Cominciamo con un po' di premesse. Sul film avevo ottime aspettative per via delle grandi recensioni, univocamente positive come non mai.
Di Linklater mi fidavo meno dopo aver visto "Waking life", che ai tempi mi sarei evitato volentieri.
Il giudizio, usciti dalla sala, del pubblico (siamo solo venti persone in quel di Pisa a passare il venerdì sera, aggiungo fortunatamente) sembra altrettanto univoco: dopo aver sentito diversi commenti stile Nido del Cuculo in sala, le facce di tutti parlano chiaro: devastati dalla noia. Questo è l'impatto a pelle che ci accomuna, ma andiamo decisamente più a fondo e chiudiamo le premesse.
Mi permetto di saltare spiegazioni sulla trama perché quello l'ha fatto egregiamente il qui sopra Gabriele Niola.
L'esperimento è più che lodevole: è la prima volta nel cinema che si utilizza in questo modo il tempo, non quello cinematografico ma quello reale, per costruire il film. Il cast cresce e invecchia assieme.
Linklater è bravo a individuare dinamiche familiari di ogni età, e atteggiamenti tipici di ognuna in modo preciso e scrupoloso.
Ma cosa c'è oltre a una bella idea di fondo?
La fotografia è veramente poco degna di nota (ho contato al massimo 5 frames interessanti), i dialoghi sono scialbi e ordinari, così come la sceneggiatura e l'interpretazione, la musica non incide né arricchisce.
Niente eccede, tutto è assolutamente ordinario tolti due eventi della vita dei protagonisti che non vengono approfonditi.
Personalmente credo che la vita di qualsiasi persona sia molto più densa, più ricca e profonda di così.
Linklater cerca una rivoluzione copernicana assumendo un "non punto di vista" quasi documentaristico, ma questo essere neutro non lo rende privo di una prospettiva (cosa impossibile) ma semplicemente noioso e piatto.
Il senso di queste 2 ore e 45 emerge soltanto dalle battute finali del padre e della madre.
Linklater non filma la profondità, i cambiamenti più profondi ma quelli che posso vedere anche su "Facebook": come cambiamenti di stile, di pensiero e d'aspetto, di casa. Ma c'è qualcosa di più profondo nell'uomo che non ha linguaggi che fortunatamente non si può pubblicare sui social e non si può mettere addosso, più profondo e misterioso.
A questo Linklater rinuncia, a quello che porta ad avere un punto di vista artistico, alla creazione di poesia che vada oltre il mero contenuto singolare dell'evento, per trasporlo su un piano universale (basti pensare alla scena di "Once upon a time in America" dove il bambino si mangia il pasticcino che aveva comprato per una sua "amica"). Cosa rimane al pubblico? L'idea che sia passata una vita che si dissolve senza dispiaceri né gioie coi titoli di coda.
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paapla
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sabato 25 ottobre 2014
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vero
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" ...tutto è assolutamente ordinario" vero. Nella vita "ordinaria" non c'è musica o fotografia è tutto terribilmente ordinario.
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francesco2
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sabato 13 dicembre 2014
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dalle stelle alle stalle
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Per quanto sia un' ottima RECENSIONE, argomentata molto bene, mi pare che con questa valutazione passiamo da un estremo all'altro.Poi, su "Waking Life" non mi trovo d'accordo: secondo me è un film che avrebbe meritato miglior fortuna, anche se non sei il primo che lo disprezza.
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vapor
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sabato 31 gennaio 2015
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non quadra
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sicuramente Pisa rende noiosa ogni cosa, è la sua caratteristica principale, e vista appunta la vita ordinaria pisana che più ordinaria non si può capisco che un film del genere abbia bisogno di una cornice differente. Pertanto lo consiglio a chi vive a bangkok o new york chessò, ma sicuramente tu puoi esaltarti solo con i Ghostbusters o Paura e delirio a Las Vegas. Non è colpa tua cerca di capire. Vivi a Pisa. E poi la profondità di cui parli è proprio ciò che il film non racconta, non riesce non vuole raccontare. E' un cinema indigesto le intenzioni sono altre, fattene una ragione. Invece Waking life è un film particolare, vuole trasmettere alcune riflessioni filosofiche, non vuole fornire del puro divertissment.
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sicuramente Pisa rende noiosa ogni cosa, è la sua caratteristica principale, e vista appunta la vita ordinaria pisana che più ordinaria non si può capisco che un film del genere abbia bisogno di una cornice differente. Pertanto lo consiglio a chi vive a bangkok o new york chessò, ma sicuramente tu puoi esaltarti solo con i Ghostbusters o Paura e delirio a Las Vegas. Non è colpa tua cerca di capire. Vivi a Pisa. E poi la profondità di cui parli è proprio ciò che il film non racconta, non riesce non vuole raccontare. E' un cinema indigesto le intenzioni sono altre, fattene una ragione. Invece Waking life è un film particolare, vuole trasmettere alcune riflessioni filosofiche, non vuole fornire del puro divertissment. Sono i rischi che si prende chi cerca di fare del cinema d'autore, annoiare ma cercando di raccontare qualcosa, di mostrare un punto di vista diverso. Il non-punto di vista come lo hai definito tu, ma è una tecnica narrativa, che nasce nei romanzi, e non può essere misurata in termini di noia. E' lo stessa tecnica usata ne "l'albero della vita" di malick. L'effetto desiderato e spingere a non identificarsi e perciò riflettere, richiede uno sforzo attivo. Non è gradevole e non può intrattenere. Per me non è una rinuncia quella del regista, ma più una denuncia.
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arnaco
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venerdì 20 marzo 2015
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il resto di niente
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Sono completamente d'accordo. Se in un film mancano eros, pathos e thanatos cosa rimane? Un reality-show televisivo che so bene piacere ai più, ma non a me.
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