| Anno | 2024 |
| Genere | Drammatico, |
| Produzione | Italia |
| Regia di | Marco Santarelli |
| Attori | Mehdi Meskar, Roberto Citran, Marilena Anniballi, Luciano Miele . |
| Uscita | lunedì 13 maggio 2024 |
| Distribuzione | Kavac Film, Kio Film |
| MYmonetro | 2,72 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento domenica 12 maggio 2024
In una vicenda dal sapore shakespeariano, Samad, un giovane musulmano, è diviso tra il senso di colpa per una vita sbagliata e il desiderio di cambiare. In Italia al Box Office Samad ha incassato nelle prime 7 settimane di programmazione 5,3 mila euro e 5,2 mila euro nel primo weekend.
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CONSIGLIATO SÌ
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Samad è un ex detenuto marocchino che resta intrappolato in una rivolta in un prigione insieme al suo mentore Padre Agostino, un volontario del carcere, e a una giornalista. Era tornato in progione per raccontare ai suoi ex compagni la nuova vita da uomo libero e portare un messaggio di speranza, finirà minacciato, costretto a scegliere da che parte stare, se diventare complice oppure ostaggio, se professarsi musulmano oppure cristiano.
Rifarsi una vita dopo il carcere. Uscire da una prigione soprattutto mentale. Diffondere speranza, guardare oltre la coltre di rabbia, repressione, rivalsa e violenza che permea la realtà carceraria abitata da uomini di diversa cultura e provenienza e dunque da conflitti e contraddizioni.
Racconta tutto questo il primo film di finzione di Marco Santarelli, autore di documentari al suo esordio in un lungometraggio in cui convoglia tutta la sua esperienza come documentarista nelle carceri. Racconta la prigione in modo realistico e mai edulcorato, come un crocevia di conflitti insanabili e di incomprensioni culturali in un tempo sospeso, fatto di attesa ed equilibri precari sul filo della violenza che può sfociare da un momento all'altro.
L'attore di origine marocchina Mehdi Meskar interpreta il protagonista, emblema della complessità di perdere lo stigma della detenzione anche una volta usciti. Roberto Citran si cala invece nei panni dell'empatico padre Agostino, sacerdote sui generis che parla l'arabo e cerca di motivare i detenuti a studiare, a imparare un mestiere, in un'ottica rieducativa che guarda all'uomo, non alla religione. E poi ci sono i rivoltosi, detenuti che danno vita a un'escalation di violenza che termina con una brutale repressione, raccontata anche attraverso materiali di archivio di vere rivolte carcerarie. Le donne sono relegate a ruoli minori, il più incisivo è quello della giornalista (Marilena Anniballi) che si trova in carcere per documentare e finirà invischiata in questa preoccupante situazione più grande di lei.
Nobile l'intento del film, sostenuto da Antigone, l'associazione che si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale: portare consapevolezza sulla complessità della realtà carceraria e far luce su tutte le sue sfumature e contraddizioni, partendo dalle differenze religiose e culturali dei detenuti. Interessante l'intento di coinvolgere attori non professionisti, ragazzi conosciuti dal regista nei suoi precedenti lavori girati in carcere e giovani artisti marocchini del collettivo bolognese Cantieri Meticci. Di valore l'idea da cui nasce il film, emersa durante le riprese del documentario Dustur (Costituzione), nel filmare ore d'incontri tra un volontario religioso di fede cattolica e un gruppo di detenuti musulmani su temi legati ai principi della Costituzione italiana e delle Costituzioni arabe all'indomani dell'attentato alla sede del giornale satirico di Charlie Hebdo.
Lascia più a desiderare la realizzazione, la messa in scena volutamente scarna più vicina al documentario e a un linguaggio da piccolo schermo risente di una serie di difetti da "opera prima" non perfettamente riuscita. I dialoghi non sempre risultano convincenti e la direzione degli attori appare poco salda, a differenza di altri film sul tema della rivolta carceraria come Cella 211 o Ariaferma. Del resto la disomogeneità è anche la cifra di un racconto denso di chiaroscuri in cui regna l'esasperazione dei sentimenti primordiali che si accendono nel microcosmo carcerario.
L'utopia di Marco Santarelli si definisce con chiarezza nel suo cinema fatto di concluse relazioni, di trame relazionali che si consumano dentro un agone di confronto che può essere quello della scuola, come nel suo esordio Scuola media del 2010 oppure all'interno di un carcere, luogo nel quale le tensioni si acuiscono amplificando la propria portata.
Samad era nel narcotraffico, faceva la staffetta. Guidava la macchina che precedeva quella col carico di droga. In un mese guadagnava quanto ora in un anno. Adesso finalmente è fuori, libero come una bandiera al vento. Ha patteggiato, fa il giardiniere. Ritorna in galera perché, raccontando la sua nuova vita, possa fungere da esempio e ispirazione. Ma lo fa nel giorno sbagliato, quello della rivolta. Il [...] Vai alla recensione »
"Samad" è il primo lungometraggio di finzione di Marco Santarelli, regista, produttore e autore televisivo, che prende il titolo dal nome del suo giovane protagonista, un marocchino, ex spacciatore, che cerca, dopo il carcere, di trovare il proprio posto in una società nutrita di pregiudizi, divisa culturalmente e nel credo religioso (lo stesso Samad è figlio di madre cristiana e padre musulmano), [...] Vai alla recensione »
Samad è l'esordio di Marco Santarelli ma lo è solo nel cinema di finzione. Il regista è in effetti un documentarista dal palmares già ricco di riconoscimenti e operativo da anni, tra Vision du Réel e Festival di Locarno tra i tanti. E forse non è un caso se il documentario, il suo respiro, sia comunque sempre lì, anche in questo excursus di fiction.
A suo esordio in un lungometraggio, il regista Marco Santarelli ha convogliato in una storia di finzione la sua esperienza nelle carceri come documentarista. Proprio all'interno di un carcere ha conosciuto i sacerdoti a cui si è ispirato per tratteggiare la figura di padre Agostino (Roberto Citran), che parla l'arabo e cerca di motivare i detenuti a studiare e a imparare un mestiere.
Samad è una specie di film summa, che riprende e condensa esperienze e motivi del cinema di Marco Santarelli, dai documentari carcerari (Milleunanotte, Dustur) agli interrogativi sulla fede di I nostri. La vicenda del giovane di origine marocchina, invischiato in una rivolta nella prigione in cui in passato è stato detenuto, apre questioni di non poco conto, che riguardano il rapporto contraddittorio [...] Vai alla recensione »