Boyhood |
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Un film di Richard Linklater.
Con Ethan Hawke, Patricia Arquette, Ellar Coltrane, Lorelei Linklater.
continua»
Drammatico,
durata 165 min.
- USA 2014.
- Universal Pictures
uscita giovedì 23 ottobre 2014.
MYMONETRO
Boyhood
valutazione media:
3,96
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Sfogliare un album fotograficodi Fede SlevinFeedback: 1608 | altri commenti e recensioni di Fede Slevin |
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mercoledì 20 maggio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La vita di Mason viene raccontata dai sei fino ai diciott'anni, con tutti i cambiamenti somatici e non che porta con sè l'inesorabile trascorrere del tempo. La narrazione si sviluppa attraverso il rapporto con la sorella Samantha, la madre Olivia e il padre Mason Sr. che nonostante il divorzio, gli resterà vicino, per estendersi poi ad uno sguardo d'insieme su tutto il popolo americano e di come appare agli occhi di una famiglia, che più americana non si può. Che cos'è Boyhood? Un affresco. Se prendessimo un album di foto della nostra vita, nell'età descritta dal regista e lo sfogliassimo, vedremmo tanti istanti, caratteristici, particolari. Vedremmo l'evolvere del modo di vestire, nostro e di parenti immortalati. Vedremmo le acconciature del periodo, l'evoluzione dei tratti somatici, le compagnie che si frequentavano in quegli anni e sorgerebbero anche delle emozioni nel ricordare tutto questo. Tuttavia, non potremmo vedere come evolve la società da quelle foto. Per questo Boyhood va oltre, regalandoci un album fotografico d'America, immortalato attraverso gli occhi (e la macchina fotografica di Mason, non a caso) di una famiglia ordinaria, che non ha nulla di speciale, nulla di invidiabile, coi suoi alti ma anche i suoi bassi ancora una volta ordinari, come il divorzio, i continui traslochi, l'"orlo della povertà", il patrigno alcolizzato, la fine di un amore adolescenziale. Tutto nella norma, raccontato cercando di mantenere le distanze, come in un documentario, facendo una critica della società che però le distanze non mantiene, calandosi talvolta in uno sguardo più "profondo", manifestato attraverso le parole di un Mason confuso, che oscilla anch'egli tra il voler esser "fico" (come dice spesso Samantha, lato "superficiale" di questa medaglia) e il non aver bisogno dell'opinione altrui, tra il raccontare di finte ragazze, in città lasciate alle spalle e il rifiuto di ogni forma di social network "perchè non mostra chi sei realmente", come non manca di esternare il ragazzo. Un film che ha lo scopo di raccontare il cambiamento (politico, geografico, familiare) e il trascorrere del tempo, con tutte le sue conseguenze prima fra tutte, la crescita dei figli che prima o poi lasceranno "il nido". Per fare ciò, Linklater sfodera gli effetti speciali, ma solo in senso metaforico, perchè gli attori, in Boyhood, invecchiano davvero! Attraverso un esperimento cinematografico che, coi 12 anni di riprese occorsi per la realizzazione, potrebbe essere considerato tra i più innovativi di sempre, il regista riesce a portare il cinema a una nuova forma di arte, approdando a una sorta di "iperrealismo". Tuttavia, meriti a parte, trovo giusto che alla fine Boyhood non sia stato insignito della prestigiosa statuetta, perchè al di là di critiche (anche su temi scottanti, come la guerra e il governo Bush) sull'America e la società in genere, si tratta sempre di "frecciatine", che più che una puntura non lasciano e a poco serve quel sottile tentativo di dire la propria attraverso il pensiero "depresso" di un altalenante Mason. D'altronde, non si può chiedere il mondo a un film che in 165 minuti racconta 12 anni di vita, attingendo peraltro a tutti i temi che possono far parte della quotidianità di una famiglia qualunque. Dunque, benvengano le innovazioni artistiche, ma non come condizioni sufficienti per un prodotto d'eccellenza.
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