ashtray_bliss
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sabato 28 gennaio 2017
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il thriller che sigilla il ritorno di shyamalan.
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Innegabile ammettere che per ogni film di Shyalaman si crea una certa attesa, più o meno fervida, le aspettative si alzano, e le dita si incrociano nel timore di assistere ad un ennesimo passo falso del acclamato regista indiano. Split dunque è proprio quel tipo di film che o rinnova la tua fiducia nel regista oppure la sgretola del tutto facendolo, ingiustamente, cadere nel dimenticatoio del panorama cinematografico. Ecco allora che Split, capitanato da uno straordinario James McAvoy in un'interpretazione da Oscar, prende le aspettative del pubblico e gliele restituisce tutte, una ad una, in faccia.
Shyamalan conscio della sua reputazione, ritorna in grande stile con un vero mix di generi che sfociano dal drammatico, al thriller, dall'horror soprannaturale al fumettistico con una naturalezza e disinvoltura con cui solo i veri maestri dell'arte cinematografica sanno dirigere.
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Innegabile ammettere che per ogni film di Shyalaman si crea una certa attesa, più o meno fervida, le aspettative si alzano, e le dita si incrociano nel timore di assistere ad un ennesimo passo falso del acclamato regista indiano. Split dunque è proprio quel tipo di film che o rinnova la tua fiducia nel regista oppure la sgretola del tutto facendolo, ingiustamente, cadere nel dimenticatoio del panorama cinematografico. Ecco allora che Split, capitanato da uno straordinario James McAvoy in un'interpretazione da Oscar, prende le aspettative del pubblico e gliele restituisce tutte, una ad una, in faccia.
Shyamalan conscio della sua reputazione, ritorna in grande stile con un vero mix di generi che sfociano dal drammatico, al thriller, dall'horror soprannaturale al fumettistico con una naturalezza e disinvoltura con cui solo i veri maestri dell'arte cinematografica sanno dirigere. Sfruttando sapientemente le location buie, scure, claustrofobiche e tensive, e avvalendosi di un budget davvero risicato concessogli dalle case di produzione, Shyamalan crea un film di notevole impatto sia visivo che emotivo, usando coscientemente gli ingredienti di base de genere: la suspense e il mistero che avvolge il protagonista. Un protagonista non originalissimo nella narrativa cinematografica ma certamente enigmatico, inquietante e psicotico quanto basta. MacAvoy incarna così Kevin, un'individuo affetto dal disturbo dissociativo dell'identità e convive con ben 23 identità diverse tra loro, una più inquietante dell'altra. Mentre le identità piu' miti e remissive vengono soppresse da quelle più forti e violente, una di loro rapisce tre ragazzine, chiudendole in uno scantinato e lasciando presagire che loro rappresentano il regalo per una 24esima identità, la più oscura e temibile di tutte, che si prepara ad emergere. Shyamalan dunque riesce non solo a presentare ma anche a donare profondità e spessore psicologico ed emotivo al caso da manuale Kevin, distaccandosi così da una rappresentazione del suo 'villain' a priori come malvagio, optando per un approccio più umano attraverso la figura della dott.ssa Fletcher, e in parte minore anche di Casey, che cercano di avvicinarsi, comprendere e risolvere il puzzle mentale de turbato protagonista. Ovviamente McAvoy è semplicemente straordinario nell'interpretazione di un personaggio complesso e multisfaccettato. La sua mimica facciale, le espressioni, il tono della voce, gli atteggiamenti. La sua performance attoriale è inequivocabile ma in questo film raggiunge nuove vette e lo consacra definitivamente tra i migliori attori in circolazione della nostra epoca. Ovviamente molto brava ed espressiva la giovane Anya Taylor Joy che con appena pochi film a carico (tutti del genere horror/thriller) si conferma una delle attrici più promettenti della sua generazione. Qui riesce perfettamente a trasmettere l'angoscia, l'ansia, la paura e crea un forte legame empatico col pubblico anche attraverso i consueti flashback che ci rivelano il doloroso passato della protagonista.
