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piliz
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giovedì 7 giugno 2018
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impressioni su dogman
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perflash: una bottega dove gli animali feroci diventano mansueti a fronte di un mondo esterno dove accade il contrario. -Fuga con la figlia in un mondo altro: le fughe subaquee- Una giustizia che sa tutto ma non fa giustizia e lascia indifeso il debole - qui non si parla della violenza della prigione, Garrone usa infatti la didascalia: un anno dopo, ma della violenza, dell'ipocrisia, della codardia del mondo fuori: 'prima o poi l'ammazzano' , poi finisce derubato e si offende (Franco).- esemplare la fine dove si uccide (preceduta dalla dentatura feroce di marcello, del tutto simile all'espressione feroce del cane da combattimento delle prime scene del film) senza voler uccidere: a Marcello, che è un mite, bastava che l'altro chiedesse scusa, poi gli eventi incalzano e Simone è in fondo un immaturo, viziato dalla sua forza fisica, e comunque non è uno che chiede scusa.
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perflash: una bottega dove gli animali feroci diventano mansueti a fronte di un mondo esterno dove accade il contrario. -Fuga con la figlia in un mondo altro: le fughe subaquee- Una giustizia che sa tutto ma non fa giustizia e lascia indifeso il debole - qui non si parla della violenza della prigione, Garrone usa infatti la didascalia: un anno dopo, ma della violenza, dell'ipocrisia, della codardia del mondo fuori: 'prima o poi l'ammazzano' , poi finisce derubato e si offende (Franco).- esemplare la fine dove si uccide (preceduta dalla dentatura feroce di marcello, del tutto simile all'espressione feroce del cane da combattimento delle prime scene del film) senza voler uccidere: a Marcello, che è un mite, bastava che l'altro chiedesse scusa, poi gli eventi incalzano e Simone è in fondo un immaturo, viziato dalla sua forza fisica, e comunque non è uno che chiede scusa. Intanto gli animali di bottega abituati alla mansuetudine restano annichiliti nella scena dove si consuma la violenza della bestialità umana e si conclude con Simone strangolato. Fuori all'esterno Marcello vuole consegnare il suo atto di giustizia agli altri ma gli altri... e allora lui consegna nel foro di quell'umanità degradata, il cadavere della loro colpa. Non c'è nulla di inutile in questo film è un atto di denuncia estremamente attuale, altro che amore!
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mauridal
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giovedì 7 giugno 2018
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marcello ! come here ,
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DOGMAN un film di Matteo Garrone ITALIA. 2018
Marcello ! ,ammooree ,come here ,avrebbe urlato la splendida Anita nella fontana di Trevi al povero protagonista, che dopo una mutazione genetica diventa da Mastroianni a Fonte e la fontana una pozzanghera in una landa desolata .
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DOGMAN un film di Matteo Garrone ITALIA. 2018
Marcello ! ,ammooree ,come here ,avrebbe urlato la splendida Anita nella fontana di Trevi al povero protagonista, che dopo una mutazione genetica diventa da Mastroianni a Fonte e la fontana una pozzanghera in una landa desolata . IL Cinema si muove con la realtà e con le epoche proprie , così dalla Dolce vita ,ci riporta a una brutta e tragica esistenza di un Marcello , personaggio piccolo grande uomo che si trasforma da vittima a carnefice pur avendo un sottofondo di umanità . La vicenda è realistica come tutto il film che di stile è neo realista pur con le dovute differenze con le ambientazioni e con le atmosfere che al contrario il regista ha voluto rimarcare come iper realiste ovvero sospese in un territorio indefinito tra incubo e realtà . La definizione dei personaggi sembra chiara nella separazione tra bene e male il buono e il cattivo. Eppure guardando meglio le facce di Marcello e di Simone ritroviamo la confusione e la commistione tra opposti . Il film diventa un capolavoro di analisi dell’animo umano , ci dimostra come un essere umano può diventare da mite a feroce .peggio delle bestie che nel film pure vi sono ma sotto forma di cani che sembrano feroci ma infine docili. Il bestiale qui diventa il vero tema del film in una dimensione umana che sembra eterna . Come spiegare le bestiali violenze dei criminali .nazisti o dei crimini più recenti contro l’umanità disperata dei popoli in cerca di pace . La bestialità umana è inspiegabile. Esiste e opera . Quando un Marcellino si ribella allora la bestia feroce che alligna in ognuno di noi tracima
E non c’è scampo per nessuno Un tema difficile per questa epoca contemporanea che Garrone esprime bene nei suoi film , Un vero cinema dì autore il suo e il pubblico finalmente ha colto la differenza, questa volta.( mauridal)
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michelecamero
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venerdì 1 giugno 2018
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film di contenuti, da vedere.
