shawn wayne
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mercoledì 15 gennaio 2020
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una cagata pazzesca
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Dopo due ore e dieci di film mi viene solo una cosa da dire: “Una cagata pazzesca!”
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mercoledì 15 gennaio 2020
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interpretazione
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Recensione molto articolata e profonda, su cui condivido meno che su un punto: l'interpretazione di Luca Filippi non mi sembra fragile, perché è aderente alla fragilità di un ragazzo disadattato, per cui lo sguardo fisso e allucinato e l'immobilità della mimica facciale mi sembrano del tutto giuste per rendere espressivamente la sua tipologia.
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dave57
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mercoledì 15 gennaio 2020
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film maledettamente utile
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In un Italia assordata dal clangore di pigmei della politica, piu che un libro, che pochi leggerebbero, un film come questo è occasione di meditazione sul nostro recente passato. Un film che si guarda provando dolore.
Un dolore che bisogna provare, per capire meglio da dove veniamo e dove stiamo andando.
Truccatori e Favino da Oscar: non occorre ribadirlo.
E G. Amelio col rigore di un F. Rosi.
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concettos
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mercoledì 15 gennaio 2020
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un colpo al cerchio e uno alla botte...della stor
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Che “l’affaire” Bettino Craxi fosse un terreno minato Amelio lo sapeva già, così come erano consapevoli tutti quelli che hanno atteso di vedere da quale parte della storia il regista, con il suo Hammamet, ponesse uno dei casi politici più discussi e controversi dell’intera vita della Repubblica Italiana.
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Che “l’affaire” Bettino Craxi fosse un terreno minato Amelio lo sapeva già, così come erano consapevoli tutti quelli che hanno atteso di vedere da quale parte della storia il regista, con il suo Hammamet, ponesse uno dei casi politici più discussi e controversi dell’intera vita della Repubblica Italiana.
Sotto questo punto di vista molti spettatori rimarranno delusi, forse com’è giusto che sia, perché un’arte come il cinema ha il sacrosanto dovere di analizzare, raccontare, far riflettere e poi… eventualmente far emettere la sentenza al solo tribunale riconosciuto: il pubblico. Una personale impronta il regista potrebbe anche lasciarla, ma possibilmente sottotraccia e non certo su una vicenda che, ancora prima della presentazione ufficiale del film, aveva già riaperto ferite mai guarite e che sono tornate a sanguinare tra dubbi e tentativi di revisionismi storici mai andati a buon fine. E su questo Amelio, da navigato circense della macchina da presa qual è, è riuscito a blindarsi sapientemente, con una narrazione tutta umana e impregnata da vizi e virtù in perfetta dicotomia, e distante anni luce, dalla caratura del personaggio e dalle sue vicende politiche. Debolezze umane dove tutti noi possiamo specchiarci e di conseguenza, se posta su questo piano del racconto, siamo costretti a lasciare cadere a terra quella prima pietra che nessuno potrà mai scagliare. Ma non basta, perché c’è dell’altro, come l’inattaccabile vicenda della malattia, inviolabile terreno su cui i giudizi arretrano il passo, e di molto, di fronte alla pietas umana per una sofferenza prima morale e poi fisica. Un lento ripercorsi dentro l’intima sfera dei ricordi dove il male che ti lacera sembrerebbe l’inevitabile legge del contrappasso che non perdona le scelte errate, anche se, in parte, libere scelte non furono. Poi, dentro il film ci può stare (e c’è) anche altro, come le tante affermazioni che ti fanno riflettere, ti inducono a (ri)discutere di tutto e il suo perfetto contrario. A tal proposito, il religioso silenzio della sala strapiena era tangibile testimone invisibile di come, se non ci si annoia (ed è successo a qualche spettatore), il film ti prende, ti trascina in un ginepraio di ricordi imbevuti di colpevoli e innocenti, di un ansioso tintinnio di manette e una fitta pioggia di avvisi di garanzia, arresti e suicidi.
Nonostante ciò, alla consequenziale domanda: fu giusto agire così? quella famosa zona di sicurezza dei giudizi, nel film, è non stata mai valicata. Anzi, ad essere più precisi, mentre l’equa distanza dalla politica, quella sporca delle tangenti, degli illeciti, degli accordi sotto banco, si è provata a mantenerla (forse) con un inattaccabile (nuovamente forse) ““così fan tutti” “quindi ero costretto che anche io facessi così “, non stato evitato del tutto un passo falso come l’interpretazione del caso Sigonella, dove ha fatto capolino un’eccessiva punta di orgoglio italiano che fa a pugni con questo smodato, ricercato, equilibrio da parte del regista.
