samanta
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lunedì 8 giugno 2020
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gli ultimi anni di un presidente, ma dov'è craxi?
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Il film desta difficoltà nel giudizio, Amelio è un regista noto (anche in TV) e di discreta qualità (I ragazzi di via Panisperna, La tenerezza), ma ha scelto una via di mezzo che provoca dele perplessità. Innanzitutto il protagonista è Craxi (dall'aspetto e dal modo di parlare), ma nel film è chiamato il Presidente (Pierfrancesco Favino) , è cambiato il nome della figlia in Anita, capisco che è difficile parlare di un protagonista della storia italiana quando sono ancora in vita parenti e tanti personaggi di quei tempi, ma non apprezzo nascondersi dietro quel mezzuccio dell'anonminato la moglie e il figlio sono senza nome come anche il politico che incontra, ha il nome solo un protagonista inventato.
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Il film desta difficoltà nel giudizio, Amelio è un regista noto (anche in TV) e di discreta qualità (I ragazzi di via Panisperna, La tenerezza), ma ha scelto una via di mezzo che provoca dele perplessità. Innanzitutto il protagonista è Craxi (dall'aspetto e dal modo di parlare), ma nel film è chiamato il Presidente (Pierfrancesco Favino) , è cambiato il nome della figlia in Anita, capisco che è difficile parlare di un protagonista della storia italiana quando sono ancora in vita parenti e tanti personaggi di quei tempi, ma non apprezzo nascondersi dietro quel mezzuccio dell'anonminato la moglie e il figlio sono senza nome come anche il politico che incontra, ha il nome solo un protagonista inventato. E' quindi difficile giudicare un film che affronta un pezzo di storia non alla Oliver Stone, ma si rifugia nell'anonimato dei giudizi e l'inquadramento storico è fatto affrontando i problemi più importanti di striscio.
Ad esempio la giustizia che fu usata come una clava contro DC e PSI senza toccare, se non di sfuggita, il PCI che prendeva come tuttti tangenti per finanziare il partito (ricordate Greganti?) senza tenere conto i finanziamenti dall'URSS (vedi Dossier Mitrokhin), le vicende di quei giorni (ma anche di questi ...) rivelano una saldatura tra una parte della magistratura e una parte polica. Craxi commise tra gli altri 2 gravi errori "Sigonella" e la politica filoaraba (questa anche di Andreotti che la pagò), tali comportamenti determinarono l'ostilità degli USA che trovarono un'altro interlocurore che non fosse il PSI e la DC e che adesso è strettamente legato ai poteri forti. Oltra ai finanziamenti illeciti c'era la corruzione anche di politici, ma su Craxi ormai il giudizio prevalente che non commise illeciti personali, anche il famoso tesoro di 50 miliardi non fu mai trovato. Peraltro dopo 20 anni dalla sua morte la corruzione è ulteriormente dilagata, coivolgendo oltre la politica.la pubblica amministrazione e la giustizia. Tutti questi temi sono affrontati superficialmente soffermandosi il regista sugli ultimi anni di vita nell'esilio di Hammamet dove Craxi viveva con la moglie che nel film è una figura evanescente. Il film è lento e noioso e alcuni episodi per non limitarsi ai soliloqui del Presidente non convincono:
- la creazione di un personaggio Fausto (Luca Sartori) figlio di un dirigente socialista suicida cha arriva di nascosto nella casa di Craxi per ammazzarlo ma che poi diventa un testimone filmando e registrando tutto quello che succede, il Presidente che sa della sua intenzione (?), gli consegna una registrazione dei suoi segreti e il ragazzo scompare.
- L'incontro con l'amante (Claudia Gerini) in reggiseno e mutandine, una scena penosa sia pure breve;
- l'incontro con il Politico (un DC) una via di mezzo tra Forlani e Andreotti, , ma il tutto si riduce ad uno scambio di "supercazzole",
- infine la scena finale con la visione onirica del Presidente che assiste ad un carabet in cui viene deriso.
