alex2044
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mercoledì 6 dicembre 2017
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intrattenimento puro ma di classe
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Intrattenimento puro ma di classe . Il film non lascia tregua allo spettatore e lo conduce in un percorso mai banale , le quasi due ore volano . Il treno è Il microcosmo nel quale l'azione si svolge ma le soluzioni tecniche scelte dal regista allontanano il rischio di cadere nella claustrofobia . Gli attori recitano senza retorica e non abusano del manierismo . Kenneth Branagh, regista preciso , rigoroso e meticoloso non si nega qualche virtuosismo tecnico anche se forse , vista la forza economica della produzione si sarebbe potuto amplificare il realismo di alcune situazioni . Branagh come attore è bravissimo e questa non è una scoperta ed il ruolo di mattatore assoluto del film gli calza a pennello .
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Intrattenimento puro ma di classe . Il film non lascia tregua allo spettatore e lo conduce in un percorso mai banale , le quasi due ore volano . Il treno è Il microcosmo nel quale l'azione si svolge ma le soluzioni tecniche scelte dal regista allontanano il rischio di cadere nella claustrofobia . Gli attori recitano senza retorica e non abusano del manierismo . Kenneth Branagh, regista preciso , rigoroso e meticoloso non si nega qualche virtuosismo tecnico anche se forse , vista la forza economica della produzione si sarebbe potuto amplificare il realismo di alcune situazioni . Branagh come attore è bravissimo e questa non è una scoperta ed il ruolo di mattatore assoluto del film gli calza a pennello . Il finale naturalmente , anche se non è una novità è geniale e la parata dei possibili colpevoli tutti seduti di fronte all'imbattibile Poirot è suggestiva e chiude in gloria un film che se non è memorabile si lascia vedere anche con un certo trasporto .
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andreagiostra
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venerdì 29 dicembre 2017
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in onore di "new crime books"!
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Kenneth Branagh si rivela il vero grande talentuoso mattatore di questa ennesima, ma assolutamente interessante, rivisitazione cinematografica del best seller di Agatha Christie “Murdered on the Orient Express” pubblicato in Inghilterra il 1 gennaio del 1934 da quella che fu un’importantissima casa editrice britannica specializzata in novelle e racconti di crimini, in particolare “new crime books”, ovvero la “Collins Crime Club”.
Sono passati 84 anni, e la narrazione, seppur con una sceneggiatura rivisitata e resa aderente ai giorni nostri, rimane catturante e ipnotizzante come un vero giallo deve essere.
Il film è da vedere, su questo non ci sono dubbi.
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Kenneth Branagh si rivela il vero grande talentuoso mattatore di questa ennesima, ma assolutamente interessante, rivisitazione cinematografica del best seller di Agatha Christie “Murdered on the Orient Express” pubblicato in Inghilterra il 1 gennaio del 1934 da quella che fu un’importantissima casa editrice britannica specializzata in novelle e racconti di crimini, in particolare “new crime books”, ovvero la “Collins Crime Club”.
Sono passati 84 anni, e la narrazione, seppur con una sceneggiatura rivisitata e resa aderente ai giorni nostri, rimane catturante e ipnotizzante come un vero giallo deve essere.
Il film è da vedere, su questo non ci sono dubbi. Gli attori sono tutte delle star strepitose ed arcinote nel modo della settima arte, e ognuna di loro interpreta la relativa parte con un’efficacia recitativa da standing ovation. Tenere insieme un’intera squadra di fuoriclasse per vincere la Champions, non è impresa facile per nessuno. Qui il risultato è eccellente, e anche di questo il merito non può che andare a Branagh.
La fotografia è veramente bellissima e i paesaggi risultano molto aderenti ad una narrazione “gelida” e intelligente. La colonna sonora è poderosa e sintonica con il susseguirsi delle scene e con i ripetuti ed incalzanti flashback, e si conclude con il bellissimo “Never Forget” cantata da Michelle Pfeiffer in onore di Kenneth Branagh. Ed anche per questo il film è da vedere.
