valterchiappa
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venerdì 2 giugno 2017
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una storia ed un'occasione sprecata
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Norman Bates, il più famoso paziente cinematogafico di disturbo dissociativo dell’identità si fermava a due. Kevin Wendell Crumb (James McAvoy), protagonista di “Split”, il nuovo film di M.Night Shyamalan, ne ha ben 23, con una ventiquattresima in agguato.
In pieno giorno Kevin rapisce tre studentesse. Claire e Marcia sono solo due adolescenti come tante altre. Casey (Anya Taylor-Joy) è diversa: segnata da un passato terribile, è emarginata dai suoi coetanei ed essa stessa propensa ad isolarsi. La prigione è la stanza di un tetro e misterioso sotterraneo. Ma, sorpresa, il carceriere che compare alle ragazze è sempre uguale e sempre diverso: Dennis, il controllore rigido e inflessibile, Patricia, algida donna dall’accento britannico, Hedwig, ingenuo bimbo di 9 anni.
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Norman Bates, il più famoso paziente cinematogafico di disturbo dissociativo dell’identità si fermava a due. Kevin Wendell Crumb (James McAvoy), protagonista di “Split”, il nuovo film di M.Night Shyamalan, ne ha ben 23, con una ventiquattresima in agguato.
In pieno giorno Kevin rapisce tre studentesse. Claire e Marcia sono solo due adolescenti come tante altre. Casey (Anya Taylor-Joy) è diversa: segnata da un passato terribile, è emarginata dai suoi coetanei ed essa stessa propensa ad isolarsi. La prigione è la stanza di un tetro e misterioso sotterraneo. Ma, sorpresa, il carceriere che compare alle ragazze è sempre uguale e sempre diverso: Dennis, il controllore rigido e inflessibile, Patricia, algida donna dall’accento britannico, Hedwig, ingenuo bimbo di 9 anni. Diventa invece Barry, stilista gay, per recarsi dalla psichiatra che lo ha in cura. La specialista è allarmata dalle email inviate dagli altri Kevin, che le pervengono a ritmo frenetico richiedendo aiuto. Perché il pericolo incombente, per lui e per le sue vittime, è la maturazione e l’imminente arrivo di una nuova identità, violenta, minacciosa e destinata a dominare le altre: “La Bestia”. Della trama null’altro si può dire: sarebbe spoiler.
Una struttura essenziale: Kevin, le sue vittime, i tentativi di fuga, gli intermezzi con la psichiatra, che svolgono la funzione narrativa di aiutare la comprensione di quanto accade.
Ma in questa storia allucinante c’è ben poca invenzione: la vicenda ricalca aderentemente quella di Billy Milligan, psicopatico americano protagonista di un caso giudiziario di enorme interesse mediatico, che avvinse e sconvolse gli Stati Uniti alla fine degli anni ’70. Troppe le somiglianze: accusato di aver rapito, stuprato e rapinato in piena mattina tre studentesse; anche lui diviso fra 24 identità, che si alternano per “venire alla luce”, ovvero di prendere controllo della coscienza; anche nel suo caso psichiatrico l’avvento di una personalità dominante. Persino l’aspetto scientifico apparentemente più paradossale, ovvero la capacità del corpo di assumere caratteristiche fisiologiche diverse al variare delle identità, seppure utilizzato in modo iperbolico nel plot, trova riscontro nella storia clinica di Milligan.
“Split”però non riesce ad essere uno psico-thriller: troppo superficiale l’indagine sulla malattia, poco partecipe l’occhio che la osserva, quasi privo di interessamento, fosse anche perverso. Ma non è nemmeno un thriller: molta tensione, ma paura veramente poca; tanto meno un film d’azione, perché di azione non ce n’è. Per Shyamalan il disturbo dissociativo dell’identità rimane solo un soggetto interessante, da raccontare con precisione, ma senza alcuna empatia; una bizzarria adatta a confezionare, con la tecnica che gli va senz’altro riconosciuta, un film dal facile richiamo. Eppure le misteriose potenzialità della mente, le occulte connessioni o scissioni che essa può generare, l’analisi settoriale, che le manifestazioni di questa patologia consentono, delle singole componenti della personalità comunque presenti in ognuno di noi, seppure normalmente fuse, il gioco dei ruoli che esse assumono, quanto avrebbero potuto solleticare una buona penna. Una buona penna appunto. M. Night Shyamalan preferisce invece galleggiare in una terra di mezzo, senza imboccare una strada definita. O forse un obiettivo, ben chiaro, il regista di origini indiane lo ha avuto: il sospetto sorge assistendo ad un finale tanto inatteso, quanto debole e soprattutto furbetto. Dispiace quindi che Shyamalan abbia preceduto Joel Schumacher, che si è assicurato i diritti di ”The crowded room”, la biografia di Milligan.