Dopo questa scena il Presidente muore (era gravemente ammalato) e pochi mesi dopo la figlia visita in manicomio dove è stato ricoverato, Fausto che gli consegna la registrazione del padre. La parte migliore è la recitazione eccellente di Favino che oltre all'ottimo trucco riesce ad imitare molto bene il modo di parlare e di gestire di Craxi, mediocri le altre recitazioni. Un film che delude, forse è troppo presto per fare un film del genere
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felicity
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mercoledì 3 giugno 2020
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ritratto di uno sconfitto che non perde arroganza
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Applausi per l’incredibile interpretazione di Favino che, dopo Buscetta di Bellocchio, consegna qui un altro lavoro di mimesi che va ben oltre al lavoro di make-up. Una mimesi impressionante. Clamorosa. Devastante. Una performance che, oltretutto, cancella tutto il resto del film.
Amelio sa che il film tocca un tema delicato e un nervo ancora scoperto, il film non è un attacco a Mani pulite e si capisce perfettamente che certi discorsi sono virgolettati.
Amelio racconta quel periodo senza giudicare, evitando ogni possibile pregiudizio, ma rischia di appiattirsi su quello che è il vero punto di forza del film, la magistrale prova di Pierfrancesco Favino, che non solo ci restituisce il volto di Craxi, ma sa imitare alla perfezione la voce del leader.
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Applausi per l’incredibile interpretazione di Favino che, dopo Buscetta di Bellocchio, consegna qui un altro lavoro di mimesi che va ben oltre al lavoro di make-up. Una mimesi impressionante. Clamorosa. Devastante. Una performance che, oltretutto, cancella tutto il resto del film.
Amelio sa che il film tocca un tema delicato e un nervo ancora scoperto, il film non è un attacco a Mani pulite e si capisce perfettamente che certi discorsi sono virgolettati.
Amelio racconta quel periodo senza giudicare, evitando ogni possibile pregiudizio, ma rischia di appiattirsi su quello che è il vero punto di forza del film, la magistrale prova di Pierfrancesco Favino, che non solo ci restituisce il volto di Craxi, ma sa imitare alla perfezione la voce del leader.
Il film rischia di togliere forza a una possibile riflessione sulla politica italiana degenerata in spettacolo.
Per Amelio, Craxi non è né un esule né un latitante, ma il protagonista di un doloroso dramma umano. Anche se, e forse questo è il vero limite del film, l’unico sfondo dei ragionamenti del protagonista è sempre e soltanto la vicenda giudiziaria.
Proprio l’interpretazione di Favino è il messaggio: nella sua messa in scena perfetta, fin troppo perfetta, al limite da annullare l’attore nella maschera fino a far scomparire l’alterità, c’è il tratto nazional-popolare che rompe un assordante silenzio durato vent’anni, specchio di un paese che non sa fare i conti con la propria storia. Perché incompiuta.
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francescofacchinetti
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mercoledì 20 maggio 2020
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la performance di favino è il film.
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Ora che l’ho visto capisco perché ha diviso così tanto, sia tra il pubblico che tra i critici. ‘Hammamet’ non è un film biografico, non è storico, né di cronaca e neanche fiction, ma è anche un po’ di tutte queste cose insieme. Ovviamente chi si aspettava solo o l’una o l’altra cosa può esser rimasto deluso, io personalmente sapevo un po’ di questa modalità bridge, sapevo di grandi elogi e di grandi bronci, quindi con tutte le riserve del caso mi sono imbattuto nella visione scegliendo di assistere alla storia così come si presentava, senza confrontarla con la realtà dei fatti e senza però neanche dimenticarli del tutto. Il risultato è una storia liberamente ispirata agli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi (ex presidente del Partito Socialista Italiano) con i nomi dei personaggi tutti cambiati rispetto alla realtà, con un personaggio che nella realtà non è mai esistito (Fausto), con storie e testimonianze che attingono dalla vicenda vera ma che poi fantasticano secondo la volontà del regista.
