iaoquinti
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domenica 6 novembre 2022
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racconto di una vita tranquilla
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Dramma familiare descritto accuratamente in ogni minimo dettaglio.
Un fillm costruito veramente molto bene con una narrazione fluida che scorre con naturalezza e coinvolge lo spettatore.
La vita di un ragazzo qualsiasi, raccontata in maniera avvincente e brillante.
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wearenot
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domenica 2 ottobre 2022
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io non voglio essere un prodotto del mio ambiente
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Attraverso il suo linguaggio gentile e sussurrato, l'abilità narratoria, la bravura degli attori, ed una fotografia semplice e realistica, Linklater, addolcisce l'amara pillola della disgregazione famigliare, facendola inghiottire come un bambino inghiottisce quell'amaro sciroppo, fidandosi delle cure di mamma.
Linklater non è un genio ma è bravo, i suoi film mi piacciono ma trovo pericolosa questa narrazione dolce che oltre che rappresentare questa triste disgregazione, in qualche modo la idealizza, la fa piacere.
La stessa cosa accade nella sua trilogia della Mezzanotte, in ciui anche qui il dolce realismo sembra volerci vendere la misertia di una faiglia separata.
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Attraverso il suo linguaggio gentile e sussurrato, l'abilità narratoria, la bravura degli attori, ed una fotografia semplice e realistica, Linklater, addolcisce l'amara pillola della disgregazione famigliare, facendola inghiottire come un bambino inghiottisce quell'amaro sciroppo, fidandosi delle cure di mamma.
Linklater non è un genio ma è bravo, i suoi film mi piacciono ma trovo pericolosa questa narrazione dolce che oltre che rappresentare questa triste disgregazione, in qualche modo la idealizza, la fa piacere.
La stessa cosa accade nella sua trilogia della Mezzanotte, in ciui anche qui il dolce realismo sembra volerci vendere la misertia di una faiglia separata.
Apprezzo molto che non ci sia la rappresentazione del solito stereotipo del padre incompetente o assente tuttavia anche questo elemento fa parte del gioco della "sana medicina": "la separazione è buona". Se il padre fosse il solito "cattivo", infatti, il gioco non reggerebbe.
La domanda che mi pongo è quanti padri vivrebbero cosi felici lontano dai figli?
Non ricordo un film moderno in cui una famiglia che lotti contro le avversità ce la faccia nonostante tutto. Di solito è l'uomo che ne paga il prezzo, vivendo la sua vita lontano, vedendo i figli sporadicamente oppure è l'uomo che ricopre il ruolo del cattivo (violento, instabile, alcolizzato, ambizioso etc..), fatta forse eccezione per Hungry Soul.
Nell'era della parità di genere, etnica, religiosa credo manchi un tassello importante: nessuno parla dei padri, degli uomini come tali: o sei Capitan America o sei Thanos e tutti quelli che stanno nel mezzo giacciono in silenzio, nella loro vita e nella loro sofferenza.
È una categoria dimenticata, non considerata: l'operaio, l'impiegato, il libero professionista che si alza la mattina, lavora e vive per la sua famiglia, co i suoi meriti e con i suoi difetti.
Un uomo cosí non è attraente, non ha niente da dire. La sua famiglia che lotta ogni giorno, arrivando alla vecchiaia con la moglie accanto non esiste.
Forse i media ci voglio no educare/influenzare alla perdita?
Personalmente rispondo con questa citazione tratta da departed:
"Io non voglio essere un prodotto del mio ambiente. Voglio che la'mbiebte sia un mio prodotto".
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elgatoloco
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lunedì 1 novembre 2021
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situazione tutt''altro che"eccezionale"
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"Boyhood"(Richard Linklater, anche autore di soggetto e sceneggiatore, 2014), racconta di Mason bambino e poi ragazzo costretto dai lavori e dalle relazioni sentimentali dlela madre a cambiare spesso casa, "genitori"nel senso del padre o meglio del facente funzione tale, con le difficioltà iniziali di bambino deriso dai bulli, poi invece di persona in qualche modo incerta a livello di studi successivi(liceo e università, anchee perché nel corso dell'infanzia e della prima adolescenza è stato costretto a cambiamenti continui di sede e di scuola), oiu abche nelle scelte sentimenta,i, fino a che finalmente trova un"ubi consistam", una sua capacità di scegliere autonomamente quanto gli accade e accade in genere, alla sua famiglia e nella "realtà esterna".