In questa sagra delle occasioni perdute anche James McAvoy perde il suo treno. Il ruolo che avrebbe fatto impazzire attori istrionici, ad esempio un Nicholson, viene svolto come Nicholson avrebbe appunto fatto, gigioneggiando, ma senza l’immenso talento del vecchio Jack. Alla fine raccontano di più gli occhioni sgranati della giovane Anya Taylor-Joy.
A chi saluta il ritorno del regista che aveva folgorato all’inizio della sua carriera con film come “Il sesto senso” e “Il predestinato”, diciamo che c’è ancora da attendere. Si è detto che Shyamalan abbia trovato nuova linfa per la sua ispirazione dalle produzioni a budget contenuto. Ma se il suo precedente, “The visit”, pur nei limiti di una trama convenzionale, aveva regalato agli appassionati del genere momenti di vera paura e ai cinefili stralci di girato di ottima qualità, “Split” fa pensare che il regista indiano sia ancora troppo sensibile alle sirene del facile successo.
Ma raccontare la paura esige una vena di autentica follia. Il calcolo non è ammesso.
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elgatoloco
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domenica 12 aprile 2020
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disturbo disccociativo ma non solo...
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"Split"(2016, Mi, Night Shyamalan), film che dimostra ancora una volta come Shyamalan, parlandoci in questo caso di un sequestro di tre ragazze da parte di un sociopatico, affetto da disturbo della personalità(identità, se si vuole), riscontrato dai criteri fondamentali della psichiatraia, caso ispirato da un caso reale(Billy Milligan), riesca però ad andare oltre, a guardare al di là, verso una"condizione metafisica"(nel senso greco originario, "metà tà physikà", dopo o meglio oltre la natura), in una dimensione anche"limbica"(usando l'esprressione nell'accezione relativa alla fisiologia cerebrale), dove evidentemente intelletto e ragione non hanno più facile accesso.
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"Split"(2016, Mi, Night Shyamalan), film che dimostra ancora una volta come Shyamalan, parlandoci in questo caso di un sequestro di tre ragazze da parte di un sociopatico, affetto da disturbo della personalità(identità, se si vuole), riscontrato dai criteri fondamentali della psichiatraia, caso ispirato da un caso reale(Billy Milligan), riesca però ad andare oltre, a guardare al di là, verso una"condizione metafisica"(nel senso greco originario, "metà tà physikà", dopo o meglio oltre la natura), in una dimensione anche"limbica"(usando l'esprressione nell'accezione relativa alla fisiologia cerebrale), dove evidentemente intelletto e ragione non hanno più facile accesso... Non a caso , a parte il carattere intelligentemnete"tortuoso"del "delinquente"(reso benissimo da James Mc Avoy), che rende bene le safaccetature delle sue personalità(23, a quanto pare, come le riscontra la sua psichiatra), troviamo degli"intermezzi"che vengono in mente solo a un autore, scneggiatore-regista come lui, dove un bambina preadolescente viene portata a caccia, nonché anche indotta essa stesso a sparare, con un esito quasi fatale, tra l'altro, dato che rischia di uccidere uno zio, che in realtà potrebbe/dovrebbe stare al suo posto, cosa che invece non fa. Ma c'è anche il finale, dove ancora una volta, rovesciando la famosa affermazione-proposizione -chiave di Wittgenstein, "l'enigma esiste", nel senso che l'unica ragazza superstite si trova in un bar-ristorante e vede/ascolta un TG nel quale si parla della sua vicenda, ma c'è anche un altro avventore, curiosamente e"morbosamente"attratto dalla notizia e forse anche dalla ragazz...Molti si sono domandati se questo finale sia stato realizzato solo"per confondere le acque"; personalmente sono più propenso a credere che Shyamalan stai realizzando un ciclo di fil, di cui finora è stato realizzato questo secondo film, mentre la conclusione sarà in"Glass", che forse verrà completato prossimamente. Le