Dicevamo di Kenneth Branagh, grandissimo attore teatrale shakespeariano di eccellente talento, che nel film riveste i tre ruoli più importanti: produttore, sceneggiatore, regista. E questo basta per comprendere il peso nel film di questa vera grande star cinematografica e teatrale. Un film che per certi versi appare allo spettatore come una rappresentazione teatrale proiettata in una sala cinematografica. E anche questo ci sta, considerata la formazione culturale e artistica di Branagh.
Dopo un incarico a Gerusalemme portato a termine con grande successo, Hercule Poirot (Kenneth Branagh) decide di riposare un po’ concedendosi una breve vacanza. Quale migliore occasione che chiedere al suo amico e ammiratore Bouc (Tom Bateman), direttore dell’Oriente Express, di prenotargli un posto sul famosissimo treno? Durante il viaggio viene commesso un omicidio. Lo stesso Bouc prega Poirot di risolvere il caso prima che intervenga la polizia locale e possa incolpare uno qualunque dei passeggeri, magari mosso da pregiudizi razziali. Subito dopo l’assassinio, il tremo rimane bloccato in un altissimo ponte in legno sospeso in una scarpata impressionate. Il nostro detective avrà tutto il tempo per trovare l’assassino, prima che arrivino i soccorsi per liberare il treno dalla neve. L’indagine è incalzante, avvincente, intrigante, perspicace, come in tutte le storie di Agatha Christie. Ma questa è un’altra storia da vedere nelle sale cinematografiche perché il finale, come in tutti i romanzi gialli, è sorprendente, anche per il lettore che avrà già letto il romanzo originale, anche per lo spettatore che avrà visto una precedente produzione cinematografica.
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loland10
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domenica 10 dicembre 2017
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poirot senza treno...
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“Assassinio sull’Orient Express” (Murder On the Orient Express, 2017) è il sedicimo lungometraggio del regista-attore Kenneth Branagh.
Ed ecco che dalla bella Instabul parte il treno del logo magnetico dei libri di Agatha Christie... un fervore di prelazione del set dove il nostro investigatore entra di lusso, con il caso del furto al Santo Sepolcro, di fronte al Muro del pianto di Gerusalemme. Prima di arrivare in traghetto verso il luogo deputato al ‘mostre assassinio..’..
La rappresentazione dell'incastro perfetto della scrittrice gialla per antonomasia sul grande schermo non è assolutamente facile.
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“Assassinio sull’Orient Express” (Murder On the Orient Express, 2017) è il sedicimo lungometraggio del regista-attore Kenneth Branagh.
Ed ecco che dalla bella Instabul parte il treno del logo magnetico dei libri di Agatha Christie... un fervore di prelazione del set dove il nostro investigatore entra di lusso, con il caso del furto al Santo Sepolcro, di fronte al Muro del pianto di Gerusalemme. Prima di arrivare in traghetto verso il luogo deputato al ‘mostre assassinio..’..
La rappresentazione dell'incastro perfetto della scrittrice gialla per antonomasia sul grande schermo non è assolutamente facile. Il non detto, il non visto, le sfumature, i visi, gli sguardi e i ferma immagini (scritti e pensati, visti e sognati) sono linearità offuscate dalla mano che tende verso un giudizio più o meno monco e più o meno tergiversante.
