luca
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martedì 14 gennaio 2020
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hammamet.
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Oltre le critiche del pubblico molto ,a ragion di logica, sottostimate, io aggiungo che non sia un film per giovani,benché in sala con me ce ne fossero stati molti.
In un periodo in cui la politica è oggetto di disinteresse per i giovani,la vera tragedia sarebbe rendere la politica ancora più “apparentemente” noiosa.
In tutto ciò premetto che ho 20 anni.
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savio 86
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martedì 14 gennaio 2020
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craxi dov'è?
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Salta subito all'occhio una cosa: Amelio non fa nomi. Craxi è chiamato "il presidente", la figlia Anita, poi vi sono il giudice, il politico, l'amante... nessuna identità storica. Forse è banale ridurre Hammamet alla semplice "tortura" emotiva dell'esilio/latitanza di un moderno Napoleone. Il Craxi del perfetto Favino in realtà, porta al nostro tavolo il salato conto col passato: è lo scontro di generazioni, un tema tanto caro al cinema - soprattutto d'autore- ma che è trattato in maniera quasi rivoluzionaria, una tensione quasi nascosta, che emerge sporadicamente, ma che rappresenta il punto di forza della "Storia" e della storia craxiana. Siamo di fronte a quella generazione che, pur avendo conosciuto la fame durante guerra e la ricchezza di "quinta potenza industriale", ha commesso i suoi errori e di questi le generazioni successive da un lato ne pagano il prezzo, dall'altro sono messe di fronte all'inevitabile giudizio che-volente o nolente- bisogna dare.
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Salta subito all'occhio una cosa: Amelio non fa nomi. Craxi è chiamato "il presidente", la figlia Anita, poi vi sono il giudice, il politico, l'amante... nessuna identità storica. Forse è banale ridurre Hammamet alla semplice "tortura" emotiva dell'esilio/latitanza di un moderno Napoleone. Il Craxi del perfetto Favino in realtà, porta al nostro tavolo il salato conto col passato: è lo scontro di generazioni, un tema tanto caro al cinema - soprattutto d'autore- ma che è trattato in maniera quasi rivoluzionaria, una tensione quasi nascosta, che emerge sporadicamente, ma che rappresenta il punto di forza della "Storia" e della storia craxiana. Siamo di fronte a quella generazione che, pur avendo conosciuto la fame durante guerra e la ricchezza di "quinta potenza industriale", ha commesso i suoi errori e di questi le generazioni successive da un lato ne pagano il prezzo, dall'altro sono messe di fronte all'inevitabile giudizio che-volente o nolente- bisogna dare. Ed è qui che la narrativa cinematografica di Amelio irrompe nella sua quasi perfezione: da un lato ci sono i figli che perdonano i genitori per loro errori, e li accudiscono e aiutano fino in punto di morte, dall'altro c'è chi quel passato lo vuole distruggere. Allora è chiaro che non è interesse di Amelio parlare di Craxi o di Tangentopoli (ripeto: nessun personaggio storico citato, nemmeno lo stesso Craxi) ma di portare avanti una profonda analisi sul senso dell'errore e delle sue dirette conseguenze e soprattutto sulla posizione da assumere di fronte a chi, prima di noi, ha sbagliato (discorso che può essere fatto per i grandi errori della storia o per le nostre realtà quotidiane). Analisi a parte andrebbe fatta per la complessa simbologia del film: su tutte spiccano le immagini del piccolo Craxi che rompe i vetri, forse di un oratorio, con la sua piccola fionda, e lo schermo triangolare con Craxi al centro, immagini che compaiono all'inizio e alla fine della pellicola e che rappresentano da un lato il desiderio perenne delle nuove generazioni di "distruggere" il proprio passato, deridendo perfino chi cerca di punirlo, dall'altro il triangolo, simbolo di Dio per antonomasia, in cui compare il Craxi all'apice della sua parabola e alla fine, ormai morente sulla sedia a rotelle e deriso dai pessimi comici del varietà. Ciò che siamo stati (giovani distruttori) lo saranno i nostri figli e la perenne parabola umana sarà sempre soggetta al giudizio di Dio, forse l'unica posizione che conta davvero.
