francesco
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sabato 25 gennaio 2020
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film ibrido
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Il film tratta l'ultima parte della vita di Bettino Craxi, grosso personaggio politico della fine del 900.
da premettere c'è stata una ottima interpretazione di Pier Francesco Faviino, il film è ibrido nella misura che: non risalta ne l'aspetto politico ne l'aspetto umano.
parliamo di Craxi il segretario del PSI nonché presidente del consiglio nella metà degli anni 80.
se il regista voleva parlare solo dell'aspetto umano poteva fare molto di più......
complessivamente mediocre !!!
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mapaolo
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sabato 25 gennaio 2020
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consigliato
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Film un po' lento ma molto significativo. Racconta la storia mostrando un personaggio che nel bene e nel male ha fatto la storia della politica italiana esaltando le sue caratteristiche meno conosciute. Attore di grande spessore che si presta a grandi ruoli.
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luca scialo
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venerdì 24 gennaio 2020
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crepuscolo di uno statista che ancora oggi divide
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Gianni Amelio è un regista che scava nell'anima dei suoi personaggi. Non si limita a raccontare storie, ma cerca sempre di lasciare un segno negli spettatori che guardano i suoi lavori. Non sfugge a questo tentativo Hammamet, che si prefigge di raccontare gli ultimi anni di vita di Bettino Craxi. Segretario dello Psi per un quindicennio, oltre che Presidente del consiglio per 4 anni. Un personaggio che durante i rispettivi mandati, fu capace di unire i socialisti, farli uscire dalla sudditanza a sinistra col Pci, sottrarre l'egemonia a Palazzo Chigi della Dc, portare l'Italia ad una crescita economica che gli diede di diritto un posto tra i Paesi del G7, rendere il nostro Paese un punto di riferimento terzomondista.
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Gianni Amelio è un regista che scava nell'anima dei suoi personaggi. Non si limita a raccontare storie, ma cerca sempre di lasciare un segno negli spettatori che guardano i suoi lavori. Non sfugge a questo tentativo Hammamet, che si prefigge di raccontare gli ultimi anni di vita di Bettino Craxi. Segretario dello Psi per un quindicennio, oltre che Presidente del consiglio per 4 anni. Un personaggio che durante i rispettivi mandati, fu capace di unire i socialisti, farli uscire dalla sudditanza a sinistra col Pci, sottrarre l'egemonia a Palazzo Chigi della Dc, portare l'Italia ad una crescita economica che gli diede di diritto un posto tra i Paesi del G7, rendere il nostro Paese un punto di riferimento terzomondista. Di contro, però, viene anche ricordato per essere stato tra gli esponenti di spicco di Tangentopoli, per aver portato nella politica la demonizzazione di giornalisti e magistrati, di aver portato il debito pubblico su livelli esponenziali, di aver portato alla personalizzazione della disputa politica. Amelio però mette da parte tutto ciò, evitando un giudizio morale e politico sul personaggio. Limitandosi a raccontare la sofferenza umana degli ultimi istanti di vita del politico. Il suo rapporto di affetto, ma anche scontro, con la figlia (che nel film si chiama Anita anziché Stefania, come la moglie di quel Garibaldi che tanto stimava). E di silenzi e distanze col figlio (chiamato Sergio anziché Bobo), che si sforza di portare il fardello dell'eredità politica del padre. Cercando in Italia una via parlamentare al suo ritorno in Italia, ma senza successi. Nella realtà, invece, Bobo gli stette molto vicino. Mentre all'opposto, Stefania fu più distante. Ma nel Cinema il rapporto padre-figlia funziona meglio. Così come la moglie appaia nel film fedele e remissiva, sebbene nella vita reale pare fosse una donna che gli tenesse maggiormente testa. Non sono però questi gli unici spunti di fantasia del film. Proprio perché il regista ha preferito romanzare la storia. Infatti, nel film il tesoriere dello Psi (Vincenzo Balzamo, nella reatà Giuseppe Cederna), nonché due volte Ministro, preso dai rimorsi e dalla paura di finire in carcere, si suicida. Mentre nella realtà è morto di infarto. Così come la soubrette interpretata da Claudia Gerini sia un personaggio di fantasia, sebbene nella realtà una delle due sue