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Ispirandosi ad un fatto di cronaca realmente accaduto un paio di decenni orsono ed anche più, Garrone ha realizzato un film asciutto, secco, privo persino di commento musicale e con una fotografia quasi incolore tendente al grigio ed al bianco e nero interrotti di tanto in tanto da macchie di coloe (la cromatura della motocicletta del bullo, le maglie del calcetto) che tuttavia non sparano mai lo schermo, non staccandosi dai toni smorzati di cui si è servito per fermare anche visivamente con la storia rappresentata, il degrado di una umanità (chissà quanto consapevolmente) dolente. Un film che per certi versi riporta il cinema ad una delle sue finalità originarie, vale a dire quella di raccontare storie, lasciando allo spettatore il compito di ricostruirle per proprio conto andando al di là delle immagini e della narrazione che gli è stata proposta, facendosi guidare dalla propria sensibilità e dai propri strumenti di lettura per cogliere nei vari personaggi i tratti psicologici, quelli umorali, quelli comportamentali all'interno dello scenario urbano in cui si muovono che qui è uno scenario di degrado, di grande bruttezza e desolazione in cui persino il mare è scuro, di urbanizzazione disordinata, abbandonata, labirintica.
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Ispirandosi ad un fatto di cronaca realmente accaduto un paio di decenni orsono ed anche più, Garrone ha realizzato un film asciutto, secco, privo persino di commento musicale e con una fotografia quasi incolore tendente al grigio ed al bianco e nero interrotti di tanto in tanto da macchie di coloe (la cromatura della motocicletta del bullo, le maglie del calcetto) che tuttavia non sparano mai lo schermo, non staccandosi dai toni smorzati di cui si è servito per fermare anche visivamente con la storia rappresentata, il degrado di una umanità (chissà quanto consapevolmente) dolente. Un film che per certi versi riporta il cinema ad una delle sue finalità originarie, vale a dire quella di raccontare storie, lasciando allo spettatore il compito di ricostruirle per proprio conto andando al di là delle immagini e della narrazione che gli è stata proposta, facendosi guidare dalla propria sensibilità e dai propri strumenti di lettura per cogliere nei vari personaggi i tratti psicologici, quelli umorali, quelli comportamentali all'interno dello scenario urbano in cui si muovono che qui è uno scenario di degrado, di grande bruttezza e desolazione in cui persino il mare è scuro, di urbanizzazione disordinata, abbandonata, labirintica. Un mondo fatto di soprusi subiti o inflitti, cui ad un certo punto ci si ribella singolarmente, nella assoluta mancanza di fiducia nella giustizia ma anche coerentemente con una cultura borgatara e sottoproletaria, nell'intento probabilmente di liberare tutti, non solo se stesso. Un mondo privo del senso vero dell'amicizia, del rispetto, della compassione, pieno di solitudine, quella tenera che lega il "canaro" a tutti i cani (significativa la sequenza in cui, rischiando in proprio, torna sui luoghi del furto eseguito dal bullo con un complice, al solo scopo di salvare una cagnetta), quella che accompagna la strana relazione tra i due protagonisti (senza scomodare per questo la storia del rapporto tra vittima e carnefice), ma anche quella che si intravede avvolgerà tutti i personaggi nel prosieguo delle loro vicende personali. Ci si chiede infatti cosa ne sarà di quel tenero sentimento che lega padre e figlia dopo la consumazione di quanto accadrà. Un film forte, da vedere in cui lo spettatore resta legato alla poltrona per tutta la durata, nel quale Garrone ha avuto l'intelligenza di risparmargli scene cruente in eccesso che non avrebbero aggiuto nulla al senso vero delle sue scelte autoriali.
michelecamero
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paocordi
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venerdì 1 giugno 2018
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adesso basta!
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Siamo di fronte ad un padrone che si fa sopraffare dal suo "cane" preferito di cui subisce un fascino composto a metà tra timore e tenerezza.
Arrivato però a un punto di non ritorno il padrone prende in mano la situazione e cerca di ristabilire la gerarchia e il rispetto venuto meno. Capendo che con la forza non potrà mai raggiungere tale obiettivo, lo fa servendosi di quella diversa intelligenza che esiste tra un uomo e un animale.
Forte appare la trasformazione dell'interpretazione visiva di Marcello Fonte, sul volto del quale si manifesta una determinazione mai vista prima nelle scene precedenti.
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Siamo di fronte ad un padrone che si fa sopraffare dal suo "cane" preferito di cui subisce un fascino composto a metà tra timore e tenerezza.
Arrivato però a un punto di non ritorno il padrone prende in mano la situazione e cerca di ristabilire la gerarchia e il rispetto venuto meno. Capendo che con la forza non potrà mai raggiungere tale obiettivo, lo fa servendosi di quella diversa intelligenza che esiste tra un uomo e un animale.