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inesperto
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lunedì 13 gennaio 2020
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favino è divino
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Quello che più balza all'occhio di questo lungometraggio è indubitabilmente l'interpretazione di Favino. E' stupefacente, quasi sconvolgente, quanto la parlata sia identica a quella del vecchio capo socialista. E' così perfetto che, immergendosi nel film, sembra di essere proprio lì, in compagnia del vero e proprio Craxi. Il nostro più grande attore sta effettuando un'ascesa inarrestabile. Vivi complimenti. Per quanto concerne la pellicola, quello che viene mostrato in maniera preponderante è il lato intimista del nostro protagonista, dal suo esilio dorato di Hammamet. Di politica si narra molto poco; si dà solamente spazio ad opinioni generali espresse direttamente da lui, conversando con l'interlocutore di turno, relativamente alla vicenda processuale ed alle prassi partitiche di quando era ai vertici dello Stato italiano.
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Quello che più balza all'occhio di questo lungometraggio è indubitabilmente l'interpretazione di Favino. E' stupefacente, quasi sconvolgente, quanto la parlata sia identica a quella del vecchio capo socialista. E' così perfetto che, immergendosi nel film, sembra di essere proprio lì, in compagnia del vero e proprio Craxi. Il nostro più grande attore sta effettuando un'ascesa inarrestabile. Vivi complimenti. Per quanto concerne la pellicola, quello che viene mostrato in maniera preponderante è il lato intimista del nostro protagonista, dal suo esilio dorato di Hammamet. Di politica si narra molto poco; si dà solamente spazio ad opinioni generali espresse direttamente da lui, conversando con l'interlocutore di turno, relativamente alla vicenda processuale ed alle prassi partitiche di quando era ai vertici dello Stato italiano. Questa scelta narrrativa fa inevitabilmente rallentare i ritmi, facendo disperdere un po' di quel pathos che, con un maggiore accento ai fatti politici dell'epoca, si sarebbe potuto provare. E' difficilmente giustificabile, inoltre, l'espressione di un fantomatico aspetto onirico verso la conclusione. Non è condivisibile quanto espresso da alcuni sul carattere agiografico dell'opera: Craxi non si rivela beatificato da quanto mostrato. E' la semplice biografia degli ultimi anni di vita di un ex politico controverso, le cui decisioni ed azioni (a livello di scelte pubbliche e morali) sono state molto discutibili, ma che, a paragone di chi abbiamo visto succedersi posteriormente, risulta comunque uno statista di livello marcatamente diverso. Ad ogni modo, alla fine della fiera, si tratta di un buon film con una straripante recitazione.
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anna maria gioia
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lunedì 13 gennaio 2020
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film da perdere
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La cosa migliore del film, direi incredibile, è l'interpretazione ela trasformazione di Favino. Per il resto il film è pessimamente interpretato da tutti gli altri attori, con scelte stilistiche e di inquadratura che non aiutano e rendere più fruibile e appassionante una sceneggiatura già inconsistente.
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arcangelo
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lunedì 13 gennaio 2020
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un film initile?
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"A cosa è servito riportare alla luce un tratto di storia privata di questo uomo politico? Forse a soddisfare la nostalgia e l'interesse di un pubblico formato prevalentemente da ultracinquentenni socialisti che hanno vissuto nei loro vivi ricordi il triste finale di Craxi? Ai giovani d'oggi sicuramente è un film inutile......".
Seguendo questa impostazione - il riferimento generazionale - anche il film di Sorrentino "Il Divo" su Andreotti è inutile.
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angelo umana
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lunedì 13 gennaio 2020
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un onorevole (?) visto da vicino
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Un ragazzino impertinente ben vestito e pettinato tira con la fionda ai vetri della scuola (cattolica), è "la mano esperta di un ingenuo gradasso" della canzone di Lucio Battisti, ma è divertito, mostra determinazione nel suo viso, e scagli la prima pietra chi non si sia mai compiaciuto di un simile trastullo.
Subito dopo vediamo quel ragazzo fatto grande e famoso, declamare il pil che cresce nella nazione (1987) e onorare Pertini, che fà sempre chic e chiama il plauso, del resto tutte le "convenscion" - anche di partito - sono celebrative, riti e recite che si compiono, parole ben assestate e battiti entusiasti di mani, boati e ovazioni, di solito da gente interessata che si compiace di un capo così e che, ineludibilmente, gli dà ragione.
