alessandro ronchi
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sabato 9 maggio 2020
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si salva solo favino
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il massimo punteggio, 5 stelle, andrebbe a chi riesce a seguire questo film fino alla fine. Io ho fatto molta fatica, film decisamente noioso, molto lento ma non poteva essere altrimenti. La vita di Craxi bisognava raccontarla sin dall'inizio della sua carriera e non gli ultimi anni, a vita ormai finita e ridotto a passare il resto della sua vita come qualsiasi altro pensionato di Hammamet. Non riesco capire cosa Amelio volesse trasmettere allo spettatore se non tanta noia. Si salva solo Favino che rispecchia molto bene la fiigura del politico sia nelle sembianze che nella voce.
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filippo_24
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martedì 28 aprile 2020
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un favino da oscar riesuma craxi nell'universo parallelo di amelio
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Ormai debilitato e rifugiato ad Hammamet, l'uomo più ambiguo della storia parlamentare italiana trascorrere i suoi ultimi giorni facendo i conti con sé stesso e con i propri demoni, in una rappresentazione molto romanzata e poco convincente che chiede a gran voce di essere applaudita e si aggrappa ad un meraviglioso Favino per trovare una propria ragion d'essere. Il film rivisita un attempato Craxi in procinto di passare a miglior vita, narrando una storia quasi totalmente soggettiva e che non trova nessuno sviluppo decisivo ai fini della trama e dell'evolversi stesso delle situazioni. È difficile raccontare Craxi super partes poiché si scade sempre nell'uno o nell'altro eccesso, definendolo talora martire, talora assassino della Repubblica.
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Ormai debilitato e rifugiato ad Hammamet, l'uomo più ambiguo della storia parlamentare italiana trascorrere i suoi ultimi giorni facendo i conti con sé stesso e con i propri demoni, in una rappresentazione molto romanzata e poco convincente che chiede a gran voce di essere applaudita e si aggrappa ad un meraviglioso Favino per trovare una propria ragion d'essere. Il film rivisita un attempato Craxi in procinto di passare a miglior vita, narrando una storia quasi totalmente soggettiva e che non trova nessuno sviluppo decisivo ai fini della trama e dell'evolversi stesso delle situazioni. È difficile raccontare Craxi super partes poiché si scade sempre nell'uno o nell'altro eccesso, definendolo talora martire, talora assassino della Repubblica. Qui il problema non si pone poiché vengono trascurate totalmente le vicende processuali e politiche del defunto ex premier, tirandole semmai fuori sporadicamente in occasione di incontri con vecchi amici di Parlamento o di monologhi ripresi in videocamera che si sforzano di dare un'aura di importanza alla verità (solo parzialmente svelata) di Amelio piuttosto che di Craxi. Pierfrancesco Favino, coadiuvato da un trucco ai limiti dell'eccellenza e da una maestria nell'imitazione che lo rende più Craxi di Craxi, sfodera probabilmente la miglior prestazione della sua già ricca carriera cinematografica, che sembra però quasi sprecarsi per rincorrere uno svolgimento incerto, confusionario e a tratti grottesco (è meglio dimenticare i quindici minuti di "gloria" di Claudia Gerini, totalmente inutile e fuori luogo). Craxi è vecchio e tormentato da drammi che non riusciamo a comprendere umanamente ma soltanto storicamente per la conoscenza diretta delle vicende di Tangentopoli, alle quali comunque Amelio non dà nessuna valenza particolare e dunque rende la narrazione esclusivamente incentrata sulle cronache di Reggia Craxi e dei suoi inquilini, tra bambini che sparano con fucili di legno e figli di vecchi amici che si presentano da giustizieri e finiscono per diventare biografi personali. Il film di per sé non gira, è lento e senza idee (se non per la trovata del sogno-incontro tra Bettino e il padre), e questo ci porta a pensare che il brutto difetto di associare la pesantezza alla riflessione nei film che vorrebbero essere umanamente e politicamente impegnati è dilagante ed inarrestabile; tant'è che la consegna finale della cassetta delle "confessioni di Bettino" nelle mani di Anita Craxi (nome di fantasia per la figlia, che rende ancora di più l'idea del romanzesco) sembra quasi essere l'implicita ammissione di colpa di un regista che si è accorto troppo tardi di dover aggiungere del frizzante ad un'opera asciutta, stopposa e quasi priva di un preciso significato politico, umano o di qualsivoglia natura umanistico-sociale. Il film non riesce a catturare, troppo spesso annoia, Amelio però sembra aver iniziato un cammino che, se approfondito e limato a dovere, in futuro gli porterà grandi soddisfazioni.
