eugen
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giovedì 23 gennaio 2025
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en la trapsosicion filmica, muy bein el actor favi
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"Hammamet"(Gianni Amlelio, 2020)el ex primer miniistro italiano Bettino Craxi, socialista autononinista/queire decir lejo del partido comunista, no disponibile a los acuerdos de"fruente poopular)muerto en el ano 2000, exiliado a Hammamet(Tunesia)revive en una biografia naturalmente filmica donde el cactor Favino , uue aplica el modelStanislawskij-Strsberg(deidentificacion del cactor con el personage)es capaz de monstrarnos algo de "historico", tambien si en la pelicula hay algo de"diferente"de la simple"biografia"como la ironica escenea comica de cabaret o(mejor dicho)de illustracion de"avanespecratucla" de la critica a los socialistas de la epoca como"ladrones".
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"Hammamet"(Gianni Amlelio, 2020)el ex primer miniistro italiano Bettino Craxi, socialista autononinista/queire decir lejo del partido comunista, no disponibile a los acuerdos de"fruente poopular)muerto en el ano 2000, exiliado a Hammamet(Tunesia)revive en una biografia naturalmente filmica donde el cactor Favino , uue aplica el modelStanislawskij-Strsberg(deidentificacion del cactor con el personage)es capaz de monstrarnos algo de "historico", tambien si en la pelicula hay algo de"diferente"de la simple"biografia"como la ironica escenea comica de cabaret o(mejor dicho)de illustracion de"avanespecratucla" de la critica a los socialistas de la epoca como"ladrones"... En formatambien intimistica la lectura particualr de un protagonista historico, Eugen
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carloalberto
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giovedì 9 dicembre 2021
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discutibile ma riuscita opera di umanizzazione
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Gianni Amelio si cimenta in un’operazione difficile se non impossibile. Umanizzare il personaggio di Craxi, consegnato all’immaginario collettivo, prima che alla storia, come uno dei politici più corrotti della prima repubblica, può apparire di primo acchito ispirata da un revisionismo inopportuno e discutibile in quest’epoca dominata dall’antipolitica, nata negli anni novanta proprio a causa dei ladri di regime e della riscossa giudiziaria di mani pulite. Ma guardando attentamente il film ed ascoltando i dialoghi, soprattutto illuminanti, della posizione niente affatto neutrale assunta dal regista, sono le battute scambiate tra il protagonista e l’uomo politico che gli fa visita ad Hammamet, e superando le iniziali perplessità, dovute alla naturale antipatia che suscita il personaggio, si comprende che Amelio è riuscito nel suo intento nonostante tutto e soprattutto senza provare a riscattare l’uomo dal punto di vista morale.
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Gianni Amelio si cimenta in un’operazione difficile se non impossibile. Umanizzare il personaggio di Craxi, consegnato all’immaginario collettivo, prima che alla storia, come uno dei politici più corrotti della prima repubblica, può apparire di primo acchito ispirata da un revisionismo inopportuno e discutibile in quest’epoca dominata dall’antipolitica, nata negli anni novanta proprio a causa dei ladri di regime e della riscossa giudiziaria di mani pulite. Ma guardando attentamente il film ed ascoltando i dialoghi, soprattutto illuminanti, della posizione niente affatto neutrale assunta dal regista, sono le battute scambiate tra il protagonista e l’uomo politico che gli fa visita ad Hammamet, e superando le iniziali perplessità, dovute alla naturale antipatia che suscita il personaggio, si comprende che Amelio è riuscito nel suo intento nonostante tutto e soprattutto senza provare a riscattare l’uomo dal punto di vista morale.
Il film non assolve Craxi dalle sue responsabilità, non ne fa un santino o un martire perseguitato dalla giustizia, ma tenta di metterne in luce il lato umano, il carattere difficile, scontroso, egocentrico, ribelle ed autoritario, risalendo introspettivamente alla sua infanzia.
Il segreto del successo di Amelio, che raggiunge il suo obiettivo sebbene le difficoltà accennate si presentino all'inizio come insormontabili, è nella prima e nell’ultima suggestiva sequenza che chiude il loop e sintetizza la parabola dell’uomo icasticamente in una sola immagine, quella di un sasso lanciato nella finestra. E’ il simbolo di un’anima ribelle che infrange le regole senza temere il castigo delle istituzioni, è lo stesso spirito che accomuna i rivoluzionari e i delinquenti e che casualmente può portare alcuni uomini alla gloria ed ai fasti del potere e altri alla condanna morale e alle patrie galere. Nella fattispecie è accaduta l’una e l’altra cosa.
