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Top Gun - Maverick, il sequel vincente: soldi, militarismo e immagine

Un film che non scivola nella nostalgia ma punta alla memoria perché tutto passa ma tutto lascia traccia. Disponibile su CHILI. GUARDA SUBITO IL FILM »
di Luigi Coluccio

Tom Cruise (Thomas Cruise Mapother IV) (63 anni) 3 luglio 1962, Syracuse (New York - USA) - Cancro. Interpreta Pete “Maverick” Mitchell nel film di Joseph Kosinski Top Gun - Maverick.
lunedì 29 agosto 2022 - Focus

“Grazie per aver salvato la mia vita”. Lo tira fuori ad un certo punto del film, in modo spontaneo, lieto, uno dei personaggi – niente più arrivare primi per essere il meglio del meglio, niente sfide per capire chi possa essere l’aereo di appoggio. Ora è diverso, si è diversi. Lo sapevano i produttori e gli sceneggiatori, gli attori e i promoter. Lo sa anche il pubblico già subito dopo i titoli di testa, non dopo aver rivisto i caccia decollare e atterrare in controluce sulla USS Theodore Roosevelt (costruita nel 1986...), ma quando scorge per la prima volta Pete “Maverick” Mitchell, davanti a un aereo, poi in sella alla moto avvolto nel suo giubbotto puntellato di patch, eppure da solo, nel deserto, ancora capitano. Lo sappiamo noi e lo sanno loro, Maverick e Iceman – Tom Cruise e Val Kilmer, sempre quei due, spalla a spalla –, Rooster e Penny – Miles Teller e Jennifer Connelly, i volti nuovi che si portano dietro dei nomi vecchi –, e poi tutti gli altri, gli ammiragli lungo la catena di comando, i piloti più bravi della Marina che però non sono ancora pronti, gli amori e le famiglie dei veterani e delle reclute.

È in questo modo che Top Gun: Maverick - ora disponibile in streaming su CHILI - decide di levarsi di dosso il peso di essere il sequel di uno dei pezzi più scintillanti della cultura pop americana degli anni reaganiani, quel Top Gun (guarda la video recensione) che nel 1986 ha definitivamente emancipato Cruise dai teenage movies e lanciato la carriera di Tony Scott, l’adman britannico che assieme al fratello Ridley, Adrian Lyne e al dominus David Puttnam hanno scosso Hollywood con la loro epica/etica/estetica pubblicitaria. Certo, ci sono ancora Danger Zone, Take My Breath Away e il tema di Harold Faltermeyer; le mirabilie di aerei, oggetti e ambienti sono sempre le stesse; persino i nemici, a/occidentali o meno, fanno la loro breve comparsata finale. Però c’è il tempo a pesare e giudicare ogni cosa. Sono trenta e più anni per i protagonisti e sono trenta e più anni per gli attori. E questo si sente e soprattutto si vede – perché a Hollywood vedere è l’unica pulsione che conta –, nella voce che manca non ad Iceman ma a Val Kilmer, nell’assenza di Kelly McGillis perché non in forma come le altre star, negli F-14 oramai relegati nell’ultimo hangar.

Così l’unica cosa da fare è prendere tutto questo grumo e scioglierlo non nella nostalgia che tanto ha storpiato operazioni simili (Ghostbusters: Legacy, Star Wars: Il risveglio della forza), ma nella memoria, nel ricordo, perché tutto passa ma tutto lascia traccia. Maverick deve fare i conti con la sua parabola solitaria e discendente, deve ancora farlo, rispondendo ai fantasmi che sfilano di fronte a lui. Dal sole accecante della California sorgono le ombre del passato, la famosa e famigerata Penny Benjamin figlia del colonnello Benjamin, Rooster che è uguale ma diverso da Goose, le promozioni mai raggiunte, la vita che non è mai davvero andata avanti. E poi oltre Pete Mitchell sta lui, Tom Cruise, archetipo, simbolo e simulacro di un cinema che c’è ancora ma si vede poco, tra la scopofilia della star immortale e la scopofobia della star mortale, da anni impegnato in modo testardo, ossessivo, nella costruzione di una filmografia d’altri tempi che inizia e finisce con il suo corpo (tutti i Mission: Impossible, i due Jack Reacher, Edge of Tomorrow – Senza domani, giù giù fino al dittico Operazione Valchiria e Innocenti bugie).

1986 e 2022. Il loro Top Gun (guarda la video recensione) fu campione d’incassi, risollevò l’immagine delle forze armate statunitensi dopo il buco nero del Vietnam (anticipando la prima, vera, spettacolarizzazione di un conflitto, la Guerra del Golfo del ’90-‘91) e divenne uno spartiacque per il mercato home video (la videocassetta fu lanciata al prezzo scontato di 26,95 dollari, con in apertura uno spot della Pepsi, mossa di marketing mai fatta prima); il nostro Top Gun - Maverick ha portato a casa un miliardo e trecento milioni di dollari, rimesso su il sorriso dalle parti di Wilshire Boulevard a Los Angeles (sede del Media Office del Dipartimento della Difesa, principale sponsor e consigliere del film) e segnato un punto importante (ma non decisivo) per il ritorno del pubblico nelle sale. Soldi, militarismo e immagine. Il 1986 come il 2022.  


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