Una scelta di campo che avrebbe meritato maggiore attenzione nel tratteggiare chi, effettivamente, quella notte sbagliò cosa. Sull’interpretazione di Favino si è certi che è stato detto tutto, una performance riassumibile in quel fiume in piena di giusti consensi provenienti da ogni dove, di fatto è stato così perfetto che, allegoricamente, sembrerebbe che sia stato più il vero Craxi a ispirarsi a Favino che non il contrario. Il finale metafisico lascia non pochi dubbi da interpretare e risolvere, in ogni caso aperto a tutte le ipotesi. Un’affermazione, invece, che dovrebbe rimanere scolpita a futura memoria per il bene di quel poco che rimane del nostro paese, è quella dove si consiglia allo statista di “attendere pazientemente perché tanto l’Italia è un paese di corta memoria”, è vero, non possiamo dargli torto, pertanto non dimentichiamolo mai.
Concetto Sciuto
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thomas
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mercoledì 15 gennaio 2020
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uno splendido mosaico
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Da cosa è composta la vita di un uomo, quando si avvicina la fine ed inizia il momento dei bilanci? Da ricordi, da rimpianti, da desideri, da nostalgie, da voglia di tramandare qualcosa di se, dalla consapevolezza che il prezzo da pagare per aver soddisfatto le proprie ambizioni, spesso, è il disprezzo di chi non è riuscito a soddisfare le proprie.
E cosa determina il far prevalere la soddisfazione per ciò che si è stato rispetto alla delusione? L'aver ottenuto il consenso, l'affetto delle persone per cui ci si è spesi.
Se così è, "Hammamet" è un grandioso mosaico, perchè sa costruire con estrema pazienza, tessera per tessera, l'uomo Craxi, il suo carattere, l'amarezza dei suoi ultimi giorni.
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Da cosa è composta la vita di un uomo, quando si avvicina la fine ed inizia il momento dei bilanci? Da ricordi, da rimpianti, da desideri, da nostalgie, da voglia di tramandare qualcosa di se, dalla consapevolezza che il prezzo da pagare per aver soddisfatto le proprie ambizioni, spesso, è il disprezzo di chi non è riuscito a soddisfare le proprie.
E cosa determina il far prevalere la soddisfazione per ciò che si è stato rispetto alla delusione? L'aver ottenuto il consenso, l'affetto delle persone per cui ci si è spesi.
Se così è, "Hammamet" è un grandioso mosaico, perchè sa costruire con estrema pazienza, tessera per tessera, l'uomo Craxi, il suo carattere, l'amarezza dei suoi ultimi giorni.
Il rapporto affettuoso ma distaccato con la moglie, dolente e profondo con l'amante, gioioso e didattico con il nipote, diretto e sprezzante con il figlio, empatico e vero con la figlia, altezzoso e disincantato con i colleghi di partito, sensibile e aperto verso chi gli chiede aiuto: c'è tutta la personalità di un uomo che cercava di "aggiungere vita agli anni, piuttosto che anni alla vita".
Favino è eccezionale nel rappresentare una persona ferita dal biasimo dell'opinione pubblica, consapevole della sua fine, disillusa e politicamente isolata, ma comunque determinata a non cedere, a non accettare il fallimento della propria esistenza.
Duro, arrogante fino al termine, disperato e indomito, Craxi rimarrà un pezzo di Storia italiana ricco di luci ma anche pieno di ombre.
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onufrio
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mercoledì 15 gennaio 2020
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le mie prigioni
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Amelio ripercorre e reinterpreta liberamente gli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi, autoesiliatosi ad Hammamet per evitare le aspre condanne subite dall'Italia. Una visione malinconica, fatta di ricordi, rimpianti ed orgoglio, l'orgoglio ed il carisma del Craxi uomo politico rimasto ancora intatto, ed i momenti di fragilità e della malattia del Bettino uomo. Amelio non dà risposte, nè pretende di farlo, invita però a riflettere, riportando alla luce un personaggio importante e controverso che ha segnato la politica italiana. La recitazione e l'impersonificazione del personaggio da parte di Favino è straordinaria, merito anche del trucco, davvero reale; intorno a lui si muove un cast che non regge il confronto col protagonista principale, ma che trova in personaggi come Renato Carpentieri (Il politico) e Giuseppe Cederna (VIncenzo) valide spalle.