Nel personaggio inventato del figlio del suo collaboratore ed uomo di partito, suicidatosi per la vergogna, è emblematicamente rappresentato il senso si colpa che Amelio immagina abbia turbato gli ultimi mesi di vita di Craxi, il giudice interiore della propria coscienza, al quale non è riuscito a sfuggire neppure con l’esilio in terra straniera.
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raffaele reppucci
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venerdì 1 gennaio 2021
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il sistema, l''uomo, un finale a tutti i costi
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Hammamet, un Craxi-clone fra realtà e insinuazione, al limite fra libera ispirazione e disinformazione.
Se si conserva la capacità di distinguere la licenza artistica dal docu-film, dal cinema d'inchiesta, può andare.
Il colpo di scena mi è parso un po' pretestuoso, ma il "focus" centrale no.
M'è dispiaciuto un po' sapere della colf tunisina che si è sentita male quando ha visto il socialista resuscitato.
Fuori dal set Craxi, in fin dei conti, ebbe qualcosa di Cristo: si fece carico dell'ignominia del mondo.
Ne fu emblema, però.
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Hammamet, un Craxi-clone fra realtà e insinuazione, al limite fra libera ispirazione e disinformazione.
Se si conserva la capacità di distinguere la licenza artistica dal docu-film, dal cinema d'inchiesta, può andare.
Il colpo di scena mi è parso un po' pretestuoso, ma il "focus" centrale no.
M'è dispiaciuto un po' sapere della colf tunisina che si è sentita male quando ha visto il socialista resuscitato.
Fuori dal set Craxi, in fin dei conti, ebbe qualcosa di Cristo: si fece carico dell'ignominia del mondo.
Ne fu emblema, però.
Cristo era dall'altra parte, particolare non trascurabile.
Fosse cambiato qualcosa almeno.
Neanche il bipolarismo è rimasto.
Di Pietro, dopo uno sforzo di coerenza sotto forma di partito, si è insabbiato da solo.
La lega, da un Bossi eversivo, è slittata nelle mani di un comunista padano, il quale da macigno opportunista, ha cavalcato la paura x l'immigrazione e magicamente ha incollato sud e nord in un blocco destrone statalista/sovranista (vi ricordate Mussolini socialista (all'epoca=marxista) che cavalca la paura di Marx e distrugge le sedi socialiste x raggiungere il palazzo?)
I grillini, da puri sono diventati un purè, spalmati prima a destra poi a sinistra.
Poi ci sono i perdenti puri: Bertinotti, Renzi: tutti e due hanno fatto il partitino che decide quale è la maggioranza, poi rompono i coglioni alla maggioranza che hanno deciso. Il risultato è brillante sul piano personale: esistono dopo essere morti, colpiti dalla storia.
Craxi è morto sul serio: politicamente e fisicamente. non ha fatto in tempo a trasformarsi.
Se avessi talento e mezzi avrei tratteggiato questo nel film.
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enzo70
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venerdì 11 settembre 2020
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imponente ritratto della decadenza di un paese
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I ritratti dei protagonisti della politica italiana proposti nelle sale cinematografiche italiani sono sbiaditi, scontati, pregni del qualunquismo del dibattito politico e culturale. Non è così, invece, per questo film in cui Amelio racconta gli ultimi anni di esilio, non dorato, di Craxi ad Hammamet. Lo fa con l’ausilio di un sempre più incredibile Pierfrancesco Favino che interpreta in maniera esemplare la latitanza di Craxi. Il termine latitanza no andrebbe riferito allo status giuridico del leader del partito socialista, ma allo stato di diritto che ha ceduto il passo ad un sistema di polizia, in cui i processi venivano celebrati senza alcuna tutela giuridica, adoperando il carcere come strumento coercitivo per estorcere confessioni.
