Laila in Haifa

Film 2020 | Drammatico 99 min.

Regia di Amos Gitai. Un film con Bahira Ablassi, Tom Baum, Tsahi Halevi, Fayez Abu Haya, Khawla Ibraheem. Cast completo Genere Drammatico - Israele, 2020, durata 99 minuti. - MYmonetro 2,45 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento venerdì 18 giugno 2021

Un film interamente girato all'interno di una discoteca di Haifa, in Israele.

Consigliato nì!
2,45/5
MYMOVIES 2,50
CRITICA 2,40
PUBBLICO
CONSIGLIATO NÌ
Un girotondo di incontri tra commedia umana e indicazione politica.
Recensione di Marianna Cappi
martedì 8 settembre 2020
Recensione di Marianna Cappi
martedì 8 settembre 2020

In una notte piovosa, nella città portuale di Haifa, il locale Fattoush si va riempiendo come ogni sera. È il giorno dell’inaugurazione della mostra fotografica dell’israeliano Gil nella galleria di Laila, sua amante e moglie del proprietario del locale. C’è anche la sorella di Gil, che si fa corteggiare da un ragazzo arabo al bancone e poi si allontana abbracciata a lui, e c’è la donna del cuoco, bella e inquieta, cui va stretta la relazione col marito e la richiesta di un figlio. Ci sono gay e etero, travestiti sul palco, signore che si guardano attorno alla ricerca del partner di un appuntamento al buio, e una giovane femme fatale, cresciuta all’ombra della povertà e delle tensioni razziali, che cerca il risarcimento che le spetta.

Gitai torna nella sua città natale, forse la città più aperta ed accogliente di Israele, dove la convivenza tra israeliani e palestinesi è una realtà quotidiana, ragionevole e pacifica, per aggiungere un altro tassello al suo inesauribile work in progress cinematografico sulla complessità umana e sociale del territorio mediorientale.

L’unità di luogo, e la natura dello stesso -locale d’incontro notturno di parole e corpi-, sono il set ideale per un girotondo teatrale, uno spazio di leggerezza e di tregua dai colpi duri che mena il mondo esterno (il film si apre infatti con un’aggressione e il ricovero di Gil tra le mura del Fattoush e tra le gambe di Laila). Si tratta dunque di un’eccezione, una sorta di enclave, ma anche l’emblema di una realtà possibile ed esistente, ai piedi del monte Carmelo. Un luogo, inoltre, che riunendo insieme due popoli violentemente posti l’uno contro l’altro, s’inscrive in continuità con il precedente cinema di Gitai.

Microcosmo rappresentativo di una politica virtuosa, Laila in Haifa (che si può leggere anche “Notte in Haifa”) lo è anche delle idee sull’argomento del regista, che non esita a metterle in bocca alla giovane gallerista, incontrando in questo modo, però, un inevitabile effetto “didascalia”. Frasi come “Crediamo che sia molto importante stimolare le coscienze tramite l’arte”, “c’è posto per tutti”, o “si può ammettere di avere sbagliato”, sono notoriamente espressione del suo credo, oltre che le motivazioni di un lavoro che avanza nonostante l’apparente impotenza dell’arte contro i demoni della Storia.

Perciò, per quanto il girotondo alla lunga giri un po’ a vuoto, avvolgendosi su se stesso, è nell’apparente semplicità che si trova infine il senso del film, il quale, se preso senza voler estrarre da esso più di quanto non possa dare, si offre piacevolmente come un gesto filmico e ideologico scoperto e sincero, un processo d’incontro tra attori e attrici, persone e personaggi, le cui (vere) biografie e fragilità trovano la forma di brevi scene della commedia umana, “quadri” di un’esposizione firmata Amos Gitai.