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Amelio ripercorre e reinterpreta liberamente gli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi, autoesiliatosi ad Hammamet per evitare le aspre condanne subite dall'Italia. Una visione malinconica, fatta di ricordi, rimpianti ed orgoglio, l'orgoglio ed il carisma del Craxi uomo politico rimasto ancora intatto, ed i momenti di fragilità e della malattia del Bettino uomo. Amelio non dà risposte, nè pretende di farlo, invita però a riflettere, riportando alla luce un personaggio importante e controverso che ha segnato la politica italiana. La recitazione e l'impersonificazione del personaggio da parte di Favino è straordinaria, merito anche del trucco, davvero reale; intorno a lui si muove un cast che non regge il confronto col protagonista principale, ma che trova in personaggi come Renato Carpentieri (Il politico) e Giuseppe Cederna (VIncenzo) valide spalle.
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mercoledì 15 gennaio 2020
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non un film ma una recitazione teatrale
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L'unico complimento che mi sento di fare, riguarda la presentazione del film sui social e sui mezzi di visione televisiva, davvero per pubblicizzato. Il film o meglio la recita teatrale è noiosa, lunga a volte inutile con scene senza senso. In sala (piena), si respirava la tacita rassegnazione di dover comunque attendere la fine del film, ben due ore di agonia, in attesa di un colpo di scena...... Il nulla, solo una commedia teatrale di un personaggio politico e di un periodo storico che forse meritava di piu', forse molto di piu'. Peccato, soldi e tempo sprecato.
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lucky italian movies
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martedì 14 gennaio 2020
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creatività in una storia intimista ma non troppo
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Che il regista non volesse schierarsi, né parlare di politica lo si era capito e la scelta appare condivisibile nell'ottica di voler vendere il prodotto ad un pubblico non troppo di nicchia che altrimenti sarebbe stato composto da nostalgici della vecchia politica o detrattori di partiti che non ci sono più. Un'imparzialità a 360 gradi che si estende non solo alla vita politica ma anche alla quotidianità di un personaggio ben ritratto anche se si poteva maggiormente accentuare la sua nostalgia per l'Italia.
In mezzo tanti colpi di genio, come l'ultima scena di Anita e Fausto, l'incontro onirico col padre e la scena di satira. Apprezzabile non solo la prova attoriale di Favino ma anche quella degli interpreti di Anita e Fausto.
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francesca meneghetti
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martedì 14 gennaio 2020
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sicut transit gloria mundi
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Sicut transit gloria mundi Per riguardo (e rispetto) verso chi ha annunciato un’astensione a priori dall’ultima opera di d’Amelio, si può sostenere la tesi che non è un film veritiero su Bettino Craxi. Semmai un biopic che mira a scavalcare la realtà, soprattutto politica, al fine di focalizzare l’attenzione su una vicenda esistenziale: il declino doloroso, dal punto di vista fisico e morale, di un “grande”. Un po’ come il Napoleone del “5 maggio” manzoniano. Che cosa significa per un potente arrogante, spregiudicato e intelligente, che aveva tutto a portata di mano, belle donne comprese, passare nei panni di malato o invalido? Quali costi umani ha questo progressivo dire addio alla vita, nonostante il motto: “aggiungere vita agli anni, e non anni alla vita”? Il percorso, segnato da rabbia e paura non è facile, e la straordinaria interpretazione di Favino, degna quasi del Bergman più intimista, lo dimostra.