Disseminando così diversi elementi di suspense e anticipando poco a poco il vero colpo di scena finale, una vera costante nella filmografia del regista, Shyamalan confeziona un thriller denso e tensivo, mai banale ne scontato ben costruito e strutturato con il colpo di scena finale che traccia un percorso differente dal thriller psicologico e sfumando nel sovrannaturale prima e nel fumettistico poi. A proposito della scena finale, senza rovinare la sorpresa a coloro che non l'hanno ancora visto, vorrei ammonire che a quel punto tutto il film ti costringe a rivalutarlo, e comprenderlo, sotto un'aspetto totalmente diverso. Avvalendosi dunque di una regia sobria e serrata Shyamalan costruisce un film apparentemente semplice ma che gli consente di giocare con la complessità del disturbo della personalità del protagonista, ed egli stesso, gioca ad intrattenere e confondere gli spettatori prendendo in prestito elementi di svariati generi, condensati nella medesima pellicola, ed infine facendo confluire anche pellicole diverse in un'unica opera.
Split quindi è sicuramente un passo avanti per Shyamalan dopo molte pellicole scadenti e deludenti ci conferma che il suo potenziale espressivo non è andato perso. Anche se lontano dall'essere un vero capolavoro, Split è un film particolarissimo e godibilissimo che promette di non disattendere le aspettative e offre un'interpretazione strabiliante da parte dell'attore protagonista. 3/5.
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[+] un personaggio umano nelle sue mostruosità
(di antonio montefalcone)
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flaw54
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sabato 28 gennaio 2017
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peccato il finale
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Shyamalan riesce per buona parte del film a creare la giusta tensione e sembra riavvicinarsi al tempo che fu del Sesto senso. Il finale però rovina tutto : la bestia così innaturale e truculenta sfocia inconsapevolmente nel ridicolo e limita l'incredibile performance di un Macavoy da Oscar. Inutile e banale nel complesso il flashback della giovane protagonista che sembra preannunciare un colpo di scena che non c'è. La conclusione sembra lasciare spazio ad un inevitabile sequel.
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elpanez
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lunedì 30 gennaio 2017
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storia intrigante, ma gestita male!
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Split. Un thriller psicologico con il compito di rilanciare sulla cresta dell'onda Shyamalan dopo una carriera di alti e bassi.
I premessi per farlo ci sono tutti, la storia intriga, è interessante e originale per I thriller di oggi che si basano per la maggiorparte su storie surreali con demoni, mostri e figure tangibili che ormai non fanno più paura a nessuno.
La regia funziona in parte, per tutto il film mantiene un tono piuttosto lineare, senza mai stupire in plot twist o scene davvero degne di nota.
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Split. Un thriller psicologico con il compito di rilanciare sulla cresta dell'onda Shyamalan dopo una carriera di alti e bassi.
I premessi per farlo ci sono tutti, la storia intriga, è interessante e originale per I thriller di oggi che si basano per la maggiorparte su storie surreali con demoni, mostri e figure tangibili che ormai non fanno più paura a nessuno.
La regia funziona in parte, per tutto il film mantiene un tono piuttosto lineare, senza mai stupire in plot twist o scene davvero degne di nota. Una grande menzione va a certe inquadrature davvero belle grazie anche alla profonda fotografia. In altre scene, d'altronde, sembra che la cinepresa si perda e il soggetto della scena rimane nell'angolo non facendolo risaltare al meglio.
La sceneggiatura è la pecca del film, davvero confusa creando scene fini a se stesse che non vengono approfondite, tuttavia riesce a mantenere un tono piuttosto alto di suspence per tutto il film.
La fotografia è la componente più curata della pellicola rendendo gli spazi chiusi cupi, misteriosi e claustrofobici.
James McAvoy riesce a rendere il personaggio davvero verosimile e inquietante come dovrebbe essere, alternando le personalità in modo sublime e paurosamente reale. Il resto del cast funziona tranne per la ragazza di colore davvero piatta e per nulla emozionale.
Colonna sonora poco presente ma quando c è fa la sua bella figura.
Infine un film carino, una spanna sopra rispetto ai canoni del genere, ma che tuttavia non riesce a spiccare e rientrare fra I migliori di quest'ultimo per via di pecche evidenti.
Se solamente Shyamalan fosse riuscito a dare piu profondità allo stato psicologico dei personaggi in modo piu incisivo sarebbe riuscito a giocare le carte a disposizione in modo migliore. Non è una delusione, sia chiaro, ma neanche un film imperdibile!
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storyteller
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sabato 28 gennaio 2017
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audace pastiche che omaggia i classici del passato
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Shyamalan è un regista che ama osare, andare "oltre", e questo significa percorrere territori inesplorati ma anche fare il passo più lungo della gamba.