Dopo questa pellicola l'Hercule Poirot può essere gradevole nel non essere uguale a se stesso (si intende dire quello che appare nelle varie trasposizioni piccolo-grande schermo) per non deludere il popolo giallista della scrittrice inglese. Per chi scrive l'incipit sembrerebbe gradevole e podista ma ci si accorge che il vezzo di esserci e essere in gran forma (non certo come Peter Ustinov...per stazza) per presentarsi bene da il gusto già di pesantezza (quella vera) per appropriarsi dello schermo e della sua (acuta) intelligenza riposta bene tra le cellule grigie. E la colazione val bene una corsa e un inizio di posa per due uova corroboranti e di ugual misura. Ma si lasciano sopra al tavolo per farle gustare ad altri…
E poi si legge (da Agatha Christie) che il personaggio Poirot non è molto alto, grassoccio, capelli radi, con una certa età non specificata e baffi da militare attorcigliati. Da queste piccole descrizioni si deduce che il volto dell'investigatore (Kenneth Branagh) somiglia pochissimo a se stesso e il corpo e i modi parrebbe più vero (o vicino) l’attore David Sauchet che sul piccolo schermo lo ha rappresentato in lungo e largo per decine di episodi (tra cui un ‘Assassinio sull’Orient Express’ del 2010). Comunque è anche vero che Albert Finney, nella trasposizione del 1974 di Sidney Lumet, rimane l'epigono e immaginario Poirot di una storia che conosciamo a memoria con una schiera di attori irripetibile. Si deve dire che il film in questione ha un modo serrato e congruo che non ritroviamo nel film di Kenneth Branagh. Ma si dice è meglio non fare paragoni, ma nello stesso tempo il set e il controcampo fuori dice tutto in un film del genere dove i luoghi sono stretti tra corridoi e cabine appena gestibili per due persone figurarsi per delle riprese. E allora cosa fa il regista in questa nuova versione?: ripresa in carrellata del treno e del passaggio dell'investigatore, riprese dall'alto del luogo omicida, corridoi in lungo seguendo da destra o sinistra, interrogatori a treno fermo da fermo immagine e finale accusatorio sotto una galleria per parvenza simile a quella teatrale, inseguimento e dialoghi sopra il manto nevoso neanche fossimo in un campo da golf. Il teatro ripreso con le movenze di un cinema chiuso e limitato e con il cast costretto a districarsi tra dialoghi brevi e luoghi non proprio congeniali.
Ecco che i personaggi accusati a accusanti diventano ‘statuarie’ e ‘neoclassiche’ con posture fine a se stesse: nessuna sbavatura d'eccellenza o di grande smalto narrativo. I volti femminili sembrano ricordarsi con Daisy Ridley (Mary) che riempie lo schermo appena viene proposta.
Film in cui l'effetto della combinazione omicida è una causa di accumuli dove ogni segnale e dettaglio viene posto allo spettatore come indizi voluti e non nascosti nella mente dì Poirot . Quindi sembrerebbe routine di autocompiacimento recitativo di Branagh...che va oltre ogni ambito ristretto di una convinzione (forse) personale che i baffi sono prerogativa e iniziativa di buon gusto al palcoscenico delle nevi.
La pellicola tende al vuoto di considerazioni letterarie e il gioco virtuosistico della scrittrice diventa assiomatico per la 'verve' personale dell'attore inglese: poco da nascondere ma indizi da manifestare . E poi si aggiunge quello che è impossibile per l'investigatore per eccellenza: passo fulminante, corsa atletica e follia inseguimento tra le strutture di un ponte. E poi l'altezza: ma siamo sicuri che Poirot non soffra di vertigini? Un interrogatorio viene fatto in un vagone con la portiera aperta e un vuoto sottostante non da poco (certo l'inquadratura esterna e l'interno fanno bello il set ma meno lo sguardo verso il personaggio in questione). Si ricorda che in 'Assassinio sul Nilo' e 'Delitto sotto il Sole' Peter Ustinov nelle vesti di Hercule manifesta un certo ribrezzo per le grandi altezze (resti archeologici e precipizio sul mare: le due scene sono alquanto emblematiche).
Quindi l'esagerato smacco glamour-effetto verso quello che è un libro classico ha portato, per chi scrive, ad una privazione di vera suspence e di godimento dei vari volti tra rughe nascoste e armadi con scheletri ammantati. Un gioco di vita e morte. E il volto di Poirot...sconfitto nelle parole di Branagh trovano forza in un minimo di schematismo finale. Il distacco dallo schermo (quasi una partenza...per la prossima storia che si accenna nelle ultime parole) diventa fosco e improprio, lacerato e scudo di un treno che si perde nella notte come il cadavere e il volto (totale) di un assassinio sui generis.
Ciò che perde questa pellicola ritrova la forza narrativa e pregnante nell'opera di Lumet del 1974 che resta impressa nella memoria. E poi il luogo del ‘sogno’ di inizio novecento, il treno della memoria e dei luoghi perduti si ritrova fermo e impacciato mentre d’alto una valanga soverchia il racconto e ipnotizza il cast in un androne ‘tunnel’ dove lo schieramento in posa parrebbe una lugubre-glaciale stantia cena ancora da servire.
