Una panoramica sull'incredibile paesaggio di un altopiano tibetano. Espandi ▽
Vincent Munier, classe 1976, premiato fotografo naturalista francese, invita il connazionale Sylvain Tesson (1972), scrittore e viaggiatore, a un'avventura invernale sull'altipiano tibetano. Munier condivide con il compagno una nuova attitudine dell'osservazione, la sacralità del paesaggio. Tesson prende nota e trasforma il senso di quell'esperienza in parola scritta, un diario che si fa voce narrante del film. Recensione ❯
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La straordinaria storia di un uomo, Amin, che decide di rivelare per la prima volta un doloroso segreto nascosto per oltre vent'anni. Espandi ▽
Flee è la storia di un incontro: del regista Jonas Poher Rasmussen con quello strano ragazzo che, sul treno che portava entrambi a scuola, sedeva solo con lo sguardo fisso davanti a sé; e di quello stesso ragazzo di origine afghana, di nome Amin, che nel corso degli anni ha trovato di raccontare all’amico la sua storia. Flee è un documentario d’animazione, genere oggi molto frequentato, che usa il tratto a disegno per mettere una distanza tra l’obiettivo della macchina da presa e l’intimità del protagonista. Rasmussen lavora in maniera semplice ed elementare, come in fondo dimostra anche l’ultima inquadratura del film, che trova il fotorealismo nel momento in cui si congeda dallo stesso Amin. Costretto ad abbandonare il suo paese da ragazzino, Amin ha perduto l’idea di casa, di protezione, di sicurezza… L’animazione diventa così una fase di passaggio, la strada necessaria da percorrere – dopo tutte le miglia consumate, dopo tutte le partenze e i ritorni – per arrivare finalmente nella propria casa. Recensione ❯
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Un'opera intima e personale. Un ritratto umano e commovente di un'icona senza tempo. Documentario, Francia2021. Durata 90 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
L'attrice racconta sua madre Jane Birkin in un intimo ritratto. Espandi ▽
Come si può raccontare un'icona senza usare parole già dette e immagini già viste? Attraverso lo sguardo unico al mondo di un figlio, anzi una figlia. Lo dimostra Charlotte Gainsbourg in Jane par Charlotte, documentario-tributo alla madre Jane Birkin che parte con delle riprese scomposte da backstage di quest'ultima al suo ennesimo concerto di successo. Poche scene dopo si svela la vera anima del film: non un fan movie ma un confronto serrato tra madre e figlia che è insieme un dialogo artistico, o meglio un monologo a due voci. Le unisce il sangue, il talento, la passione per l'arte, per la fotografia, per la musica, per quel Serge Gainsbourg che nel documentario citano a più riprese e di cui mostrano la casa-museo lasciata intonsa a Parigi.
Al suo debutto alla regia Gainsbourg firma un'opera intima e personalissima, mai priva di stile e di interesse, giocando con la formula di archivio biografico familiare che nel suo caso specifico è anche profondamente artistico.
Portatrici sane della stessa filosofia di vita libera, lontana da pregiudizi e convenzioni, Jane e Charlotte affrontano davanti alla macchina da presa temi esistenziali, ricordi, paure. Ne esce un ritratto umano insieme lieve e potente, senz'altro commovente, che dice molto della donna, più che dell'artista, Jane Birkin. Recensione ❯
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Il grande memorialista cileno chiude la trilogia sul territorio e cerca di riportare il sorriso sul volto di un paese triste. Documentario, Francia, Cile2019. Durata 85 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Un documentario per raccontare il paesaggio del Cile. Espandi ▽
In Cile, quando il sole sorge, deve scalare colline, mura, vette prima di raggiungere l'ultima pietra delle Ande. In questo paese, la catena montuosa è ovunque, ma per i cileni è una terra sconosciuta. Dopo essere andato da nord a sud, il regista ha voluto filmare questa enorme spina dorsale per rivelarne i misteri, potenti scrutatori del passato e della storia recente del Cile. Recensione ❯
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Presentato nella selezione ufficiale di Locarno, il film è di e con Laurent Geslin,
fotografo naturalista di fama internazionale. Espandi ▽
Canton Giura. Svizzera. La vita di uno dei felini più riservati viene seguita nel corso delle stagioni in un contesto naturale in cui cinquanta anni fa se ne decise la reimmissione quale predatore per garantire l'equilibrio dell'ecosistema.