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"Boyhood"(Richard Linklater, anche autore di soggetto e sceneggiatore, 2014), racconta di Mason bambino e poi ragazzo costretto dai lavori e dalle relazioni sentimentali dlela madre a cambiare spesso casa, "genitori"nel senso del padre o meglio del facente funzione tale, con le difficioltà iniziali di bambino deriso dai bulli, poi invece di persona in qualche modo incerta a livello di studi successivi(liceo e università, anchee perché nel corso dell'infanzia e della prima adolescenza è stato costretto a cambiamenti continui di sede e di scuola), oiu abche nelle scelte sentimenta,i, fino a che finalmente trova un"ubi consistam", una sua capacità di scegliere autonomamente quanto gli accade e accade in genere, alla sua famiglia e nella "realtà esterna". MOltissimi temi, volendo, affrontati in questo film drammatico che affronta temi appunto molti diversi, dalle modalità educative ai condizionamenti lavorativi a molto altro ancora, compresa quella difficicoltà esistenziale che è comune ad ogni persona, che abbia avuto un imprinting educativo forte o meno, che sia cresciuta in una determinata realtà o meno, dal punto di vista economico, sociale, politico, religioso etc.(negli States un deteminrato modello religioso, dipendente dalle singolarità regionali o meglio dei singoli Stati è molto condizionante, in ogni senso e da ogni punto di vista): Mason, in questo film intelligente di Linklater, che è costato molto a livello di tempi di realizzazione(ben dodici anni), non è una"vititma", non è un"uncisum", non è un'eccezione e neppure il "middlle boy"tipico, ma in qualche modo rappresenta situazioni che non è difficile che si verifichino, per un motivo o per un altro motivo. Film anche fortemente"di parola", al contrario delgi action movies, che spesso(salvo lodveoli eccezioni)francamente lasciano il"tempo che trovano", "Boyhood"è anche un fiilm coraggioso, che mopstra come in varie casi anche un'infanzia e un'adolescenza non facilissime posanno portare a condizioni favorevoli nella piena adolescenza e a livello di"giovani adulti", purché interessi e predisposizioi non vangano"interdette"e/o negate. Decisamente anche a livello di interpreti, sia Patricia Arquette sia Ethan Hawke nella parte dei genitori, sia lo stesso ELlar Coltrane(Mason)rendono con efficacia quanto il regista.autore voleva dire e soprattutto rappresentare. Anche qui"nessun messagio"particoalre, ma una produzione di senso corrispondente a quanto il cinema pue deva fare: mostrare la realtà, rappresentarla, più che "dimostrare una tesi": El Gato
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daniele fanin
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sabato 29 maggio 2021
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il fluire del tempo
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In un momento in cui le serie televisive hanno raggiunto probabilmente il vertice della popolartita’, stiracchiando per anni delle storie che, ove adeguatamente ed onestamente narrate, a fatica raggiungerebbero i 90 minuti canonici di un film, il fatto che un progetto con la visione e l’indipendenza di Boyhood abbia trovato una produzione ed una distribuzione e che abbia raccolto premi e consensi ovunque, dagli Oscar, ai BAFTA, da Berlino a i Golden Globes fra gli altri, e’ ragione di speranza nel potere e nel futuro del cinema.
Il record ufficiale del film con la produzione piu’ lunga spetta ufficialmente a The Other Side of the Wind di Orson Welles, pubblicato 33 anni dopo la morte del regista.
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In un momento in cui le serie televisive hanno raggiunto probabilmente il vertice della popolartita’, stiracchiando per anni delle storie che, ove adeguatamente ed onestamente narrate, a fatica raggiungerebbero i 90 minuti canonici di un film, il fatto che un progetto con la visione e l’indipendenza di Boyhood abbia trovato una produzione ed una distribuzione e che abbia raccolto premi e consensi ovunque, dagli Oscar, ai BAFTA, da Berlino a i Golden Globes fra gli altri, e’ ragione di speranza nel potere e nel futuro del cinema.
Il record ufficiale del film con la produzione piu’ lunga spetta ufficialmente a The Other Side of the Wind di Orson Welles, pubblicato 33 anni dopo la morte del regista. Ma l’ultimo film accreditato ad Orson Welles ed alcuni altri che hanno impiegato svariati anni per essere completati differiscono sostanzialmente da Boyhood, che dall’inizio e’ stato pensato per essere non solo girato ma bensi creato durante 12 anni. L’unico film accostabile e’ forse Everyday di Michael Winterbottom, girato durante un peirodo di 5 anni per seguire l’invecchiamento dei protagonisti. Con Boyhood, Richard Linklater ha realizzato cio’ che neppure uno dei registi piu’ innovativi e visionari, Lars von Trier, era riuscito a portare a termine: il suo progetto Dimension, lanciato nel 1991 come un film da girare per 3 minuti ogni anno per 33 anni e’ stato infatti abbandonato e pubblicato nel 2010 come un corto di 27 minuti.