Cast: Kenneth Branagh (Poirot) si ricuce l’abito giusto un po’ meno il personaggio giusto (eccesso parossistico nei baffi radar); Willem Dafoe (Gerhard) ha l’aria sbattuta di un professore ancora da studio; Judi Dench (Natalia) lima al meglio il suo volto per non farlo dimenticare ma propone sguardi e dialoghi minimi; Johnny Depp (Samuel Ratchett/John Cassetti) si aiuta da solo al poco da farsi perdonare per un cartellino timbrato in anticipo. E poi Penélope Cruz (Pilar) e Michell Pfeiffer (Caroline) masticano amaro nei dialoghi, mentre Daisy Ridley (Mary Debenham) arriva oltre con misura e freschezza.
Regia di Branagh passionale ma non priva di eccesso inutile, pastosamente artificiosa. Il teatro scekhspiriano e il classico delitto non si sono ben incontrati.
Voto:5,5/10 (**½).
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ruger357mgm
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giovedì 7 dicembre 2017
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le fatiche di hercule branagh,l'implacabile
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Non vanno, come in altri casi, effettuate comparazioni tra il Poirot shakespiriano, tragico e amletico, di kenneth branagh e quello falstaffiano, giocondo e irresistibile, di Peter Ustinov.Casomai va comparato Branagh con Branagh, da Poirot implacabile all'uomo solo nei panorami innevati della Svezia, non convenzionale, del Wallander televisivo poco visto e ad ore tarde. Dato per scontato il cast hollywoodiano, stellare, in cui anche i comprimari hanno almeno candidature a Cannes, a Venezia o golden globes, quando non addirittura premi oscar, il film ripercorre il romanzo di Agatha Christie, senza ripeterne la magia che porta il lettore medio a ultimare il libro in tre ore scarse, con sfoggio di paesaggi balcanici e con un piacevole prologo al muro del pianto, che serve per presentarci il personaggio, il character, il carattere del belga più famoso del giallo, dopo Simenon.
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Non vanno, come in altri casi, effettuate comparazioni tra il Poirot shakespiriano, tragico e amletico, di kenneth branagh e quello falstaffiano, giocondo e irresistibile, di Peter Ustinov.Casomai va comparato Branagh con Branagh, da Poirot implacabile all'uomo solo nei panorami innevati della Svezia, non convenzionale, del Wallander televisivo poco visto e ad ore tarde. Dato per scontato il cast hollywoodiano, stellare, in cui anche i comprimari hanno almeno candidature a Cannes, a Venezia o golden globes, quando non addirittura premi oscar, il film ripercorre il romanzo di Agatha Christie, senza ripeterne la magia che porta il lettore medio a ultimare il libro in tre ore scarse, con sfoggio di paesaggi balcanici e con un piacevole prologo al muro del pianto, che serve per presentarci il personaggio, il character, il carattere del belga più famoso del giallo, dopo Simenon.La fatiche del nostro investigatore sono intellettuallmente erculee, figlie di una logica ferrea, che stritola però alla fine il detective. Poirot, difensore degli innocenti, in fin della licenza, è toccato dalle ragioni dei colpevoli e forza la propria integrità morale, arrendendosi alla ineludibile logica della vendetta.Lascia il treno amareggiato, diretto verso il Nilo... Adorabile carogna Johnny Depp, perfetto come ganster e kidnapper, già visto fare il delinquente come Dillinger, non fa rimpiangere Lauren Bacall Michelle Pfeiffer, seducente e magnetica anche nell'invecchiare. Judy Dench fa Judy Dench, Willem Daffoe una volta tanto non è cattivo, Penelope Cruz è in saldo, fuori parte e senza appeal. Film non brutto ma confezionato, complice Ridley Scott, per portare Kenneth sul palco degli Academy Awards. Non da emozioni.
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fight_club
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venerdì 1 dicembre 2017
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ai confini della giustizia
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davvero ottimo questo remake del famosissimo romanzo di Agatha Christie "Assassinio sull'Orient Express". rispetto al celebrato film del 1967 Kenneth Branagh, qui regista e protagonista, aggiunge sfumature che fanno pensare e che pesano sull'intera vicenda. In questo caso il famoso investigatore Hercule Poirot è costretto a riconsiderare cosa sia la vera Giustiza, lui è abituato a vedere solo il bianco e nero di ogni indagine a cui ha collaborato, non ci sono zone d'ombra, il reato è netto, distinto, chi lo commette è invariabilmente colpevole e nulla può giustificarlo e salvarlo. Sul treno che lo sta portando da Istanbul a Londra scoprirà che un crimine dirama una spirale di dolore che colpisce anche chi è vicino alle vittime portando con sè pena e rimpianto.
