Titolo originale | Om våld |
Anno | 2014 |
Genere | Documentario drammatico |
Produzione | Svezia, Finlandia, Danimarca, USA |
Durata | 85 minuti |
Regia di | Göran Olsson |
Attori | Lauryn Hill, Kati Outinen, Gayatri Chakravorty Spivak, Gaetano Pagano, Tonderai Makoni Timothy, Robert Mugabe, Robert Jackson (III), Olle Wijkström, William Tubman, Sören Lagergren, Simão Elias, António de Spínola, Amilcar Cabral, Thomas Sankara. |
Tag | Da vedere 2014 |
MYmonetro | 3,50 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 15 ottobre 2014
Göran Hugo Olsson propone una rilettura della lotta anticoloniale.
CONSIGLIATO SÌ
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Nove scene di autodifesa imperialistica. Questo è il sottotitolo di Concerning Violence, film-saggio di solida struttura concettuale, destinato a scuotere le platee. Modellato su "I dannati della terra" di Frantz Fanon (pubblicato nel 1961, subito censurato, riproposto da noi da Einaudi nel 2007), riflessione anticolonialista e preveggente, che coniò la locuzione "Terzo Mondo" ponendosi tra i testi di riferimento per il pensiero africano. Con un'operazione analoga al precedente The Black Power Mixtape 1967-1975 (2011) Olsson recupera e riassembla materiali d'archivio inediti girati dalla tv pubblica svedese tra gli anni '60 e '70 (con un breve inserto dell'87 in Burkina Faso), approfondendo la ricerca sull'apartheid e i processi di emancipazione politica nera. Un repertorio che scorre accompagnato da corposi estratti del testo di Fanon, didascalizzato e sovraimpresso in inglese e letto da Lauryn Hill (già cantante dei dissolti Fugees, nota per l'album solista del '98 "The Miseducation of Lauryn Hill", in seguito sempre più appartata e critica nei confronti dello show business e attivista della causa black e femminista).
Ad un'illuminante introduzione all'opera di Fanon a cura della filosofa Gayatri Chakravorty Spivak fanno seguito nove capitoli che teorizzano gli esiti del colonialismo bianco in Africa e i conseguenti movimenti nazionali di liberazione. Un repertorio iconico, a tratti intollerabile, di una storia sanguinaria: la guerriglia in Angola, la testimonianza di un intellettuale torturato in carcere in Rhodesia/Zimbabwe e le dichiarazioni razziste di un colono bianco, le zone militarizzate, la repressione di uno sciopero in una fabbrica svedese in Liberia; la fede di missionari cattolici svedesi in Tanzania; scene di contesti ricreativi bianchi miste a immagini atroci di distruzione e mutilazione nella guerre di liberazione del Mozambico e Guinea-Bissau.
Il tema è la relazione tra colonizzatore e colonizzato, nella consapevolezza che la decolonizzazione non può darsi senza violenza, anche se Fanon (morto nel '61, poco dopo la pubblicazione del suo saggio) non la legittima. Il suo linguaggio è preciso, attualissimo, e si attaglia in modo sorprendente, mutatis mutandis, al contesto neoimperialista dei giorni nostri. L'epilogo è un deciso appello alla consapevolezza dei compagni neri, a che si adoperino per formare «un nuovo essere umano» e un'aperta accusa all'ipocrisia europea nel nascondere i crimini perpetrati. Un ragionamento storico e psicologico coerente interagisce in modo dialettico, mai didascalico, con un 16mm denso e introvabile, disintegrando in 85 secchissimi minuti ogni futura applicazione del "politicamente corretto".
La narrazione ferma e rabbiosa della Hill e un dissonante tema sonoro contemporaneo danno il tocco decisivo, in questo lucidissimo invito all'autodeterminazione e liberazione di sé. Cinema politico, radicale, al massimo grado di purezza.