Il giovane attore continua a scrivere la sua carriera diventando il simbolo della violenza che circonda la Generazione Z. Dal 19 novembre al cinema in 40 secondi.
di Fabio Secchi Frau
A ventidue anni, Francesco Gheghi non è più una promessa del cinema italiano, ma una potente voce del panorama attoriale nostrano.
Con uno sguardo limpido e la sensibilità di chi ha scelto di raccontare, attraverso la sua carriera, il dolore senza retorica, ha conquistato il Premio Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia per Familia, incarnando con straziante verità un figlio che ha spezzato il silenzio della violenza domestica.
Ma Gheghi non si ferma. Da Mani Nude, dove ha scolpito il corpo e l’anima di un ragazzo costretto a combattere per sopravvivere, fino a 40 Secondi, in cui affronta il ruolo più scomodo della sua carriera, l’attore romano continua a scegliere storie che interrogano e scuotono le menti per l'enorme senso di sopraffazione percepito.
Cresciuto tra i Castelli e il palcoscenico, tra Elio Germano (Io sono Tempesta (guarda la video recensione)) e Mario Martone (Fuori), tra laboratori teatrali e premi, Gheghi è oggi un interprete che non cerca l’applauso facile, ma il senso profondo del suo mestiere: usare il proprio corpo come mezzo di comunicazione per la sua generazione.
Nel già citato Mani Nude, dà corpo e anima a Davide, un ragazzo proveniente da un contesto privilegiato che viene sequestrato all’uscita di una discoteca e trascinato in un circuito sotterraneo di combattimenti corpo a corpo illegali, dove la sopravvivenza è unica legge e unico obiettivo. Diretto da Mauro Mancini e tratto dal romanzo di Paola Barbato, il film è una discesa negli abissi della brutale furia e della redenzione, con Davide al centro di un percorso fisico e morale estremo.
Una performance che ha ricevuto ampi consensi da parte della critica, la quale ha prontamente sottolineato la profondità, la naturalezza e la sorprendente maturità espressiva delle quali è stato capace, lodandolo per la sua forza comunicativa e per aver tenuto testa a un eccellente Alessandro Gassmann di grande intensità.
Ma prima di questa prova attoriale, un Gheghi diretto da Francesco Costabile ha impersonato una versione ventenne di Luigi Celeste, autore del romanzo autobiografico "Non sarà sempre così", proprio nella trasposizione di questo libro intitolata Familia, reale vicenda che portò il protagonista, dopo anni di violenza domestica subita assieme alla madre e al fratello, a uccidere il padre. Anche per questa interpretazione, forte e molto convincente, ha ricevuto plausi unanimi, che hanno sottolinato come Gheghi ci abbia restituito un Luigi Celeste "con una verità che fa male", ma capace di illuminare un'opera oscura e angosciante e rimarcando una spiccata abilità nell'incarnare le fragilità di ragazzi piegati dalle brutture della vita e diventando, attraverso gesti minimi e sguardi carichi di dolore, il cuore pulsante di drammi moderni.
Infine, c'è 40 secondi, dove il giovane attore è uno dei ragazzi coinvolti nelle ore che precedono la tragica morte di Willy Monteiro Duarte.
In un’opera ispirata a fatti realmente accaduti e diretta da Vincenzo Alfieri, il suo personaggio si inserisce in una narrazione corale che alterna tensione e introspezione, esplorando dinamiche di virilità distorta, disagio generazionale e senso etico. Anche questo lavoro, fortemente calibrato, ha ricevuto ottime recensioni per la capacità di trasmettere empatia in un contesto disagiato. Un contributo dal tono sobrio e civile.
In un orizzonte cinematografico che spesso fatica a coniugare impegno e autenticità, Francesco Gheghi si distingue per il rigore delle sue prove più fisiche. Ogni sua scelta sembra essere guidata da una precisa urgenza narrativa. Dalla fretta di dover essere la voce al centro delle botte, di quei calci e di quei pugni che non fanno male alla carne, ma bruciano ancora di più sotto la sua superficie. E se è vero che il talento è scintilla, non c'è dubbio che la sua consapevolezza professionale è già fiamma.