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davvero ottimo questo remake del famosissimo romanzo di Agatha Christie "Assassinio sull'Orient Express". rispetto al celebrato film del 1967 Kenneth Branagh, qui regista e protagonista, aggiunge sfumature che fanno pensare e che pesano sull'intera vicenda. In questo caso il famoso investigatore Hercule Poirot è costretto a riconsiderare cosa sia la vera Giustiza, lui è abituato a vedere solo il bianco e nero di ogni indagine a cui ha collaborato, non ci sono zone d'ombra, il reato è netto, distinto, chi lo commette è invariabilmente colpevole e nulla può giustificarlo e salvarlo. Sul treno che lo sta portando da Istanbul a Londra scoprirà che un crimine dirama una spirale di dolore che colpisce anche chi è vicino alle vittime portando con sè pena e rimpianto. Ogni personaggio viene mostrato attraverso vetri che sfaccettano l'immagine e nella scena finale magnifica tutti i sospettati siedono ad un tavolo che riproduce l'Ultima Cena di Leonardo Da Vinci. Il cast è ordinato e diretto bene da Kenneth Branagh che trasforma Poirot in un simil Amleto, il film è godibile anche da chi conosce bene la storia. voto finale 7 1/2
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[+] correzione : la 1° versione del film è del 1974
(di fight_club)
[ - ] correzione : la 1° versione del film è del 1974
[+] un'intrigante storia per un film old style
(di antoniomontefalcone)
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ninopellino
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martedì 5 dicembre 2017
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remake con qualche necessaria variante
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Convincente remake diretto dal regista Kenneth Branagh che omagia la celeberrima pellicola originaria del 1974 non limitandosi ovviamente ad esserene un semplice rifacimento. Ci sono interessanti e indispensabili variazioni di tema rispetto al primo film, anche se chiaramente la scena finale, dove ci viene svelato il mistero dell'omicidio avvenuto sull'Orient Express, segue una medesima analogia di intenti nella preparazione del complotto che porterà al delitto. Di questo film ho trovato molto positivi i vari elementi che lo costitiuscono: piacevole, ma soprattutto pregevole l'aspetto della scenografia; la presenza di attori importanti; l'ottima intepretazione dell'attore che ricopre il ruolo del detective protagonista Poirot e soprattutto una trama ben architettata e scorrevolmente solida.
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Convincente remake diretto dal regista Kenneth Branagh che omagia la celeberrima pellicola originaria del 1974 non limitandosi ovviamente ad esserene un semplice rifacimento. Ci sono interessanti e indispensabili variazioni di tema rispetto al primo film, anche se chiaramente la scena finale, dove ci viene svelato il mistero dell'omicidio avvenuto sull'Orient Express, segue una medesima analogia di intenti nella preparazione del complotto che porterà al delitto. Di questo film ho trovato molto positivi i vari elementi che lo costitiuscono: piacevole, ma soprattutto pregevole l'aspetto della scenografia; la presenza di attori importanti; l'ottima intepretazione dell'attore che ricopre il ruolo del detective protagonista Poirot e soprattutto una trama ben architettata e scorrevolmente solida. Film da vedere e da ammirare. Gli attribuisco un buon quattro stelle.
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fabal
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domenica 10 dicembre 2017
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remake neoclassico, che non meraviglia né delude
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Il detective Hercule Poirot si trova in Medio Oriente quando viene contattato per risolvere un caso a Londra. Sale allora sull’Orient Express da Istanbul con direzione Calais: qui fa conoscenza coi passeggeri, tra cui un losco uomo d’affari americano che vorrebbe ingaggiare Poirot per essere protetto. Il detective rifiuta, ma nella stessa notte Ratchett rimane ucciso. Non resta che indagare, interrogando uno ad uno i passeggeri.