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Sicut transit gloria mundi Per riguardo (e rispetto) verso chi ha annunciato un’astensione a priori dall’ultima opera di d’Amelio, si può sostenere la tesi che non è un film veritiero su Bettino Craxi. Semmai un biopic che mira a scavalcare la realtà, soprattutto politica, al fine di focalizzare l’attenzione su una vicenda esistenziale: il declino doloroso, dal punto di vista fisico e morale, di un “grande”. Un po’ come il Napoleone del “5 maggio” manzoniano. Che cosa significa per un potente arrogante, spregiudicato e intelligente, che aveva tutto a portata di mano, belle donne comprese, passare nei panni di malato o invalido? Quali costi umani ha questo progressivo dire addio alla vita, nonostante il motto: “aggiungere vita agli anni, e non anni alla vita”? Il percorso, segnato da rabbia e paura non è facile, e la straordinaria interpretazione di Favino, degna quasi del Bergman più intimista, lo dimostra. Ma c’è anche la riflessione sul passato di questo politico Innominato fuggito ad Hammamet per sottrarsi a due condanne definitive. Il protagonista infatti si rispecchia nella vicenda che fa da cornice: quella del tesoriere del suo partito, morto suicida, ma “resuscitato” dal figlio Fausto. Padre e figlio sono la voce della coscienza, il grillo parlante nella testa del leader. Rappresentano simbolicamente quello che era in origine il Partito socialista, specie il padre, che non si toglie mai la tuta da operaio. Rifiutando il magna magna anche reale, richiamava il capo alla rettitudine e lo metteva in guardia dagli adulatori, ottenendo il suo rispetto e il suo affetto, ma si suicidava di fronte alle inchieste giudiziarie, per protestare la sua innocenza. Nella realtà scrisse una lettera drammatica a Napolitano: “Egregio Signor Presidente, ho deciso di indirizzare a Lei alcune brevi considerazioni prima di lasciare il mio seggio in Parlamento compiendo l’atto conclusivo di porre fine alla mia vita. È indubbio che stiamo vivendo mesi che segneranno un cambiamento radicale sul modo di essere nel nostro paese, della sua democrazia, delle istituzioni che ne sono l’espressione. Al centro sta la crisi dei partiti (di tutti i partiti) che devono modificare sostanza e natura del loro ruolo. Eppure non è giusto che ciò avvenga attraverso un processo sommario e violento, per cui la ruota della fortuna assegna a singoli il compito delle “decimazioni” in uso presso alcuni eserciti, e per alcuni versi mi pare di ritrovarvi dei collegamenti.” Tuttavia il vero tesoriere del PSI, Sergio Moroni, era laureato in lettere, non operaio, e deputato, Nel 1994 il Tribunale di Milano, con sentenza confermata in appello e in Cassazione, accertò che aveva ricevuto «circa 200 milioni in totale nelle sue mani in una cartellina tipo quelle da ufficio, avvolta in un giornale». Di fronte a una realtà così sfuggente come si può evitare l’ambiguità? Non si può, e la si persegue volutamente. Anche ricorrendo ala dimensione simbolica, specie nel finale, che ha tratti quasi felliniani. Questo per dire che l’intenzione del regista non pare (come è stata giudicata da molti) come assolutoria rispetto a un personaggio storicamente determinato come fu Bettino Craxi: anzi, c’è una scena che inquadra Berusconi, intervistato in TV a proposito della guerra in Kossovo, quasi a suggerire che il primo favorì l’ascesa del secondo. Certo il tema della politica italiana è forte. Si parte dagli anni ’80, anni di vacche grasse, con l’Italia quinta potenza industriale, e una prassi politica che sta cambiando: non è più quella dei padri costituenti, che uscivano dalla Resistenza, credevano nei valori della Costituzione, e si erano formati nelle scuole di partito. E’ la politica delle “marchette”. Protesa non a procurare il bene del Popolo, ma la soddisfazione della Gente, somma di individui capaci di coltivare solo il loro interesse particolare,di clienti, che i nuovi partiti devono vezzeggiare e soddisfare, con reciproco interesse. Do ut des. Alla faccia dell’interesse generale. Specie quello delle generazioni future. Un film ricco di spunti, tutto da discutere come si faceva una volta nei cineforum, ma da vedere.
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luigi
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martedì 14 gennaio 2020
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forzoso ricordo di craxi
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Il film sembra costruito solo sul personaggio di Favino... indiscutibile istrione attuale del mondo cinematografico italiano.
Ottima interpretazione dello statista, movenze, parlata etc.
Ma nessun riferimento alla sua carriera politica, nessun riferimento ai contatti politici che l'hanno osannato e condannato, etc etc. Due 0re e mezzo di film polpettone, per raccontare gli ultimi mesi di vita di Craxi.... e quello che aveva fatto prima..?????
Molto riduttivo.... Relativamente veritiero.
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