sorprese di questa regista-autore, non a caso di cultura indiana(dove lo stacco tra realtà e dimensione onirica è molto minore che in Occidente, in cui comunque non si realizza mai una frattura dicotomica tra le due dimensioni)sono ancora molte e questa è solo una tra le altre, che si preannunciano, appunto. Altre interrpreti Anna Taylore-Joy, Betty Buckler(la psichjiarata che non riesce a risolvere i problemi del protagonista, finendo"sbranata"dall "Bestia"(e non è un paradosso, né un"errore medico"per Shyamalan, chiaramente), Haley Su Richarson e Jessica Sula, tutte più che solamente"impeccabili". El Gato
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jonnylogan
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domenica 8 dicembre 2024
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ritorno in ottimo stile
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Il regista indo - statunitense di The Sixth Sense – Il Sesto Senso (The Sixth Sense ; 1999) ci trasporta nelle perversioni di un uomo disturbato mentalmente la cui figura è liberamente modellata su quella del serial killer Billy Milligan, affetto da molteplici personalità dissociate l’una dall’altra e che esattamente come il protagonista, impersonato da un James McAvoy perfetto nel portarne sullo schermo le fobie e le idiosincrasie, sul finire degli anni ‘70 rapì e uccise numerose vittime.
Shyamalan presente al solito con un breve cameo, è come sempre molto attento al lato nascosto, recondito e difficile da esplorare della nostra psiche.
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Il regista indo - statunitense di The Sixth Sense – Il Sesto Senso (The Sixth Sense ; 1999) ci trasporta nelle perversioni di un uomo disturbato mentalmente la cui figura è liberamente modellata su quella del serial killer Billy Milligan, affetto da molteplici personalità dissociate l’una dall’altra e che esattamente come il protagonista, impersonato da un James McAvoy perfetto nel portarne sullo schermo le fobie e le idiosincrasie, sul finire degli anni ‘70 rapì e uccise numerose vittime.
Shyamalan presente al solito con un breve cameo, è come sempre molto attento al lato nascosto, recondito e difficile da esplorare della nostra psiche. Offrendoci lo spaccato di un uomo la cui identità è difficile da studiare. Abile nel nascondersi fra gli ammalati con una mente fragile, fino al punto di nascondere alla propria psichiatra, che in lui non vede mai un semplice caso da studiare ma un paziente al quale è legata emotivamente, la sua ventiquattresima e più pericolosa identità quella dell'assassino.
Detto della bravura di McAvoy, ingiustamente snobbato dalla notte degli Oscar. Anche le tre vittime, e in particolare Anya Taylor-Joy, nel ruolo della problematica Casey, riescono ad aggiungere alla pellicola una grande dose di pathos. Al quale contribuisce anche Betty Lynn Buckley che impersona la dottoressa Fletcher che da sempre ha in cura il protagonista.
Film non per tutti e che può raccogliere facilmente pareri contrastanti, perché incapace di analizzare il male restituito da Kevin. Scopo del regista era però posizionare la pellicola nel filone dei film thriller che si muovono su uno sfondo psicologico, aggiungendovi anche la creazione di un personale immaginario narrativo. Dato che le gesta di Kevin Wendell s’ incastrano narrativamente subito dopo quelle di Unbreakable – Il predestinato (Unbreakable; 2000) al quale tre anni dopo Shyamalan farà seguire Glass (id.; 2019), nel quale porterà nuovamente sul grande schermo tutti i protagonisti sia di Split, sia della pellicola del 2000, a conclusione di una trilogia molto particolare del cinema contemporaneo.
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skywalker70
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domenica 5 febbraio 2017
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abbiam fatto 30... facciamo 31
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Personalità multiple. Tante, 23 in tutto.
