vincenzo8
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sabato 14 novembre 2020
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l''amico dei cani o l''uomo cane?
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Il titolo del film è volutamente ambiguo, come ambiguo è il luogo in cui si sviluppa l'intera storia del film. Di primo acchito si potrebbe pensare(ingenuamente) che questa storia tratti la lotta tra il bene e il male, la remissione di un buon a vantaggio del cattivo. Sicuramente in superficie il film narra di questo, ma non è tutto, bisogna sviscerare più a fondo la trama ed esaminare con un occhio più attento la psicologia dei personaggi. Simone-il bullo del quartiere-non lascia spazio ad interpetazioni soggettive, è oggettivamente un bullo senza se e senza ma, un cocainomane ed ex-pugile che non mostra alcuna compassione verso gli abitanti del posto; disonesto,bugiardo,aggressivo, sfruttatore ,scassinatore e chi più ne ha più ne metta.
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Il titolo del film è volutamente ambiguo, come ambiguo è il luogo in cui si sviluppa l'intera storia del film. Di primo acchito si potrebbe pensare(ingenuamente) che questa storia tratti la lotta tra il bene e il male, la remissione di un buon a vantaggio del cattivo. Sicuramente in superficie il film narra di questo, ma non è tutto, bisogna sviscerare più a fondo la trama ed esaminare con un occhio più attento la psicologia dei personaggi. Simone-il bullo del quartiere-non lascia spazio ad interpetazioni soggettive, è oggettivamente un bullo senza se e senza ma, un cocainomane ed ex-pugile che non mostra alcuna compassione verso gli abitanti del posto; disonesto,bugiardo,aggressivo, sfruttatore ,scassinatore e chi più ne ha più ne metta. L'altro personaggio, cioè il protagonista(Marcello) non è tutto oro quel che luccica. In apparenza potrebbe sembrare un uomo mite, genuino, affettuoso, amante dei cani e della famiglia, ma più la storia prosegue e più viene mostrata la doppia natura di quest'uomo. Partiamo dal suo lavoro che è quello di dog-sitter e toelettatore dei cani. Fin dalle prime battute Marcello viene mostrato a spazzolare calorosamente i cani, ad asciugarli e a nutrirli, eppure una volta eseguiti questi passaggi i cani vengono rinchiusi dentro piccole, sporche e arruginite gabbie di ferro (non un dettaglio da poco, perchè chi ama veramente gli animali non li tiene rinchiusi come se fossero dei 'criminali ed ex-pugili qualsiasi'). Ama la figlia, le promette Mar rosso e vacanze esotiche, tuttavia una mattina durante un escursione subacquea lascia la figlia da sola in fondo al mare per riemergere in fretta a causa di un improvviso attacco di panico (un padre veramente premuroso non lascerebbe mai la figlia da sola, specialmente sott'acqua). La moglie chissà per quale motivo non gli rivolge mai la parola-è vero sono divorziati eppure perchè non mostrargli un minimo di sentimento?Stiamo parlando di uomo veramente mite fin dall'inizio della storia o c'è un passato che non conosciamo di quest'uomo? Ecco appunto il passato; da chi prende la cocaina che rifila al suo amico-nemico Simone, un uomo veramente genuino rifilerebbe grammi di cocaina a un ragazzo che con molta probabilità non supera nemmeno i 30 anni di età? 'AMMORE' la prima parola che con molta probabilità il protagonista scandisce all'inizio del film, ma a lungo andare quella parola che viene ripetuta costantemente sembra stridere nelle orecchie, suona quasi falsa, quasi menzognera. Si faccia molta attenzione, è sicuramente un uomo che subisce i soprusi di Simone, ma nel momento in cui riceve la possibilità di salvare l'amico-orefice da un poliziotto che sapeva degli atteggiamenti intimidatori di Simone, preferisce non denunciarlo e per quale motivo? Perchè è un uomo buono? Perchè è amico di tutti compresi i cani? O perchè forse gli spettava una parte del ricavato della rapina? Insomma un film che fa riflettere sicuramente sulla lotta per la sopravvivenza che si genera all'interno di questi quartieri degradati, dove anche i 'più buoni' non sono avulsi da questa lotta. Quindi il protagonista è l'uomo dei cani o un uomo cane? Non è forse un cane fedele, dolce e amichevole quando c'è qualcuno che lo difenda e viceversa un cane bavoso che digrigna i denti quando c'è da mangiare(Simò dammi i 10000 euro che mi hai promesso, non mi importa se l'hai rubati quei soldi dal mio vicino/amico orefice) lottare e salvaguardare la propria pelle?