Nel caso specifico, l'operazione si può dire piuttosto riuscita grazie alla multiperformance dell'ottimo McAvoy, alla qualità del montaggio e della fotografia e ad una generale bontà di fondo nello script, che se non brilla per coerenza e plausibilità, di sicuro vince sul piano della compattezza e del potere di suggestione.
Il finale, che poteva rivelarsi un pasticcio, si dipana invece in un crescendo risolutivo - anche se la scelta di dare la parola all'ultima, autoreferenziale incarnazione di Kevin rende un po' didascalico il confronto tra lui e la giovane protagonista (senza nulla togliere alla forza evocativa del momento).
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Shyamalan è un regista che ama osare, andare "oltre", e questo significa percorrere territori inesplorati ma anche fare il passo più lungo della gamba.
Nel caso specifico, l'operazione si può dire piuttosto riuscita grazie alla multiperformance dell'ottimo McAvoy, alla qualità del montaggio e della fotografia e ad una generale bontà di fondo nello script, che se non brilla per coerenza e plausibilità, di sicuro vince sul piano della compattezza e del potere di suggestione.
Il finale, che poteva rivelarsi un pasticcio, si dipana invece in un crescendo risolutivo - anche se la scelta di dare la parola all'ultima, autoreferenziale incarnazione di Kevin rende un po' didascalico il confronto tra lui e la giovane protagonista (senza nulla togliere alla forza evocativa del momento).
In definitiva, un film meritevole di visione che costituisce un ritorno alla forma per Shyamalan e spinge alla riflessione senza annoiare. Certo, a patto che in quanto spettatori, anche voi siate disposti a "passare il limite".
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cristian
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mercoledì 1 febbraio 2017
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shyamalan è pronto a ricominciare!
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Split è l’ultima opera scritta e diretta da M. Night Shyamalan (Il sesto senso; Unbreakable - Il predestinato; Signs; The Village; Lady in the Water; The Visit) che ancora una volta, dopo l’inquietante The Visit, dimostra di aver finalmente ritrovato se stesso dopo qualche film non proprio convincente (L’ultimo dominatore dell’aria; After Hearth). Fotografia di Mike Gioulakis (It Follows). Musiche di West Dylan Thordson (Joy). In Split James McAvoy è il vero mattatore. Interpreta con grande versatilità e credibilità le diverse personalità del terribile protagonista/antagonista.
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Split è l’ultima opera scritta e diretta da M. Night Shyamalan (Il sesto senso; Unbreakable - Il predestinato; Signs; The Village; Lady in the Water; The Visit) che ancora una volta, dopo l’inquietante The Visit, dimostra di aver finalmente ritrovato se stesso dopo qualche film non proprio convincente (L’ultimo dominatore dell’aria; After Hearth). Fotografia di Mike Gioulakis (It Follows). Musiche di West Dylan Thordson (Joy). In Split James McAvoy è il vero mattatore. Interpreta con grande versatilità e credibilità le diverse personalità del terribile protagonista/antagonista. Brava anche la giovane Anya Taylor-Joy, perfetta nei panni dell’adolescente triste e problematica.
Claire (Haley Lu Richardson), Marcia (Jessica Sula) e Casey (Anya Taylor-Joy) vengono rapite e imprigionate in una sorta di cantina da Kevin “Wendell” Crumb (James McAvoy), un ragazzo affetto da disturbo dissociativo dell’identità. Le conseguenze? Kevin è “abitato” da 23 distinte personalità (chiamate “l’Orda”) di cui però soltanto alcune vengono alla luce e tengono sotto controllo le altre: uno stilista, un bambino di nove anni, un ossessivo compulsivo fissato con la pulizia e una donna. Le ragazze sequestrate vengono informate dal loro carceriere che presto faranno conoscenza con una terribile creatura che a quanto pare determinerà il loro destino. Intanto proveranno a scappare.