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I ritratti dei protagonisti della politica italiana proposti nelle sale cinematografiche italiani sono sbiaditi, scontati, pregni del qualunquismo del dibattito politico e culturale. Non è così, invece, per questo film in cui Amelio racconta gli ultimi anni di esilio, non dorato, di Craxi ad Hammamet. Lo fa con l’ausilio di un sempre più incredibile Pierfrancesco Favino che interpreta in maniera esemplare la latitanza di Craxi. Il termine latitanza no andrebbe riferito allo status giuridico del leader del partito socialista, ma allo stato di diritto che ha ceduto il passo ad un sistema di polizia, in cui i processi venivano celebrati senza alcuna tutela giuridica, adoperando il carcere come strumento coercitivo per estorcere confessioni. Ma Amelio è bravo a non dare risposte, nessuna certezza e nessuna riabilitazione politica di Craxi. La valutazione la darà la storia tra molti anni. Il regista, invece, pone al centro l’uomo, mortificato nel momento dell’apice del successo politico, ma dandogli una dimensione umana. E il grande merito di questo film è proprio quello di riproporre una questione importante, e per certi profili attuale, con un senso di decadenza, quella di un uomo malato, per consentire allo spettatore di porsi domande. Un film importante.
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la minni
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domenica 26 luglio 2020
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ben fatto ma con anacronismi
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Quello che non mi torna è che se il film si riferisce agli ultimi 6 mesi di vita di Craxi, che è morto in febbraio, ad un certo punto festeggino la Pasqua con tanto di colomba e riunione di famiglia...
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fedenisi
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mercoledì 22 luglio 2020
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inceppato
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Amelio è un maestro ma questo film risulta confuso... Favino troppo mascherato
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olivettigiorgia
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domenica 5 luglio 2020
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bruttino
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Insipido... Interpretazioni deboli, neppure Favino riesce a reggere il peso di questa storia. Un No deciso
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benmecchenzi
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sabato 4 luglio 2020
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il buio oltre favino
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Raramente capita di guardare un film dove l'attore conta più del film. Sembra che Favino abbia pagato Amelio per questo ruolo piuttosto che il contrario. Fotografia scialba, emozioni rare.
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samanta
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lunedì 8 giugno 2020
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gli ultimi anni di un presidente, ma dov'è craxi?
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Il film desta difficoltà nel giudizio, Amelio è un regista noto (anche in TV) e di discreta qualità (I ragazzi di via Panisperna, La tenerezza), ma ha scelto una via di mezzo che provoca dele perplessità. Innanzitutto il protagonista è Craxi (dall'aspetto e dal modo di parlare), ma nel film è chiamato il Presidente (Pierfrancesco Favino) , è cambiato il nome della figlia in Anita, capisco che è difficile parlare di un protagonista della storia italiana quando sono ancora in vita parenti e tanti personaggi di quei tempi, ma non apprezzo nascondersi dietro quel mezzuccio dell'anonminato la moglie e il figlio sono senza nome come anche il politico che incontra, ha il nome solo un protagonista inventato.
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Il film desta difficoltà nel giudizio, Amelio è un regista noto (anche in TV) e di discreta qualità (I ragazzi di via Panisperna, La tenerezza), ma ha scelto una via di mezzo che provoca dele perplessità. Innanzitutto il protagonista è Craxi (dall'aspetto e dal modo di parlare), ma nel film è chiamato il Presidente (Pierfrancesco Favino) , è cambiato il nome della figlia in Anita, capisco che è difficile parlare di un protagonista della storia italiana quando sono ancora in vita parenti e tanti personaggi di quei tempi, ma non apprezzo nascondersi dietro quel mezzuccio dell'anonminato la moglie e il figlio sono senza nome come anche il politico che incontra, ha il nome solo un protagonista inventato. E' quindi difficile giudicare un film che affronta un pezzo di storia non alla Oliver Stone, ma si rifugia nell'anonimato dei giudizi e l'inquadramento storico è fatto affrontando i problemi più importanti di striscio.