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Ora che l’ho visto capisco perché ha diviso così tanto, sia tra il pubblico che tra i critici. ‘Hammamet’ non è un film biografico, non è storico, né di cronaca e neanche fiction, ma è anche un po’ di tutte queste cose insieme. Ovviamente chi si aspettava solo o l’una o l’altra cosa può esser rimasto deluso, io personalmente sapevo un po’ di questa modalità bridge, sapevo di grandi elogi e di grandi bronci, quindi con tutte le riserve del caso mi sono imbattuto nella visione scegliendo di assistere alla storia così come si presentava, senza confrontarla con la realtà dei fatti e senza però neanche dimenticarli del tutto. Il risultato è una storia liberamente ispirata agli ultimi mesi di vita di Bettino Craxi (ex presidente del Partito Socialista Italiano) con i nomi dei personaggi tutti cambiati rispetto alla realtà, con un personaggio che nella realtà non è mai esistito (Fausto), con storie e testimonianze che attingono dalla vicenda vera ma che poi fantasticano secondo la volontà del regista. Questa era la nota incerta, quella che ancora non ho né promosso né bocciato, semplicemente l’ho accettata, come licenza poetica di Gianni Amelio (il regista) e della sua lettura dell’ultimo Craxi. La nota dolente è il ruolo di Luca Filippi, non tanto perché Fausto sia un personaggio (e parte di una trama) di fantasia, ma perché non è stato minimamente in grado di reggere quel ruolo. La sua malattia mentale ed i suoi traumi passati non giustificano una mono espressione per tutto il film, non giustificano la non capacità di cambiare intonazione a prescindere dal discorso. La nota non positiva, ma eccezionale, è Pierfrancesco Favino. È senza alcun dubbio la performance più bella che ci abbia mai regalato, occupa lo schermo per più di tre quarti di film praticamente da solo e non si ha mai la sensazione di vederlo recitare: è lui, è Craxi, parla come lui, si muove come lui, e (grazie al magnifico trucco) è esteticamente identico. Alcune velocizzazioni nella sceneggiatura o libertà che il regista si prende passano così in secondo piano, restando (attori non protagonisti compresi) un contorno carino ad una performance colossale.
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alessandro ronchi
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sabato 9 maggio 2020
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si salva solo favino
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il massimo punteggio, 5 stelle, andrebbe a chi riesce a seguire questo film fino alla fine. Io ho fatto molta fatica, film decisamente noioso, molto lento ma non poteva essere altrimenti. La vita di Craxi bisognava raccontarla sin dall'inizio della sua carriera e non gli ultimi anni, a vita ormai finita e ridotto a passare il resto della sua vita come qualsiasi altro pensionato di Hammamet. Non riesco capire cosa Amelio volesse trasmettere allo spettatore se non tanta noia. Si salva solo Favino che rispecchia molto bene la fiigura del politico sia nelle sembianze che nella voce.
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filippo_24
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martedì 28 aprile 2020
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un favino da oscar riesuma craxi nell'universo parallelo di amelio
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Ormai debilitato e rifugiato ad Hammamet, l'uomo più ambiguo della storia parlamentare italiana trascorrere i suoi ultimi giorni facendo i conti con sé stesso e con i propri demoni, in una rappresentazione molto romanzata e poco convincente che chiede a gran voce di essere applaudita e si aggrappa ad un meraviglioso Favino per trovare una propria ragion d'essere. Il film rivisita un attempato Craxi in procinto di passare a miglior vita, narrando una storia quasi totalmente soggettiva e che non trova nessuno sviluppo decisivo ai fini della trama e dell'evolversi stesso delle situazioni. È difficile raccontare Craxi super partes poiché si scade sempre nell'uno o nell'altro eccesso, definendolo talora martire, talora assassino della Repubblica.