Forte appare la trasformazione dell'interpretazione visiva di Marcello Fonte, sul volto del quale si manifesta una determinazione mai vista prima nelle scene precedenti.
La vittima ora è carnefice e, in un attimo di lucida follia, cerca di mostrare il trofeo della sua caccia per recuperare, agli occhi dei suoi vecchi ex-amici, quella stima ormai persa.
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udiego
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venerdì 1 giugno 2018
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dogman
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Matteo Garrone, applauditissimo all’ultimo festival di Cannes proprio grazie a Dogman, si ispira liberamente ad uno dei fatti di cronaca più efferati del nostro paese, il delitto del canaro della magliana. Il regista romano decide però di non basare l’opera sull’aspetto più macabro che caratterizzò questa vicenda: qui non c’è traccia dell’agghiacciante racconto dell’assassino, che spiegò come, prima di uccidere la sua vittima, si fosse divertito ad infliggergli qualsiasi tipo di sevizia e tortura, racconto poi smentito dall’autopsia sul cadavere.
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Matteo Garrone, applauditissimo all’ultimo festival di Cannes proprio grazie a Dogman, si ispira liberamente ad uno dei fatti di cronaca più efferati del nostro paese, il delitto del canaro della magliana. Il regista romano decide però di non basare l’opera sull’aspetto più macabro che caratterizzò questa vicenda: qui non c’è traccia dell’agghiacciante racconto dell’assassino, che spiegò come, prima di uccidere la sua vittima, si fosse divertito ad infliggergli qualsiasi tipo di sevizia e tortura, racconto poi smentito dall’autopsia sul cadavere. Garrone usa invece questo avvenimento per contestualizzare una più ampia veduta del degrado sociale che colpisce alcune zone periferiche del nostro paese. Non c’è futuro nel quartiere di Marcello, solo tristezza e desolazione circondano i vari personaggi, ormai lasciati a loro stessi e completamente abbandonati anche dalle istituzioni.
Garrone riesce a trasmettere questa visione dei fatti, restando fedele ad uno stile narrativo sobrio, capace di non scadere mai nello show, che soprattutto la televisione utilizza nel raccontare vicende di questo tipo. In Dogman i personaggi vengono messi davanti allo spettatore così come sono e, grazie ad un minuzioso lavoro di regia, montaggio e fotografia, riescono ad entrare nella pancia del pubblico. Sono gli sguardi, i silenzi, e le espressioni più che le parole a trasmettere i sentimenti e le emozioni dei vari protagonisti.
L’opera è pervasa da quell’atmosfera di solitudine e desolazione, che riesce a rappresentare nel migliore dei modi la condizione sociale di quei luoghi, dove vige solo la legge del più forte, e per sopravvivere, una volta sopraffatto, non potrai far altro che contare su te stesso e sulle tue forze per avere una possibilità di riscatto. Riscatto che Marcello trova solo nel porre fine alla vita di chi ha tormentato la sua e quella dei suoi amici per tanti anni, senza però accorgersi che ormai da tempo ha oltrepassato il punto di non ritorno ed è rimasto solo con le sue speranze e con i suoi cani.
Per concludere, Garrone dimostra di essere un regista essenziale, capace di interpretare le diverse vicende che va a raccontare in modo diretto, senza perdersi in troppi fronzoli o giri di parole. Dogman è un film che ci parla delle persone, dei loro disagi e delle loro difficoltà, senza mai scadere nella retorica o in facili pregiudizi, mostrandoci fatti cruenti senza far mai completamente perdere quel briciolo di umanità e speranza al povero Marcello.
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alesimoni
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venerdì 1 giugno 2018
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canaro da oscar
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Un capolavoro. Garrone ci regala un’opera meravigliosa facendoci provare allo stesso tempo empatia, rabbia, compassione e voglia di vendetta. Il tutto raccontato da un’incredibile fotografia cupa e asciutta che esalta e accompagna l’emotivita delle sequenze. Come non affezionarsi all’indifeso,genuino,vessato, donatore di amore e grandioso canaro?! Garrone ci accompagna per mano facendoci vivere la sua metamorfosi da vittima a carnefice vendicatore con naturalezza fino alla magnifica e struggente sequenza finale. Garrone ha preso spunto da questo fatto di cronaca per esplorare il Senso della vendetta, coglierne il significato e analizzarne le cause e soprattutto le conseguenze su chi la compie, per questo mi ha ricordato Old Boy.