Shyamalan è tornato! Avviso per chi pensò che The Visit fu soltanto un fuoco di paglia, un “una tantum” che avrebbe poi visto ricadere il regista statunitense nel burrone in cui era finito a causa di qualche uscita cinematografica non proprio felice. E invece eccolo qui, pentito dei suoi peccati e finalmente rinsavito. Split rappresenta quindi la conferma della rinascita di Shyamalan che torna a quelle atmosfere che lo hanno reso apprezzabile rinunciando però, questa volta, ad un'altra peculiarità che nel suo cinema di solito non manca, ovvero la riproduzione di quella quotidianità così realisticamente espressa tanto da far entrare lo spettatore nell’intimo della vita dei personaggi presentati. Il regista ha, inoltre, una grande capacità di creare un legame profondo tra le ambientazioni (esempio banale: una casa) e i personaggi che vi agiscono all’interno. E’ comprensibile tuttavia che un regista coraggioso, che ama sperimentare cose nuove, come fa lui in ogni sua opera (per questi motivi gli giustifico anche i flop), possa accantonare, o meglio, concentrarsi anche su altri aspetti ugualmente propri del suo cinema. Addentrandoci in Split, James McAvoy si rivela in gran spolvero. Dimostra di essere poliedrico e di saperci fare davvero con personaggi affetti da “qualche problemino” psicologico. Il suo Kevin è, in fondo, il vero protagonista della storia, incentrata sulle drammatiche conseguenze causate dalle svariate personalità (23, più una nuova di zecca in arrivo) che agiscono dentro di lui. L’interpretazione di queste ultime, cui si fa carico McAvoy, è resa ottima e credibile dal fatto che riesca a suscitare nel pubblico differenti stati d’animo verso ognuna di esse, come se ci si trovasse di fronte a personaggi recitati da altrettanti attori. Non va tralasciata la prova di Anya Taylor-Joy, il cui personaggio è sicuramente adombrato da quello folle di McAvoy ma a cui comunque è dedicato un filone non secondario della storia (interpretato con buona intensità ed espressività), da seguire fino in fondo con la meritata attenzione. Se dunque Shyamalan rinuncia a qualche sua peculiarità, altre sono ben in vista. La voglia di esplorare aspetti dell’ignoto, in questo caso le potenzialità della mente umana, costituisce il filone principale della pellicola. Il mistero è presente all’appello, come sempre. La cantina/magazzino in cui le tre ragazze vengono imprigionate rappresenta quell’utilizzo, tanto caro al regista, di spazi e luoghi chiusi come sedi principali in cui far svolgere la storia. Split si lascia seguire facilmente e con attenzione per tutta la sua durata (2 ore ca.) perché offre diversi filoni narrativi che evitano di far soffrire il film di monotonia. I dialoghi sono ben costruiti mentre il prevalere dei primi piani ha come obiettivo quello di puntare sulle ottime capacità espressive e attoriali dei protagonisti su cui, ovviamente, spicca McAvoy. Durante la visione ci si pone inevitabilmente delle domande a cui si richiedono risposte ma sarà solo lo scorrere del film a chiarire le idee. I momenti di tensione si percepiscono ma non sono proprio palpabili. Come c’era da aspettarsi da Shyamalan, il confine tra thriller e soprannaturale si assottiglia col passare dei minuti fino ad arrivare, purtroppo, ad un finale non proprio apprezzabile e che probabilmente rappresenta il limite maggiore di questa pellicola. In questi frangenti Shyamalan sa stupire ma non stavolta. Con Split il regista statunitense non raggiunge il suo massimo che, per un estimatore come me, risulta lontano. Il film sicuramente rientra tra le sue opere meglio riuscite e rappresenta, soprattutto, un altro tassello che gli servirà a raggiungere le più alte vette, per lui tutt’altro che insormontabili, del genere di cui è maestro. Ah, dimenticavo. Preparatevi al solito sorprendente colpo di scena alla Shyamalan!
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gigioncino
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lunedì 13 febbraio 2017
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che noia
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preso atto delle recensioni "positive" sul film di Shyamalan, mi sono deciso, seppur con qualche perplessità ( non amo il genere, ammetto...) ad andare. Seppure a fatica, sono riuscito a vederlo fino in fondo , con la fine che, ahimè, annuncia un probabile seguito. Gli aggettivi che mi vengono in mente nel descrivere un prodotto che tenta la via dell'originalità incappando però in evidenti limiti di banalità sono appunto: noioso, scontato,banale, ridicolo, presuntuoso e mal "confezionato".