Ad esempio la giustizia che fu usata come una clava contro DC e PSI senza toccare, se non di sfuggita, il PCI che prendeva come tuttti tangenti per finanziare il partito (ricordate Greganti?) senza tenere conto i finanziamenti dall'URSS (vedi Dossier Mitrokhin), le vicende di quei giorni (ma anche di questi ...) rivelano una saldatura tra una parte della magistratura e una parte polica. Craxi commise tra gli altri 2 gravi errori "Sigonella" e la politica filoaraba (questa anche di Andreotti che la pagò), tali comportamenti determinarono l'ostilità degli USA che trovarono un'altro interlocurore che non fosse il PSI e la DC e che adesso è strettamente legato ai poteri forti. Oltra ai finanziamenti illeciti c'era la corruzione anche di politici, ma su Craxi ormai il giudizio prevalente che non commise illeciti personali, anche il famoso tesoro di 50 miliardi non fu mai trovato. Peraltro dopo 20 anni dalla sua morte la corruzione è ulteriormente dilagata, coivolgendo oltre la politica.la pubblica amministrazione e la giustizia. Tutti questi temi sono affrontati superficialmente soffermandosi il regista sugli ultimi anni di vita nell'esilio di Hammamet dove Craxi viveva con la moglie che nel film è una figura evanescente. Il film è lento e noioso e alcuni episodi per non limitarsi ai soliloqui del Presidente non convincono:
- la creazione di un personaggio Fausto (Luca Sartori) figlio di un dirigente socialista suicida cha arriva di nascosto nella casa di Craxi per ammazzarlo ma che poi diventa un testimone filmando e registrando tutto quello che succede, il Presidente che sa della sua intenzione (?), gli consegna una registrazione dei suoi segreti e il ragazzo scompare.
- L'incontro con l'amante (Claudia Gerini) in reggiseno e mutandine, una scena penosa sia pure breve;
- l'incontro con il Politico (un DC) una via di mezzo tra Forlani e Andreotti, , ma il tutto si riduce ad uno scambio di "supercazzole",
- infine la scena finale con la visione onirica del Presidente che assiste ad un carabet in cui viene deriso.
Dopo questa scena il Presidente muore (era gravemente ammalato) e pochi mesi dopo la figlia visita in manicomio dove è stato ricoverato, Fausto che gli consegna la registrazione del padre. La parte migliore è la recitazione eccellente di Favino che oltre all'ottimo trucco riesce ad imitare molto bene il modo di parlare e di gestire di Craxi, mediocri le altre recitazioni. Un film che delude, forse è troppo presto per fare un film del genere
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felicity
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mercoledì 3 giugno 2020
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ritratto di uno sconfitto che non perde arroganza
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Applausi per l’incredibile interpretazione di Favino che, dopo Buscetta di Bellocchio, consegna qui un altro lavoro di mimesi che va ben oltre al lavoro di make-up. Una mimesi impressionante. Clamorosa. Devastante. Una performance che, oltretutto, cancella tutto il resto del film.
Amelio sa che il film tocca un tema delicato e un nervo ancora scoperto, il film non è un attacco a Mani pulite e si capisce perfettamente che certi discorsi sono virgolettati.
Amelio racconta quel periodo senza giudicare, evitando ogni possibile pregiudizio, ma rischia di appiattirsi su quello che è il vero punto di forza del film, la magistrale prova di Pierfrancesco Favino, che non solo ci restituisce il volto di Craxi, ma sa imitare alla perfezione la voce del leader.
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Applausi per l’incredibile interpretazione di Favino che, dopo Buscetta di Bellocchio, consegna qui un altro lavoro di mimesi che va ben oltre al lavoro di make-up. Una mimesi impressionante. Clamorosa. Devastante. Una performance che, oltretutto, cancella tutto il resto del film.
Amelio sa che il film tocca un tema delicato e un nervo ancora scoperto, il film non è un attacco a Mani pulite e si capisce perfettamente che certi discorsi sono virgolettati.
Amelio racconta quel periodo senza giudicare, evitando ogni possibile pregiudizio, ma rischia di appiattirsi su quello che è il vero punto di forza del film, la magistrale prova di Pierfrancesco Favino, che non solo ci restituisce il volto di Craxi, ma sa imitare alla perfezione la voce del leader.
Il film rischia di togliere forza a una possibile riflessione sulla politica italiana degenerata in spettacolo.
Per Amelio, Craxi non è né un esule né un latitante, ma il protagonista di un doloroso dramma umano. Anche se, e forse questo è il vero limite del film, l’unico sfondo dei ragionamenti del protagonista è sempre e soltanto la vicenda giudiziaria.
Proprio l’interpretazione di Favino è il messaggio: nella sua messa in scena perfetta, fin troppo perfetta, al limite da annullare l’attore nella maschera fino a far scomparire l’alterità, c’è il tratto nazional-popolare che rompe un assordante silenzio durato vent’anni, specchio di un paese che non sa fare i conti con la propria storia. Perché incompiuta.
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