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Un capolavoro. Garrone ci regala un’opera meravigliosa facendoci provare allo stesso tempo empatia, rabbia, compassione e voglia di vendetta. Il tutto raccontato da un’incredibile fotografia cupa e asciutta che esalta e accompagna l’emotivita delle sequenze. Come non affezionarsi all’indifeso,genuino,vessato, donatore di amore e grandioso canaro?! Garrone ci accompagna per mano facendoci vivere la sua metamorfosi da vittima a carnefice vendicatore con naturalezza fino alla magnifica e struggente sequenza finale. Garrone ha preso spunto da questo fatto di cronaca per esplorare il Senso della vendetta, coglierne il significato e analizzarne le cause e soprattutto le conseguenze su chi la compie, per questo mi ha ricordato Old Boy. Marcello Fonte è semplicemente superlativo nel dar vita a questo fantastico personaggio con la sua purezza e tristezza. Un plauso anche all’irriconoscibile Simoncino di Edoardo Pesce. Speriamo che ci rappresenti agli Oscar.
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mareincrespato70
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giovedì 31 maggio 2018
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un imposssibile riscatto tra umana bestialità
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Matteo Garrone, probabilmente in questo momento, per quanto mi riguarda, il miglior regista italiano, prendendo a pretesto, e allontanandose quanto basta, un raccapricciante fatto di cronaca della malavita romana (la vicenda del “canaro”), ci racconta una storia di umana bestialità o di un’umanità bestiale.
Garrone torna, in un certo senso, agli scenari esterni desolati e veristi, ai codici narrativi de “L’imbalsatore” e al registro stilistico che ne caratterizzava l’originalità: ci descrive così una lotta per la sopravvivenza che non contempla nessuna compassione.
Risalta così il lucido sguardo da entomologo di chi dimostra di conoscere le pulsioni umane, di chi vuol rappresentare il senso di spaesamento emotivo di un personaggio che insegue un impossibile, forse, riscatto.
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Matteo Garrone, probabilmente in questo momento, per quanto mi riguarda, il miglior regista italiano, prendendo a pretesto, e allontanandose quanto basta, un raccapricciante fatto di cronaca della malavita romana (la vicenda del “canaro”), ci racconta una storia di umana bestialità o di un’umanità bestiale.
Garrone torna, in un certo senso, agli scenari esterni desolati e veristi, ai codici narrativi de “L’imbalsatore” e al registro stilistico che ne caratterizzava l’originalità: ci descrive così una lotta per la sopravvivenza che non contempla nessuna compassione.
Risalta così il lucido sguardo da entomologo di chi dimostra di conoscere le pulsioni umane, di chi vuol rappresentare il senso di spaesamento emotivo di un personaggio che insegue un impossibile, forse, riscatto.
Un film che conferma il potente stile registico dell’autore, la sua maestria pari probabilmente alla sua umiltà: ancora una volta (dopo l’indimenticabile Gomorra, altro che serie tv!) la rappresentazione-estetizzazione della violenza è resa in maniera efficace e naturalistica, ma senza compiacimenti e ammiccamenti, con il suo talento che ne anestetizza gli effetti collaterali che troppo spesso, in altri casi, “corrompono” lo spettatore.
“Solita” sceneggiatura di ferro (Sorrentino dove sei?), attori esaltati e resi straordinari dallo stile di Garrone. Marcello Fonte, giustamente premiato a Cannes, fornisce una prova quasi da Cristo laico, con la sua ostinata ricerca di salvezza/riscatto dalla sua condizione esistenziale oltre che dal suo mortificante aspetto fisico. Non è da meno la grande prova attoriale di Edoardo Pesce, cane sciolto criminale, la cui bestialità ferina assoggetta ambienti e persone.
Non a caso lo sguardo dei cani del protagonista Marcello sembra l’unico appiglio per tentare il recupero di un briciolo di umanità. Ma è tutto il cast ad essere meritoriamente sopra le righe. Al servizio del grande Matteo Garrone, fuoriclasse del cinema europeo contemporaneo, e della splendida indimenticabile fotografia di Nicolaj Brüel. Ottime le musiche di Michele Braga.
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rossana65
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mercoledì 30 maggio 2018
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semplicemente bellissimo
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capolavoro assoluto! marcello fonte che recita senza recitare, naturalezza, realismo surreale. garrone miglior regista italiano da gomorra in poi. poi dicono che il cinema italiano è in crisi. questa è la strada. non il vicolo cieco delle commedie e commediole.
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themoon
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lunedì 28 maggio 2018
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una terra ai confini del buio
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Un'ambientazione così reale da diventare surreale,un protagonista così semplice da diventare complicato.Garrone entra nelle profondità della terra dei fuochi mostrandoci ancora una volta il randaggismo degl'uomini,senza filtri,senza colori,senza effetti,poche parole, solo il volto del degrado attraverso un personaggio inoffensivo e disperato.
Un film che attraversa il contempraneo mondo di pasolini.
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