Appassionato ripropositore shakesperiano e non nuovo ai remake, Branagh dimostra ancora una volta la sua sete di conversione in cinema di tutto ciò che è (o potrebbe essere) teatro. Sia da attore che da regista, più volte si è misurato coi classici: ripetuto il confronto con Lawrence Olivier, non solo per via del suo energico e rivisitato Amleto, ma anche nei remake dell’Enrico V e di Sleuth, altra pièce (in cui scelse per Caine il ruolo principale) di natura serrata, frontale, boccone ideale per la sua onnivoria teatrale.
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Il detective Hercule Poirot si trova in Medio Oriente quando viene contattato per risolvere un caso a Londra. Sale allora sull’Orient Express da Istanbul con direzione Calais: qui fa conoscenza coi passeggeri, tra cui un losco uomo d’affari americano che vorrebbe ingaggiare Poirot per essere protetto. Il detective rifiuta, ma nella stessa notte Ratchett rimane ucciso. Non resta che indagare, interrogando uno ad uno i passeggeri.
Appassionato ripropositore shakesperiano e non nuovo ai remake, Branagh dimostra ancora una volta la sua sete di conversione in cinema di tutto ciò che è (o potrebbe essere) teatro. Sia da attore che da regista, più volte si è misurato coi classici: ripetuto il confronto con Lawrence Olivier, non solo per via del suo energico e rivisitato Amleto, ma anche nei remake dell’Enrico V e di Sleuth, altra pièce (in cui scelse per Caine il ruolo principale) di natura serrata, frontale, boccone ideale per la sua onnivoria teatrale. Già in quell’occasione - era il 2007- Branagh optò per un remake di un adattamento cinematografico già perfetto e datato 1972, diretto Joseph Mankiewicz: nonostante l’autorevole matrice, Branagh fece un ottimo lavoro, cambiando le scenografie senza stravolgere il testo, ma modernizzandolo grazie alla sceneggiatura di un pezzo da novanta quale Harold Pinter.
Questo Assassinio sull’Orient Express non è dunque una prima volta, e fossilizzarsi sulla legittimità di fare un remake come questo implicherebbe un processo anche ai tre casi precedenti.
Di nuovo il padre spirituale è autorevolissimo, e il confronto con Lumet inevitabile: ma, a differenza di Sleuth, qui Branagh non reinventa quasi nulla, dirigendo una storia che è semplicemente la sua interpretazione, come qualsiasi testo inscenato da un’altra compagnia teatrale. Veniamo al sodo: il Poirot di Branagh incarna il suo interprete a due teste, attore e regista. Più british che belga, le sue movenze sono da protagonista quasi onnisciente di tutta la vicenda, di cui non è solo un cronista passivo ma un autentico demiurgo. Punto di partenza e d’arrivo di tutta la pellicola con un filo di narcisismo, Branagh si circonda di un cast stellare che, almeno sulla carta, certo non sfigura nel confronto con quello del 1974. Né la Ridley, anticipatamente sazia del successo che verrà col prossimo Star Wars, né Leslie Odom jr. , un medico da serie tv che resta nella CSI in tutto fuorché per l’elegantissimo abito, convincono appieno, ma è forse il personaggio pensato per la Cruz - che a differenza di Depp ha vinto un Oscar, sigh! - a destare le maggiori perplessità. Ma non può comunque essere il cast il punto debole di questo remake, e difatti non lo è. Willem Dafoe e la Pfeiffer sono enormi, Depp lo è anche nel make-up, senza dimenticare il meno noto “pretoriano” di Branagh Dérek Jacobi, di cui ricordiamo un ottimo Claudio nell’Amleto.