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Ormai debilitato e rifugiato ad Hammamet, l'uomo più ambiguo della storia parlamentare italiana trascorrere i suoi ultimi giorni facendo i conti con sé stesso e con i propri demoni, in una rappresentazione molto romanzata e poco convincente che chiede a gran voce di essere applaudita e si aggrappa ad un meraviglioso Favino per trovare una propria ragion d'essere. Il film rivisita un attempato Craxi in procinto di passare a miglior vita, narrando una storia quasi totalmente soggettiva e che non trova nessuno sviluppo decisivo ai fini della trama e dell'evolversi stesso delle situazioni. È difficile raccontare Craxi super partes poiché si scade sempre nell'uno o nell'altro eccesso, definendolo talora martire, talora assassino della Repubblica. Qui il problema non si pone poiché vengono trascurate totalmente le vicende processuali e politiche del defunto ex premier, tirandole semmai fuori sporadicamente in occasione di incontri con vecchi amici di Parlamento o di monologhi ripresi in videocamera che si sforzano di dare un'aura di importanza alla verità (solo parzialmente svelata) di Amelio piuttosto che di Craxi. Pierfrancesco Favino, coadiuvato da un trucco ai limiti dell'eccellenza e da una maestria nell'imitazione che lo rende più Craxi di Craxi, sfodera probabilmente la miglior prestazione della sua già ricca carriera cinematografica, che sembra però quasi sprecarsi per rincorrere uno svolgimento incerto, confusionario e a tratti grottesco (è meglio dimenticare i quindici minuti di "gloria" di Claudia Gerini, totalmente inutile e fuori luogo). Craxi è vecchio e tormentato da drammi che non riusciamo a comprendere umanamente ma soltanto storicamente per la conoscenza diretta delle vicende di Tangentopoli, alle quali comunque Amelio non dà nessuna valenza particolare e dunque rende la narrazione esclusivamente incentrata sulle cronache di Reggia Craxi e dei suoi inquilini, tra bambini che sparano con fucili di legno e figli di vecchi amici che si presentano da giustizieri e finiscono per diventare biografi personali. Il film di per sé non gira, è lento e senza idee (se non per la trovata del sogno-incontro tra Bettino e il padre), e questo ci porta a pensare che il brutto difetto di associare la pesantezza alla riflessione nei film che vorrebbero essere umanamente e politicamente impegnati è dilagante ed inarrestabile; tant'è che la consegna finale della cassetta delle "confessioni di Bettino" nelle mani di Anita Craxi (nome di fantasia per la figlia, che rende ancora di più l'idea del romanzesco) sembra quasi essere l'implicita ammissione di colpa di un regista che si è accorto troppo tardi di dover aggiungere del frizzante ad un'opera asciutta, stopposa e quasi priva di un preciso significato politico, umano o di qualsivoglia natura umanistico-sociale. Il film non riesce a catturare, troppo spesso annoia, Amelio però sembra aver iniziato un cammino che, se approfondito e limato a dovere, in futuro gli porterà grandi soddisfazioni.
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vbelmonti
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domenica 2 febbraio 2020
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psicodramma di un grande leader in agonia
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Una premessa: questo non è un film storico e non ha ambizioni di critica politica. È una bella sceneggiatura con splendidi personaggi, dialoghi memorabili e un'interpretazione formidabile. Sobria e sapiente la messa in scena.
È un'opera molto psicologica e molto molto realistica, sebbene i personaggi siano quasi tutti romanzati. Tratta la vicenda interna e umana di Craxi in modo originale, accurato, direi fenomenologico, assumendo spesso una prospettiva soggettiva (Favino ha dichiarato di essersi davvero immedesimato nella mente del personaggio senza farsi influenzare dalla sua immagine pubblica), con lunghi monologhi e dialoghi che sembrano anch'essi monologhi, o forse sedute di psicoterapia.
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Una premessa: questo non è un film storico e non ha ambizioni di critica politica. È una bella sceneggiatura con splendidi personaggi, dialoghi memorabili e un'interpretazione formidabile. Sobria e sapiente la messa in scena.