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rossi833
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lunedì 13 febbraio 2017
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mai visto nulla di simile
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Film nettamente incentrato su un unico personaggio "Split", dalle 23 personalità,che vittima di abusi.Il suo cervello alza le difese per proteggerlo dai suoi ricordi e da se stesso. Ho trovato questo film a tratti snervante, scontato, e pesante. Non lo consiglio perchè andare a vedere un film al cinema dovrebbe essere una cosa rilassante e non angosciante. Non voglio raccontare il film ma il finale è insensato e lascia nello spettatore sgomento oltre che un grande punto interrogativo dal momento che il regista ignora totalmente che lo spettatore può non avere visto i suoi due film precedenti.
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gianleo67
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mercoledì 27 dicembre 2017
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le regressioni scimmiesche di uno zelig scozzese
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Rapite nel parcheggio di un centro commerciale e segregate nei sotterranei di un misterioso edificio, le tre adolescenti Casey, Claire e Marcia si rendono ben presto conto di avere a che fare con il giovane Kevin, un individuo affetto da un disturbo di personalità multipla. I sospetti della dottoressa che ha in cura il ragazzo iniziano a convergere sul prevalere di Denis, una delle 23 personalità manifestate e sull'imminente avvento della Bestia: una ulteriore, minacciosa e terrificante entità che deriva dalla fusione di tutte le altre. Da sempre affascinato dalla metafora di una alterità celata alle apparenze dell'esperienza sensibile e vero maestro di una messa in scena del misterioso e del perturbante, il talentuoso indiano d'America che ha la notte nel nome, decide a questo giro di giostra di assecondare la proverbiale (s)mania hollywoodiana per sequel, serie e supereroi con una trilogia che parte dal terrorismo autoctono pre-11 Settembre (Unbreakable - 2000) combattuto dall'inconsapevole eroe positivo di mascella d'acciaio Willis per approdare al disturbato e consapevolissimo Zelig scozzese di McAvoy, proteiforme manifestazione di un trasformismo psicofico che dovrebbe convergere nel vero antagonista negativo (o meglio antipositivo, vista l'indulgenza ontologica con cui è costruito il personaggio) a quella rappresentata dall'indistruttibile sopravvissuto 'senza paura' del primo episodio; a mediare tra i due, la trasparenza bosonica di un fragilissimo teorico dell'antagonismo cartoonesco del (Mr) Glass, con cui si chiuderà la trilogia in questione nell'anno prossimo venturo.
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Rapite nel parcheggio di un centro commerciale e segregate nei sotterranei di un misterioso edificio, le tre adolescenti Casey, Claire e Marcia si rendono ben presto conto di avere a che fare con il giovane Kevin, un individuo affetto da un disturbo di personalità multipla. I sospetti della dottoressa che ha in cura il ragazzo iniziano a convergere sul prevalere di Denis, una delle 23 personalità manifestate e sull'imminente avvento della Bestia: una ulteriore, minacciosa e terrificante entità che deriva dalla fusione di tutte le altre. Da sempre affascinato dalla metafora di una alterità celata alle apparenze dell'esperienza sensibile e vero maestro di una messa in scena del misterioso e del perturbante, il talentuoso indiano d'America che ha la notte nel nome, decide a questo giro di giostra di assecondare la proverbiale (s)mania hollywoodiana per sequel, serie e supereroi con una trilogia che parte dal terrorismo autoctono pre-11 Settembre (Unbreakable - 2000) combattuto dall'inconsapevole eroe positivo di mascella d'acciaio Willis per approdare al disturbato e consapevolissimo Zelig scozzese di McAvoy, proteiforme manifestazione di un trasformismo psicofico che dovrebbe convergere nel vero antagonista negativo (o meglio antipositivo, vista l'indulgenza ontologica con cui è costruito il personaggio) a quella rappresentata dall'indistruttibile sopravvissuto 'senza paura' del primo episodio; a mediare tra i due, la trasparenza bosonica di un fragilissimo teorico dell'antagonismo cartoonesco del (Mr) Glass, con cui si chiuderà la trilogia in questione nell'anno prossimo venturo. Non stupisce quindi che lo spunto della tragica storia del William Wilson della molteplicità caratteriale di William Billy Milligan (già soggetto di un drama della Warner firmato Joel Schumacher e con DiCaprio protagonista, dalla nebulosa ed imminente distribuzione) sia solo l'utile pretesto per proseguire il discorso sulle insospettabili e metafisiche virtù della diversità: il principio della perturbazione di una psiche