amanti, Patrizia Caselli, davvero lo seguì nell'auto-esilio tunisino rinunciando ad un contratto con la Rai. Ed ancora, il giovane Fausto che giunge fino in casa sua per consegnargli la lettera del tesoriere suicida, è un personaggio completamente inventato. Seppur completamente funzionale alle esigenze drammaturgiche della sceneggiatura di Alberto Taraglio. La scena in ospedale con la gamba malconcia, fu nella realtà davvero fotografata dal fotografo personale del leader socialista: Umberto Cicconi. Mentre nel film non ci sono fotografi pronti ad immortalare quel momento così segnante. Anche il politico barbuto e vestito elegantemente di bianco, come fosse un personaggio candido e ripulito dai suoi peccati, che lo va a trovare sembra non avere riscontri reali. Sebbene sicuramente incarni quanti in quegli anni sono andati da lui dicendo di aver raccontato tutto e di aversela cavata per quello. Il dialogo tra i due è anch'esso funzionale alla storia ed emblema degli anni di Tangentopoli e Mani pulite. Menzione a parte spetta a Pierfrancesco Favino. Capace di superarsi continuamente. Aiutato certo da uno straordinario trucco, ma bravissimo nella mimica e nella cadenza linguistica che contraddistingueva Craxi. Superandosi ancora dopo aver interpretato magistralmente Tommaso Buscetta ne Il traditore. La pellicola si apre e si chiude con una cerbottana che fracassa il vetro di una finestra. In entrambe le volte a farlo è proprio Craxi: la prima volta da bambino discolo, la seconda metaforicamente da personaggio politico. Quest'ultima finestra è ancora lì, frantumata. Per un Paese che non riesce mai a mettere insieme i cocci della propria Storia.
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umberto
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giovedì 23 gennaio 2020
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tale quale craxi
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Il voto lo fa tutto Pierfrancesco Favino autore di un'interpretazione magistrale dell'ultimo leader del Partito Socialista. Ne è praticamente il clone, soprattutto nei gesti e nella voce. Per il resto Gianni Amelio riesce nel suo intento di raccontarci il lato più intimo del Craxi dell'ultimo periodo e ci fa anche riflettere su un periodo cruciale della storia politica italiana. Non capisco bene il senso della scena comica in stile Bagaglino, ma, nonostante questo piccolo neo, rimane un ottimo film.
Voto: 9
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fabriziog
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giovedì 23 gennaio 2020
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favino scompare...craxi redivivo
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“Hammamet” di Gianni Amelio non è un film. “Hammamet” è il film. Pierfrancesco Favino non è un attore. Pierfrancesco Favino è l’attore. Favino non interpreta Craxi. Favino è Craxi. Favino si indentifica in Craxi e in esso scompare (trucco extra ordinem di Andrea Leanza e Federica Castelli). Il pubblico non osserva un artista che riveste i panni di un personaggio evocandone la corporeità e l’anima, bensì scruta un interprete che si trasforma nel personaggio evaporando in esso. Il Giulio Andreotti della pellicola di Paolo Sorrentino “Il divo” è Toni Servillo che rimanda magistralmente all’esponente scudocrociato, ma lo spettatore si ferma ad ammirare il Premio Oscar partenopeo.
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“Hammamet” di Gianni Amelio non è un film. “Hammamet” è il film. Pierfrancesco Favino non è un attore. Pierfrancesco Favino è l’attore. Favino non interpreta Craxi. Favino è Craxi. Favino si indentifica in Craxi e in esso scompare (trucco extra ordinem di Andrea Leanza e Federica Castelli). Il pubblico non osserva un artista che riveste i panni di un personaggio evocandone la corporeità e l’anima, bensì scruta un interprete che si trasforma nel personaggio evaporando in esso. Il Giulio Andreotti della pellicola di Paolo Sorrentino “Il divo” è Toni Servillo che rimanda magistralmente all’esponente scudocrociato, ma lo spettatore si ferma ad ammirare il Premio Oscar partenopeo. In “Hammamet” le movenze, l’andamento claudicante, il vezzo di toccarsi spesso gli occhiali rossi, la tonalità della voce, la parlata attenta e pensata, le movenze, la mimica, la gestualità, non ricordano Bettino Craxi ma sono Craxi, un Craxi oramai gravemente diabetico, cardiopatico e malato di tumore in “esilio” ad Hammamet. Il metodo Stanislavskij irrompe prepotentemente sul set, ossia nell’autentica villa tunisina, ben lontana dalle false rappresentazioni compiute dai rabbiosi rotocalchi del tempo.