Linklater invece e’ stato capace di arrivare fino alla fine. Fortunatamente, viene da dire, in quanto il film e’ uno dei piu’ significativi degli ultimi anni e lascia una traccia indelebile nella storia del cinema. Girato per 3 o 4 giorni ogni anno per 12 anni, Boyhood e’ stato un vero e proprio film in divenire, con una sceneggiatura solo vagamente tracciata ed aperta ad essere costantemente arricchita da elementi della vita degli attori, come l’ambiente familiare dei protagonisti Ethan Hawke e Patricia Arquette e dello stesso regista, nonche’ adattata alla crescita degli attori e a cio’ che intanto succedeva nel mondo. Boyhood racconta la vita di Mason, un bambino del Texas brillantemente reso da Eller Coltrane, dall’eta’ di 6 anni fino al primo giorno di universita’ dodici anni dopo.
Se il fantasma di Truman Show aleggia inevitabilmente su Boyhood, il film si caratterizza non solo per essere, come potrebbe apparire ad una visione superficiale, un eccellente film di formazione e passaggio, ma anche e soprattutto per una delicata ma profonda analisi dei casi della vita di molte persone normali, e questo si riflette nel naturale coinvolgimento e nella familiarita’ che i protagonisti e la loro crescita sollecitano, e lo spettatore attento prova, durante le circa 3 ore del film.
Richard Linklater non e’ nuovo a progetti di ampio respiro narrativo e temporale, come provato dalla sua trilogia (per ora!) di Prima dell’Alba (1995), Prima del Tramonto (2004) e Prima di Mezzanotte (2013), sempre con Ethan Hawke. Peraltro, sebbene quel progetto abbia rappresentato di per se’ una sfida, si trattava alla fine di una serie di films, relativamente normale, mentre Boyhood costituisce un’assoluta novita’ e probabilmente la cosa piu’ vicino all’identificazione di vita ed arte che abbia mai raggiunto le sale cinematografiche.
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simone pasquali
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mercoledì 6 gennaio 2021
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prolisso inutilmente
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Credo abbia fatto più notizia per il discorso dei 12 anni, però a guardarlo sembrano più 120....troppo, troppo lungo senza eventi che aiutino a scandire il passare del tempo...assolutamente eterno a mio parere
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luigi monaco
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martedì 26 maggio 2020
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sono mymovies poteva dare 4 stelle a questo aborto della settima arte!
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Una noia mortale, Warhol faceva gli esperimenti, questo è un film pessimo e stupido, la Arquette strepitosa in Strade Perdute vince l’Oscar per la sua peggiore interpretazione, vorrei sapere chi scrive le recensioni e chi vota su questo sito, ma avete mai pensato di recensire le telenovela, il film non fanno per voi!
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great steven
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domenica 12 gennaio 2020
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sulle ali delle trepidanti età dell'esistenza.
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BOYHOOD (USA, 2014) di RICHARD LINKLATER. Interpretato da ELLAR COLTRANE, PATRICIA ARQUETTE, ETHAN HAWKE, LORELEI LINKLATER, TAMARA JOLAINE
Dodici anni nella vita di Mason, dall’infanzia delle elementari fino all’entrata al college, passando per tutte le persone e gli eventi che li contraddistinguono: i genitori appena divorziati (il padre inaffidabile, musicista e viaggiatore a tempo perso, che si ingegna per non deludere i figli; la madre che ritorna all’università per laurearsi, fa carriera e non azzecca un marito giusto), la sorella maggiore Samantha in perenne equilibrio precario fra risentimento e simpatia nei suoi confronti, la vicinanza di alcuni parenti e amici.
