Anno | 2019 |
Genere | Hard |
Produzione | USA |
Durata | 60 minuti |
Regia di | Alfonso Gomez-Rejon, Sydney Freeland, Dana Gonzales, Geeta Patel |
Attori | Uma Thurman, Sivan Alyra Rose, Griffin Powell-Arcand, Nicholas Galitzine, Tony Goldwyn Marcus LaVoi, Lilliya Scarlett Reid, Kyanna Simone Simpson, Sarah Mezzanotte, Matthew Rauch, Johnny Rios, Kumiko Konishi, Ammie Leonards, Michael Stahl-David, Jade Kammerman, Carrie Lazar, Jacob Browne, Keith Jardine. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
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Ultimo aggiornamento lunedì 29 aprile 2019
Una donna sopravvive a un trapianto di cuore e inizia a sviluppare tratti di una personalità che non è la sua.
CONSIGLIATO N.D.
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La storia di una giovane donna sopravvissuta ad un infarto e ossessionata dal mistero che circonda il cuore che le è stato donato e le ha salvato la vita. Più si avvicina a scoprire la verità sulla morte improvvisa della sua donatrice, più inizia ad assumere le caratteristiche di quest'ultima, alcune delle quali pericolosamente sinistre.
L'intrattenimento non manca ed è apprezzabile una certa originalità dell'approccio a un tema ben noto
Recensione
di Rudy Salvagnini
Proprio quando ha deciso di perdere la verginità con il focoso fidanzato TJ, la diciassettenne Sasha è colta da un grave attacco cardiaco. Portata d'urgenza in ospedale viene sottoposta a un trapianto di cuore. Quando si è ristabilita e cerca di recuperare una vita normale, lo zio Frank, con cui vive e per il quale lavora nel suo negozio di acquari e pesci tropicali, gli presenta Ben Lefevre, il padre di Becky, la ragazza donatrice. Se Sasha e Frank vivono con più di qualche problema economico in un ambiente molto popolare, Ben e la moglie Nancy sono molto ricchi e offrono a Sasha una borsa di studio in memoria di Becky in un rinomato istituto. Sia pure combattuta, Sasha accetta e si ritrova in un mondo del tutto nuovo. Ma la ragazza comincia anche ad avere strane visioni e percezioni. Cerca di saperne di più su Becky a partire dalla vera causa della morte, ammantata di mistero. E più scopre, più c'è da sapere in un viluppo sinistro e ambiguo.
È dai tempi di Le mani dell'altro (1924) di Rupert Wiene, prima trasposizione cinematografica del romanzo "Le mani di Orlac" di Maurice Renard (poi riportato sullo schermo più volte: Amore folle, Le mani dell'altro di Greville, Le mani dell'assassino), quando il tema dei trapianti era pura fantascienza, che si propaga la supposizione, o la sensazione, che qualcosa della personalità del donatore si trasmetta al ricevente assieme all'organo trapiantato. Si tratta, com'è ovvio, di una tesi priva di fondamento, ma molto suggestiva e narrativamente funzionale, anche solo per suggerire sospetto e inquietudine.
Chambers, serie televisiva creata per Netflix da Leah Rachel e in questa prima stagione composta da dieci episodi, riprende queste tematiche con un organo del tutto centrale nell'organismo umano, il cuore. Le riprende e le rielabora in modo complesso e per certi versi raffinato anche se mette sin troppa carne al fuoco rispetto a quanta ne possa cucinare. Ma, del resto, è la prima stagione.
L'articolazione in dieci episodi consente l'approfondimento dei personaggi, ma soprattutto richiede un intreccio di trame e sottotrame che talora, soprattutto negli episodi centrali, fa però perdere un po' ritmo al racconto, che traccheggia e si disperde. Come è forse naturale, la storia riprende vigore negli episodi finali, maggiormente dinamici e orrorifici, ritrovando la verve del promettente inizio. La regia è affidata a diversi registi, ma si distingue tra tutti il bravo Ti West, specialista del genere, che riesce a dare maggiore vigore visionario soprattutto al secondo dei suoi episodi (l'ottavo), trovando i giusti accenti macabri.
Il lato etnico, con l'appartenenza della protagonista - sia pure mezzosangue - e di alcuni suoi parenti e amici ai nativi americani, è utilizzato per dare spessore alla caratterizzazione ed enfatizzare la differenza sociale con i wasp che vivono nel lusso e perseguono scopi ambigui. Per converso, viene anche esplorata in modo significativo l'angolatura new age, sempre in bilico tra satira e concreta minaccia: in quest'ambito, via via che la storia procede viene approfondito l'aspetto cospirazionista e complottista che sin dai tempi di Rosemary's Baby (ma anche prima, a ben vedere) ha caratterizzato certo cinema horror.
Alcuni personaggi sono ben definiti e approfonditi, altri sono più schematici: il tentativo è soprattutto quello di creare un variegato insieme di caratteri tale da consentire una credibile e non troppo prevedibile interazione. Qualche momento di pathos c'è, soprattutto nello strano legame tra la protagonista e la sua donatrice morta, che si approfondisce nella parte finale della storia.
La recitazione è nel complesso di buona qualità, tra qualche alto e qualche basso. Uma Thurman porta un po' di classe recitativa, ma spiccano anche il vigoroso Marcus LaVoi nel ruolo di Big Frank, lo zio di Sasha, e Sarah Mezzanotte in quello della studentessa perfettina e invidiosa. L'esordiente Sivan Alyra Rose se la cava bene nel non facile ruolo della protagonista.
Nell'insieme, l'intrattenimento non manca ed è apprezzabile una certa originalità dell'approccio a un tema ben noto, anche attraverso la contaminazione con altri sottogeneri horror.