Questo è l'aspetto più sorprendente e inflazionato di tutto il film. Perchè effettivamente di colpi di scena se ne vedono pochi, ma non è un gran limite, la trama scorre angosciosamente dritta verso l'epilogo. 2 ore e mezza di film -non infarcite di azione o scene splatter- che passano velocemente grazie ad una narrazione intrigante e non eccessivamente complicata,
Assolutamente apprezzabile l'assenza sia di vittime super-eroi che fanno fuori il loro carnefice, sia dei soliti prolassi fisico/emozionali post-carneficina.
Il finale fortunatamente è meno scontato e benevolo di quanto ci si potrebbe aspettare: lascia confusi, incerti se tirare un sospiro di solievo o preoccuparsi per ciò che si lascia intendere potrà ancora avvenire.
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Personalità multiple. Tante, 23 in tutto.
Questo è l'aspetto più sorprendente e inflazionato di tutto il film. Perchè effettivamente di colpi di scena se ne vedono pochi, ma non è un gran limite, la trama scorre angosciosamente dritta verso l'epilogo. 2 ore e mezza di film -non infarcite di azione o scene splatter- che passano velocemente grazie ad una narrazione intrigante e non eccessivamente complicata,
Assolutamente apprezzabile l'assenza sia di vittime super-eroi che fanno fuori il loro carnefice, sia dei soliti prolassi fisico/emozionali post-carneficina.
Il finale fortunatamente è meno scontato e benevolo di quanto ci si potrebbe aspettare: lascia confusi, incerti se tirare un sospiro di solievo o preoccuparsi per ciò che si lascia intendere potrà ancora avvenire.
Alla fine Split si rivela un buon thriller, ben girato e recitato, che in parte sfrutta clichè già visti, ma che riesce nel suo intendo di regalare brividi e suspence.
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alessandro
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lunedì 2 settembre 2019
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il grande ritorno di shymalan
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“Split” è un thriller psicologico del 2016 diretto da M.Night Shymalan, regista de “Il sesto senso” (1999) e di “The visit” (2015). La pellicola è la seconda di una trilogia creata da Shyamalan stesso, “Trilogia Eastrail 117”, iniziata con il film “Unbreakable-il predestinato” (2000) e conclusasi quest’anno con “Glass” (2019). Le adolescenti protagoniste del film, Claire (Haley Lu Richardson), Marcia (Jessica Sula) e Casey (Anya Taylor-Joy), vengono rapite e tenute prigioniere da uno strano individuo con gli occhiali, Dennis. Egli non è altro che una delle tante personalità di Kevin Wendell Crumb (James McAvoy), uomo con gravi disturbi mentali.
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“Split” è un thriller psicologico del 2016 diretto da M.Night Shymalan, regista de “Il sesto senso” (1999) e di “The visit” (2015). La pellicola è la seconda di una trilogia creata da Shyamalan stesso, “Trilogia Eastrail 117”, iniziata con il film “Unbreakable-il predestinato” (2000) e conclusasi quest’anno con “Glass” (2019). Le adolescenti protagoniste del film, Claire (Haley Lu Richardson), Marcia (Jessica Sula) e Casey (Anya Taylor-Joy), vengono rapite e tenute prigioniere da uno strano individuo con gli occhiali, Dennis. Egli non è altro che una delle tante personalità di Kevin Wendell Crumb (James McAvoy), uomo con gravi disturbi mentali. La psichiatra Karen Fletcher (Betty Buckley) in passato aveva diagnosticato a Kevin una forma di disturbo dissociativo dell’identità, malattia mentale realmente esistente scoperta nel 1994 che porta lo sfortunato afflittone a credere di essere un individuo in un momento e un'altra persona in un secondo momento. La psichiatra è però riesce a stabilire un rapporto confidenziale col suo paziente, affidando alla personalità più “tranquilla”, Barry, la capacità di avere il controllo del corpo e mettendo al bando quelle più pericolose, Dennis e Patricia, le quali terrorizzano le altre personalità parlando di una misteriosa creatura:”la Bestia”. Successivamente, Patricia e Dennis sono “risvegliati” da un incidente sul lavoro, perché due ragazze hanno costretto Kevin a toccare il loro seno per una scommessa. In totale le personalità sono 23, con caratteristiche fisiche e psicologiche differenti. Nel frattempo, le tre protagoniste sono alle prese con Dennis, Claire e Marcia vogliono attaccarlo per poi scappare, mentre Casey vuole cercare di capire con chi ha a che fare. Le tre ragazze capiscono che l’uomo ha più personalità quando si mostra con quella di un bambino di 9 anni, Hedwig, che rivela per sbaglio che la stanza dove sono imprigionate le tre protagoniste ha un punto debole. Claire lo trova e prova a fuggire, ma viene però scoperta e punita da Dennis, che la separa dalle altre. Stessa fine la fa Marcia, lasciando Casey da sola. Le due ragazze isolate chissà in quale stanza verranno sacrificate alla “Bestia”, che si scoprirà essere la ventiquattresima personalità di Kevin, quella più pericolosa,spietata e forte. Il film procede con i tentativi di fuga di Casey, che, alla fine del film, sarà l’unica sopravvissuta.