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BOYHOOD (USA, 2014) di RICHARD LINKLATER. Interpretato da ELLAR COLTRANE, PATRICIA ARQUETTE, ETHAN HAWKE, LORELEI LINKLATER, TAMARA JOLAINE
Dodici anni nella vita di Mason, dall’infanzia delle elementari fino all’entrata al college, passando per tutte le persone e gli eventi che li contraddistinguono: i genitori appena divorziati (il padre inaffidabile, musicista e viaggiatore a tempo perso, che si ingegna per non deludere i figli; la madre che ritorna all’università per laurearsi, fa carriera e non azzecca un marito giusto), la sorella maggiore Samantha in perenne equilibrio precario fra risentimento e simpatia nei suoi confronti, la vicinanza di alcuni parenti e amici. Excursus su un pezzo di storia americana in Texas, con formidabili interpreti, una fotografia (Lee Daniel e Shane F. Kelly) in evoluzione cromatica e tecnologica omogenea e perfetta, montaggio (Sandra Adair) che segue i passaggi d’umore ed emotivi della narrazione, musiche d’epoca azzeccate e un’analisi approfondita di un’umanità "qualunque". Ma ciò che più sorprende e fa la differenza, nel film di Linklater (Orso d’argento a Berlino 2014), non è il "cosa" ma il "come": la pellicola è stata girata in dodici anni reali (dal 2002 al 2013) per brevi periodi; gli interpreti sono gli stessi, attori bambini che si trasformano in spigolosi adolescenti e sbocciano in giovani esseri di cui purtroppo non viene aperto uno spiraglio-suggerimento sul loro futuro, due protagonisti bravi e credibili sempre, che maturano, dimagriscono e ingrassano, invecchiano. Alle loro spalle, anche i personaggi pubblici cambiano, le pubblicità, le mode, i gadget, le musiche. Felicità e dolori, insuccessi frustranti e svolte sensazionali, crisi economiche e amorose, tutto quel che avviene nella vita di chiunque raccontato con ironia, umorismo, affetto e senza mai scivolare nel facile sentimentalismo. Qualche parte meno riuscita (la parentesi di Olivia col secondo marito Bill, un po’ troppo artefatta), più di un numero da primo premio (Mason Sr. con la prole in un pomeriggio al bowling; la conversazione educativa di Mason col professore scolastico nel laboratorio di fotografia illuminato di rosso) e vari momenti di toccante poesia (in particolar modo la passeggiata finale del ragazzo fra i canyon montuosi con i compagni di college testé conosciuti). Oscar a P. Arquette, migliore attrice non protagonista
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stenoir
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martedì 31 dicembre 2019
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un'opera comunque unica nel suo genere
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Ho spesso pensato a quanto sarebbe stato interessante (e fattibile) se la vita di un personaggio di un film potesse trascorrere idealmente nella vita reale e nel 2014, Linklater esaudisce questa mia “richiesta”. Il film, in quanto a trama, non è niente di memorabile: una famiglia americana con vari problemi/vicissitudini che potrebbe avere qualsiasi famiglia -nel mondo-; ma appunto, unica, risulta la scelta di riunire alcuni giorni, ogni anno, per dodici anni, questi attori. Così vediamo Mason (Ellar Coltrane) bambino diventare ragazzo, attraversando le fasi dell’adolescenza e con lui vediamo crescere la sorella Samantha (Lorelei Linklater) e invecchiare i loro genitori -separati- interpretati da Patricia Arquette, meritevole di un oscar, e Ethan Hawke.
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Ho spesso pensato a quanto sarebbe stato interessante (e fattibile) se la vita di un personaggio di un film potesse trascorrere idealmente nella vita reale e nel 2014, Linklater esaudisce questa mia “richiesta”. Il film, in quanto a trama, non è niente di memorabile: una famiglia americana con vari problemi/vicissitudini che potrebbe avere qualsiasi famiglia -nel mondo-; ma appunto, unica, risulta la scelta di riunire alcuni giorni, ogni anno, per dodici anni, questi attori. Così vediamo Mason (Ellar Coltrane) bambino diventare ragazzo, attraversando le fasi dell’adolescenza e con lui vediamo crescere la sorella Samantha (Lorelei Linklater) e invecchiare i loro genitori -separati- interpretati da Patricia Arquette, meritevole di un oscar, e Ethan Hawke. Le canzoni realizzate in questa decade fanno da accompagnamento musicale e si può notare anche un miglioramento qualitativo delle immagini (a livello di pellicola), rispetto all’inizio film, quasi come a voler rimarcare che il tempo trascorso nelle vite dei personaggi del film sia effettivamente lo stesso trascorso nella vita reale. In questa classifica per l’idea e la sua riuscita.
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inesperto
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venerdì 14 dicembre 2018
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che noia!
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Tanto affascinante il progetto quanto noioso il risultato finale. L'idea di affrontare tutte le fasi di una vita è positiva, però la trama è piatta come una tavola. Le performance recitative sono buone per fortuna, ma non tali da salvare il film dagli attacchi di Morfeo. 2 ore e 40 minuti di questo tipo non passano mai. Duole dirlo, e può risultare antipatico, ma in 12 anni di riprese si poteva fare qualcosa di meglio.
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simonedonati
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venerdì 30 marzo 2018
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piacevole, ma senza capo né coda
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Per tutto il film, si passa da una vicenda all' altra, senza riuscire ad approfondire nulla
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