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robbiedikappa
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sabato 3 ottobre 2020
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gomorra (serie tv)
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Dogman di Garrone sembra un episodio di Gomorra serie tv: tanti luoghi comuni, un luogo partenopeo come location nonostante si parli di Roma, uno stile fotografico metallico molto simile, e dinamiche non così distante dalla serie tv. Tutto questo, portato sul grande schermo, appare più ampio, ma è solo un'illusione.
Marcello Fonte sorregge un personaggio ma nella sua simpatia spesso si cade nel macchiettistico.
Sopravvalutato. O meglio: mal collocato.
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great steven
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giovedì 27 agosto 2020
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essenza di garrone nel distopico mondo suburbano.
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DOGMAN (IT/FR, 2017) diretto da MATTEO GARRONE. Interpretato da MARCELLO FONTE, EDOARDO PESCE, ADAMO DIONISI, NUNZIA SCHIANO, ALIDA BALDARI CALABRIA, FRANCESCO ACQUAROLI, GIANLUCA GOBBI.
Marcello ha due grandi amori: la figlia Alida e i cani che accudisce con la sua dolcezza di uomo mite e gentile nel proprio negozio di toelettatura, Dogman. Nel sobborgo della periferia romana in cui vive, c’è, proprio accanto al suo negozio, un "compro oro" e la sala biliardo-videoteca, frequentata dall’uomo-simbolo che, insieme ai luoghi, esibisce più apertamente il degrado italiano degli ultimi decenni: l’ex pugile Simone, che terrorizza con la sua prepotenza e le sue continue scorribande l’intero quartiere.
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DOGMAN (IT/FR, 2017) diretto da MATTEO GARRONE. Interpretato da MARCELLO FONTE, EDOARDO PESCE, ADAMO DIONISI, NUNZIA SCHIANO, ALIDA BALDARI CALABRIA, FRANCESCO ACQUAROLI, GIANLUCA GOBBI.
Marcello ha due grandi amori: la figlia Alida e i cani che accudisce con la sua dolcezza di uomo mite e gentile nel proprio negozio di toelettatura, Dogman. Nel sobborgo della periferia romana in cui vive, c’è, proprio accanto al suo negozio, un "compro oro" e la sala biliardo-videoteca, frequentata dall’uomo-simbolo che, insieme ai luoghi, esibisce più apertamente il degrado italiano degli ultimi decenni: l’ex pugile Simone, che terrorizza con la sua prepotenza e le sue continue scorribande l’intero quartiere. Con Marcello questo bullo che umilia e intimidisce i negozianti ha un rapporto simbiotico, simile a quello fra squalo e pesce pilota. Il dog-sitter gli procura esagerate quantità di cocaina e riceve una minima parte del bottino derivante dai "colpi". Quando Simone sceglie il negozio di Marcello come base per la prossima rapina, il povero dog-sitter, piuttosto che ammettere la colpevolezza dell’amico che però lo ha tratto in inganno, preferisce non firmare il documento che lo condannerebbe e si fa un anno di galera al posto suo. Stufo dell’irriconoscenza arrogante di Simone e del suo strapotere sempre in aumento, Marcello deciderà di rompere la sua sudditanza nei confronti dell’ex pugile, programmando quieto una vendetta dall’esito insperato che farà saltare irrimediabilmente ogni equilibrio. Liberamente ispiratosi a uno dei casi di cronaca nera più cruenti della nostra storia recente, la vicenda del Canaro della Magliana, Garrone racconta un’Italia diventata terra di nessuno in cui cane mangia cane, complice l’abbrutimento culturale e sociale che ha allontanato i cittadini non solo dal benessere, ma anche dalla solidarietà umana più elementare. Garrone depura la vicenda del Canaro dalla sua componente meramente oscena, ovvero la spettacolarizzazione, arrivando a desaturare la palette di colori delle sue inquadrature di desolazione suburbana – ottima la fotografia di Nikolaj Bruël, premiata col David di Donatello 2019 –, dei quali sfuma i margini ed evidenza l’essenza. Il regista costruisce una narrazione disperante restituendo una drammatica dignità ferita ai personaggi. Non finisce certo in secondo piano una rappresentazione non mitizzata (e qui gli sceneggiatori han fatto una scelta oltremodo oculata) della lotta fra Ulisse e Polifemo, del trionfo di Davide su Golia. Il dog-sitter è un ometto mingherlino il cui aspetto induce quasi per forza al pensiero che in lui alberghi più affabilità che propensione alla violenza, mentre la stazza mastodontica del