
Un visual album con i 13 brani originali che compongono il nono lavoro in studio pubblicato dall'artista statunitense. Solo oggi al cinema.
di Giovanni Bogani
Miley Cyrus, dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti a “Wrecking Ball”, a quella esplosione di energia sonora e visiva, a quella palla di cemento che spaccava un muro, e su cui lei stava a cavalcioni. A quella canottierina bianca, al volto angelico e grintoso di lei. Adrenalina pura.
Ne è passato di tempo. Era il 2013, quando usciva “Wrecking Ball”, e Miley Cyrus aveva già conosciuto il successo nel 2006 interpretando Hannah Montana, la superstar adolescente con un alter ego segreto e “normale”, nella serie televisiva Disney omonima, quella con l’audience più alta di Disney Channel. Una teen idol. Lei sorrideva, tanto: i genitori la avevano soprannominata Miley per questo. Era una abbreviazione di “Smiley”, sorridente.
Ne è passato di tempo. Dieci anni fa, nella classifica di Forbes, Miley era fra le celebrità più potenti del momento, con Mariah Carey e Taylor Swift. Sono venute molte cose, nel tempo a venire: un matrimonio con Liam Hemsworth finito dopo pochi mesi, l’identificazione come non-binaria, il suo sostegno alla comunità LGBT. L’abbandono dell’alcol – ha smesso di bere nel 2020 – e quello alla marijuana.
Arriva oggi nelle sale italiane, come evento speciale, solo per un giorno, Miley Cyrus - Something Beautiful, ovvero il visual album dell’album musicale omonimo, uscito il 30 maggio con Columbia Records. Un visual album non è un film concerto, non è un musical, e nemmeno assomiglia ai “musicarelli” degli anni ’60 italiani. È una serie di videoclip dei 13 brani originali che compongono “Something Beautiful”, nono album in studio pubblicato da Miley Cyrus.
Scritto e diretto dalla stessa Miley Cyrus con Brendan Walter e Jacob Bixenman, presentato come evento speciale al Tribeca film festival, uscito negli Usa il 12 giugno, Something Beautiful dura poco meno di un’ora.
Non c’è, dunque, una trama, non c’è una narrazione, ma un susseguirsi di video pop realizzati in gran parte in studio. In realtà, Miley Cyrus avrebbe voluto girarli in esterni, “nella foresta amazzonica e davanti alle Piramidi”, come aveva detto in una intervista. A sconsigliarla, dice, era stato niente meno che Harrison Ford. “Davvero vuoi andare nella foresta con una troupe? Hai pensato a quanto costerebbe?”. Così, tutto è girato in studio, con un omaggio agli studios di Hollywood, dove è girato uno dei videoclip, fra i gruppi elettrogeni, i monitor.
Ne è passato di tempo, si diceva. Il volto di Miley, la ragazzina con i capelli corti biondo platino, è cambiato. I capelli sono lunghi, il viso più spigoloso: ricorda un po’ quello di Joni Mitchell, la cantautrice canadese che Miley considera fra le sue fonti di ispirazione. Nei costumi, anche un prezioso abito di Thierry Mugler del 1997.
La musica cerca da sempre un matrimonio con le immagini. Per essere venduta, per circolare, non ha bisogno solo delle radio. Ha bisogno anche degli schermi dei computer, di quelli dei telefoni, delle sale cinematografiche. Ha bisogno di immagini. E Something Beautiful è un ulteriore esempio di questa ricerca di matrimonio fra musica e immagini.
Certo, un visual album deve essere bello, glamour. E questo aspetto non manca. Ma è come se in 52 minuti Miley Cyrus non ci dicesse molto su chi è. Lei ha dichiarato “È il progetto dei miei sogni che prende vita”. Ma è la sua vita che non prende la forma del sogno. Molti primi piani, capelli mossi dal vento artificiale, giochi di luci, ma non uno sguardo sulla verità di Miley Cyrus.
A volte, in un film-concerto, riusciamo a percepire con nitidezza qualcosa che potremmo definire “l’anima” di un artista. Si sente la sua energia, il rapporto che ha con il pubblico, i momenti in cui stravolge le sue stesse canzoni. Un visual album può essere un’occasione ugualmente importante: fare entrare le immagini in risonanza con le parole delle canzoni, con la musica. Dare un orizzonte visivo a quello che ascoltiamo. Farci entrare meglio nel mondo di un album musicale.
“Penso che voglio rallentare un po’ il mio legame con il successo mainstream”, ha detto Miley Cyrus in una intervista recente con il “New York Times”. E ha parlato di una canzone dell’album, “Reborn”, rinata. “L’anno prossimo per me sarà quello di una nuova nascita, di un nuovo modo di fare le cose e di guardare alla mia carriera”, ha detto. Avrebbe potuto sfruttare il tempo del film per raccontarsi un po’ di più, per rivelarsi un po’ di più. Magari lo farà la prossima volta.