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vbelmonti
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domenica 2 febbraio 2020
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psicodramma di un grande leader in agonia
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Una premessa: questo non è un film storico e non ha ambizioni di critica politica. È una bella sceneggiatura con splendidi personaggi, dialoghi memorabili e un'interpretazione formidabile. Sobria e sapiente la messa in scena.
È un'opera molto psicologica e molto molto realistica, sebbene i personaggi siano quasi tutti romanzati. Tratta la vicenda interna e umana di Craxi in modo originale, accurato, direi fenomenologico, assumendo spesso una prospettiva soggettiva (Favino ha dichiarato di essersi davvero immedesimato nella mente del personaggio senza farsi influenzare dalla sua immagine pubblica), con lunghi monologhi e dialoghi che sembrano anch'essi monologhi, o forse sedute di psicoterapia.
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Una premessa: questo non è un film storico e non ha ambizioni di critica politica. È una bella sceneggiatura con splendidi personaggi, dialoghi memorabili e un'interpretazione formidabile. Sobria e sapiente la messa in scena.
È un'opera molto psicologica e molto molto realistica, sebbene i personaggi siano quasi tutti romanzati. Tratta la vicenda interna e umana di Craxi in modo originale, accurato, direi fenomenologico, assumendo spesso una prospettiva soggettiva (Favino ha dichiarato di essersi davvero immedesimato nella mente del personaggio senza farsi influenzare dalla sua immagine pubblica), con lunghi monologhi e dialoghi che sembrano anch'essi monologhi, o forse sedute di psicoterapia. Al centro c'è sempre lui, il Presidente, con la sua indomabile onnipotenza, la sua violenza verbale, l'amarezza rabbiosa del leone ferito. Con la consapevolezza dello statista ma anche tutta la debolezza di un uomo incapace di adattamento, di sottomissione, di autocritica. E poi i non-detti, che superano persino le parole, come la scena in cui lui cambia canale alla TV ignorando la moglie, con la prevaricazione automatica del capofamiglia in una società maschilista e gerarchica. O quando caccia la figlia-vestale, rea di troppo amore accudente, amata e odiata allo stesso tempo in quanto specchio della sua inaspettata, intollerabile dipendenza. Ma mai disprezzata quanto il figlio maschio, brutta copia del padre o, peggio ancora, proiezione della sua parte più debole e insicura.
Insomma, tutto il film ruota intorno e dentro alla mente di Craxi, personaggio complesso, sincero fino all'offesa, figura emblematica del grande statista in agonia ma anche unica nelle sue caratteristiche personologiche. E l'ossessione che tutti gli altri personaggi sembrano avere per lui, Monsieur le Président, rappresenta bene l'ossessione del gruppo per il capo carismatico, o l'ossessione della massa per il leader autoritario.
La riflessione politica è ai margini del film, ma non può che scaturirne con forza. Ad esempio non si può fare a meno di ragionare sul rapporto fra ambizione personale e rivoluzione, fra onnipotenza e leadership, fra paranoia e damnatio memoriae.
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ganesh
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domenica 2 febbraio 2020
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viva noschese...
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Una stella perchè faccio la media tra le cinque di un mimetico Favino, ( ma se voglio vedere un'imitazione perfetta vado a cercare Noschese a Studio Uno su You Tube) e l'inguardabilità pari a zero del complesso del film.