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Un ragazzino impertinente ben vestito e pettinato tira con la fionda ai vetri della scuola (cattolica), è "la mano esperta di un ingenuo gradasso" della canzone di Lucio Battisti, ma è divertito, mostra determinazione nel suo viso, e scagli la prima pietra chi non si sia mai compiaciuto di un simile trastullo.
Subito dopo vediamo quel ragazzo fatto grande e famoso, declamare il pil che cresce nella nazione (1987) e onorare Pertini, che fà sempre chic e chiama il plauso, del resto tutte le "convenscion" - anche di partito - sono celebrative, riti e recite che si compiono, parole ben assestate e battiti entusiasti di mani, boati e ovazioni, di solito da gente interessata che si compiace di un capo così e che, ineludibilmente, gli dà ragione. E i garofani in una “convescion”, quale idea, che colore, che pensiero gentile! Dopo c'è una cena anch'essa celebrativa, chissà a spese di chi, tutti i salmi finiscono...a tavola.
Ma non è un film politico questo che ha girto Gianni Amelio, è sull'uomo, il suo destino e il suo declino, l'essere umano che inevitabilmente decrepisce (parola inventata). Riflette e scrive e parla, la dialettica non gli mancava e nemmeno il carisma, è il solito lottatore indomito ma coloro contro cui lotta sono fantasmi lontani, sono rimasti a Milano, Italia, quelli che lo accusarono e condannarono. Ed egli s'era preparata la via di "uscita", non si dica di "fuga" a un uomo di cotanta passata grandezza, un quasi statista: la sua dimora ad Hammamet, Tunisia, lo attendeva, guardie del corpo e autorità compiacenti “benvenivano” l'augusto ospite. Non tutti se lo possono permettere ma un grande sì che può, anche questo agio...chissà con che soldi. Sono i "costi della democrazia", di cui qualcosa restava tra le dita, gli dice un pari-merito democristiano che lo incontra in visita (Renato Carpentieri), ma gli apparati faraonici dei partiti non li capisce nessuno. Idenari per la politica sono come le armi per la guerra, sentenziò il condottiero accorto che tutto aveva compreso.
Non realizzava ancora che qualcosa incombeva su di lui e la sua gente, inchieste di cui vi era già sentore, ma perché preoccuparsi, così facevano tutti, cosi fan tutti. Lontane le paranoie ed angosce per un uomo di successo, pur intento a scolpire il suo monumento mentre i topi ne mangiavano già il piedistallo, gli dice un collega di partito che si suiciderà, pare l'unico che gli volesse bene. Ma il nostro fu grande anche in questo, non volle suicidarsi e quelle colpe, sostiene il personaggio, le pago' da vivo tutti i giorni, in un esilio dorato. "100 giorni 100 ore 100 minuti" canta Caterina Caselli nel film, ma in realtà fu una vita abbastanza serena lungo 10 anni, solo disturbata da qualche turista italiano in gita che lo riconosce, da notizie dall'Italia che comunque segue (c'è perfino un'intervista di Vespa a Berlusconi in tv, il noto programma era già in onda allora) e che forse lo contrariano, perché non può ribattere, nessuno contro cui inveire, non ha più piedistalli né fotografi o salamelecchi, un uomo che definirono vittima del suo stesso orgoglio e della sua arroganza. Qualcuno nel film lo classifica come "ingordo di tutto, scostumato, superbo, cafone. Non rispetta le donne, le usa" (vizi privati diffusi, pubbliche virtù).