È un'opera molto psicologica e molto molto realistica, sebbene i personaggi siano quasi tutti romanzati. Tratta la vicenda interna e umana di Craxi in modo originale, accurato, direi fenomenologico, assumendo spesso una prospettiva soggettiva (Favino ha dichiarato di essersi davvero immedesimato nella mente del personaggio senza farsi influenzare dalla sua immagine pubblica), con lunghi monologhi e dialoghi che sembrano anch'essi monologhi, o forse sedute di psicoterapia. Al centro c'è sempre lui, il Presidente, con la sua indomabile onnipotenza, la sua violenza verbale, l'amarezza rabbiosa del leone ferito. Con la consapevolezza dello statista ma anche tutta la debolezza di un uomo incapace di adattamento, di sottomissione, di autocritica. E poi i non-detti, che superano persino le parole, come la scena in cui lui cambia canale alla TV ignorando la moglie, con la prevaricazione automatica del capofamiglia in una società maschilista e gerarchica. O quando caccia la figlia-vestale, rea di troppo amore accudente, amata e odiata allo stesso tempo in quanto specchio della sua inaspettata, intollerabile dipendenza. Ma mai disprezzata quanto il figlio maschio, brutta copia del padre o, peggio ancora, proiezione della sua parte più debole e insicura.
Insomma, tutto il film ruota intorno e dentro alla mente di Craxi, personaggio complesso, sincero fino all'offesa, figura emblematica del grande statista in agonia ma anche unica nelle sue caratteristiche personologiche. E l'ossessione che tutti gli altri personaggi sembrano avere per lui, Monsieur le Président, rappresenta bene l'ossessione del gruppo per il capo carismatico, o l'ossessione della massa per il leader autoritario.
La riflessione politica è ai margini del film, ma non può che scaturirne con forza. Ad esempio non si può fare a meno di ragionare sul rapporto fra ambizione personale e rivoluzione, fra onnipotenza e leadership, fra paranoia e damnatio memoriae.
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ganesh
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domenica 2 febbraio 2020
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viva noschese...
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Una stella perchè faccio la media tra le cinque di un mimetico Favino, ( ma se voglio vedere un'imitazione perfetta vado a cercare Noschese a Studio Uno su You Tube) e l'inguardabilità pari a zero del complesso del film.
Dialoghi e attori, con tutto il rispetto per "Un posto al Sole" da soap opera, incongruenze d'epoca, incluso il vetro rotto con la fionda, un temperato che certamente in una canonica degli anni 50 ancora non poteva esserci, canzoni fuori contesto e fuori periodo, anche Piovani non è al suo meglio e poi il cameo imbarazzante della Gerini, appiccicato come una figurina nel contesto forse i cinque minuti peggiori del film intero con la la ingerie a vista come in un cinepanettone, infine una sceneggiatura cerchiobottista che dice e non dice, didascalica a livelli di documentario sovietico, che non prende nessuna posizione, ammicca, allude, non conclude.
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Una stella perchè faccio la media tra le cinque di un mimetico Favino, ( ma se voglio vedere un'imitazione perfetta vado a cercare Noschese a Studio Uno su You Tube) e l'inguardabilità pari a zero del complesso del film.
Dialoghi e attori, con tutto il rispetto per "Un posto al Sole" da soap opera, incongruenze d'epoca, incluso il vetro rotto con la fionda, un temperato che certamente in una canonica degli anni 50 ancora non poteva esserci, canzoni fuori contesto e fuori periodo, anche Piovani non è al suo meglio e poi il cameo imbarazzante della Gerini, appiccicato come una figurina nel contesto forse i cinque minuti peggiori del film intero con la la ingerie a vista come in un cinepanettone, infine una sceneggiatura cerchiobottista che dice e non dice, didascalica a livelli di documentario sovietico, che non prende nessuna posizione, ammicca, allude, non conclude.
Amelio si conferma per quello che ho sempre pensato sia, un regista sopravvalutato con un'abilità pari a un Sergio Martino ma con più supponenza...
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marco tonetti
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domenica 2 febbraio 2020
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un film che non ti lascia nulla, se non la noia
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Leggo solo ora la rensione di Nino Pellino e ritrovo alla lettera quel che mi son detto ieri sera all'uscita dalla sala: performance assolutamente splendida di Favino ma film inutile, noioso, lento, pesante e aggiungerei oltremodo prolisso.
Mi pare un goffo tentativo di riabilitare l'uomo Craxi (peraltro arrogante e indisponente con chi gli è vicino) che viene comunque sempre soffocato dall'ego del politico Craxi.