Dialoghi e attori, con tutto il rispetto per "Un posto al Sole" da soap opera, incongruenze d'epoca, incluso il vetro rotto con la fionda, un temperato che certamente in una canonica degli anni 50 ancora non poteva esserci, canzoni fuori contesto e fuori periodo, anche Piovani non è al suo meglio e poi il cameo imbarazzante della Gerini, appiccicato come una figurina nel contesto forse i cinque minuti peggiori del film intero con la la ingerie a vista come in un cinepanettone, infine una sceneggiatura cerchiobottista che dice e non dice, didascalica a livelli di documentario sovietico, che non prende nessuna posizione, ammicca, allude, non conclude.
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Una stella perchè faccio la media tra le cinque di un mimetico Favino, ( ma se voglio vedere un'imitazione perfetta vado a cercare Noschese a Studio Uno su You Tube) e l'inguardabilità pari a zero del complesso del film.
Dialoghi e attori, con tutto il rispetto per "Un posto al Sole" da soap opera, incongruenze d'epoca, incluso il vetro rotto con la fionda, un temperato che certamente in una canonica degli anni 50 ancora non poteva esserci, canzoni fuori contesto e fuori periodo, anche Piovani non è al suo meglio e poi il cameo imbarazzante della Gerini, appiccicato come una figurina nel contesto forse i cinque minuti peggiori del film intero con la la ingerie a vista come in un cinepanettone, infine una sceneggiatura cerchiobottista che dice e non dice, didascalica a livelli di documentario sovietico, che non prende nessuna posizione, ammicca, allude, non conclude.
Amelio si conferma per quello che ho sempre pensato sia, un regista sopravvalutato con un'abilità pari a un Sergio Martino ma con più supponenza...
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marco tonetti
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domenica 2 febbraio 2020
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un film che non ti lascia nulla, se non la noia
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Leggo solo ora la rensione di Nino Pellino e ritrovo alla lettera quel che mi son detto ieri sera all'uscita dalla sala: performance assolutamente splendida di Favino ma film inutile, noioso, lento, pesante e aggiungerei oltremodo prolisso.
Mi pare un goffo tentativo di riabilitare l'uomo Craxi (peraltro arrogante e indisponente con chi gli è vicino) che viene comunque sempre soffocato dall'ego del politico Craxi.
Delusione.
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ralphscott
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sabato 1 febbraio 2020
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oltre la mimesi?
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Occasione per ammirare l'aderenza di un attore al personaggio cui il film si ispira. Detto ciò, mi aspettavo qualche scena più sapida che riportasse agli anni '80. Amelio annoia e trascura quasi tutto ciò che Bettino non è; il resto del cast è sbiadito, come se il tiranno istrionico avesse prosciugato l'energia di tutti i personaggi che gli ruotano attorno. Si distinguono Livia Rossi, figlia sin troppo incazzata e, soprattutto, l'amico fidato e collega Vincenzo Balzamo, un bravo Giuseppe Cederna. Oscuro il personaggio interpretato dal giovane Luca Filippi. Avrei gradito qualcosa in più di un cameo da parte della sempre piacevole Gerini, qui nei panni dell'attricetta Ania Pieroni.
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Occasione per ammirare l'aderenza di un attore al personaggio cui il film si ispira. Detto ciò, mi aspettavo qualche scena più sapida che riportasse agli anni '80. Amelio annoia e trascura quasi tutto ciò che Bettino non è; il resto del cast è sbiadito, come se il tiranno istrionico avesse prosciugato l'energia di tutti i personaggi che gli ruotano attorno. Si distinguono Livia Rossi, figlia sin troppo incazzata e, soprattutto, l'amico fidato e collega Vincenzo Balzamo, un bravo Giuseppe Cederna. Oscuro il personaggio interpretato dal giovane Luca Filippi. Avrei gradito qualcosa in più di un cameo da parte della sempre piacevole Gerini, qui nei panni dell'attricetta Ania Pieroni. Penso non tornerò più al cinema per opere di Gianni Amelio: anche il precedente "La tenerezza", tanto osannato, mi aveva lasciato perplesso.