Gianni Amelio non dà giudizi schierati, non sappiamo quanto di ciò che riporta è documentato o immaginato, ma in fondo è verosimile ed equilibrato il film: giudizi composti, forse, ne daranno i politici in un'imminente celebrazione ad Hammamet nel ventennale dalla dipartita. Ci conduce bene lungo il suo film, osserviamo l'uomo quasi nudo, senza più cravatte rosse e doppiopetti (altri se ne ammanteranno): l'affluenza di pubblico nelle sale è fatta di teste bianche, vogliamo ri-vederlo quest'uomo - e Favino è diventato per il film un Craxi perfetto, una somiglianza inquietante - vederlo da vicino, quasi toccarlo lui che sembrava sempre inarrivabile sopra un pulpito. Eppure ... avrebbe potuto rimanere in Italia, farsi curare nel "suo Paese che ama" (lo disse un suo discepolo e successore) dove nonostante i preparativi della figlia - una Anita nel film, colei che, a dire del padre, il male che mi fanno arriva prima a lei - si rifiuta di andare, avrebbe potuto scontare i suoi 10 anni di prigione come un qualsiasi Sergio Cusani, e magari come costui uscirne mondato riqualificato e convertito a ben operare, forse ancora utile alla comunità. Ciò sarebbe stato più onorevole, non scappare come un topo, e soffrire la nostalgia del suo Paese in un esilio ricco ma ozioso e malinconicoo, una prigione anch'essa.
E' romantica e fantasiosa la chiusura: In un varietà satirico immaginario accostano “leader” a “lader”. Già trapassato il nostro (malgrado noi) protagonista passeggia sul tetto del Duomo di Milano, quella "da bere", e incontra suo padre (Omero Antonutti) che lo stava aspettando. Che hai fatto? gli chiede, e sembra dire bonariamente "ne hai combinato un'altra delle tue?: era accaduto che altri vetri della scuola aveva rotto il ragazzo con la fionda e presolo per un orecchio il prete inclemente lo aveva accusato in chiesa, davanti all'altare: maleducato manigoldo malfattore maligno maledetto, qualità nessuna.
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meuricof1
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lunedì 13 gennaio 2020
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un film che non dà risposte ma aiuta a capire
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L'opera di Amelio non dà risposte, ma è importante per i giovani, che all'epoca erano bambini o ragazzi, vedere questo film, perchè aiuta a capire la vicenda personale e politica di Bettino Craxi, Tralascio i meriti e i demeriti politici di Craxi. Ma mi sento di affermare: quelli che ancora favoleggiano sul tesoro nascosto di Bettino Craxi devono vedere l'ottimo film di Amelio per accorgersi che la famiglia Craxi non nuotava nell'oro tanto che Craxi si fece operare in uno scadente ospedale pubblico tunisino e che la famosa "reggia" di Hammamet era una bella villa (il set del film), sì, ma alla portata di una qualsiasi famiglia di ceto medio benestante.
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L'opera di Amelio non dà risposte, ma è importante per i giovani, che all'epoca erano bambini o ragazzi, vedere questo film, perchè aiuta a capire la vicenda personale e politica di Bettino Craxi, Tralascio i meriti e i demeriti politici di Craxi. Ma mi sento di affermare: quelli che ancora favoleggiano sul tesoro nascosto di Bettino Craxi devono vedere l'ottimo film di Amelio per accorgersi che la famiglia Craxi non nuotava nell'oro tanto che Craxi si fece operare in uno scadente ospedale pubblico tunisino e che la famosa "reggia" di Hammamet era una bella villa (il set del film), sì, ma alla portata di una qualsiasi famiglia di ceto medio benestante. Senza dimenticare che l' assunto giudiziario per condannare Craxi era "non poteva non sapere". Ma è valso solo per lui, come una sorta di capro espiatorio delle malefatte della prima repubblica. Che, cmq, aveva leader politici decisamente migliori di quelli attuali, nel bene o nel male. Ammirevole, inoltre, nel film la rivendicazione da parte di Craxi di aver sostenuto e finanziato i principali movimenti democratici antifascisti e antisovietici, dal Cile alla Cecoslovacchia, dalla Spagna alla Grecia, dal Portogallo alla Polonia ecc. Ma illuminante la risposta del politico dc ( R.Carpentieri): alla gggente di quei sostegni non fregava niente, vedeva solo le banconote rimaste attaccate alle mani dei corrotti. Monumentale, infine, l'interpretazione di Favino che restituisce allo spettatore tutta l'umanità dell'individuo Craxi.
