
Titolo originale | Dune: Prophecy |
Anno | 2024 |
Genere | Azione, Avventura, Drammatico |
Produzione | USA |
Regia di | Anna Foerster, John Cameron, Richard J. Lewis |
Attori | Emily Watson, Olivia Williams, Travis Fimmel, Jodhi May, Mark Strong Sarah-Sofie Boussnina, Josh Heuston, Jade Anouka, Aoife Hinds, Chris Mason, Shalom Brune-Franklin, Tabu, Camilla Beeput, Sarah Lam, Flora Montgomery, Tessa Bonham Jones, Laura Howard, Edward Davis, Hannah Khalique-Brown, Jihae, Ade Dimberline, Kevin Ezekiel Ogunleye, Lucy Russell, Caroline Boulton, Barnabás Réti, Wayne Brett, Jessica Barden, Yerin Ha. |
MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 27 dicembre 2024
Serie di fantascienza che si inserisce nell'ampio universo di "Dune" creato dall'acclamato autore Frank Herbert. Ha vinto un premio ai CDG Awards,
CONSIGLIATO NÌ
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Valya Harkonnen non si accontenta del commercio di pellicce di balena per la sua casata caduta in disgrazia ed è disposta a tutto per ripristinare il prestigio degli Harkonnen. Quando la sua ambizione porta alla morte il fratello Griffin, Valya lascia la famiglia ed entra a far parte della Sorellanza, dove conquista presto la madre superiore Raquella e diviene sua erede (dopo aver causato il suicidio della rivale Dorothea). Anni dopo la Sorellanza ha solidificato il proprio potere, ma Desmond Hart, un misterioso reduce di Arrakis, giunge a minacciarlo con straordinarie e inspiegabili capacità che gli conquistano presto la fiducia dell'imperatore. Il piano di Valya di mettere sul trono la principessa Ynez, che fa parte della Sorellanza, inizia così a vacillare pericolosamente.
Ambientato diecimila anni prima di Dune e liberamente ispirato alla trilogia "The Great Schools of Dune", Dune: Prophecy ci ricorda quanto una saga con qualcosa da dire possa facilmente perdere di senso e scivolare nell'autoreferenzialità.
Se i romanzi di Frank Herbert riflettevano sul destino dell'umanità e sulla nostra inquietante debolezza per leader, salvatori, religioni e profezie, i prequel scritti dal figlio Brian Herbert e Kevin J. Anderson si sono invece sempre più attorcigliati sul fan service, con il ritorno di casate e temi dai libri originali, dove a muovere l'azione sono infiniti complotti e la minaccia sempre incombente dell'Intelligenza Artificiale. Quest'ultima sarebbe anche una questione attuale, non fosse che Dune: Prophecy ha luogo quando la grande guerra contro le AI è già finita e le macchine pensanti sono una tecnologia ormai fuorilegge, da nascondere nell'ombra.
Non è dunque della loro inquietante ascesa che parlano gli eventi scelti come base della serie, bensì di un intrigo tra casate che evoca, più che il film di Villeneuve, una sorta di versione sci-fi de Il trono di spade. E nemmeno troppo fantascientifica a dire il vero, visto che quello di Frank Herbert è sempre stato un futuro con le basi ben piantate nel medioevo dove, più della scienza, a essere cruciali sono i poteri della mente - non così distanti dalla magia del fantasy. Siamo insomma di fronte a un concorrente di House of the Dragon, un "Game of Worms" che in comune con i film di Villeneuve ha poco o niente.
A partire dai toni cromatici, costantemente grigi, e dalle scene quasi sempre in interno, dove gli scenari dei tanti mondi lontani dell'impero non hanno mai modo di respirare. Inoltre, dal punto di vista mitologico, la serie è fin troppo conservativa concentrandosi per tutta la prima stagione solo sulle Bene Gesserit e ignorando le altre "scuole" della saga - che i film di Villeneuve hanno trascurato per motivi di spazio - Dune: Prophecy non aggiunge così quasi nulla di nuovo nonostante i sei episodi di durata - l'ultimo per altro interminabile con i suoi ben 80 minuti. Continuano insomma a mancare i Mentat, la CHOAM, la Gilda dei navigatori e anche altre cose sono appena accennate, rinviate alle stagioni successive.
La serie non è comunque priva di qualità, perché ogni tanto qualche scena onirica o cruenta riesce a colpire, e soprattutto vanta a un cast capitanato da Emily Watson e con Olivia Williams, Jessica Bardem e Mark Strong. Le smorfie di Travis Fimmell, sempre le stesse dai tempi di Vikings, sono risapute e irritanti per chi conosce l'attore, ma se le si vede per la prima volta non sono poi troppo fuoriluogo, vista l'instabilità del personaggio che l'ex modello è chiamato a interpretare.
Purtroppo non bastano il cast e poche scene a rendere appassionante una serie di plumbei intrighi, che hanno luogo in un impero remoto e per lo più astratto, di cui si dice molto ma si vede poco, e dove soprattutto sono tutti tremendamente seri e molto poco umani - a parte per qualche scena di sesso, che comunque rientra nella ragnatela degli intrighi. Ogni leggerezza è bandita, ogni passaggio introspettivo che non sia funzionale all'intreccio pure non ha spazio e si cade così nella più comune delle trappole dell'epica, quella di ammantarsi di una presunta importanza, con figure che declamano di lottare e ordire per i destini di tutto un universo. Ma se i personaggi non conquistano e se le loro cause non hanno concretezza, anche i colpi di scena lasciano indifferenti e la tensione che si vorrebbe trasmettere rimane letteralmente morta.