
Al suo esordio dietro la macchina da presa, la regista estone sceglie di raccontare una preziosa tradizione del suo Paese, rituale nel quale le donne di più generazioni si raccolgono per ore di confessioni condivise. Premiato al Sundance Film Festival e nei cinema italiani il 5, 6 e 7 febbraio.
di Claudia Catalli
I documentari ben realizzati sono squarci preziosi attraverso cui esplorare qualcosa che ancora non conoscevamo. Lo è senz’altro Smoke Sauna di Anna Hints, regista estone al suo debutto dietro la macchina da presa che sceglie di raccontare una tradizione del suo Paese. La “smoke sauna”, appunto, rituale durante il quale le donne di più generazioni si raccolgono per ore di confessioni condivise, che affrontano anche argomenti tabù come aborti, stupri, violenze vissuti in prima persona.
«Sono sessioni che possono durare ore, con picchi emozionali importanti, condivisioni sincere e profonde e un alto potere curativo. Tutto ciò che si dice nella smoke sauna resta nella smoke sauna da sempre», spiega la regista, fresca di premio al Sundance Film Festival.
Com’è nata la voglia di realizzarne un film?
«Nel 2015 stavo facendo un silent retreat con mia madre e mi sono concentrata sul potere delle voci interiori, iniziando a chiedermi dove fosse la mia voce. Mi sono data da sola lo spazio vitale della smoke sauna per capire cosa volessi fare, ed è emersa la visione di questo film. Volevo realizzare un documentario per il cinema per trasformare lo spettatore in una delle sorelle della smoke sauna».
Quante smoke sauna ci sono volute per girare questo film?
«Una cinquantina almeno. E sette anni di riprese, due di montaggio. La sfida era rendere visivamente interessante il girato al buio tra il vapore della sauna. Ci tenevo a realizzare qualcosa che non si era mai visto, quando l'ho vinto al Sundance ho capito che ne era valsa la pena. È stato un modo per ritrovare la mia voce non solo nella vita, ma anche nel sistema cinema».
La smoke sauna è una tradizione che conosce sin da bambina.
«Avevo undici anni quando mio nonno morì. Un giorno prima del funerale facemmo una smoke sauna con mia nonna e le donne della mia famiglia. Mia nonna confessò tutto l’amore che provava, ma anche tutto il dolore per essere stata tradita più volte. Ricordo come fosse ieri tutte le emozioni che abbiamo condiviso. Mi è rimasta la sensazione che, attraverso questo rituale, mia nonna abbia fatto pace con mio nonno».
Con le donne che vediamo raccontarsi in sauna come si è rapportata?
«So che c’è bisogno di tempo per confidare. Non ho spinto nessuno a dire o fare niente, ho solo insistito con la produzione affinché firmassero i documenti solo dopo il montaggio, così da dare loro la possibilità di rivedersi, sentirsi libere e al sicuro. La smoke sauna è uno spazio protetto, volevo mostrare che non appartiene solo all’Estonia ma all’universo, come patrimonio immateriale. E per questo può essere d’ispirazione a tutto il mondo».
Quali sono le sue ispirazioni come regista?
«Mi lascio ispirare da tutto, faccio meditazione, tengo la mente aperta e la curiosità alta. Mi ha sempre ispirato molto il cinema italiano, sin da adolescente, quando guardavo i vostri film in quantità. Tanto che a 17 anni sono venuta in Italia e sono scoppiata a piangere dalla bellezza. La smoke sauna è come uno dei vostri dipinti rinascimentali, per le luci del mio film ho pensato che mi sarebbe piaciuto renderle simili a quelle delle opere di Caravaggio».
Come vede la situazione delle registe donne a livello internazionale?
«Come quantità stiamo crescendo, ma abbiamo tanto da fare. Nel mio corso di cinematografia ero l’unica donna. Continuano a insegnarci il cinema in base ai grandi nomi dei registi maschi che l’hanno fatto, mi ci è voluto tempo per fidarmi di me stessa, del mio valore, in questo regista. Mi dicevano di dover essere accattivante per convincere produttori e attori, ho deciso di essere l’esatto opposto: non voglio far parte di una macchina tossica di persuasione, voglio spiegare ogni mio progetto in maniera semplice e trasparente. Non esiste una sola via, possiamo sempre creare la nostra strada in modo diverso e nuovo ogni volta».
Il suo prossimo progetto?
«Il cortometraggio Weight of light sulle donne indiane marginalizzate che ho incontrato, per indagare che cosa significhi essere una donna nella società indiana».