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elgatoloco
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lunedì 13 gennaio 2020
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amelio e favino ok, più di sempre
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Confesso che i film di Gianni Amelio, finora, m'avevano sempre interessato relativamente, ma questo"Hammamet"che Amelio ha scritto oltre che diretto, quasi interamente da solo, sull'ultimo mezzo anno di vita in Tunisia, di Bettino Craxi, in condizioni che alcuni hanno definito di"fuggitivo", altri di "esiliato"(non mi esprimo, in questa sede), comunque di estrema difficoltà e di condizioni di salute proibitive, senza voler esprimere un giudizio defintivo, appare estreamente significativo. Un fillm storico senza essere direttamente"poltico"(nel senso di partitico), un film che comunque evidenzia alcuni elementi(parte del discroso al congresso del 1989, con rielezione quasi plebiscitaria, la caratterizzazione del"socialismo tricolore", la presa di posizione sulla vexata quaestio dele finanziamente pubblico dei partiti-ide est della politica), battendo invece sulla vicenda umana"in exitu"del leader socialista, tra dolcezza e furore, tra rimpianti e rimorsi o meglio ripensamenti, tra voglia di verità e senso della politica, che impone a anche di tutelare vari "segreti", porta a un film direttamente importante, significativo, capace di"mordere"nel panroama storico-politico italiano e non solo(la vicenda di Craxi rimane sintomatica della"grandezza-debolezza"deelle socialdemcoraziee europee tout court, come ormai ampiamente dimostrato).
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Confesso che i film di Gianni Amelio, finora, m'avevano sempre interessato relativamente, ma questo"Hammamet"che Amelio ha scritto oltre che diretto, quasi interamente da solo, sull'ultimo mezzo anno di vita in Tunisia, di Bettino Craxi, in condizioni che alcuni hanno definito di"fuggitivo", altri di "esiliato"(non mi esprimo, in questa sede), comunque di estrema difficoltà e di condizioni di salute proibitive, senza voler esprimere un giudizio defintivo, appare estreamente significativo. Un fillm storico senza essere direttamente"poltico"(nel senso di partitico), un film che comunque evidenzia alcuni elementi(parte del discroso al congresso del 1989, con rielezione quasi plebiscitaria, la caratterizzazione del"socialismo tricolore", la presa di posizione sulla vexata quaestio dele finanziamente pubblico dei partiti-ide est della politica), battendo invece sulla vicenda umana"in exitu"del leader socialista, tra dolcezza e furore, tra rimpianti e rimorsi o meglio ripensamenti, tra voglia di verità e senso della politica, che impone a anche di tutelare vari "segreti", porta a un film direttamente importante, significativo, capace di"mordere"nel panroama storico-politico italiano e non solo(la vicenda di Craxi rimane sintomatica della"grandezza-debolezza"deelle socialdemcoraziee europee tout court, come ormai ampiamente dimostrato). Da notate che nei titoli di coda non si segnala una consulenza storica, che invece c'è, visto il numero degli archivi consultati(da quello di Lelio Basso alla stessa Fondazione Craxi). Sena dire degli/delle altre interpreti, bravissimi/e da notare l'operazione di immedesimazione totale di Piefrancesco Favino, stile Strasberg-Stanislavskij,dove non è neppur eeccessivo sostenere che Favino diviene Craxi, non lo"fa", Da notare nel sottofinale, a commento della morte dello statista, il siparietto da avanspettacolo sull'onestà o meno del politico, sorta di apologo(irrisolto, se vogliamo)che si inserisce molto bene, mentre rimane volutamente enigmatica la figura del figlio di un collaboratore(meglio dire ex)di Craxi, che finisce in clinica psichiatrica. Non tutto è chiaro nè deve necessariamente esser chiarito ad abundantiam. visto che c'è comunque un grando spazio tra quanto in venti anni dalla morte del leader socialista ad oggi si è chiarito e quanto rimarrà certamente da chiarire .... El Fato
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francesco izzo
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domenica 12 gennaio 2020
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un'ottima rappresentazione
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Interpretazione magistrale di Favino (certo bravissimi anche quelli che hanno scritto il copione ed l truccatori, però), che riproduce quasi alla perfezione toni, posture, umori, scatti di nervi, momenti di tenerezza e scambi salaci del leader socialista ormai spodestato, condannato ed esiliato ad Hammamet.
