Anno | 2023 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Serbia, Croazia, Lussemburgo |
Durata | 98 minuti |
Regia di | Vladimir Perisic |
Attori | Boris Isakovic, Jasna Djuricic, Marija Skaricic, Jovan Ginic . |
Tag | Da vedere 2023 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento domenica 28 gennaio 2024
Durante le proteste in Serbia, un ragazzo trova la forza di affrontare la madre, portavoce del partito che vuole contrastare. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards,
CONSIGLIATO SÌ
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Belgrado, 1996, l'adolescente Stefan è un ragazzo molto acuto che va bene a scuola e che gioca a pallanuoto. È molto legato alla madre Marklena, vista anche l'assenza della figura paterna. Marklena è la portavoce del partito socialista, un ruolo piuttosto scomodo in quel preciso momento storico visti i brogli elettorali orditi dal partito in modo da cancellare la schiacciante vittoria alle urne dell'opposizione. Con il precipitare della situazione politica e l'aggravarsi della credibilità del partito, non precipita solo la stabilità del paese, attraversato da violentissime proteste, ma anche la vita sociale di Stefan, che per il ruolo rivestito dalla madre, viene abbandonato dagli amici e bullizzato. Potrà Stefan fare una scelta tra la ri-accetazione da parte di una società da cui non si era mai sentito emarginato prima e l'amore per la madre?
Un buon film che sa coniugare magnificamente la sua anima politica con quella narrativa e personale.
"Non si trattava tanto di discorsi politici o di ideologie, quanto di invertire i rapporti di forza nella società, come nel carnevale. Per me, e per molte persone all'epoca, ha innescato una sorta di rivoluzione interiore" puntualizza il regista Vladimir Perisic parlando delle rivoluzioni studentesche del '96. E credo che sia proprio questa la summa assoluta del film: una rivoluzione interiore. Certo, è innegabile che Perisic vada qui a riprendere un momento storico per lui segnante e ingiustamente dimenticato, è anche vero, come ammette sempre lo stesso regista, che questo film "è anche un avvertimento, queste idee non sono morte e possono tornare, rapidamente e ferocemente". Ma c'è di più, perché per quanto il cinema possa sognare di catturare un'epoca, una moltitudine, una folla (come fece King Vidor), lo sguardo deve sempre bene o male concentrarsi su un'individualità. Ed è qui che entra in gioco il nostro protagonista, Stefan. In effetti, quale miglior rivoluzione interiore dell'adolescenza? Stefan è travolto da un triplice vortice: gli squilibri politici e le rivoluzioni studentesche, cosa che volente o nolente lo assorbe (in realtà la cosa con il progredire del film lo coinvolgerà sempre di più). In secondo luogo, il suo cambiamento adolescenziale: da ragazzino sente di dover diventare uomo, ma la situazione gli impedisce di prendersi il tempo di cui avrebbe bisogno per fare certe scelte formative. Infine, il crollo del mito materno: il naturale processo di distaccamento dell'adolescente dalla madre viene catalizzato e forzato dalla società e dalle ripetute bugie della madre.
A questo proposito è interessante come nel mondo di Lost Country non esista alcun tipo di separazione tra la sfera privata e quella politica. Marklena, che nell'ambiente domestico si è sempre dimostrata una madre amorevole, nonostante sia chiaro che il partito socialista abbia truccato le elezioni, nel momento in cui Stefan glielo domanda direttamente, da buona portavoce politica, non può fare altro che negare, poiché, per sua stessa ammissione, solo negando indiscriminatamente si può convincere l'opinione pubblica. La scissione tra madre e figlio è segnata e il coming of age è compiuto: Stefan se ne va da solo in cerca di un equilibrio che probabilmente non troverà mai più, in armonia con l'instabile situazione sociopolitica del suo paese. Attraversa le strade andando in senso opposto a quello dei cortei studenteschi, come se nessun luogo (la casa materna in primis) e nessuna direzione gli appartenessero più davvero. Il suo auto esilio lo conduce davanti al fiume, nella contemplazione del quale si perde tristemente, in una specie di doppio opposto e rotto dentro del Doinel di truffautiana memoria. Con l'austerità delle immagini e con una chiarezza narrativa invidiabile, ma che lascia spazio anche a seconde letture, Vladimir Perisic ci confezione un'opera personale, che non si perde nei suoi deliri e che lancia un messaggio politico preciso.
Un buon film che sa coniugare magnificamente la sua anima politica con quella narrativa e personale. Stefan è travolto da un triplice vortice: gli squilibri politici e le rivoluzioni studentesche, cosa che volente o nolente lo assorbe (in realtà la cosa con il progredire del film lo coinvolgerà sempre di più). In secondo luogo, il suo cambiamento adolescenziale: da ragazzino sente di dover diventare uomo, ma la situazione gli impedisce di prendersi il tempo di cui avrebbe bisogno per fare certe scelte formative. Infine, il crollo del mito materno.
Con l’austerità delle immagini e con una chiarezza narrativa invidiabile, ma che lascia spazio anche a seconde letture, il regista ci confeziona un’opera personale, che non si perde nei suoi deliri e che lancia un messaggio politico preciso.
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Nasce in primo luogo da un tradimento, il senso di smarrimento su cui si impernia Lost Country. Un tradimento della fiducia, un tradimento delle convinzioni, un tradimento degli ideali, un tradimento dei valori politici e umani. Un tradimento dell'identità comune che, in un mosaico di gruppi etnici, idiomi e confessioni, era riuscita per decenni a tenere unita un'intera federazione di Paesi.