“Split” è un film davvero particolare e, per certi versi, addirittura profondo, emblema del grande ritorno di Shyamalan alla produzione di grandi film dopo numerosi flop come “L ultimo dominatore dell’aria” (2010), andato talmente male da averne impedito la prevista uscita del sequel, o “The visit”. Il titolo del film, è davvero geniale e centrato, dato che “split” in inglese significa “diviso”, proprio come la mente di Kevin è divisa in 23 personalità +1. La sceneggiatura è ispirata a un fatto di cronaca reale su un individuo che soffriva del disturbo dissociativo delle identità. Shyamalan, da ciò, è riuscito a trarne un horror/ thriller psicologico davvero originale ed inquietante, con una regia degna del suo autore, in grado di far entrare nell’atmosfera della pellicola anche gli spettatori più insensibili. Magistrale è anche l’ interpretazione di James McAvoy nei panni di Kevin, che si è ritrovato ad interpretare le varie personalità del folle, che valgono come molteplici personaggi. L’espressività e la bravura dell’attore riescono a rendere il personaggio da lui interpretato davvero inquietante. Anche le ragazze che hanno interpretato le protagoniste si sono dimostrate davvero eccezionali nel mostrare dei personaggi tanto impauriti; in particolare va riconosciuta l’interpretazione di Anya Taylor-Joy, già vista in “The Witch” (2015). Inoltre, il personaggio della “Bestia”, può essere visto come una metafora atta a rappresentare il male che l’essere umano può arrivare a fare.
In conclusione, “Split” è un film, che riesce a intrattenere lo spettatore con un’idea fantastica e un’ottima regia accompagnata dalle interpretazioni eccezionali degli attori. La pellicola non presenta scene particolarmente violente, non vi sono jumpscares, ormai onnipresenti in film di questo genere, ma solo un’atmosfera ben resa dalla narrazione e un’ottima costruzione dei personaggi .
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wathan
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mercoledì 25 settembre 2019
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notevole sotto molti punti di vista.
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Agghiacciante, originale, commovente. Ottimo thriller magistralmente girato da un regista spesso sottovalutato dalla critica professionale e non solo. Non c'è dubbio M. Night Shyamalan affina più che mai il suo stile peculiare di dirigere, non sotto l'aspetto delle inquadrature e del montaggio, ma dalla sceneggiatura originalissima che riesce quasi sempre a proporci, Split riesce a terrorizzare, far riflettere e commuovere allo stesso tempo scusate se è poco. Decisamente uno dei suoi migliori film anche se del sottoscritto ne o visti solo quattro. Un consiglio, non fidatevi dalle recensioni negative piuttosto guardatevelo e poi giudicate.
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tmpsvita
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giovedì 9 febbraio 2017
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il vero ritorno di shyamalan
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M. Night Shyamalan torna ufficialmente a piacere sia al pubblico che alla critica, dopo il discreto film The Visit, lo fa con grande stile con un altro film a dir poco interessante e molto particolare. Un lavoro che mette a dura prova le capacità recitative di James McAvoy, nonostante ciò lo supera egregiamente, è ci regala la migliore interpretazione della sua carriera. Trama molto originale, complessa da realizzare e criptica al punto giusto. Un Film coinvolgente fino alla fine, anche grazie al giusto ritmo dato dalla regia e dal montaggio, ma nel guardalo mi aspettavo ( e speravo) di provare un po' più di ansia.