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STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
martedì 15 settembre 2020
Giona A. Nazzaro
Film TV

La "questione" palestinese è ormai (ridotta a?) "memoria fotografica". Oggetto di una mostra allestita in un locale di Haifa a ridosso di un passaggio ferroviario. Le fotografie del conflitto disposte lungo le pareti è come se incorniciassero le vite di tutti i personaggi che ruotano nel perimetro del luogo, corpi parlati da ciò che non si riesce (più?) a dire.

giovedì 10 settembre 2020
Francesca Pistocchi
Close-up

Nel suo personalissimo Notturno, Amos Gitai ci trasporta ad Haifa, scoprendo le tinte fosche di un mondo dai contorni ancora non ben nettamente delineati. L'occasione è quella di un'esposizione fotografica: nel retrobottega di un night club si susseguono le istantanee con cui odio, guerra e rabbia vengono immortalati e appesi ad una parete. Laila (Maria Zreik), organizzatrice della mostra e incarnazione [...] Vai alla recensione »

mercoledì 9 settembre 2020
Adriano De Grandis
Il Gazzettino

Va decisamente peggio, sempre in Concorso, con "Laila in Haifa" di Amos Gitai, dove in un locale notturno a ridosso della ferrovia, si intrecciano storie diverse. Un racconto corale e sfaccettato, in un turbinio di voci, caratteri, etnie, preferenze sessuali, ma che finiscono con lo sparpagliarsi come un mazzo di shangai lanciato alla rinfusa, dove catturarle singolarmente diventa problematico.

mercoledì 9 settembre 2020
Carlo Valeri
Sentieri Selvaggi

"Se potessi cancellerei la realtà" dice il fotografo Gil. È l'unico punto da cui partire per parlare di Laila in Haifa. Non ce n'è un altro. Cancellare la realtà per ricostruirla attraverso il solo luogo possibile per Amos Gitai: il cinema. A partire anche stavolta da un piano sequenza, che filma un pestaggio nel cuore di una notte piovosa, come fossimo in un film noir.

mercoledì 9 settembre 2020
Adriano De Grandis
Il Messaggero

Va decisamente peggio, sempre in Concorso, con Laila in Haifa di Amos Gitai, dove in un locale notturno a ridosso della ferrovia, si intrecciano storie diverse. Un racconto corale e sfaccettato, in un turbinio di voci, caratteri, etnie, preferenze sessuali, ma che finiscono con lo sparpagliarsi come un mazzo di shangai lanciato alla rinfusa. Un Gitai poco ispirato, pur mantenendo saldo il suo pensiero [...] Vai alla recensione »

mercoledì 9 settembre 2020
Emiliano Morreale
La Repubblica

Al centro del cinema di Amos Gitai ci sono da sempre due grandi temi intrecciati tra loro: la memoria storica di Israele e i rapporti tra israeliani e palestinesi. Il suo è un cinema schiettamente politico, ma anche sensuale, fatto di corpi e di luoghi, che si confronta con modalità di racconto varie e spesso con esiti felicissimi. Laila in Haifa è ambientato in gran parte in una discoteca di quella [...] Vai alla recensione »

mercoledì 9 settembre 2020
Alessandra Levantesi
La Stampa

È un nome di donna, ma Laila in Haifa gioca anche sul significato della parola: in ebraico Laila vuol dire notte, ed è nel corso di un' umida notte, all' interno di un locale alla moda, che si svolge il film di Amos Gitai. Il quale su una base di unità di luogo e di tempo come a teatro, frammenta la messa in scena in stile fenomenologico alla francese, seguendo gli andirivieni dei personaggi: israeliani, [...] Vai alla recensione »

martedì 8 settembre 2020
Lorenzo Ciofani
La Rivista del Cinematografo

Amos, che fai? Gitai, habitué di Venezia, torna in concorso destando più di una perplessità (eufemismo): Laila in Haifa non è solo uno dei suoi film più deludenti, ma appare intrappolato nella convinzione di dover lanciare quei messaggi richiesti a una delle voci più autorevoli del cinema d'autore. Ogni cosa è illuminata dal riflesso schiacciante di un simbolismo plateale, tutto ha una spiegazione [...] Vai alla recensione »

martedì 8 settembre 2020
Daria Pomponio
Quinlan

Film dopo film, Amos Gitai ha costruito e consolidato una filmografia estremamente coerente, dedita a declinare le difficoltà e le conflittualità del suo essere israeliano, in maniera mai riconciliata, né probabilmente riconciliabile. Tornato in concorso a Venezia, a cinque anni di distanza dall'ottimo e assai solido Rabin, the Last Day (il successivo A Tramway in Jerusalem, 2018, era fuori competizione [...] Vai alla recensione »

NEWS
MOSTRA DI VENEZIA
martedì 8 settembre 2020
Marianna Cappi

Un gesto filmico leggero nel microcosmo di un locale notturno. In concorso a Venezia 77. Vai all'articolo »

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