Delusione.
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ralphscott
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sabato 1 febbraio 2020
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oltre la mimesi?
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Occasione per ammirare l'aderenza di un attore al personaggio cui il film si ispira. Detto ciò, mi aspettavo qualche scena più sapida che riportasse agli anni '80. Amelio annoia e trascura quasi tutto ciò che Bettino non è; il resto del cast è sbiadito, come se il tiranno istrionico avesse prosciugato l'energia di tutti i personaggi che gli ruotano attorno. Si distinguono Livia Rossi, figlia sin troppo incazzata e, soprattutto, l'amico fidato e collega Vincenzo Balzamo, un bravo Giuseppe Cederna. Oscuro il personaggio interpretato dal giovane Luca Filippi. Avrei gradito qualcosa in più di un cameo da parte della sempre piacevole Gerini, qui nei panni dell'attricetta Ania Pieroni.
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Occasione per ammirare l'aderenza di un attore al personaggio cui il film si ispira. Detto ciò, mi aspettavo qualche scena più sapida che riportasse agli anni '80. Amelio annoia e trascura quasi tutto ciò che Bettino non è; il resto del cast è sbiadito, come se il tiranno istrionico avesse prosciugato l'energia di tutti i personaggi che gli ruotano attorno. Si distinguono Livia Rossi, figlia sin troppo incazzata e, soprattutto, l'amico fidato e collega Vincenzo Balzamo, un bravo Giuseppe Cederna. Oscuro il personaggio interpretato dal giovane Luca Filippi. Avrei gradito qualcosa in più di un cameo da parte della sempre piacevole Gerini, qui nei panni dell'attricetta Ania Pieroni. Penso non tornerò più al cinema per opere di Gianni Amelio: anche il precedente "La tenerezza", tanto osannato, mi aveva lasciato perplesso.
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rene''52
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domenica 26 gennaio 2020
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solo uno straordinario e gigantesco favino
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Premesso che è una cosa assolutamente normale che i giudizi della critica contrastino spesso e volentieri con quelli del pubblico e opere considerate di notevole levatura dalla prima siano accolte freddamente dal secondo e viceversa, da questo film, osannato dalla critica, mi aspettavo qualcosa di diverso. D'accordo che il titolo stesso lasciava presagire che la vicenda si sarebbe incentrata quasi esclusivamente sulla vita da rifugiato del protagonista in Tunisia ma pensavo comunque che si sarebbe lasciato più spazio a quanto trascorso in Italia e anche la crisi di Sigonella, quasi ridicolizzata, avrebbe meritato un'altra visione. Il tutto in un contesto troppo lento e forse un po' troppo 'psicologico'.
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Premesso che è una cosa assolutamente normale che i giudizi della critica contrastino spesso e volentieri con quelli del pubblico e opere considerate di notevole levatura dalla prima siano accolte freddamente dal secondo e viceversa, da questo film, osannato dalla critica, mi aspettavo qualcosa di diverso. D'accordo che il titolo stesso lasciava presagire che la vicenda si sarebbe incentrata quasi esclusivamente sulla vita da rifugiato del protagonista in Tunisia ma pensavo comunque che si sarebbe lasciato più spazio a quanto trascorso in Italia e anche la crisi di Sigonella, quasi ridicolizzata, avrebbe meritato un'altra visione. Il tutto in un contesto troppo lento e forse un po' troppo 'psicologico'. Ovviamente erano proprio queste le intenzioni del regista e quindi probabilmente non l'ho capito ma, a mia difesa posso dire che ero in compagnia di amici, tutt'altro che avvezzi ai cine-panettoni o action-movies di serie B per intenderci, e il giudizio è stato unanime. Se poi era un'occasione per consacrare Favino come il miglior attore italiano del momento, tale da non sfigurare neanche al confronto con i 'mostri sacri' di Hollywood, beh allora lo scopo è stato raggiunto. Un'interpretazione che meriterebbe una nomination agli Oscar come quella del trucco che ha reso Favino somigliante a Craxi in maniera quasi inquietante.
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