Laurent Geslin realizza il sogno che aveva da bambino: poter vedere da vicino le linci e seguirne la vita. Lontano dalla spettacolarizzazione che troppo spesso inficia o comunque rende meno autentici tanti documentari in ambito naturalistico, Geslin imposta il suo lavoro su un interessante piano di narrazione personale. La sua è la voce narrante dell'intero film ma non si colloca sul piano della pura e semplice descrizione.
Il valore particolare di questo documentario sta nel mostrarci come possa essere solo apparentemente contraddittorio il ripopolare un'area con un felino predatore. Potrebbe sembrare assurdo ed invece diviene fondamentale per conservare l'equilibrio dell'ecosistema. Recensione ❯
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Un ritratto dei bambini che combattono per il loro futuro. Un film da far vedere in tutte le scuole. Documentario, Francia2019. Durata 84 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +10
Il documentario dà voce ai bambini di tutto il mondo impegnati in cause umanitarie. Espandi ▽
Aissatou in Guinea non ha alcuna paura nell'opporsi alla tradizione dei matrimoni precoci mentre Heena in India e alcuni suoi coetanei in Bolivia si battono affinché i bambini non siano costretti a lavorare. Il giovanissimo Arthur riesce a raccogliere fondi per aiutare i senzatetto nella città in cui abita in Francia nutrendo il sogno di poter dare vita a una casa di accoglienza. C'è poi José Adolfo, che fa da elemento di raccordo, che ha creato in Perù una banca per bambini che possano così garantirsi il sostentamento. Recensione ❯
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Un documentario che mostra il coraggio dei giovani in tema di ambiente. Per smettere di delegare agli altri un problema che riguarda tutti. Documentario, Francia2021. Durata 95 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +13
Melati incontra altri adolescenti come lei che combattono per cambiare il mondo. Espandi ▽
Melati Wilsen, una diciottenne indonesiana, ha iniziato all'età di dodici anni a combattere l'inquinamento da plastica nel suo Paese. Viene ora invitata dalla regista a compiere un giro nel mondo al fine di incontrare altri giovani coetanei che, ognuno in un contesto particolare, operano con il fine di mutare le condizioni di vita di chi li circonda e con l'obiettivo di creare un mondo e una società più responsabili.
Un documentario che ci ricorda che è a partire dal luogo in cui viviamo che si possono iniziare a mutare le condizioni globali dell'esistenza. Iniziando dai giovani che stanno ereditando un futuro molto incerto.
Flore Vasseur, con il sostegno di Marion Cotillard come coproduttrice, ha trovato in Melati la persona giusta. In ogni luogo in cui si trova ha la disponibilità ad ascoltare e a comprendere. Grazie a un supporto tecnico di rilievo Flore Vasseur riesce a mostrarci sia l'individuo in azione che, grazie all'uso di droni, gli spazi in cui agisce e le problematiche ambientali del contesto. Il pregio principale dell'operazione è quello di evidenziare l'interconnessione delle problematiche. Recensione ❯
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Giovani gay si filmano dichiarandosi alle famiglie: bassa definizione, alta precisione emotiva e politica
. Documentario, Francia2018. Durata 64 Minuti. Consigli per la visione: Ragazzi +10
I Millenials che hanno trovato la forza di pronunciare le parole che hanno cambiato la loro vita per sempre. Espandi ▽
Dal Canada agli Stati Uniti, tra il Regno Unito e la Francia fino al Giappone e all'Australia, Denis Parrot sa che il web ha cambiato le abitudini della vita di tutti, specialmente dei millennial. Cercando nei preziosi archivi di internet e selezionando filmati recuperati sui social media, Out colleziona le testimonianze di diversi adolescenti che hanno rivelato in diretta la loro omosessualità. Confidandosi coraggiosamente con i propri amici e familiari, questi giovani protagonisti hanno fermato nel tempo una testimonianza indelebile del momento più importante della loro crescita. Recensione ❯
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In un documentario Julien Faraut racconta la storia della nazionale giapponese di pallavolo. Espandi ▽
Alcune composte, anziane signore orientali si ritrovano dopo molto tempo e chiacchierano, mentre la macchina da presa volteggia attorno a loro. Sono alcune delle ex titolari di una leggendaria squadra di pallavolo, la formazione giapponese Nichibo Kaizuka. Una compagine nata negli anni ’50 in una fabbrica tessile nei pressi di Osaka, passata al professionismo grazie a un allenatore ex militare e iperintransigente, Hirofumi Daimatsu “il diavolo”, e alla volontà di ferro delle giocatrici.