boxeur in pensione ne disvela un animo dominato da malvagità e brutalità, pronte a scatenarsi ad ogni miccia che viene appiccata. Altrettanto importante è l’attenzione agli sguardi e alla recitazione: dimensioni da fantino e leggerezza da acrobata circense per Marcello Fonte, dalla cui interpretazione scaturisce luminosità, mentre dall’altro lato troviamo un irriconoscibile e gigantesco Edoardo Pesce i cui occhi comunicano l’opacità e la devastazione dei sogni falliti e l’attaccamento gravitazionale a una realtà andata a male. Lo scontro fra i due che man mano diviene più aggressivo e perdona sempre meno i torti fa tirare fuori ad entrambi il peggio di sé, con Marcello che frantuma la motocicletta di Simone; Simone che lo massacra di botte quando scopre che il suo motociclo è passato sotto i colpi di un piede di porco. Insomma, un continuo andirivieni di vendette implacabili in perfetto stile virile e mascolino, che compendia il traslucido momento omeostatico dell’inizio per degenerare nel combattimento conclusivo in cui il ciclopico malvivente ha il collo circondato da una catena e strozzerebbe l’avversario con le sue braccia possenti, se questi non pigiasse col piede, fra i singhiozzi e i rantoli, un pedale che gli consente di spezzare al suo nemico l’osso del collo. D’altra parte, l’opera inizia col ringhio di un pitbull da combattimento che produce negli altri cani chiusi in gabbia un’emozione trasecolante e intimorita, il che esplica con grande lucidità il meccanismo di sopraffazione e sottomissione tipico della vita del quartiere. Lo sguardo smarrito di Marcello (M. Fonte, premiato a Cannes 2018 per la migliore interpretazione maschile) in riva al mare, dopo l’ennesima prepotenza subita, è il modo di riconoscersi di un’Italia che ha compreso infine il proprio indelebile status di vittima. Marcello non implode né mette in atto una vendetta efferata e grottesca come quella in cui i quotidiani hanno abbondantemente sguazzato: la sua è una rivalsa tranquilla che si compone pezzo dopo pezzo grazie all’allinearsi dei soprusi patiti in una piramide (o escalation) che si guarda bene dal toccare punte di rabbia pericolose. Svellendo dalla vicenda qualsiasi macchia avvicinabile allo stile dei talk show, Garrone conclude un film meraviglioso lasciandoci un compendio del suo universo cinematografico: come già lo erano state le vele di Scampia in Gomorra (2008), anche in Dogman l’ambiente è un posto non più pensato per gli esseri umani, ma un labirinto adeguato soltanto per le osservazioni entomologiche. I personaggi attraversano con costanza e (sempre) con rassegnazione un luogo orizzontale dove ad innalzarsi sono soltanto le palazzine abusive, mai loro.
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la nera
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venerdì 31 luglio 2020
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si
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fedenisi
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giovedì 23 luglio 2020
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canacci
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Dopo aver visto’Favolacce’ ritrovo molto di quel mondo in ‘Dogman’... Lo stile di Garrone rincorre una purezza presente nei D’Innocenzo con maggior lucidità e spensieratezza. Il piccolo grande Marcello Fonte e un memorabile Pesce nel ruolo del manesco servono il piatto in tavola. Peccato per i ruoli secondari che più secondari non si può. Bella fotografia
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giulio andreetta
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mercoledì 22 luglio 2020
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capolavoro di matteo garrone
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Capolavoro di Matteo Garrone, che in questa pellicola mette a nudo una realtà di periferia, relegata ai margini della vita civile, in quel Sud che indubbiamente è al centro dell'interesse estetico del regista (basti pensare anche a Gomorra). Protagonista è un uomo, separato dalla moglie e con una figlia piccola, sui quarant'anni. Gestisce un negozio di toelettatura per cani, che gli consente a malapena di sopravvivere. Per 'arrotondare' accetta di collaborare a qualche furto e allo spaccio di droga, ma un giorno... Un film che riesce realmente a comunicare un senso di claustrofobica desolazione e allo stesso tempo di infinita empatia per le disavventure di questo eroe del quotidiano.