Dal punto di vista narrativo, Branagh sceglie la via del giallo tradizionale che, sebbene non possa stupire uno spettatore che già conosce la storia, ha l’indubbio merito di svilupparsi senza affanno, senza voler dinamizzare a tutti costi un classico e non lasciando prevalere gli assurdi intermezzi da action movie (ce ne sono un paio che bastano e avanzano), come invece avvenuto nella riproposizione di Sherlock Holmes di Guy Ritchie. Una storia che facilmente poteva essere modernizzata, magari con un’ambientazione contemporanea, viene lasciata nell’epoca originale, con i personaggi in abiti anni ‘30 e la consueta, e ormai anacronistica, atmosfera da upper-class christiana. Scelta di fedeltà o di rischio minimo? E’ qui che la critica si spacca a metà: si tratta di un remake poco audace, frutto di un narcisistico pretesto, oppure riproporre a mo’ di Blockbuster, nel 2017, un testo che affida alla tensione dialogica gran parte del suo mordente è un azzardo ancor più grande? Risposta molto difficile. Branagh, tuttavia, si muove sempre in punta di piedi tra l’ossequio al classico e la sua rivisitazione, e, per questo, il massimo difetto imputabile al suo Assassinio è di essere inferiore all’originale. Con il merito, però, di non averlo stravolto e di aver ricollocato la recitazione (e l’attore) al centro di tutto, permettendosi addirittura il lusso di sfruttare poco il fattore claustrofobico del treno.
I lampi di genio della regia sono davvero ridotti all’osso: tranne un lungo piano sequenza esplorativo tra i vagoni e una ripresa dall’alto che si muove a ferro di cavallo tra due scompartimenti, mancano le scene potenzialmente cult, quelle che rimangono impresse, come l’agghiacciante inquadratura sulla Bacall che reggeva il coltello insanguinato.
Gli interrogatori serrati puntano, invece, sempre sul faccia a faccia tra i personaggi, avvalendosi di primissimi piani, dialoghi lunghi ed esasperati che costringono lo spettatore alla concentrazione, lasciando in secondo piano la meraviglia di una pur convincente fotografia. Non tutte le sequenze funzionano allo stesso modo, si respira anzi una certa disparità tra i personaggi, come se ve ne fossero di serie A e serie B, che non coincide con il blasone dell’interprete: la Dench, ad esempio, appare un tantino sacrificata, il dottore è invece stranamente coccolato. A risentirne è la coralità della vicenda, assente soprattutto nei momenti cruciali, e Branagh più che essere un trascinatore risulta una figura soverchiante. Pregevole, comunque, l’invenzione finale con i “dodici” che scendono dal treno per sedersi intorno a un tavolo e scoprire definitivamente le carte. Non saranno gli apostoli, ma la (s)cena funziona.
Riuscire a fare un film per il grande pubblico in un momento in cui i prodotti “di massa” puntano sul frastornamento visivo e acustico -in cui pure lo stesso Branagh si è dovuto concedere un excursus marveliano- non era semplice. Questo nuovo Assassinio sull’Orient Express non è un capolavoro ma - e il trailer lasciava sospettare - rischiava di un essere un remake d’azione gratuita, all’insegna della semplificazione di una trama lasciata al contorno per farne un film di fruizione immediata, più dinamico e meno recitato. Sebbene non rinunci mai alla sua anima essenzialmente “commerciale”, preannunciando anche il probabilissimo sequel ambientato sul Nilo, Branagh ha l’indubbio merito di aver ripreso con una certa coerenza il racconto christiano, con la sua logica dell’intrigo che rischiava di “puzzare di vecchio” e di essere un materiale inadeguato per farne un film di successo. Invece Assassinio sull’Orient Express cattura l’interesse dello spettatore che non conosce la storia nel modo più elementare ma efficace possibile, ovvero con la più canonica domanda del giallo: chi è l’assassino? Chi invece sa già tutto e ha visto la versione di Lumet, ne rimarrà certamente meno meravigliato, ma non deluso.
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jkudo
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giovedì 7 dicembre 2017
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viaggio sull'orient express
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Una buona trasposizione del romanzo giallo di Agatha Christie. Il film è elegante e si avvale di un gran cast dove spicca Kenneth Branagh nei panni dell'investigatore Poirot, esaltandone la figura e i tratti della sua personalità. Il ritmo è cadenzato per dare il giusto risalto ad ogni dialogo però non si sofferma molto sugli indizi che in un classico giallo sono ovviamente da mettere in risalto anche per creare nello spettatore quella voglia di scoprire il colpevole prima del detective. L'ambientazione sul treno in mezzo alle montagne innevate è fantastica, buona la caratterizzazione dei personaggi. Quello che un pò manca è pero la crescita della suspance , e la soluzione del caso arriva così senza che si arrivi al culmine della tensione.