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M. Night Shyamalan torna ufficialmente a piacere sia al pubblico che alla critica, dopo il discreto film The Visit, lo fa con grande stile con un altro film a dir poco interessante e molto particolare. Un lavoro che mette a dura prova le capacità recitative di James McAvoy, nonostante ciò lo supera egregiamente, è ci regala la migliore interpretazione della sua carriera. Trama molto originale, complessa da realizzare e criptica al punto giusto. Un Film coinvolgente fino alla fine, anche grazie al giusto ritmo dato dalla regia e dal montaggio, ma nel guardalo mi aspettavo ( e speravo) di provare un po' più di ansia. Comunque M. Night Shyamalan non delude i suoi fans, con inquadrature eleganti, precise e studiate. Per non parlare della sua, oramai immancabile, firma ovvero: il twist finale che in questo caso lascia davvero senza parole. VOTO: 7/10.
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r.a.f.
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mercoledì 2 ottobre 2019
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il mostro che è dentro di noi
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Ennesimo capolavoro di Shyamalan, incentrato sulla figura realmente esistita di un killer psicopatico, affetto da disturbo dissociativo dell’identità.
La storia è abbastanza semplice, anche se all’inizio viene complicata da alcuni flashbacks che solo più avanti si giustificheranno all’occhio dello spettatore: tre ragazze, di cui una apparentemente problematica, vengono rapite da uno psicopatico, che le terrà prigioniere per tutta la durata del film, mostrandosi gradatamente a loro (e allo spettatore) in tutta la sua follia. Man mano che il film procede, impariamo a conoscere il killer in tutte le sue sfaccettature e la psichiatra che lo ha in cura; capiamo che col tempo è riuscita ad instaurare con lui un rapporto di fiducia che le ha permesso di portare alla luce la sua personalità più “equilibrata”, spingendola a tenere sotto controllo tutte le altre.
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Ennesimo capolavoro di Shyamalan, incentrato sulla figura realmente esistita di un killer psicopatico, affetto da disturbo dissociativo dell’identità.
La storia è abbastanza semplice, anche se all’inizio viene complicata da alcuni flashbacks che solo più avanti si giustificheranno all’occhio dello spettatore: tre ragazze, di cui una apparentemente problematica, vengono rapite da uno psicopatico, che le terrà prigioniere per tutta la durata del film, mostrandosi gradatamente a loro (e allo spettatore) in tutta la sua follia. Man mano che il film procede, impariamo a conoscere il killer in tutte le sue sfaccettature e la psichiatra che lo ha in cura; capiamo che col tempo è riuscita ad instaurare con lui un rapporto di fiducia che le ha permesso di portare alla luce la sua personalità più “equilibrata”, spingendola a tenere sotto controllo tutte le altre. Ma ce n’è una che è sfuggita alla psichiatra, quella più crudele e terribile, che alla fine prende il sopravvento e si scatena, travolgendo tutto e tutti.
Il rapimento che apre il film e ci dà modo di conoscere il mostro, lascia lentamente spazio al vero protagonista della storia, che è il rapitore stesso. Il film è sorretto e splendidamente esaltato da un McAvoy in stato di grazia, che riesce a interpretare tutte le svariate personalità dell’omicida, passando dall’una all’altra in maniera assolutamente naturale e straordinariamente efficace, attraverso modifiche della voce, del linguaggio, dei gesti, del modo di camminare o di muovere le mani. Ed è talmente bravo che alla fine la sorte delle vittime passa in secondo piano. Il ritmo è serrato, senza momenti di debolezza, e la regia, che passa abilmente da inquietanti primi piani a suggestive inquadrature a figura intera, è dichiaratamente al servizio di McAvoy e della sua incredibile performance.
Ovviamente il finale non va svelato, ma si può dire che è tutt’altro che rassicurante, ed apre la porta ad un attesissimo seguito.
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alex62
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domenica 29 gennaio 2017
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macché personalità multipla!!!
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Shyamalan si smarrì.
Era partito dal mondo dei fumetti per ritrovarsi fra le mani - quasi per caso - due piccoli capolavori, grazie soprattutto ad alcuni attori fantastici: Il sesto senso, con il migliore Bruce Willis e un bambino favoloso!, H.J. Osment; Signs, con Mel Gibson, in stato di grazia, e Joaquin Phoenix, al top, ma non dimentichiamo la perfetta bimba Abigail Breslin, all'epoca debuttante. Indimenticabile la scena di quest'ultimo film con i due bambini e lo zio con la testa protetta dagli influssi degli ET cattivi, con la carta stagnola!!! Fantastico!