Storia di tenera e commovente devozione della figlia Stefania (nel film Anita), sul rapporto travagliato con il figlio Bobo, affettuoso con il giovanissimo nipote e fantasioso con il figlio di Vincenzo Balsamo, segretario amministrativo del PSI, invero non morto suicida ma di infarto. Storia di riappropriazione di affetti, come con la moglie, in sempiterna sintonizzazione sui programmi televisivi italiani, e di sentimenti che non si cancellano, come quelli con le amanti.
La narrazione inanella fictio, suggestioni e nascondimenti, ove i personaggi che si susseguono, al pari dei parenti, si intuiscono, non si esplicitano. Lo stesso Craxi è citato con la sigla “C”.
Una coralità di attori di ampio respiro recitativo incollano lo sguardo allo schermo: Livia Rossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Roberto De Francesco, Omero Antonutti, Giuseppe Cederna, Renato Carpentieri, Claudia Gerini.
Una riflessione sulla tragica sorte dei potenti che cadono in disgrazia e che – come è consuetudine in Italia – vedono mutare in forme ectoplasmatiche i leccapiedi del giorno prima.
Un lavoro che dovrebbe indurre a meditare un Popolo in eterna negazione di se stesso: mai stato fascista, mai stato democristiano, mai stato berlusconiano e, probabilmente, mai stato leghista.
Un film sull’amore filiale, sugli inganni del potere e sulla sua caducità, sul senso di onnipotenza che obnubila le menti degli uomini di successo che perdono l’orizzonte dei limiti umani; un film sulla falsità, sulla viltà e sulla slealtà ma anche sugli affetti più autentici che sono quelli familiari, presenti non solo nella luce che svanisce nel crepuscolo.
Nella penombra del racconto v’è un interrogativo e un “memo”: perché non vi sono stati processi, condanne e galera (4000 arresti, 1000 condannati: e i 3000 che si sono fatti la prigione come forma di pressione e, quindi, di tortura?) per gli esponenti del Partito Comunista Italiano percettori per lustri e decenni di immani fondi dal nemico n. 1 dell’Occidente, la tirannica, imperiale e comunista Unione Sovietica? Sotto la Presidenza del Consiglio di Bettino Craxi l’Italia divenne la quinta potenza mondiale.
Buona obbligatoria visione!
Fabrizio Giulimondi
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meuricof1
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mercoledì 22 gennaio 2020
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per chi vuole capire
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Al di là del bene o del male, questo film mette in luce la straordinaria umanità del personaggio Craxi e la complessa personalità di un leader rimasto nella storia politica dell'Italia come un grande innovatore, per alcuni, come manutengolo per altri, Ma credo che, anche grazie all'opera di Amelio, nell'immaginario collettivo prevarrà la figura di un politico di razza.
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vibierre
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martedì 21 gennaio 2020
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craxi uomo e politico
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È il primo film che ha come argomento la vita politica italiana recente ,non ma non recentissima Quel poco di distanza che consente una certa pacatezza. Craxi è stato un uomo politico importante,durante il suo mandato l'economia,la politica estera erano di tutto rispetto Poi sono arrivate le tangenti, la gestione scorretta e le monetine sono state la metafora della nostra delusione Lo giudico un film interessante che rappresenta con forza un personaggio molto discusso
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vibierre
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martedì 21 gennaio 2020
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il nostro passato politico recente
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È la prima volta che il cinema di occupa di un passato recente e discusso della vita politica italiana Lo fa per così dire di striscio perché si parla di Craxi uomo che a ben guardare è inscindibile dall'"animale" politico Per tutti coloro che,come me hanno votato Craxi con convinzione il film è stato interessante Durante il governo Craxi:economia italiana non sfigurava in Europa ,alcuni ministri erano di buon livello,la nostra politica estera era di tutto rispetto Dopo tanti governi balneari avevamo un governo dalla normale durata Poi sono arrivate le tangenti e le monetine che erano la metafora della delusione
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domenico maria
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domenica 19 gennaio 2020
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tutto sarà diverso ma tutto sarà peggiore.