traumatizzata che si scinde nelle molteplici manifestazioni dei suoi altrettanti talenti, amplificando le inespresse potenzialità della mente umana e riunificandosi nel terrifico sincretismo di una creatura abominevole che travalica la morale ma è sempre pronto a riconoscere il torto: insomma un Mr Hyde all'ennesima potenza che non ha mai veramente dismesso i rispettabili panni di un irreprensibile ed equanime Dr Jekill ("Tu sei diversa dalle altre. Il tuo cuore è puro. Gioisci! Chi ha sofferto è più evoluto"). La struttura del thriller metafisico quindi subisce le già sperimentate contaminazioni di genere del film precedente, pur mantenendo la classica impronta dark del regista indo-americano, aiutato in questo da una scenografia della reclusione quanto mai funzionale alla storia ed al contenimento dei costi, ma avvalendosi anche di efficaci parentesi a flashback che ricapitolano le storie di abuso dei due protagonisti principali senza inficiare per questo la continuità del racconto. Come già nel primo capito di una trilogia che prosegue nel segno della recente collaborazione con Jason Blum (The Visit), il concept da graphic novel non avrà la consistenza autoriale delle opere migliori di Shyamalan (The Sixth Sense, Signs, The Village), ma finisce per essere l'onesto ripiego mainstream di un regista ancora giovane che ha avuto il coraggio di rinnovarsi strizzando l'occhio ad un pubblico sempre più variegato e trasversale. Colonna sonora di rilievo (con la partecipazione del nostro Morricone) ed un cast azzeccatissimo, cui hanno giovato la sostituzione di Joaquin Phoenix con James McAvoy per mere beghe contrattuali e la lanciatissima e conturbante Anya Taylor-Joy, adolescente tormentata e sibillina ancora una volta alle prese con le minacciose insidie di un demonio che allunga troppo le mani. Spende 9 milioni di dollari (88% in meno del precedente titolo della trilogia) per guadagnarne 278; come dire: insieme alle personalità, si moltiplicano anche i dindini!
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inesperto
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domenica 12 febbraio 2017
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notevole
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Un ottimo ed originale thriller. Molto affascinante l'idea per cui una convinzione radicata assai profondamente nel cervello possa agire a livello biologico e giungere addirittura al guarire od al modificare il corpo in accordo con essa. James McAvoy supera se stesso e continua la sua ascesa verso i più alti livelli della sua professione. Il bel visino di Anya Taylor-Joy è un motivo supplementare per guardare il film. Consigliatissimo.
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cg1995
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martedì 14 febbraio 2017
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grande mcavoy e basta.
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Il film parte con l'intento di apparire realistico e di dare un quadro psicologico ben delineato di Kevin un ragazzo con 23 personalità (+1). Lo fa tramite i flashback che mostrano gli abusi subiti in infanzia e la personalità che via via si va sviluppando di una persona mentalmente instabile. Ma non approfondisce nessun aspetto in sè, gli abusi infantili non vengono mostrati nè sono appropriati allo sviluppo psicologico che Kevin assume. Cerca di essere scientificamente valido e nei sintomi lo è fino alla fine quando, grazie al disturo dissociativo d'identità, riesce ad arrampicarsi sui muri o a piegare sbarre di ferro delle celle di uno zoo (scatenando la 24esima personalità).
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Il film parte con l'intento di apparire realistico e di dare un quadro psicologico ben delineato di Kevin un ragazzo con 23 personalità (+1). Lo fa tramite i flashback che mostrano gli abusi subiti in infanzia e la personalità che via via si va sviluppando di una persona mentalmente instabile. Ma non approfondisce nessun aspetto in sè, gli abusi infantili non vengono mostrati nè sono appropriati allo sviluppo psicologico che Kevin assume. Cerca di essere scientificamente valido e nei sintomi lo è fino alla fine quando, grazie al disturo dissociativo d'identità, riesce ad arrampicarsi sui muri o a piegare sbarre di ferro delle celle di uno zoo (scatenando la 24esima personalità). Insomma un film che parte con l'intento di sembrare vero ma che poi si perde con dettagli inverosimili e poco credibili, esclusivamente al fine di dare un finale movimentato e renderlo godibile ad un pubblico più ampio possibile. L'unica nota veramente positiva è James McAvoy che riesce alla perfezione a calarsi all'interno di tutte e 23 le personalità dando prova del suo grande talento e della sua rapida ascesa come attore.
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