Ebbene, l'indiano (non pellerossa, ma del Subcontinente) americano Shyamalan, dopo aver totalizzato milioni di punti (e dollaroni) con questi due exploit si smarrì…e ancora non è tornato.
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Shyamalan si smarrì.
Era partito dal mondo dei fumetti per ritrovarsi fra le mani - quasi per caso - due piccoli capolavori, grazie soprattutto ad alcuni attori fantastici: Il sesto senso, con il migliore Bruce Willis e un bambino favoloso!, H.J. Osment; Signs, con Mel Gibson, in stato di grazia, e Joaquin Phoenix, al top, ma non dimentichiamo la perfetta bimba Abigail Breslin, all'epoca debuttante. Indimenticabile la scena di quest'ultimo film con i due bambini e lo zio con la testa protetta dagli influssi degli ET cattivi, con la carta stagnola!!! Fantastico!
Ebbene, l'indiano (non pellerossa, ma del Subcontinente) americano Shyamalan, dopo aver totalizzato milioni di punti (e dollaroni) con questi due exploit si smarrì…e ancora non è tornato.
Sì, è vero, il mestiere ce l'ha: non è che il cinema non sappia farlo, però, dài, c'è una (troppo) grande differenza!
Veniamo al plot: se parlate con uno psicanalista serio vi dirà che la cosiddetta “doppia personalità” o addirittura “multipla” è un'enorme “bufala” semi-internettiana, che come le manda internet, nessuno! Ma lo era già prima di Internet. Insoma un'ipotesi di scuola, di quelle che hanno poco o niente a che fare con la realtà.
Qui poi, non solo il protagonista, matto come un cavallo, ne sfoggia un numero impressionante - ok, bella prova d'attore, ma non proprio convincente - ma addirittura si trasforma fisicamente, al punto che una delle personalità è malata di diabete ed è quindi l'unica ad aver bisogno d'iniezioni quotidiane d'insulina. E dài, su, un po' di realismo in più non guasterebbe.
Tre ragazzine, molto procaci, vengono rapite per due ragioni, perché una delle personalità è quella di un pervertito che ama vedre ballare le ragazze nude. Che già questo fa veramente sorridere oggi come oggi. Una perversione amare veder ballare?!? E dài, su, siamo un po' coerenti. Il secondo scopo è quello di far da pasto alla “Bestia”.
E qui abbiamo già abbondantemente superato la soglia del ridicolo e abbiamo sconfinato nel territorio della pura farsa involontaria!
Insomma per farla breve: Povero McAvoy, che pure ci aveva impressionato in Redenption (con Keira Knightly). Avrà penssato che gli venisse offerto il ruolo della vita, ben 21 personaggi diversi in uno, pacchetto completo, ma si è ritrovato davvero dentro un fumetto weird!
Poi, c'è un altro film, ben più dotato, che disse la parola fine sull'argomento multiple personality, anzi tre - se vogliamo essere sinceri, e restare nel tema -. Il piccolo capolavoro di serie B è Identity, con un protagonista fantastico, ve lo ricorderete certamente, l'attore obeso e pelato che ha gli occhietti che non possono stare mai fermi, Pruitt Taylor Vince. Lì si parla di 10 persone che si ritrovano in un Motel, in una notte di tregenda e si eliminano fra loro, fino alla redductio ad unum del finale. Ottimo. Anche nella divertita parodia a “Dieci piccoli Indiani”, racconto-capolavoro di Agatha Christie.
Il secondo è il capolavoro Fight Club, con Brad Pitt, finalmente convincente (forse solo lì e in Thelma e Louise -con Susan Sarandon e Geena Davis al top-, capolavorissimo di Ridley Scott), ma soprattutto e tutti Edward Norton.
Il terzo è il capolavoro dei capolavori, creatore del genere, Psycho, del sommo e inarrivabile Alfred Hitchcock!
Menzione di merito per la semi-debuttante Anya Taylor-Joy. L'unica presenza veramente “disturbante” in tutto il film.
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