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Dai titoli di coda, in una sala muta di un silenzio claustrale, mi torna a martello in testa la frase che nel "Gattopardo" viscontiano, Don Fabrizio(Lancaster) dice allo speranzoso Chevallier, sceso in Sicilia da Torino per proclamare che la Sicilia è una "parte libera di un libero stato". Quei 15 minuti di conversazione non sono solo il cuore più intimo del film e del suo protagonista, ma continuano a essere lo spettro oscuro della nostra nazione. Quasi 60 anni dopo. Favino mi ha convinto di più quì che non come Buscetta. Ma ritrovo lo stesso "buco" contenutistico. Per eccellente che sia il suo trasformismo attoriale e una grande attendibilità con la "persona" Craxi, come ben dice "giajr", non viene detto nulla di importante di nuovo di inedito, anzi, allo spettatore viene bellamente fatta ingoiare la scena finale dove un molto bravo Luca Filippi, nemico/complice del protagonista(avete notato lo sguardo? Non ricorda il Malcom McDowell di "Arancia Meccanica"?), consegna alla figlia un nastro facendo esplicito riferimento ai segreti più oscuri e indicibili di cui egli stesso è parte(vittima?).
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Dai titoli di coda, in una sala muta di un silenzio claustrale, mi torna a martello in testa la frase che nel "Gattopardo" viscontiano, Don Fabrizio(Lancaster) dice allo speranzoso Chevallier, sceso in Sicilia da Torino per proclamare che la Sicilia è una "parte libera di un libero stato". Quei 15 minuti di conversazione non sono solo il cuore più intimo del film e del suo protagonista, ma continuano a essere lo spettro oscuro della nostra nazione. Quasi 60 anni dopo. Favino mi ha convinto di più quì che non come Buscetta. Ma ritrovo lo stesso "buco" contenutistico. Per eccellente che sia il suo trasformismo attoriale e una grande attendibilità con la "persona" Craxi, come ben dice "giajr", non viene detto nulla di importante di nuovo di inedito, anzi, allo spettatore viene bellamente fatta ingoiare la scena finale dove un molto bravo Luca Filippi, nemico/complice del protagonista(avete notato lo sguardo? Non ricorda il Malcom McDowell di "Arancia Meccanica"?), consegna alla figlia un nastro facendo esplicito riferimento ai segreti più oscuri e indicibili di cui egli stesso è parte(vittima?). Almeno, dopo le tonnellate di materiale raccolto da Oliver Stone in JFK, esci, quantomeno con la chiara consapevolezza che la morte del presidente americano è stata voluta in primis all'interno dei grandi produttori di petrolio, dei grandi fabbricanti di armi, dei vertici militari, di parte dei vertici politici e di parte dei Servizi. Certamente i nomi non li sapremo mai, ma almeno abbiamo inquadrato i pricipali(ma non soli)protagonisti. Da questo film si esce frustrati. Per la nostra sicurezza nazionale siamo tutti condannati a essere struzzi con la testa sempre sotto la sabbia? Sempre a essere intronati e distratti da notizie che devono seppellirne sempre altre, più indicibili,troppo imbarazzanti?Sempre avvolti da mura di silenzio e da uno smemoramento generalizzato?Io credo che Craxi sia stato,contemporaneamente l'ultimo grande leader politico in ordine di tempo, è il primo(ovviamente non unico) responsabile del degrado del paese. E' una figura estremamente divisiva ma, con 1 miliardo di difetti, resta sempre un grandissimo personaggio.Favino e in misura minore il bravo Filippi possono valere il film. La scelta di Amelio non tocca le sue grandi capacità, ma contenutisticamente,delude. O fai il ritratto puramente intimo avulso in toto dalla politica, o racconti questa sua, ultima e disperata, battaglia. Questa via di mezzo irrita e delude. Ultima provocazione. Il politico dei tempi nuovi, nel Gattopardo è Calogero Sedara(sublime Paolo Stoppa)...e non vi pare che la perfetta nullità umana in "Tolo Tolo", che diviene Ministro degli Interni a fine film non sia altro che l'ultima depravazione politica? In confronto lo squallido e opportunista Don Calogero sembra Giuseppe Garibaldi!
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domenica 19 gennaio 2020
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bruttissimo deludente
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