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rene''52
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domenica 26 gennaio 2020
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solo uno straordinario e gigantesco favino
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Premesso che è una cosa assolutamente normale che i giudizi della critica contrastino spesso e volentieri con quelli del pubblico e opere considerate di notevole levatura dalla prima siano accolte freddamente dal secondo e viceversa, da questo film, osannato dalla critica, mi aspettavo qualcosa di diverso. D'accordo che il titolo stesso lasciava presagire che la vicenda si sarebbe incentrata quasi esclusivamente sulla vita da rifugiato del protagonista in Tunisia ma pensavo comunque che si sarebbe lasciato più spazio a quanto trascorso in Italia e anche la crisi di Sigonella, quasi ridicolizzata, avrebbe meritato un'altra visione. Il tutto in un contesto troppo lento e forse un po' troppo 'psicologico'.
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Premesso che è una cosa assolutamente normale che i giudizi della critica contrastino spesso e volentieri con quelli del pubblico e opere considerate di notevole levatura dalla prima siano accolte freddamente dal secondo e viceversa, da questo film, osannato dalla critica, mi aspettavo qualcosa di diverso. D'accordo che il titolo stesso lasciava presagire che la vicenda si sarebbe incentrata quasi esclusivamente sulla vita da rifugiato del protagonista in Tunisia ma pensavo comunque che si sarebbe lasciato più spazio a quanto trascorso in Italia e anche la crisi di Sigonella, quasi ridicolizzata, avrebbe meritato un'altra visione. Il tutto in un contesto troppo lento e forse un po' troppo 'psicologico'. Ovviamente erano proprio queste le intenzioni del regista e quindi probabilmente non l'ho capito ma, a mia difesa posso dire che ero in compagnia di amici, tutt'altro che avvezzi ai cine-panettoni o action-movies di serie B per intenderci, e il giudizio è stato unanime. Se poi era un'occasione per consacrare Favino come il miglior attore italiano del momento, tale da non sfigurare neanche al confronto con i 'mostri sacri' di Hollywood, beh allora lo scopo è stato raggiunto. Un'interpretazione che meriterebbe una nomination agli Oscar come quella del trucco che ha reso Favino somigliante a Craxi in maniera quasi inquietante.
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francesco
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sabato 25 gennaio 2020
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film ibrido
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Il film tratta l'ultima parte della vita di Bettino Craxi, grosso personaggio politico della fine del 900.
da premettere c'è stata una ottima interpretazione di Pier Francesco Faviino, il film è ibrido nella misura che: non risalta ne l'aspetto politico ne l'aspetto umano.
parliamo di Craxi il segretario del PSI nonché presidente del consiglio nella metà degli anni 80.
se il regista voleva parlare solo dell'aspetto umano poteva fare molto di più......
complessivamente mediocre !!!
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mapaolo
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sabato 25 gennaio 2020
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consigliato
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Film un po' lento ma molto significativo. Racconta la storia mostrando un personaggio che nel bene e nel male ha fatto la storia della politica italiana esaltando le sue caratteristiche meno conosciute. Attore di grande spessore che si presta a grandi ruoli.
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luca scialo
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venerdì 24 gennaio 2020
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crepuscolo di uno statista che ancora oggi divide
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Gianni Amelio è un regista che scava nell'anima dei suoi personaggi. Non si limita a raccontare storie, ma cerca sempre di lasciare un segno negli spettatori che guardano i suoi lavori. Non sfugge a questo tentativo Hammamet, che si prefigge di raccontare gli ultimi anni di vita di Bettino Craxi. Segretario dello Psi per un quindicennio, oltre che Presidente del consiglio per 4 anni. Un personaggio che durante i rispettivi mandati, fu capace di unire i socialisti, farli uscire dalla sudditanza a sinistra col Pci, sottrarre l'egemonia a Palazzo Chigi della Dc, portare l'Italia ad una crescita economica che gli diede di diritto un posto tra i Paesi del G7, rendere il nostro Paese un punto di riferimento terzomondista.