Il soprannome “streghe d’Oriente” è stato affibbiato loro dalle principali avversarie, le sovietiche, contro le quali vinsero sia a Mosca nel 1962 che nel 1964 alle Olimpiadi di Tokyo, dove per la prima volta quella disciplina di squadra entrò ufficialmente. È grazie al fatto che i filmati originali delle loro prodezze siano stati depositati all’archivio INSEP (Istituto Nazionale dello Sport di Parigi) se la loro storia è riemersa dalle teche televisive, e loro stesse, rintracciate e riprese negli ambiti a loro più familiari, hanno potuto raccontare direttamente e per la prima volta la loro singolare esperienza: uno strabiliante numero di vittorie consecutive – duecentocinquantotto, record tuttora imbattuto – frutto di un allenamento particolarmente duro e ripetitivo e di uno spirito patriottico oltre lo stoicismo. Recensione ❯
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Un viaggio nella storia del cinema italiano grazie alla voce di Isabella Rossellini. Espandi ▽
Che cosa resta del cinema muto italiano? Moltissimo, recuperato dai ricchi archivi dell'Istituto Luce e dalle cineteche di mezza Europa. E molti ricordi dell'epoca sono affidati alle parole di chi quel cinema l'ha fatto o raccontato in tempo reale, da Giovanni Pastrone a Lyda Borelli, da Francesca Bertini a Luigi Pirandello, da Antonio Gramsci a Salvador Dalì. Céline Gailleurd e Olivier Bohler, ricercatori e docenti francesi esperti in cinema delle origini, intessono un arazzo formidabile di immagini (inframmezzate da intertitoli) e parole (narrate in voce fuori campo da Isabella Rossellini nella versione italiana e Fanny Ardant in quella francese), ricostruendo un mondo e un'epoca, dalla fine dell'800 al primo ventennio del '900. Recensione ❯
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Un susseguirsi di storie e di ritratti intrecciati tra autobiografia e rappresentazione di un'umanità altrimenti invisibile. Documentario, Francia2021. Durata 117 Minuti.
Immersione profonda e meditata nei sobborghi parigini. Espandi ▽
Un padre, appostato con cannocchiale insieme a moglie e figlio, attende dalla distanza che un cervo esca allo scoperto, avventurandosi fuori da una macchia boschiva. Sembrerebbero gli umani, gli osservatori, e invece sono identicamente, specularmente osservati, come oggetti di uno studio. Questo campo/controcampo tra mondo umano e animale anticipa una lunga serie di quadri suburbani e campestri sui quali si articola un'indagine attorno alla REB B, una delle linea su rotaie che collega il centro alla periferia parigina. Recensione ❯
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Un documentario che non assume mai i toni della protesta ma si pone l'obiettivo di far conoscere le conseguenze delle discriminazioni in Israele. Documentario, Francia, Israele2021. Durata 93 Minuti.
I concetti di esilio ed eredità storica vengono affrontati in questo road movie. Espandi ▽
Con il vocabolo “mizrahim” in Israele si identificano gli ebrei che, a partire dagli anni '60, sono giunti sul territorio provenendo dal Marocco, dall'Algeria, dall'Iraq e dallo Yemen. Il secondo vocabolo con cui si è poi preso a definirli è “arsim” che significa la feccia. È di loro, a partire da suo padre, che la regista tratta in questo documentario in forma di narrazione alla propria figlia. Il documentario di Michale Boganim nasce e si sviluppa totalmente all'interno della cultura ebraica ma non per questo si astiene dal criticarne le pratiche discriminatorie nei confronti di coloro che speravano di giungere nella terra promessa e vedevano spegnersi in breve tempo il sogno che li aveva spinti a lasciare i Paesi in cui vivevano.
