI: la figura di Enrico Berlinguer in rapporto alla politica principale per cui viene ricordato: il compromesso storico nel periodo dal 1973 al 1978.
Il film riesce a miscelare in modo equilibrato la dimensione familiare con quella politica ed ha il merito di non scadere nella smaccata agiografia. Berlinguer viene rappresentato verosimilmente come un marito e padre di famiglia presente e affettuoso, oltre che un instancabile, serio e coraggioso dirigente politico, un segretario genuinamente vicino alla base, che dialogava direttamente con gli operai e che fin da bambino preferiva frequentare i sobborghi del popolo. Incredibile la prova di Elio Germano, soprattutto nella parte vocale: l’accento e persino il timbro di voce di Berlinguer sono imitati alla perfezione.
Il senso del film sembra stare nella nostalgia di una figura di alto livello morale e nell’elogio del suo sogno/progetto di una via democratica al socialismo. Il termine “ambizione” porta lo spettatore ignaro di quegli anni a valutare come buono il progetto, inviso al PCUS e agli altri partiti comunisti dell’est, fermato solo dalla forza degli eventi drammatici esterni al partito stesso.  
Ma è pericoloso addentrarsi in valutazioni storiche di un periodo molto complesso e controverso.
Il film infatti soffre della rimozione di alcuni atteggiamenti del PCI che accompagnarono la politica di quegli anni. Si ricorda l’avversione della sinistra radicale per il compromesso storico, ma si tace sulla politica del PCI nel governo di Solidarietà Nazionale del 1976/77 (complici la situazione economica ed il terrorismo), che portò il partito ad approvare una serie di provvedimenti di austerity, i quali causarono un diffuso malcontento negli strati popolari e anche dentro il partito. La rimozione viene rinforzata da un’omissione nei titoli di coda, dove si afferma che il PCI, dopo il 1976, rimase sempre attorno al 30% di consensi elettorali per tutto il periodo della segreteria Berlinguer. Sostanzialmente è vero, ma si tace sul netto calo che ebbe nelle amministrative del 1978, che rappresentò una inversione di tendenza dei consensi elettorali confermata dalle successive elezioni e un segnale che indicava probabilmente come la politica di Solidarietà Nazionale (con il compromesso storico) fosse stata disapprovata da molti elettori, e non solo dai giovani e dalla sinistra radicale. Nel film sembra inoltre che la pietra tombale sul compromesso storico sia stata decretata dalla fine di Aldo Moro, ma si ignorano i fatti sopra citati, e ci manca la controprova. In realtà l’idea non fu abbandonata subito dopo, ma fu sempre declinata dalla maggioranza della DC. In seguito, nel 1980, in occasione del deflagrare della questione morale, ci fu la svolta tattica del gruppo dirigente del partito comunista: la proposizione di una “alternativa democratica” con tutte le forze popolari, nella quale la DC non fosse l’asse (ma presente con le sue “forze sane”). Spiegava Reichlin: “Non è morto il compromesso storico, è fallita la caricatura che ne hanno fatto”. Sicuramente una maggiore presenza della questione morale avrebbe caratterizzato molto più incisivamente la figura di Berlinguer (al quale andrebbe attribuita una seconda ambizione impossibile: quella di riformare la DC dall’esterno).
Un regista che fa un film su un personaggio storico ha la responsabilità di quanto divulga. Il film dice sostanzialmente alle giovani generazioni: “Berlinguer aveva un sogno che era buono, ma si è scontrato con forze (cattive) più grandi di lui”. Semplice come un’equazione di primo grado, un po’ troppo.
Ciascuno ha il diritto di avere la propria opinione sul compromesso storico, ma la storia andrebbe raccontata in modo più corretto e complesso.
 

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