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Capolavoro di Matteo Garrone, che in questa pellicola mette a nudo una realtà di periferia, relegata ai margini della vita civile, in quel Sud che indubbiamente è al centro dell'interesse estetico del regista (basti pensare anche a Gomorra). Protagonista è un uomo, separato dalla moglie e con una figlia piccola, sui quarant'anni. Gestisce un negozio di toelettatura per cani, che gli consente a malapena di sopravvivere. Per 'arrotondare' accetta di collaborare a qualche furto e allo spaccio di droga, ma un giorno... Un film che riesce realmente a comunicare un senso di claustrofobica desolazione e allo stesso tempo di infinita empatia per le disavventure di questo eroe del quotidiano. La sensazione che per certi individui condannati dal destino non possa esistere alcuna via di fuga, ma solo l'esacerbante lacerazione del dolore è suscitata con maestria da Garrone, che si muove completamente a suo agio dietro la macchina da presa. Si tratta di un film che certamente segna una tappa importante nella formazione artistica di questo regista, e che lo pone ad un livello di cinematografia internazionale. Non è tanto la trama in sé a stupire, quanto alcune possibili letture e interpretazioni della pellicola, che però si rendono evidenti solo a visione ultimata. L'attore protagonista, Marcello Fonte, è geniale nel dipingere la timidezza del personaggio, per mezzo di una recitazione meravigliosa. Sottili sfumature caratteriali e psicologiche vengono tratteggiate come meglio non si potrebbe, con intuizioni geniali per quel che riguarda il lavoro dell'attore. Insomma, Dogman è a tutti gli effetti un capolavoro, anche considerando una potente tensione emotiva che si viene a creare gradualmente nello spettatore e l'imprevedibilità di alcune trovate narrative. Buone le prove offerte dagli altri attori.
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olivettigiorgia
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domenica 5 luglio 2020
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bello ma...
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Bello ma non paragonabile ai precedenti reality e l'imbalsamatore.
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stenoir
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giovedì 4 giugno 2020
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la rivalsa di un uomo
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Marcello ama i cani, ha un negozio di toelettatura di cani e mette a repentaglio la propria incolumità e rischia di farsi catturare dalla polizia, per salvare la vita a uno di essi (emblematica una scena del film). Marcello ha una figlia, lavora e vive in una zona periferica romana -anche se il film è girato interamente a Castel Volturno, Caserta-, è conosciuto e benvoluto dagli altri abitanti del quartiere. Marcello ha guadagni ‘extra’ provenienti dallo spaccio di piccole quantità di cocaina, ma lui, così come gli altri esercenti, ha un grosso problema: Simone, un criminale, più nei comportamenti che nella sostanza. Marcello è Marcello Fonte, attore minuto ma gigante nell’interpretazione; i suoi sguardi, ripresi ottimamente con lunghi primi piani, rendono bene la fragilità ma anche la determinazione di un uomo, consapevole del proprio posto nella società (la borgata di appartenenza); finché all’ennesimo torto subito, avviene una trasformazione che porterà a un evento drammatico.
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Marcello ama i cani, ha un negozio di toelettatura di cani e mette a repentaglio la propria incolumità e rischia di farsi catturare dalla polizia, per salvare la vita a uno di essi (emblematica una scena del film). Marcello ha una figlia, lavora e vive in una zona periferica romana -anche se il film è girato interamente a Castel Volturno, Caserta-, è conosciuto e benvoluto dagli altri abitanti del quartiere. Marcello ha guadagni ‘extra’ provenienti dallo spaccio di piccole quantità di cocaina, ma lui, così come gli altri esercenti, ha un grosso problema: Simone, un criminale, più nei comportamenti che nella sostanza. Marcello è Marcello Fonte, attore minuto ma gigante nell’interpretazione; i suoi sguardi, ripresi ottimamente con lunghi primi piani, rendono bene la fragilità ma anche la determinazione di un uomo, consapevole del proprio posto nella società (la borgata di appartenenza); finché all’ennesimo torto subito, avviene una trasformazione che porterà a un evento drammatico. Ispirato a un fatto di cronaca nera avvenuto realmente a fine anni ‘80 -il canaro della Magliana-, Dogman tocca livelli altissimi, grazie alla recitazione dell’attore principale, ai ‘comprimari’, alla scelta delle inquadrature, della fotografia e della scenografia, risultando uno dei migliori film italiani del decennio.
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toni andreetta
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mercoledì 29 aprile 2020
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l'arma vincente della finzione e dell'inganno
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Un film di notevole qualità tecnica che racconta la contrapposizione tra un piccolo uomo, all'apparenza imbelle (Marcello Fonte) e un gigante ottuso e violento (Edoardo Pesce), criminale di periferia. Matteo Garrone utilizzando una modalità espressiva essenziale e molto raffinata getta luce sullo squallore apocalittico di un mondo, non regolato e protetto dal monopolio della forza dello Stato, dove un uomo piccolo piccolo è costretto a farsi giustizia da sé con l'astuzia e l'inganno sino all'epilogo tragico.
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onufrio
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martedì 21 aprile 2020
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marcello, un uomo mite
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Un'atmosfera cupa e grigia accompagna la storia di Marcello, un uomo mite, amico di tutti e soprattutto amico dei cani; alle prese con Simone, un "amico" energumeno prepotente e spavaldo che si atteggia da boss nel piccolo quartiere. Garrone realizza un opera apprezzabile che si discosta dagli stereotipi del cinema attuale, valendosi di una sceneggiatura e di un cast in perfetta sintonia con l'ambiente che li circonda.
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