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Gianni Amelio è un regista che scava nell'anima dei suoi personaggi. Non si limita a raccontare storie, ma cerca sempre di lasciare un segno negli spettatori che guardano i suoi lavori. Non sfugge a questo tentativo Hammamet, che si prefigge di raccontare gli ultimi anni di vita di Bettino Craxi. Segretario dello Psi per un quindicennio, oltre che Presidente del consiglio per 4 anni. Un personaggio che durante i rispettivi mandati, fu capace di unire i socialisti, farli uscire dalla sudditanza a sinistra col Pci, sottrarre l'egemonia a Palazzo Chigi della Dc, portare l'Italia ad una crescita economica che gli diede di diritto un posto tra i Paesi del G7, rendere il nostro Paese un punto di riferimento terzomondista. Di contro, però, viene anche ricordato per essere stato tra gli esponenti di spicco di Tangentopoli, per aver portato nella politica la demonizzazione di giornalisti e magistrati, di aver portato il debito pubblico su livelli esponenziali, di aver portato alla personalizzazione della disputa politica. Amelio però mette da parte tutto ciò, evitando un giudizio morale e politico sul personaggio. Limitandosi a raccontare la sofferenza umana degli ultimi istanti di vita del politico. Il suo rapporto di affetto, ma anche scontro, con la figlia (che nel film si chiama Anita anziché Stefania, come la moglie di quel Garibaldi che tanto stimava). E di silenzi e distanze col figlio (chiamato Sergio anziché Bobo), che si sforza di portare il fardello dell'eredità politica del padre. Cercando in Italia una via parlamentare al suo ritorno in Italia, ma senza successi. Nella realtà, invece, Bobo gli stette molto vicino. Mentre all'opposto, Stefania fu più distante. Ma nel Cinema il rapporto padre-figlia funziona meglio. Così come la moglie appaia nel film fedele e remissiva, sebbene nella vita reale pare fosse una donna che gli tenesse maggiormente testa. Non sono però questi gli unici spunti di fantasia del film. Proprio perché il regista ha preferito romanzare la storia. Infatti, nel film il tesoriere dello Psi (Vincenzo Balzamo, nella reatà Giuseppe Cederna), nonché due volte Ministro, preso dai rimorsi e dalla paura di finire in carcere, si suicida. Mentre nella realtà è morto di infarto. Così come la soubrette interpretata da Claudia Gerini sia un personaggio di fantasia, sebbene nella realtà una delle due sue amanti, Patrizia Caselli, davvero lo seguì nell'auto-esilio tunisino rinunciando ad un contratto con la Rai. Ed ancora, il giovane Fausto che giunge fino in casa sua per consegnargli la lettera del tesoriere suicida, è un personaggio completamente inventato. Seppur completamente funzionale alle esigenze drammaturgiche della sceneggiatura di Alberto Taraglio. La scena in ospedale con la gamba malconcia, fu nella realtà davvero fotografata dal fotografo personale del leader socialista: Umberto Cicconi. Mentre nel film non ci sono fotografi pronti ad immortalare quel momento così segnante. Anche il politico barbuto e vestito elegantemente di bianco, come fosse un personaggio candido e ripulito dai suoi peccati, che lo va a trovare sembra non avere riscontri reali. Sebbene sicuramente incarni quanti in quegli anni sono andati da lui dicendo di aver raccontato tutto e di aversela cavata per quello. Il dialogo tra i due è anch'esso funzionale alla storia ed emblema degli anni di Tangentopoli e Mani pulite. Menzione a parte spetta a Pierfrancesco Favino. Capace di superarsi continuamente. Aiutato certo da uno straordinario trucco, ma bravissimo nella mimica e nella cadenza linguistica che contraddistingueva Craxi. Superandosi ancora dopo aver interpretato magistralmente Tommaso Buscetta ne Il traditore. La pellicola si apre e si chiude con una cerbottana che fracassa il vetro di una finestra. In entrambe le volte a farlo è proprio Craxi: la prima volta da bambino discolo, la seconda metaforicamente da personaggio politico. Quest'ultima finestra è ancora lì, frantumata. Per un Paese che non riesce mai a mettere insieme i cocci della propria Storia.
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