Anno | 2015 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia, Svizzera, Germania |
Durata | 54 minuti |
Regia di | Vittoria Fiumi |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 10 marzo 2015
Nermina ritorna in Bosnia con il marito e i figli. Malgrado i ricordi di guerra e la disoccupazione, la donna è determinata a ricostruire la sua vita nel posto dov'è nata.
CONSIGLIATO SÌ
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Durante la guerra in Bosnia gli abitanti di un villaggio mussulmano vengono in gran parte deportati o uccisi. I sopravvissuti fuggono all'estero e solo tre famiglie decidono molti anni dopo di tornare. Una di queste è la famiglia di Nermina, madre di tre figli fra cui due ragazze adolescenti, Almedina e Melisa. Riusciranno a ricostruire la loro esistenza nella terra natale?
Il mondo di Nermina segue la protagonista e le sue figlie nella quotidianità, spostandosi fra Bosnia e Germania, dove Almedina ha trovato un lavoro temporaneo, facendo la spola fra Mainz e il villaggio di Phrovo. La regista, Vittoria Fiumi, documenta la loro vita al grado zero, divisa fra faccende domestiche, mungitura delle poche mucche rimaste e lavori di campagna, in un paesaggio lunare desertificato dalla guerra e dalla pulizia etnica.
A testimoniare il genocidio del 1992 ci sono la preghiera collettiva di un muezzin circondato da donne velate - perché le sopravvissute sono prevalentemente donne - e gli spezzoni di immagini girate nel 1995 da un gruppo di bosniaci residenti all'estero e tornati per filmare il disastro - case bruciate, strade dissestate, macerie - e registrare le storie di alcuni sopravvissuti. Fiumi ha recuperato questo materiale d'archivio spedito in forma anonima ad una rifugiata bosniaca residente in Danimarca e lo inframmezza sapientemente al suo girato che racconta lo stesso disastro dall'interno, fra riprese in cucina e dettagli ravvicinati delle espressioni delle protagoniste: memorabile il ritorno di Nermina, per la prima volta dopo l'accaduto, sul luogo di uno dei massacri nella foresta intorno al suo villaggio.
Se in Nermina c'è la rassegnazione di chi "non pensa più a se stessa", nelle figlie c'è la speranza di una vita migliore, ma al prezzo dell'emigrazione. La scelta resta quella fra restare in un Paese in cui "tutti hanno perso qualcuno" (e fanno fatica a ritrovare se stessi) e molti non tornano "per non ritrovarsi minoranza etnica" nel luogo in cui erano una maggioranza consolidata. Fiumi racconta questo luogo in cui "il tempo non passa mai", perché congelato nell'orrore, con semplicità ma anche con grande attenzione compositiva, estremo pudore e l'evidente capacità di inserirsi nella vita dei suoi soggetti per raccontarne la verità più intima e dolorosa.