La regista ci conduce di città in città per mostrare come, anche a differenti latitudini del Paese, la discriminazione non abbia mancato di lasciare segni nella vita delle persone. Un documentario che non assume mai i toni della protesta fine a se stessa ma si pone l'obiettivo di far conoscere delle condizioni di vita che ancora oggi, seppure in modo meno evidente ma non per questo meno oltraggioso, sussistono. Recensione ❯
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Con la sua macchina fotografica, Abdallah Al-Khatib racconta le atrocità della guerra. Espandi ▽
In seguito alla rivoluzione siriana, alla periferia di Damasco, il distretto di Yarmouk viene trasformato dal 2013 al 2015 dal regime di Assad in un campo per i rifugiati palestinesi, il più consistente al mondo. Ridotti in uno stato di cattività, privati dei diritti basilari, gli assediati possono solo resistere, chiedere la fine del blocco e sperare nel cibo e nei beni di prima necessità che le Nazioni Unite si sforzano di fornire loro. Umm Mahmoud, madre del regista, presta assistenza medica agli anziani e si lascia filmare dal figlio Abdallah, alle prese con il suo film d’esordio. Un’opera povera di mezzi e ricca di energie, che cerca insieme di non far dimenticare un clamoroso sopruso e reagire con tutta la positività residua alla protervia dell’assedio.
Una disumanità reale, quasi tangibile, che non lascia spazio ad alcuna ellissi o allusione: l’immagine della fame nei volti scavati, l’assistenza sanitaria negata che riverbera nelle braccia livide di una donna anziana, il lutto di chi piange le vittime. Con dignità e amara evidenza, il film denuncia l’ipocrisia e l’inerzia degli Stati nella risoluzione della crisi. Recensione ❯
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Il regista riflette sulle strategie militari necessarie all'occupazione di un territorio straniero. Espandi ▽
Cinquantaquattro anni. Tanti sono quelli trascorsi da quando l’esercito israeliano ha occupato i territori della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Sono “i primi”, perché dal 1967, e ancora oggi, è estremamente difficile leggere il contesto e capire se la presa, reale e psicologica, si allenterà o meno. In una trattazione articolata, punteggiata dalle testimonianze dei protagonisti dell’occupazione, l’ultimo documentario di Avi Mograbi individua tre fasi storiche distinte e si presenta immediatamente come ricapitolazione di un conflitto tra i più complessi. Avi Mograbi, filmmaker selezionato dai principali festival internazionali, da oltre due decenni riflette con taglio peculiare e forte partecipazione personale sulle contraddizioni laceranti della questione israelo-palestinese. Con quest’opera cerca di dare un ordine logico razionale, in forma di manuale tecnico-strategico, a un contesto specifico, ma che potrebbe anche estendersi ad altri. Creazione concettuale e indagine storica imponente, che richiede un livello di attenzione e interesse pari alle sue ambizioni. Recensione ❯
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Le mille vite dell'artista Takeshi Kitano in un mosaico dal montaggio invisibile e dal taglio anti didattico. Documentario, Francia2021. Durata 72 Minuti.
Chi è Takeshi Kitano? L'icona del nuovo cinema giapponese? Un anarchico comico televisivo? Il cantore di profondi silenzi? Un artista dai molteplici talenti? Espandi ▽
Approfittando della personale di Kitano pittore tenutasi alla Fondation Cartier di Parigi (2010) e tenendo come traccia l’attaccamento dell’artista alla spontaneità della propria dimensione infantile, Yves Montmayeur confeziona una descrizione ricca e documentata di una personalità creativa multipla e iperattiva, fornendo molte informazioni basilari sulla sua infanzia e formazione professionale, a volte integrate da eleganti disegni, lì dove l’apparato iconografico manca. A tenere i fili rossi del profilo è Michel Temman, giornalista francese (autore della monografia “Kitano par Kitano”, Grasset), insieme a pochi, selezionati collaboratori e colleghi di Beat Takeshi. Il taglio è anti didattico, il montaggio invisibile, le scene estratte dai film (da Sonatine a Outrage) pertinenti alla costruzione di un complesso profilo psicologico.
Il film tiene insieme l’uomo dalle mille vite, l’autodidatta iconoclasta ma anche il vero samurai, il buffone antisistema che si prende in giro e il professionista che fa le cose sul serio. Il fool shakespeariano e il vendicatore degli emarginati. Un bambino del 1947 che irride l’autorità ma sa far trasparire la felicità pudica dell’essere apprezzato per la sua sintesi grafica che è l’essenza della tradizione giapponese. Accade quando parla una leggenda come Akira Kurosawa: “Mi sono piaciuti tutti i tuoi film, Beat. E sai perché? Perché non danno spiegazioni superflue”. Recensione ❯
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