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Una buona trasposizione del romanzo giallo di Agatha Christie. Il film è elegante e si avvale di un gran cast dove spicca Kenneth Branagh nei panni dell'investigatore Poirot, esaltandone la figura e i tratti della sua personalità. Il ritmo è cadenzato per dare il giusto risalto ad ogni dialogo però non si sofferma molto sugli indizi che in un classico giallo sono ovviamente da mettere in risalto anche per creare nello spettatore quella voglia di scoprire il colpevole prima del detective. L'ambientazione sul treno in mezzo alle montagne innevate è fantastica, buona la caratterizzazione dei personaggi. Quello che un pò manca è pero la crescita della suspance , e la soluzione del caso arriva così senza che si arrivi al culmine della tensione. Non avendo letto il romanzo devo dire che non sono stato poi così tanto stupito dell'epilogo.
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dana scully
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mercoledì 13 dicembre 2017
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discreto
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Non so quanto pesi il mio essere Branaghiana di vecchia data sul giudizio tutto sommato positivo - anche se non eccellente - a questo film. I miei Pro: solita scenografia visivamente impressionante con colori a contrasto, ottima recitazione di tutto il cast. Contro: un Poirot troppo giovane e troppo bello rispetto a quello che tutti conosciamo. Un prologo inutile e fastidioso proprio perchè Poirot non ha bisogno di presentazioni e introduzioni. Poco approfondimento dei personaggi principali che, essendo 12, avrebbero necessitato un po' più di tempo per risultare credibili. Inutile riferimento ai rimpianti di Poirot per l'amore perduto. Personalmente avrei allungato un po' il film e tolto il prologo per dare appunto più tempo ai vari characters di assumere più personalità.
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Non so quanto pesi il mio essere Branaghiana di vecchia data sul giudizio tutto sommato positivo - anche se non eccellente - a questo film. I miei Pro: solita scenografia visivamente impressionante con colori a contrasto, ottima recitazione di tutto il cast. Contro: un Poirot troppo giovane e troppo bello rispetto a quello che tutti conosciamo. Un prologo inutile e fastidioso proprio perchè Poirot non ha bisogno di presentazioni e introduzioni. Poco approfondimento dei personaggi principali che, essendo 12, avrebbero necessitato un po' più di tempo per risultare credibili. Inutile riferimento ai rimpianti di Poirot per l'amore perduto. Personalmente avrei allungato un po' il film e tolto il prologo per dare appunto più tempo ai vari characters di assumere più personalità. E pur essendo come dicevo una Branagh baby da tempi immemori, devo ammettere che David Suchet in questo ruolo rimane insuperato.
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[+] rivivete quella notte!
(di gustibus)
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alessiocodi
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giovedì 7 dicembre 2017
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suggestivo
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Il film Assassinio sull'Orient Express lo definirei ricco di emozioni, tamburellante, meraviglioso, bellissimo, suggestivo, sorprendente e ricco di colpi di scena. Lo definisco con tutti questi aggettivi perchè è realmente così, se i primi dieci minuti possono sembrare un po' noiosetti il resto della storia è veramente intigrante. E' fondamentale non distrarsi perchè ogni momento è importante. Colpi di scena e sorprese a iosa, sarà una storia capace di strascinarvi al proprio interno. A fine storia come spesso accade con i film gialli ripensando alle scene passate penserete: "giusto!", "veramente!", perchè a poco poco tutti i nodi verrano sciolti e sarà.
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Il film Assassinio sull'Orient Express lo definirei ricco di emozioni, tamburellante, meraviglioso, bellissimo, suggestivo, sorprendente e ricco di colpi di scena. Lo definisco con tutti questi aggettivi perchè è realmente così, se i primi dieci minuti possono sembrare un po' noiosetti il resto della storia è veramente intigrante. E' fondamentale non distrarsi perchè ogni momento è importante. Colpi di scena e sorprese a iosa, sarà una storia capace di strascinarvi al proprio interno. A fine storia come spesso accade con i film gialli ripensando alle scene passate penserete: "giusto!", "veramente!", perchè a poco poco tutti i nodi verrano sciolti e sarà...sorpendente. Sceneggiatura fantastica, bellissimo la scenografia, cast stellare ed eccezionale, doppiaggio mitico.
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