Con alcuni personaggi (bravi anche loro) in parte presi da spunti reali ed in parte di fantasia ( Vincenzo: è Balzamo e Moroni insieme? Il personaggio anziano, di piccola statura con panama e barba bianca che lo va a trovare alla fine sarebbe Cirino Pomicino? E l'amante chi sarebbe?) ed alcune invenzioni (tipo il figlio di Vincenzo che conserva sempre un alone di mistero o la figlia che invece di Stefania diventa una Anita bruna ed emotiva) il film regge stupendamente, cattura lo spettatore e lo rende pienamente compartecipe delle sorti del Leader socialista sicuramente per tre quarti del tempo.
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Interpretazione magistrale di Favino (certo bravissimi anche quelli che hanno scritto il copione ed l truccatori, però), che riproduce quasi alla perfezione toni, posture, umori, scatti di nervi, momenti di tenerezza e scambi salaci del leader socialista ormai spodestato, condannato ed esiliato ad Hammamet.
Con alcuni personaggi (bravi anche loro) in parte presi da spunti reali ed in parte di fantasia ( Vincenzo: è Balzamo e Moroni insieme? Il personaggio anziano, di piccola statura con panama e barba bianca che lo va a trovare alla fine sarebbe Cirino Pomicino? E l'amante chi sarebbe?) ed alcune invenzioni (tipo il figlio di Vincenzo che conserva sempre un alone di mistero o la figlia che invece di Stefania diventa una Anita bruna ed emotiva) il film regge stupendamente, cattura lo spettatore e lo rende pienamente compartecipe delle sorti del Leader socialista sicuramente per tre quarti del tempo. Peccato per la fine, in cui, forse per strafare, forse semplicemente per voler concludere il film in modo un pò originale, avvengono alcune stranezze che a mio avviso sarebbe stato meglio evitare.
Il film è comunque complessivamente da 9 meritato.
E' la fotografia riuscita degli ultimi giorni di un leader politico con grande visione da statista, che ha pagato a caro prezzo la volontà di innovare, di riformare e di cambiare un' Italia ancora conservatrice, retorica, ipocrita e un pò bigotta; certo peccando spesso anche di orgoglio, metodi discutibili e a volte fin troppo disinvolti ,nonché dovendo render conto, probabilmente, anche del suo brutto carattere e di una certa arroganza di modi, per lo meno di fronte all'opinione pubblica più superficiale.
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lbavassano
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domenica 12 gennaio 2020
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strepitoso favino
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Doverosamente premesso che del suo eventuale significato politico, o del significato politico che qualcuno vorrà attribuirgli, me ne importa poco o nulla (anche se in quegli anni la politica l'ho vissuta con impegno, passione e, soprattutto, rabbia, e forse proprio per questo), ho trovato "Hammamet" un bel film, molto bello a tratti, ottimo nel finale, nel pre-finale a dire il vero, felliniano, che immediatamente, volutamente, violentemente ribalta la poesia onirica in cialtroneria. Meno riuscito, a mio parere, il finale-finale, ma è tutto il personaggio di Fausto ad apparirmi debole, quando non inutile. Strepitoso sempre Favino, nello scavo interiore, nel sapere rendere appieno tutte le sfaccettature umane, troppo umane, ed in ciò mi ha addirittura ricordato la Meryl Streep di "The Iron Lady", nella capacità di interpretare il confronto, il conflitto tutto interiore fra un ego smisurato e la debolezza della malattia.
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Doverosamente premesso che del suo eventuale significato politico, o del significato politico che qualcuno vorrà attribuirgli, me ne importa poco o nulla (anche se in quegli anni la politica l'ho vissuta con impegno, passione e, soprattutto, rabbia, e forse proprio per questo), ho trovato "Hammamet" un bel film, molto bello a tratti, ottimo nel finale, nel pre-finale a dire il vero, felliniano, che immediatamente, volutamente, violentemente ribalta la poesia onirica in cialtroneria. Meno riuscito, a mio parere, il finale-finale, ma è tutto il personaggio di Fausto ad apparirmi debole, quando non inutile. Strepitoso sempre Favino, nello scavo interiore, nel sapere rendere appieno tutte le sfaccettature umane, troppo umane, ed in ciò mi ha addirittura ricordato la Meryl Streep di "The Iron Lady", nella capacità di interpretare il confronto, il conflitto tutto interiore fra un ego smisurato e la debolezza della malattia. Giusta la misura della discreta presenza di Silvia Cohen.
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